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Sequestro preventivo: quando scatta per riciclaggio?

La Corte di Cassazione ha confermato un sequestro preventivo per riciclaggio di oltre 300.000 euro trovati nascosti nell’auto di un imprenditore. La decisione si basa sulla sussistenza di un grave quadro indiziario (fumus commissi delicti) relativo a reati fiscali, considerati reato presupposto sufficiente a giustificare la misura cautelare. Secondo i giudici, le modalità di occultamento del denaro, unite alla situazione reddituale opaca dell’indagato, integrano gli elementi necessari per procedere, anche in assenza dell’individuazione di uno specifico e singolo reato all’origine dei fondi.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Riciclaggio: Basta il Sospetto di Evasione Fiscale?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24520 del 2025, affronta un tema cruciale in materia di reati economici: quali elementi sono necessari per giustificare un sequestro preventivo per riciclaggio quando il denaro sembra provenire da evasione fiscale? Questa pronuncia chiarisce il livello di specificità richiesto per dimostrare il ‘reato presupposto’, bilanciando la necessità di reprimere condotte illecite con la tutela del diritto di proprietà.

I Fatti del Caso: Oltre 300.000 Euro Nascosti nell’Auto

Il caso ha origine da un controllo su un imprenditore, alla cui disponibilità viene rinvenuta una somma di oltre 300.000 euro in contanti. Il denaro non era semplicemente custodito, ma occultato con modalità sospette: era suddiviso in mazzette avvolte nel cellophane e nastro adesivo, nascoste nel vano della ruota di scorta del veicolo. L’imprenditore, attivo nel settore del commercio di veicoli con tre diverse ditte, presentava una situazione reddituale anomala, con una delle sue società che aveva dichiarato perdite nell’ultimo anno e una generale opacità sui redditi prodotti. Di fronte a questi elementi, il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva il sequestro preventivo della somma, provvedimento confermato anche dal Tribunale del Riesame.

La Decisione dei Giudici e il Ricorso in Cassazione

L’indagato proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che mancasse il requisito fondamentale del fumus commissi delicti (la parvenza di reato) per le ipotesi di riciclaggio o ricettazione. La difesa argomentava che la semplice detenzione di una somma ingente, seppur con modalità sospette, non fosse sufficiente a provare l’esistenza di un ‘reato presupposto’, cioè il delitto originario da cui quel denaro sarebbe provenuto. Secondo il ricorrente, il Tribunale si era basato su elementi generici, senza individuare una specifica violazione penale.

Sequestro preventivo per riciclaggio: l’analisi della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la legittimità del sequestro. I giudici hanno chiarito che, sebbene la giurisprudenza più recente richieda un’indicazione concreta del reato presupposto per evitare sequestri arbitrari basati su meri sospetti, nel caso di specie gli elementi raccolti erano più che sufficienti a delineare un quadro di grave illegalità fiscale.

Il Reato Presupposto: non basta un sospetto generico

La Corte ha ribadito che non si può procedere a un sequestro basandosi solo sulla detenzione di contanti sproporzionata rispetto al reddito. È necessario individuare, sulla base di elementi concreti, almeno un’area di illiceità o un cluster di potenziali reati da cui il denaro potrebbe provenire. In questo contesto, il ‘reato presupposto’ non deve essere provato con la certezza richiesta per una condanna, ma deve essere delineato con un grado di plausibilità sufficiente a giustificare la misura cautelare.

L’Evasione Fiscale come Reato Presupposto del riciclaggio

Nel caso specifico, gli elementi valorizzati sono stati:
1. Modalità di occultamento: Il confezionamento e la collocazione del denaro erano chiaramente finalizzati a nasconderlo, indicando una volontà di celarne l’origine.
2. Ingente quantità: La somma era significativa e difficilmente giustificabile come normale flusso di cassa.
3. Situazione economico-reddituale: L’opacità dei redditi dichiarati dall’imprenditore, a fronte della gestione di tre attività commerciali, creava una forte sproporzione e suggeriva proventi non dichiarati.

Questi indizi, letti congiuntamente, hanno permesso ai giudici di individuare nell’evasione fiscale l’area di illiceità più probabile. La somma sequestrata, pari a € 307.755,00, superava ampiamente le soglie di punibilità previste dalla normativa tributaria (in particolare, l’art. 4 del D.Lgs. 74/2000), rendendo concreto e non meramente ipotetico il fumus del reato presupposto.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che il Tribunale del Riesame non si è limitato a una valutazione generica, ma ha ancorato il suo ragionamento a elementi fattuali precisi. La combinazione tra le modalità di detenzione del denaro (che escludevano una lecita provenienza) e la situazione reddituale dubbia dell’indagato consentiva di configurare un grave quadro indiziario di reati fiscali. Poiché l’importo sequestrato era ben superiore alla soglia di imposta evasa penalmente rilevante (€ 100.000,00), il fumus commissi delicti del reato presupposto era da ritenersi pienamente sussistente. Di conseguenza, diventava logico e giuridicamente fondato ipotizzare anche il successivo reato di riciclaggio o autoriciclaggio, finalizzato a ostacolare l’identificazione della provenienza illecita del denaro frutto di evasione. La decisione, quindi, si pone in linea con l’orientamento che richiede una concreta indicazione del reato presupposto, specificando però che tale indicazione può emergere da un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento pratico. Essa stabilisce che, per procedere con un sequestro preventivo per riciclaggio, è sufficiente che gli indizi convergano in modo univoco verso un’area di illiceità ben definita, come quella dei reati fiscali, e che l’entità dei beni sequestrati sia coerente con le soglie di punibilità di tali reati. Non è dunque necessario provare l’esatto e singolo delitto da cui ogni euro proviene, ma è sufficiente dimostrare, con un elevato grado di probabilità, che i fondi sono il provento di un’attività criminale, anche di natura tributaria. Questo principio rafforza gli strumenti di contrasto all’economia sommersa, consentendo un intervento cautelare efficace anche nelle fasi iniziali delle indagini.

È sufficiente trovare una grossa somma di denaro contante per disporre un sequestro preventivo per riciclaggio?
No, la sola detenzione di una somma ingente, anche se sproporzionata rispetto al reddito, non è di per sé sufficiente. È necessario che vi siano ulteriori elementi indiziari, come le modalità sospette di occultamento e una situazione reddituale opaca, che nel loro insieme facciano presumere con un alto grado di probabilità l’origine illecita del denaro.

Quale livello di prova è necessario per il reato presupposto (es. evasione fiscale) per giustificare il sequestro?
Non è richiesta la prova certa del reato presupposto, ma la sussistenza del cosiddetto fumus commissi delicti, ovvero un quadro di indizi gravi, precisi e concordanti che rendano plausibile la sua commissione. Nel caso di reati fiscali, è determinante che l’importo sequestrato superi le soglie di rilevanza penale previste dalla legge.

In che modo le modalità di occultamento del denaro influenzano la decisione del giudice?
Le modalità di occultamento sono un elemento fondamentale. Nascondere denaro in mazzette sigillate e collocate in vani dell’auto non destinati al trasporto di valori è un forte indizio della volontà di celarne l’origine e la disponibilità, supportando l’ipotesi che si tratti di proventi illeciti e rafforzando quindi il quadro indiziario a carico della persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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