Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14547 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14547 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME nato in Cina il 03/04/1994
avverso l’ordinanza del 03/12/2024 del Tribunale di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, in funzione di Tribunale del riesame, ha integralmente confermato il decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 25 ottobre 2024, che aveva disposto il sequestro preventivo della somma complessiva di euro 865.531,22 in contanti e assegni circolari nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 648-bis cod. pen.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo un unico motivo di impugnazione, con cui lamenta l’assoluta carenza di motivazione, in relazione sia al fumus (non essendo stati individuati il reato presupposto e il rapporto di pertinenzialità di quanto sottoposto a sequestro), sia al periculum (in difetto del minimo accenno a un reale rischio di dispersione).
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché proposto con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
Giova premettere come la richiesta di riesame sia stata presentata, con atto depositato il 19 novembre 2024, con riserva dei motivi e, all’udienza camerale del successivo 3 dicembre, il verbale registra le seguenti conclusioni del difensore: «annullamento del decreto di sequestro per mancanza del fumus commissi delicti e comunque il dissequestro dei due assegni il cui importo era necessario per il pagamento di due fatture che si producono in copia».
Pur nella peculiarità del contesto decisorio, interamente devolutivo, delineato dall’art. 309 cod. proc. pen., il ricorrente ha comunque l’onere di specificare le doglianze attinenti al merito (sul fatto, sulle fonti di prova e sulla relat valutazione), così da provocare il giudice del riesame a fornire risposte adeguate e complete, sulle quali la Corte di cassazione potrà essere poi chiamata ad esprimersi. In mancanza di tale devoluzione, è quindi inammissibile il ricorso che sottoponga al giudice di legittimità censure su tali punti, che non possono trovare risposte per carenza di cognizione in fatto, addebitabile alla mancata osservanza del predetto onere (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279505-03; Sez. 6, n. 16395 del 10/01/2018, COGNOME, Rv. 272982-01).
Quanto alla gravità indiziaria, le doglianze del ricorrente sono, in primo luogo, completamente aspecifiche – dal momento che il reato contestato, chiaramente indicato nell’ordinanza impugnata (p. 3, «può, pertanto, ritenersi la sussistenza del “fumus” del reato di riciclaggio») e nel provvedimento genetico (p. 3), è quello di riciclaggio e non la ricettazione, come affermato nel ricorso – e, in ogni caso, manifestamente infondate.
Il Tribunale ha condiviso la conclusione del primo giudice di totale implausibilità della versione difensiva in ordine alla asserita lecita disponibilit
delle somme di enorme consistenza in capo a soggetto pressoché nullatenente, che non ha saputo fornire debite giustificazioni in proposito (l’ordinanza di convalida, peraltro, individuava – sulla scorta di argomenti di ordine razionale, non confutati dall’indagato – i reati presupposti nei delitti di estorsione e traffico stupefacenti, posti in essere in un contesto di «criminalità organizzata radicata nel territorio locale», per conto della quale NOME fungeva da corriere; a ciò il Tribunale, p. 3, ha aggiunto l’ulteriore possibilità che quanto in sequestro fosse, anche in parte, già oggetto di un precedente riciclaggio).
Queste considerazioni sono perfettamente conformi alla costante interpretazione di questa Corte, da cui il Collegio non ha ragione di discostarsi, secondo cui integra il delitto di riciclaggio la consapevole ricezione di una somma costituente provento di attività delittuosa, trattandosi di condotta che, pur senza impedirla, risulta idonea a rendere più difficoltosa, per l’avvenuto frazionamento dell’originario importo, l’identificazione dell’illecita provenienza della provvist (Sez. 2, n. 41517 del 13/09/2024, COGNOME, Rv. 287183-01), al pari della condotta di chi, pur senza porre in essere attività di trasformazione, trasporti il denaro da un luogo ad un altro, posto che l’individuazione dell’origine illecita è resa, in ta modo, maggiormente difficoltosa, attesa la sua fungibilità, la non tracciabilità dell’operazione di trasporto, il mutato contesto spazio-temporale in cui la provvista riemerge e la sua riferibilità a soggetto del tutto diverso da quello che ha commesso delitto di cui questa costituisce il profitto (Sez. 2, n. 45230 del 26/11/2024, Essarrar, Rv. 287317-01). Può, d’altronde, ritenersi certa la provenienza illecita del denaro e degli effetti, per l’importo complessivo, la mancata indicazione della provenienza, il luogo e le modalità dell’occultamento, non essendo necessario l’accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, della sua esatta tipologia e dei suoi autori, posto che il giudice può affermarne l’esistenza attraverso prove logiche (Sez. 2, n. 16012 del 14/03/2023, COGNOME, Rv. 284522-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In ordine alle necessità cautelari, come accennato, non risultano mossi specifici rilievi, di modo che il pur sintetico accenno al pericolo di dispersione contenuto nell’ordinanza impugnata, avuto riguardo alle peculiarità della vicenda, costituisce una sufficiente motivazione, intangibile in questa sede.
5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i
profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 18
nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Così deciso il 18 marzo 2025.