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Sequestro preventivo: quando una società è a rischio?

La Corte di Cassazione conferma un sequestro preventivo ai danni di una società, ritenuta una mera articolazione operativa di un consorzio indagato per gravi reati tributari. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, secondo la Corte, la difesa contestava la valutazione dei fatti (non consentita in Cassazione) invece di una violazione di legge, e il pericolo di prosecuzione del reato (periculum in mora) era stato adeguatamente motivato dal Tribunale del riesame.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quando il Legame tra Società Giustifica la Misura Cautelare

Il sequestro preventivo di capitale sociale e compendio aziendale è una delle misure più incisive che possono colpire un’impresa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 5484 del 2024, offre un’analisi dettagliata sui presupposti che legittimano tale provvedimento, specialmente in contesti di criminalità economica e reati tributari. Il caso esaminato riguarda una società ritenuta strettamente interconnessa a un consorzio già coinvolto in un procedimento penale, al punto da essere considerata una sua mera articolazione operativa.

I Fatti di Causa

Il Tribunale del riesame di una città del nord Italia confermava un decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. nei confronti di una società a responsabilità limitata. La misura era stata disposta nell’ambito di un’indagine per reati tributari (artt. 2, 8 e 10-quater del D.Lgs. 74/2000) che vedeva coinvolti gli amministratori della società stessa.

Secondo l’accusa, la società era, di fatto, un’emanazione di un consorzio già sottoposto a sequestro in un momento precedente. Il secondo sequestro, quindi, non era altro che un’estensione del primo, volto a impedire la continuazione dell’attività illecita attraverso un’entità giuridica formalmente distinta ma sostanzialmente controllata.

La società ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge (art. 321, comma 2, c.p.p.) e una motivazione assente o solo apparente riguardo al periculum in mora, ovvero il pericolo concreto che la libera disponibilità dei beni potesse aggravare le conseguenze dei reati.

La Difesa della Società Ricorrente

La difesa sosteneva che il Tribunale si fosse concentrato eccessivamente sul fumus commissi delicti (la parvenza di reato), senza spiegare in modo concreto perché la sottrazione dei poteri di gestione alla società fosse necessaria per prevenire la protrazione dei reati, ormai già consumati. Inoltre, la società aveva evidenziato la sua fuoriuscita dal consorzio e la nomina di un amministratore giudiziario per quest’ultimo, elementi che, a suo dire, avrebbero eliminato ogni rischio di reiterazione criminale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. Ha ribadito un principio consolidato: il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro è consentito solo per violazione di legge. In questa nozione rientrano non solo gli errori di diritto, ma anche i vizi di motivazione talmente gravi da renderla inesistente, illogica o contraddittoria, ma non la semplice ‘manifesta illogicità’ che può essere contestata solo in altri tipi di giudizio.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale del riesame fosse tutt’altro che apparente.

Le Motivazioni del Sequestro Preventivo e l’Immedesimazione Organica

La decisione dei giudici di merito si fondava su prove investigative solide, tra cui le verifiche della Guardia di Finanza, dell’Agenzia delle Entrate e dell’amministratore giudiziario del consorzio. Da queste era emersa una vera e propria ‘immedesimazione organica’ tra il consorzio e la società ricorrente.

Quest’ultima era priva di autonomia operativa e gestionale, agendo come una ‘società servente’ il cui fatturato dipendeva quasi interamente dal consorzio. Elementi chiave a sostegno di questa tesi erano:
* Il consorzio era il committente principale della società.
* Il consorzio esercitava un controllo diretto sulla gestione del personale della società attraverso un software specifico.
* Il consorzio agiva come datore di lavoro de facto, gestendo i tavoli sindacali e pagando direttamente gli stipendi dei dipendenti della società in un momento di difficoltà.
* La firma del legale rappresentante della società era stata trovata scannerizzata nel computer dell’amministratore del consorzio.

Questa profonda interconnessione dimostrava che la società non era un’entità autonoma, ma uno strumento attraverso cui il consorzio operava. Di conseguenza, il sequestro preventivo era necessario per recidere questo legame e impedire che l’attività illecita potesse continuare attraverso un soggetto formalmente distinto.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive, chiarendo che la presunta fuoriuscita dal consorzio era solo una dichiarazione di intenti, non un atto con efficacia immediata. Anche la nomina di amministratori giudiziari per il consorzio non era stata ritenuta sufficiente a eliminare il pericolo, data la diversità formale tra i due enti, che avrebbe potuto consentire alla società di continuare ad operare illecitamente.

L’apparato argomentativo del Tribunale è stato quindi giudicato razionale e coerente con le prove raccolte. Il ricorso della società, secondo la Cassazione, non denunciava una reale violazione di legge, ma mirava a una rivalutazione del merito delle prove, contestando l’erroneità della motivazione, un’operazione preclusa nel giudizio di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce due principi fondamentali in materia di misure cautelari reali:
1. Limiti del Ricorso in Cassazione: Non è possibile utilizzare il ricorso per cassazione per contestare la logicità della valutazione delle prove effettuata dal giudice del riesame, a meno che la motivazione non sia del tutto mancante o meramente apparente.
2. Valutazione del Periculum in Mora: In contesti di ‘immedesimazione organica’ tra più società, il pericolo di reiterazione del reato può essere desunto dalla stessa struttura del gruppo e dalla sua capacità di utilizzare diverse entità giuridiche per perseguire i medesimi scopi illeciti. Il sequestro dell’entità ‘servente’ diventa quindi uno strumento indispensabile per rendere efficace il sequestro già disposto sull’entità dominante.

Questa pronuncia serve da monito per le imprese: la creazione di schermi societari per mascherare un’unica realtà operativa non protegge dal rischio di misure cautelari reali quando emerge un quadro indiziario solido di interconnessione funzionale alla commissione di reati.

Quando è legittimo il sequestro preventivo del capitale e dei beni di una società?
Il sequestro preventivo è legittimo quando esiste un pericolo concreto e attuale (periculum in mora) che la libera disponibilità dei beni possa aggravare o protrarre le conseguenze di un reato o agevolare la commissione di altri reati, e quando vi sono sufficienti indizi sulla commissione del reato stesso (fumus commissi delicti).

Una società può essere sequestrata perché considerata una mera ‘articolazione’ di un’altra entità indagata?
Sì. La sentenza stabilisce che se le indagini dimostrano una ‘immedesimazione organica’ tra due entità, dove una agisce come ‘società servente’ priva di autonomia operativa, il sequestro della seconda è giustificato per rendere efficace la misura cautelare sulla prima ed evitare la continuazione dell’attività illecita tramite uno schermo societario.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla necessità del sequestro?
No, non direttamente. Il ricorso per cassazione contro un’ordinanza di sequestro è ammesso solo per violazione di legge. Non si può contestare la logicità o la sufficienza delle prove valutate dal Tribunale del riesame, a meno che la sua motivazione non sia completamente assente, palesemente contraddittoria o meramente apparente, configurando così una violazione di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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