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Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di sequestro preventivo. La difesa lamentava una motivazione illogica sul pericolo di dispersione dei beni, ma la Corte ha stabilito che tale censura riguarda il merito e non costituisce una “violazione di legge”, unico motivo valido per un ricorso in questa sede. Di conseguenza, il provvedimento di sequestro è stato confermato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: i Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 11907/2025, torna a delineare con fermezza i confini del ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo. La decisione chiarisce che non è sufficiente contestare la logicità della motivazione del giudice per ottenere un annullamento; è necessario dimostrare una vera e propria “violazione di legge”, un vizio ben più grave e specifico. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti del Caso: dal Sequestro al Ricorso

La vicenda ha origine da un’indagine per reati gravi, tra cui associazione per delinquere, riciclaggio e reati tributari, a carico di un individuo. Nell’ambito di tale procedimento, il Tribunale disponeva un sequestro preventivo su denaro contante, carte di pagamento e di credito dell’indagato, finalizzato alla futura confisca.

La difesa presentava un’istanza di riesame, sostenendo che il provvedimento mancasse di motivazione su due punti cruciali:
1. L’attualità del periculum in mora, ovvero il pericolo concreto che l’indagato potesse disperdere i propri beni. Le condotte contestate risalivano a quasi un anno prima del sequestro, rendendo, secondo la difesa, il pericolo non più attuale.
2. Una valutazione sulla capienza patrimoniale dell’indagato rispetto alla futura confisca.

Il Tribunale del Riesame rigettava l’istanza, confermando il sequestro. Contro questa decisione, il difensore proponeva ricorso per Cassazione, ribadendo la mancanza e l’illogicità della motivazione in ordine alle esigenze cautelari.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Sequestro Preventivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione si basa su un principio consolidato nella giurisprudenza: il ricorso per Cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, è consentito solo per violazione di legge, ai sensi dell’art. 325 del codice di procedura penale.

Cosa significa “violazione di legge” in questo contesto? La Corte chiarisce che in tale nozione rientrano non solo gli errori di diritto (applicazione errata di una norma), ma anche i vizi di motivazione talmente radicali da renderla inesistente o meramente apparente. Una motivazione è “apparente” quando, pur esistendo graficamente, è talmente contraddittoria o priva di coerenza logica da non permettere di comprendere il ragionamento seguito dal giudice.

Nel caso di specie, invece, il Tribunale del Riesame aveva affrontato il tema del pericolo di dispersione dei beni, dedicandovi una parte della sua motivazione (pagine 3 e 4 dell’ordinanza). La critica mossa dalla difesa, secondo la Cassazione, non verteva su un’assenza di motivazione, ma sulla sua presunta insufficienza o illogicità. Questo tipo di censura, tuttavia, attiene al merito della valutazione del giudice e non integra quella “violazione di legge” richiesta per l’ammissibilità del ricorso.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su un orientamento inaugurato dalle Sezioni Unite già nel 2004 e consolidato nel tempo. Il principio è che il controllo di legittimità della Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Il ricorso non può essere un’occasione per riproporre una diversa valutazione dei fatti o per contestare l’interpretazione delle prove data dal giudice del riesame.

Il ricorrente, nel caso in esame, ha dedotto un “vizio di motivazione”, che è un motivo di ricorso estraneo al perimetro dell’art. 325 c.p.p. per le misure cautelari reali. La Corte ha osservato che il Tribunale aveva evidenziato il pericolo, e anche se la difesa non condivideva tale valutazione, la motivazione esisteva e non era meramente apparente. Pertanto, la doglianza si risolveva in una critica di merito, inammissibile in sede di legittimità. L’inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

La sentenza n. 11907/2025 ribadisce una lezione fondamentale per la prassi legale: quando si impugna un’ordinanza di sequestro preventivo davanti alla Corte di Cassazione, è essenziale concentrarsi su autentiche violazioni di norme di legge o su vizi motivazionali estremi, come l’assenza totale di motivazione o la sua manifesta illogicità. Tentare di contestare la sufficienza o la persuasività del ragionamento del giudice del riesame si traduce quasi certamente in una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La distinzione tra controllo di legittimità e giudizio di merito resta un pilastro invalicabile del nostro sistema processuale.

È possibile ricorrere in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo lamentando che la motivazione è debole o illogica?
Solo se la motivazione è così radicalmente viziata da essere considerata mancante o meramente apparente. Una critica alla sufficienza o alla logicità della motivazione, se questa esiste e segue un percorso comprensibile, non è ammessa come “violazione di legge” e rende il ricorso inammissibile.

Cosa si intende per “violazione di legge” come unico motivo di ricorso per cassazione avverso un sequestro preventivo?
Si intende un errore nell’applicazione o interpretazione di una norma di legge (errores in iudicando o in procedendo) oppure un vizio di motivazione talmente grave da renderla inesistente, contraddittoria o manifestamente illogica, tale da non permettere di ricostruire il ragionamento del giudice.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver intrapreso un’azione legale ritenuta infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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