Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1954 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1954 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME nato il 30/05/1994 a UDINE avverso l’ordinanza in data 17/07/2024 del TRIBUNALE DI MODENA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostitu Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna l’ordinanza in data 17/07/2024 del Tribunale di Modena, che ha rigettato l’istanza d riesame presentata avverso il decreto in data 20/06/2024 del G.i.p. del Tribunal di Modena, che aveva disposto il sequestro preventivo dell’autovettura TARGA_VEICOLO in relazione al delitto di truffa.
Deduce:
Violazione di legge e inosservanza di norma processuale in relazione all’art. 321 cod. proc. pen. e vizio di motivazione. Improcedibilità per carenza condizione di procedibilità.
Il ricorrente premette che il tribunale ha riconosciuto l’estraneità di COGNOME al delitto contestato, ma, contraddittoriamente, ha conservato il sequestro, ritenendo che sulla proprietà dell’autovettura vi fosse un contenzioso che andava risolto dal giudice civile, così che rimetteva le parti davanti a quel giudice, ai sensi dell’art. 321, comma 8, cod. proc. pen..
Osserva, però, che la persona offesa non ha intrapreso alcuna azione di annullamento o risoluzione del contratto di vendita nei confronti del soggetto ritenuto autore della truffa, «ragion per cui -scrive la difesa- la vendita dell’autovettura FIAT 500 Abarth tra COGNOME NOME legittimo proprietario e COGNOME COGNOME è avvenuta in modo regolare con conseguenziale trascrizione al PRA . Invero non c’è nessuna potenziale controversia diretta o indiretta ai fini dell’annullamento del contratto tra COGNOME NOME e COGNOME NOME tantomeno nei confronti del terzo acquirente dell’autovettura, estraneo ai fatti reato ovvero il ricorrente NOME COGNOME
Rimarca come il contratto di compravendita sia valido, per come spiegato anche dalla giurisprudenza civile e amministrativa, che viene citata a supporto dell’assunto.
1.1. Il motivo sviluppa, poi, una seconda argomentazione, con la quale si assume che la persona offesa è stata erroneamente individuata in COGNOME NOME, mentre in realtà era da identificare con suo figlio, ossia con NOME, che aveva condotto le trattative e sul cui conto corrente era stato versato l’assegno poi risultato senza copertura.
Aggiunge che ;dalla motivazione del tribunale isi presume che proprietario dell’autovettura fosse NOMECOGNOME mentre la madre COGNOME NOME risulterebbe la mera intestataria della stessa, con la conseguenza che la persona offesa del reato andrebbe individuata in NOMECOGNOME che non ha sporto querela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. COGNOME Il ricorso in/fondato.
1.1. Per la migliore comprensione delle questioni si rende necessaria una breve premessa sulla ricostruzione del fatto operata dal tribunale, evidenziando gli aspetti che qui interessano.
Il sequestro di che trattasi è stato disposto in relazione a una truffa che -nei limiti del fumus commissi delictisi assume perpetrata da COGNOME Alex nei confronti di COGNOME NOME, originaria intestataria dell’autovettura FIAT 550 Abarth, sottoposta a sequestro.
In particolare, il menzionato COGNOME, aveva un contatto con NOME (figlio di COGNOME NOME) sul sito www.subito.it , dove questi aveva pubblicato un annuncio di vendita dell’autovettura poi sequestrata.
Dopo alcuni incontri, veniva perfezionato l’accordo e COGNOME pagava
l’acquisto dell’autovettura con un assegno che -però- sarebbe poi risultato privo di copertura.
In seguito alla conseguente querela esposta da COGNOME NOME, veniva disposto il sequestro dell’autovettura che, all’esito di una ricerca presso il PRA, risultava nelle more venduta a Levak Moise, odierno ricorrente, che il tribunale ha ritenuto estraneo al delitto.
1.2. Il ricorrente osserva che il tribunale, pur riconoscendo la proprietà in testa a Levak e pur affermandone l’estraneità al delitto, ha tuttavia conservato il sequestro e rimesso le parti davanti al giudice civile.
Assume, tuttavia, che nel caso in esame non si ha nessun elemento per ritenere sussistente un contenzioso, sia pur potenziale, atteso che le vittime del reato non hanno rivendicato la proprietà dell’autovettura.
L’assunto è infondato, in quanto le ragioni illustrate dal tribunale per rimettere le parti davanti al giudice civile sono conformi a legge e in linea con gli orientamenti di questa Corte.
