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Sequestro preventivo riciclaggio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato un sequestro preventivo per riciclaggio a carico di una coppia. La sentenza stabilisce che, nella fase delle indagini, non è necessaria la prova certa del reato presupposto (in questo caso, reati tributari), essendo sufficiente che la sua esistenza sia desumibile da prove logiche come le modalità di occultamento di ingenti somme di denaro. Il sequestro, finalizzato a impedire la prosecuzione del reato, è legittimo sull’intera somma in quanto ‘pertinente’ all’attività illecita, senza che sia richiesta una dimostrazione di proporzionalità.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Riciclaggio: Quando Basta il Sospetto del Reato Presupposto?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia di sequestro preventivo riciclaggio, chiarendo i requisiti necessari per l’adozione di tale misura cautelare. Il caso analizzato riguarda il sequestro di ingenti somme di denaro contante, ritenute provento di reati tributari e successivamente oggetto di operazioni di riciclaggio. La decisione offre spunti cruciali sulla sufficienza degli indizi relativi al reato presupposto e sulla natura del sequestro finalizzato a impedire la prosecuzione dell’attività criminosa.

I Fatti del Caso

L’indagine ha coinvolto una coppia accusata di agire come collettori di denaro contante per conto di diversi imprenditori connazionali operanti in Sardegna. Secondo l’accusa, queste somme, provenienti da presunti reati fiscali, venivano raccolte presso la sede di un’attività commerciale formalmente intestata alla madre di uno degli indagati. Successivamente, il denaro veniva trasportato in Toscana per essere reimpiegato, ad esempio nell’acquisto di orologi di lusso, o consegnato ad altri soggetti per ulteriori operazioni di ‘pulizia’.

Durante le perquisizioni, le forze dell’ordine hanno rinvenuto e sequestrato oltre 100.000 euro in contanti, occultati in vari modi sia nell’abitazione della coppia che nei locali dell’esercizio commerciale. Il Tribunale del Riesame aveva confermato il sequestro, ritenendo sussistente il fumus commissi delicti del reato di riciclaggio e il periculum in mora.

I Motivi del Ricorso

La difesa ha impugnato l’ordinanza del riesame davanti alla Corte di Cassazione, sollevando diverse eccezioni, tra cui:

* L’assenza di un capo di incolpazione sufficientemente specifico e la mancata individuazione precisa del reato presupposto.
* La carenza di prove su una concreta condotta di riciclaggio.
* La mancata dimostrazione che i presunti reati tributari presupposto avessero superato le soglie di punibilità previste dalla legge.
* L’illegittimità del sequestro per sproporzione e la sua applicazione a somme rinvenute presso terzi (i genitori dell’indagato).
* L’insussistenza di un concreto pericolo di dispersione dei beni.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti essenziali sulla disciplina del sequestro preventivo riciclaggio.

Formulazione dell’Accusa e Reato Presupposto

In primo luogo, la Corte ha stabilito che nella fase cautelare delle indagini preliminari non è richiesta una formulazione del capo d’accusa dettagliata come quella necessaria per il rinvio a giudizio. È sufficiente che gli elementi essenziali del fatto, del tempo e del luogo siano chiari.

Soprattutto, per quanto riguarda il reato presupposto (in questo caso, i delitti fiscali), non è necessario individuarne con esattezza la tipologia, gli autori o il superamento delle soglie di punibilità. Il giudice può desumerne l’esistenza in via incidentale e logica sulla base di elementi fattuali concreti. Nel caso di specie, l’ingente quantità di denaro contante, le modalità di occultamento, l’assenza di una giustificazione plausibile e i rapporti sospetti degli indagati sono stati ritenuti sufficienti a configurare il fumus di una provenienza delittuosa del denaro.

La Condotta di Riciclaggio e la Pertinenza dei Beni

I giudici hanno ritenuto che le condotte degli indagati – raccolta sistematica di contanti, ripetuti viaggi per il trasporto del denaro, reinvestimento in beni di lusso – integrassero pienamente l’ipotesi del riciclaggio. La Corte ha inoltre chiarito la natura del sequestro applicato, qualificandolo come “preventivo impeditivo” ai sensi del primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen.

Questo tipo di sequestro mira a impedire che il reato venga portato a ulteriori conseguenze. Pertanto, il requisito fondamentale non è la proporzionalità (come nel sequestro finalizzato alla confisca), ma la pertinenzialità del bene rispetto al reato. Il denaro, essendo il prodotto dell’attività illecita e lo strumento per la sua prosecuzione, è stato considerato intrinsecamente pertinente all’attività criminosa, giustificando il sequestro dell’intera somma rinvenuta.

Il Periculum in Mora nel sequestro preventivo riciclaggio

Infine, la Corte ha confermato la sussistenza del periculum in mora. Il pericolo di dispersione del bene non è stato desunto in modo generico dalla natura fungibile del denaro, ma dalle specifiche condotte degli indagati. La loro abitudine a trasportare e reinvestire le somme con modalità organizzate e sistematiche ha reso concreto e attuale il rischio che, senza il sequestro, l’attività criminosa sarebbe proseguita.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: per legittimare un sequestro preventivo riciclaggio, è sufficiente un quadro indiziario solido e logicamente coerente sulla provenienza illecita dei fondi, senza la necessità di una prova piena e dettagliata del reato presupposto in fase di indagini. La decisione sottolinea la centralità del criterio della “pertinenzialità” per i sequestri impeditivi, consentendo un intervento incisivo per bloccare flussi di denaro sospetti e interrompere l’attività criminosa sul nascere.

Per disporre un sequestro preventivo per riciclaggio, è necessario provare con certezza il reato presupposto (es. l’evasione fiscale)?
No, secondo la sentenza, nella fase delle indagini preliminari non è necessaria la prova certa del reato presupposto. È sufficiente che il giudice possa desumerne l’esistenza attraverso prove logiche, come le anomale modalità di custodia del denaro, l’assenza di giustificazioni e la condotta complessiva degli indagati.

Il semplice trasporto di denaro di presunta provenienza illecita costituisce riciclaggio?
La sentenza considera il trasporto sistematico di ingenti somme di denaro, unitamente ad altre condotte come il reinvestimento in beni di lusso, come parte di un’attività complessiva di riciclaggio. La Corte ha ritenuto che queste azioni, nel loro insieme, configurassero la condotta delittuosa.

In un sequestro preventivo ‘impeditivo’, è necessario dimostrare la proporzionalità tra la somma sequestrata e il profitto del reato?
No, la sentenza chiarisce che per il sequestro preventivo con finalità ‘impeditive’ (volto a impedire la prosecuzione del reato), non si pone un problema di proporzionalità, ma piuttosto di ‘pertinenzialità’ della cosa rispetto alla condotta illecita. L’intero importo, in quanto direttamente collegato all’attività criminosa, è considerato pertinente e può essere sequestrato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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