Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17706 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17706 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME COGNOME quale socio accomandatario e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza resa il 26/11/2024 dal Tribunale di Catanzaro lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catanzaro in funzione di giudice del riesame ha respinto l’istanza di riesame avanzata nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE in persona del socio accomandatario e legale rappresentante NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Catanzaro il 31 ottobre 2024, in relazione alla somma di 19.515,00 euro, rinvenuta in contanti nel corso dell’esecuzione del sequestro della società, disposto con decreto del 9 ottobre 2024.
Si addebita a NOME COGNOME il delitto di riciclaggio per avere, in concorso con altri soggetti tra cui tale COGNOME attraverso l’esercizio commerciale della RAGIONE_SOCIALE avente insegna RAGIONE_SOCIALE, sostituito e trasferito, attraverso il sistema Hawala, somme di denaro provento dei reati fine realizzati da un’associazione a delinquere
finalizzata all’ingresso e al trasporto nel territorio dello stato di cittadini extracomunit privi di permesso di soggiorno. In almeno due occasioni il denaro veniva consegnato e prelevato da COGNOME che si recava personalmente nell’agenzia, tra maggio e giugno 2023.
Il provvedimento di sequestro preventivo in esame si riferisce ad una somma di denaro rinvenuta in occasione del sequestro della società.
2.Avverso l’ordinanza del Tribunale propone ricorso l’indagato, nella sua qualità di socio accomandatario e legale rappresentante della società, deducendo:
2.1 violazione degli artt. 110 e 648 bis cod.proc.pen. e dell’art. 13 ter d.lgs 385/93 in quanto la motivazione del provvedimento impugnato appare del tutto assente e sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal Tribunale, nonostante le specifiche censure mosse dal ricorrente in ordine al fumus commissi delicti.
Il provvedimento impugnato ha confermato il sequestro preventivo della somma di euro 19.515 rinvenuta all’interno dell’esercizio commerciale della società ricorrente, nell’ambito del sequestro preventivo della società stessa, di cui il ricorrente è legale rappresentante, in seguito ad un’indagine volta alla ricostruzione di una fitta rete di trasferimenti di denaro, al fine di finanziare spostamenti di migranti dall’Italia vers l’estero e operati secondo il metodo di scambio Hawala. Secondo l’ipotesi accusatoria l’attività commerciale RAGIONE_SOCIALE di cui il ricorrente è socio accomandatario e legale rappresentante avrebbe rappresentato l’ufficio Hawala di riferimento sul territorio di Roma.
Si assume in ricorso che tale prospettazione si fondi su risultanze probatorie del tutto insufficienti ai fini della dimostrazione della sussistenza di condotte di prestazione sostituzione e trasferimento di denaro.
Osserva il ricorrente che al COGNOME vengono contestati due episodi avvenuti il 16 maggio e il 7 giugno 2023 nel corso dei quali il coindagato NOME entra all’interno del negozio, per trattenersi pochi minuti e andare via; in entrambe le ipotesi non si è avuta materiale contezza della effettività di uno scambio di denaro a causa dell’assenza di dispositivi di registrazione all’interno del locale. Il Tribunale ha ritenuto valid prospettazione accusatoria, valorizzando le analoghe situazioni emerse in relazione ad altro locale a Milano, che sono state però comprovate da chiare emergenze investigative in ragione dei sistemi di videoregistrazione presenti all’interno.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché fondato su motivi non consentiti.
Occorre premettere che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli erro res in iudicando o in procedendo, sia quei
vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023)
Inoltre, va ricordato che per l’emissione di una misura cautelare reale non sono necessari gravi indizi di colpevolezza, ma è sufficiente individuare il fumus del reato ipotizzato e il periculum in mora.
E’ stato infatti affermato che il sequestro preventivo è legittimamente disposto in presenza di un reato che risulti sussistere in concreto, indipendentemente dall’accertamento della presenza dei gravi indizi di colpevolezza o dell’elemento psicologico, atteso che la verifica di tali elementi è estranea all’adozione della misura cautelare reale (Sez. 3, n. 26007 del 5/4/2019, COGNOME, Rv. 276015; Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, COGNOME, Rv. 273069)
Nel caso di specie si deve preliminarmente rilevare la carenza di interesse del ricorrente: non viene in alcun modo dedotto che le somme sequestrate fossero di pertinenza personale e non della società e di provenienza lecita, né il sequestro oggetto di riesame attinge le quote sociali di cui dispone il richiedente, cosicché il COGNOME non avrebbe titolo alla restituzione dell’importo, ancorché indagato.
Quanto alla società, deve escludersi che sia legittimata a contestare la sussistenza del fumus del reato.
Sul punto deve, anzitutto, ricordarsi che secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità (da ultimo Sez. 3, n. 23713 del 23/04/2024, Rv. 286439; Sez 2, n. 41861 del 03/10/2024,Rv.287165 – 01) in tema di sequestro preventivo, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sequestrato non può contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene stesso e l’assenza collegamento concorsuale con l’indagato. E’ stato osservato che la titolarità del bene afferisce al dato preliminare della legittimazione per proporre impugnazione e precede ogni eventuale ulteriore problematica riguardante il perimetro delle censure che il terzo, in tale qualità, può proporre, agendo per la restituzione di quanto sequestro. (Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, COGNOME, Rv. 268070 – 01)
Per completezza si rileva che del tutto destituita di fondamento è la censura attinente alla pretesa carenza di motivazione, così radicale da incorrere nella violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., in quanto il provvedimento individua emergenze indiziarie, richiamate nel provvedimento, e del tutto ignorate nel ricorso che vestono il complesso delle risultanze percepite attraverso i controlli di p.g.
Il ricorso, inoltre, deduce l’assenza di motivazione in ordine alla finalità probatoria del sequestro, estranea al provvedimento che ha natura impeditiva, e non contesta in modo specifico le argomentazioni formulate dal Tribunale in merito al nesso
di pertinenzialità tra la somma rinvenuta e il delitto di riciclaggio prospettato, limitando ad avanzare censure sul ritenuto
fumus commissi delicti, che, per quanto già esposto,
non rientrano nell’ambito delle censure proponibili dal terzo interessato.
2.L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda che si ritiene congruo liquidare in euro tremila
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma 2 aprile 2025
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La Consigliera est.
NOME COGNOME
La Presidente
NOME COGNOME