L’art. 263, comma 3 cod. proc. pen. e l’art. 324, comma 8, cod. proc. pen. stabiliscono che, nel caso in cui occorra disporre un dissequestro, e sia controversa (art. 263, comma 3) o contestata (art. 324, comma 8) la proprietà delle cose sequestrate, con conseguente incertezza nell’individuazione del soggetto avente diritto alla restituzione, il giudice rinvia la decisione della controversia al giudice civile (art. 324, comma 8) del luogo competente in primo grado (art. 263, comma 3), mantenendo nel frattempo il sequestro.
Secondo il condivisibile e prevalente orientamento di questa Corte, in tema di restituzione delle cose sequestrate, il giudice penale procedente, ove accerti l’esistenza di una contestazione/controversia sulla proprietà di esse, pur in difetto della pendenza di una corrispondente lite civile (come si trae dall’indicazione da parte dell’art. 263 cod. proc. pen. del giudice a cui essa è devoluta, che presuppone la non necessarietà della già intervenuta instaurazione della lite), non gode di alcuna discrezionalità, potendo unicamente rimettere gli atti al giudice civile del luogo competente in primo grado per la decisione della predetta contestazione/controversia, e mantenere nel frattempo il sequestro in tal senso (Sez. 3, n. 19674 del 27/04/2022, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 283173 – 01; Sez 2, n.
49530 del 24/10/2019,VRv. 277935 – 01; Sez. 2, n. 44960 del 30/09/2014, gonec,
Rv.260318 – 01).
La controversia deve, naturalmente, essere oggetto di adeguata verifica da parte del giudice penale che ne deve valutare la consistenza, onde assicurare il compimento di un accurato esame della sua serietà -sia effettiva, sia anche potenziale (pure in assenza, dunque, di un giudizio pendente, come d’altro canto si
trae dall’indicazione da parte dell’art. 263 cod. proc. pen. del giudice a cui essa è devoluta, che presuppone la non necessarietà della già intervenuta instaurazione della lite)- onde trarne la conclusione della concreta necessità della devoluzione della questione, stante la sua intrinseca consistenza, al competente giudice civile (cfr. /Sez. 2, n. 38418 del 08/07/2015,YRv. 264532; Sez. 1, n. 23333 del 16/04/2014, re , Rv. 259917; Sez. 1 n. 56699 del 05/06/2018,t(non massimata).
Vale la pena rimarcare che l’esistenza di una controversia ovvero di una contestazione deve emergere dagli atti e non può essere il frutto di una mera ipotesi teorizzata dal giudice.
Tali principi risultano rispettati dal tribunale, che ha evidenziato che «appare potenzialmente sussistente una contestazione od una controversia sulla proprietà del veicolo tra il RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e la PO, dall’altro: quest’ultima, infatti, in sede di querela, nel chiedere espressamente la punizione del colpevole, ha sia pure indirettamente ma inequivocabilmente manifestato il concreto e giuridicamente tutelato interesse al recupero della disponibilità del bene oggetto di truffa e, quindi, una pretesa sostanzialmente riportante i connotati di una rei vindicatio (art. 948 c.c ) o, comunque, a valenza restitutoria nel senso qui comunque rilevante».
I giudici, quindi, hanno preconizzato la seria possibilità di una contestazione ovvero di una controversia sulla base di quanto emergente dagli atti e, segnatamente, dalla querela, dove è stata rinvenuta la rivendicazione della proprietà dell’autovettura da parte della persona offesa, così prefigurando un conflitto tra le opposte pretese civilisticamente tutelabili della querelante e dell’odierno ricorrente.
Da ciò l’infondatezza di quanto dedotto dal ricorrente.
2. Parimenti infondata risulta l’ulteriore deduzione, secondo cui la vittima della truffa e, in quanto tale, titolare del potere di querela, sarebbe l’effettivo utilizzatore dell’autovettura (NOME) e non la proprietaria della stessa della stessa (COGNOME NOME, in quanto l’autovettura veniva fraudolentemente sottratta al primo e non alla seconda.
A fronte di evenienze siffatte, questa Corte ha già avuto modo di precisare che «in tema di truffa, la titolarità del diritto di querela spetta sia al soggetto raggirato e materialmente defraudato del bene alla cui apprensione era diretta la condotta illecita, sia al soggetto che ha patito il danno patrimoniale, ovvero a colui che vanta il diritto di proprietà sul bene illecitamente appreso, essendo possibile la coesistenza di più soggetti passivi di un medesimo reato» (Sez. 2, n. 15134 del 07/02/2024, COGNOME, Rv. 286234 – 01).
La querela, dunque, è stata sporta da chi ne aveva titolo.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così è deciso, 03/12/2024