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Sequestro preventivo: quando non vale il ne bis in idem

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti di applicabilità del principio del ‘ne bis in idem’ cautelare. In un caso di reati tributari, un secondo sequestro preventivo è stato ritenuto legittimo poiché il primo era stato annullato per vizi formali e il nuovo provvedimento si basava su elementi sopravvenuti (novum) che dimostravano un concreto rischio di dispersione dei beni, noto come periculum in mora. La solidità finanziaria della società non è stata considerata sufficiente a escludere tale rischio.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo: la Cassazione sui limiti del ‘ne bis in idem’ cautelare

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, offre importanti chiarimenti sulla possibilità di emettere un nuovo sequestro preventivo dopo l’annullamento di un precedente provvedimento. Il caso analizzato riguarda una complessa vicenda di reati tributari e responsabilità degli enti, dove la Suprema Corte ha stabilito che il principio del ne bis in idem cautelare non opera se l’annullamento è avvenuto per vizi formali e se la nuova misura si fonda su elementi fattuali sopravvenuti, che dimostrano un concreto rischio di dispersione del patrimonio societario.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore alimentare si è vista notificare un’ordinanza di sequestro preventivo d’urgenza per reati tributari contestati sia al suo legale rappresentante sia alla società stessa, ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Tale provvedimento seguiva un precedente sequestro che era stato annullato dal Tribunale del riesame per un difetto di motivazione circa il periculum in mora, ovvero il rischio concreto di dispersione dei beni.

Contro la nuova misura, la società ha proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente quattro violazioni:
1. La violazione del principio del ne bis in idem cautelare, sostenendo che non si potesse emettere un nuovo sequestro per gli stessi fatti.
2. L’impossibilità per il Tribunale del riesame di integrare la motivazione del provvedimento impugnato.
3. Il difetto di motivazione sul periculum in mora.
4. La mancata valutazione della solidità economico-finanziaria della società, che a suo dire avrebbe escluso ogni rischio di dispersione dei capitali.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo integralmente. I giudici hanno confermato la legittimità del secondo sequestro preventivo, fornendo una dettagliata analisi di tutti i motivi di ricorso e consolidando importanti principi in materia di misure cautelari reali.

Le motivazioni

La sentenza si articola attorno a tre nuclei argomentativi fondamentali che hanno portato al rigetto del ricorso.

Il Principio del Ne Bis in Idem nel sequestro preventivo

Il primo e più importante punto affrontato dalla Corte riguarda l’applicazione del principio del ne bis in idem. I giudici hanno ribadito che tale principio non è assoluto in ambito cautelare. Esso non impedisce l’emissione di un nuovo sequestro preventivo quando il precedente provvedimento è stato annullato per ragioni puramente formali, come la carenza di motivazione sul periculum in mora.

Inoltre, la Corte ha sottolineato un elemento decisivo: il secondo sequestro era basato su un novum, un fatto nuovo. Nello specifico, era emerso che i coindagati, subito dopo aver appreso dell’indagine, avevano costituito due nuove società con un oggetto sociale simile a quella indagata, con il chiaro intento di svuotarne il patrimonio. Questa nuova circostanza, non valutata nel primo provvedimento, giustificava pienamente la nuova misura cautelare, superando ogni preclusione derivante dalla precedente decisione.

La Motivazione sul Periculum in Mora

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte ha ritenuto che la motivazione del secondo provvedimento sul rischio di dispersione dei beni fosse adeguata e non apparente. Il giudice aveva fatto riferimento non solo alla natura dei beni (denaro e beni facilmente occultabili), ma anche alla “spiccata attitudine” degli indagati a porre in essere atti distrattivi, evidenziata dalla loro capacità di organizzare un imponente sistema di evasione fiscale (pari a 52 milioni di euro) e dalle loro recenti manovre societarie.

Il Tribunale del riesame, quindi, non ha integrato una motivazione mancante, ma ha correttamente valorizzato gli elementi già presenti nel provvedimento, ritenendoli sufficienti a dimostrare un pericolo concreto e attuale di dispersione della garanzia patrimoniale per l’Erario.

L’Irrilevanza della Capacità Economica della Società

Infine, la Corte ha giudicato inammissibile il motivo relativo alla solidità finanziaria della società. Secondo i giudici, la capienza patrimoniale assume un carattere secondario di fronte alle concrete modalità dei fatti e alle abilità dimostrate dagli indagati nel manipolare strutture societarie.

Il Tribunale aveva evidenziato una serie di atti di disposizione patrimoniale sospetti (l’acquisto di un capannone da una società collegata amministrata dalla sorella, l’impegno ad acquistare un altro bene per oltre un milione di euro, ecc.) posti in essere in tempi brevi. Queste azioni dimostravano una chiara propensione a disperdere il patrimonio una volta scoperta l’indagine, rendendo la presunta solidità finanziaria un argomento non sufficiente a scongiurare il rischio che giustificava il sequestro preventivo.

Le conclusioni

Questa sentenza consolida alcuni principi fondamentali in materia di misure cautelari reali. In primo luogo, un sequestro preventivo annullato per vizi formali non preclude l’emissione di un nuovo provvedimento, specialmente se questo si fonda su elementi fattuali nuovi che aggravano il quadro indiziario. In secondo luogo, la valutazione del periculum in mora deve basarsi su elementi concreti che dimostrino una reale propensione degli indagati alla dispersione dei beni, come la loro personalità, la complessità del sistema fraudolento e le azioni poste in essere dopo la scoperta delle indagini. Infine, la mera capienza patrimoniale di una società non è, di per sé, un elemento sufficiente a escludere il rischio di dispersione, se contrastata da specifici e concreti atti distrattivi.

È possibile emettere un nuovo sequestro preventivo dopo che un precedente provvedimento è stato annullato?
Sì, è possibile. Il principio del ‘ne bis in idem’ non preclude l’emissione di un nuovo provvedimento di sequestro se il primo è stato annullato per motivi puramente formali (come la mancanza di motivazione sul periculum in mora) e, soprattutto, se il nuovo provvedimento si basa su elementi fattuali nuovi (un ‘novum’) non precedentemente esaminati.

Come si valuta il ‘periculum in mora’ (rischio di dispersione dei beni) in un sequestro preventivo?
Il ‘periculum in mora’ non si basa solo sulla natura dei beni (es. denaro facilmente occultabile), ma viene valutato considerando elementi concreti come la personalità degli indagati, la loro capacità organizzativa nel commettere reati, le modalità dei comportamenti tenuti e le azioni specifiche volte a disperdere o svuotare i patrimoni, come la costituzione di nuove società.

La solidità finanziaria di una società può escludere il rischio di dispersione dei capitali e quindi il sequestro preventivo?
No, la sola capacità economica o solidità finanziaria di una società non è sufficiente a escludere il rischio di dispersione. Secondo la Corte, questo elemento è sub-valente rispetto alle concrete modalità dei fatti e alla propensione degli indagati a porre in essere atti di disposizione patrimoniale volti a disperdere la garanzia per lo Stato, specialmente una volta venuti a conoscenza dell’indagine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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