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Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo di strutture abusive su area demaniale. La decisione si basa sulla mancanza di legittimazione del ricorrente, che non aveva più alcun diritto sull’area, e sulla commissione di un nuovo reato di occupazione abusiva dopo la scadenza del termine per la rimozione delle opere.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quando la Cassazione Dichiara il Ricorso Inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità di un ricorso avverso un provvedimento di sequestro preventivo, in particolare nel contesto di reati legati all’occupazione abusiva di aree demaniali. La decisione sottolinea come la mancanza di legittimazione ad agire e la configurazione di un nuovo reato possano precludere l’esame nel merito dell’impugnazione.

Il Contesto: Occupazione Abusiva e un Nuovo Sequestro Preventivo

Il caso riguarda il legale rappresentante di una struttura turistica, il quale aveva proposto ricorso contro un’ordinanza del Tribunale del riesame che confermava un sequestro preventivo su alcune strutture. Tali opere erano state realizzate su un’area demaniale marittima di circa 33.000 metri quadri, in assenza delle necessarie autorizzazioni e in violazione di una precedente concessione.

La vicenda giudiziaria era complessa. Già in passato, l’imputato era stato oggetto di un procedimento penale per fatti analoghi, conclusosi con un decreto penale di condanna che disponeva il dissequestro dell’area al solo fine di consentirne il ripristino e la restituzione all’ente pubblico proprietario. Tuttavia, alla scadenza del termine concesso per la rimozione delle strutture abusive, le opere erano ancora presenti. Questo inadempimento ha portato la Procura a disporre un nuovo sequestro preventivo d’urgenza, ritenendo che si fosse configurato un nuovo reato.

I Motivi del Ricorso e le Obiezioni della Difesa

L’imputato ha impugnato il provvedimento lamentando diversi vizi. In primo luogo, ha invocato la violazione del principio del ne bis in idem, sostenendo di essere stato già giudicato per gli stessi fatti. In secondo luogo, ha contestato l’assenza dei presupposti per la misura cautelare, ovvero il fumus boni iuris (la parvenza di un reato) e il periculum in mora (il pericolo nel ritardo), affermando di aver già liberato l’area e che quindi non vi fosse più alcun reato in corso.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Difetto di Legittimazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle questioni sollevate, sulla base di una ragione preliminare e dirimente: il difetto di legittimazione del ricorrente.

L’Assenza di un Diritto da Tutelare

Il Tribunale aveva già accertato che l’area in questione era stata formalmente restituita al Comune. Il precedente dissequestro era stato concesso non per restituire il bene all’imputato, ma unicamente per permettergli di adempiere all’ordine di ripristino dello stato dei luoghi. Di conseguenza, l’imputato non poteva vantare alcun diritto sulla restituzione dell’area né alcun interesse concreto a contestare il nuovo sequestro. Senza un interesse giuridicamente rilevante, l’impugnazione risulta priva del suo presupposto fondamentale.

La Configurazione di un Nuovo Reato

La Corte ha inoltre smontato la tesi del ne bis in idem. I giudici hanno chiarito che il dissequestro temporaneo non aveva sanato l’illegalità della condotta. Al contrario, la mancata rimozione delle strutture abusive entro il termine stabilito ha dato vita a un nuovo e autonomo reato di occupazione abusiva. L’inadempimento dell’imputato ha fatto sorgere una nuova situazione illecita, giustificando pienamente l’emissione di un nuovo provvedimento di sequestro preventivo.

Le motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si fonda su un principio procedurale cardine: non si può ricorrere in giudizio se non si ha un interesse concreto e attuale da difendere. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva più alcun titolo per rivendicare l’area, la quale era già legalmente tornata nella disponibilità dell’ente pubblico. Il suo ricorso era quindi ‘generico’ perché non si confrontava con la reale ragione del rigetto da parte del Tribunale del riesame, ovvero la sua totale estraneità giuridica al bene sequestrato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un concetto fondamentale: l’accesso alla giustizia è subordinato all’esistenza di una posizione giuridica meritevole di tutela. Chiunque intenda impugnare un provvedimento cautelare come il sequestro preventivo deve dimostrare di avere un interesse diretto e concreto alla sua rimozione. Inoltre, la pronuncia chiarisce che l’inadempimento a un ordine del giudice, come la mancata rimozione di opere abusive, non è una mera prosecuzione di un illecito passato, ma può integrare gli estremi di un nuovo reato, legittimando nuove azioni cautelari e penali. Per gli operatori del settore, ciò serve da monito sulla necessità di adempiere scrupolosamente agli ordini di ripristino, poiché la persistenza nell’illecito non gode di alcuna tolleranza da parte dell’ordinamento.

Quando un ricorso contro un sequestro preventivo può essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione?
Un ricorso è inammissibile quando il ricorrente non può vantare alcun diritto o interesse giuridicamente protetto alla restituzione del bene sequestrato. Nel caso specifico, l’area era già stata formalmente restituita all’ente pubblico, pertanto l’imputato non aveva più alcun titolo per contestare il nuovo sequestro.

La mancata rimozione di opere abusive dopo un ordine del giudice può configurare un nuovo reato?
Sì. Secondo la Corte, il dissequestro era stato concesso al solo fine di consentire la rimozione delle opere. La mancata ottemperanza a tale ordine entro il termine stabilito ha integrato un nuovo reato di occupazione abusiva, giustificando un nuovo sequestro.

Il principio del ‘ne bis in idem’ si applica se, dopo una condanna, l’occupazione abusiva persiste?
No, in questo caso il principio non si applica. La Corte ha stabilito che la persistenza nell’occupazione abusiva dopo la scadenza del termine per il ripristino costituisce un ‘nuovo reato’, distinto dal precedente per cui era già intervenuta condanna, e quindi può essere nuovamente perseguito penalmente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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