Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 3741 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 3741 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Oggi,
NOME nata a Catania il 03/01/1994
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catania del 11/07/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.In data 24/06/2024, il Gip del Tribunale di Catania convalidava il sequestro preventivo, operato in via d’urgenza dalla polizia giudiziaria, a carico di NOME COGNOME per aver commesso i reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 44 d.P.R. n. 380 del 2001 e 544-ter e 727, cod. pen., disponendo, contestualmente, il sequestro preventivo di manufatti di edilizia e strutture metalliche edificati ne terreno ubicato nel Comune di Caporotondo, nonché dei 12 cani e dei 6 conigli ivi ricoverati.
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2.Avverso il suddetto provvedimento, tramite difensore, NOME COGNOME avanzava istanza di riesame contestando sia il fumus commissi delicti che il periculum in mora. In data 11/07/2024 il Tribunale ha rigettato l’istanza dell’indagata confermando il decreto di sequestro preventivo impugnato dalla difesa.
3.Avverso tale ultimo provvedimento NOME COGNOME tramite difensore, propone ricorso per cassazione articolato nei seguenti motivi.
4.Nel primo motivo si lamenta il vizio di violazione di legge in relazione all’omesso esame da parte del giudice della C.I.L.A. prot. n. 7176 del 18/05/2021 prodotta dall’indagata e la mancanza o mera apparenza della motivazione.
Si deduce che dalla lettura della C.I.L.A. era desumibile la natura amovibile e temporanea dei manufatti per la cui realizzazione non era necessario il permesso di costruire.
Quanto al reato di detenzione di animali in ambienti non idonei a garantire il benessere degli stessi in condizioni incompatibili con la loro natura, la ricorrente osserva che dalla documentazione prodotta era emerso, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, che gli animali, nel luogo ove si trovavano, godevano di ottima salute psicofisica, e non erano malnutriti o disidratati.
Da ultimo si osserva che, contrariamente a quanto reputato dai giudici del riesame, la ricorrente aveva agito per la restituzione e dissequestro dei soli cani di sua proprietà.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.In primo luogo occorre ribadire che in tema di provvedimenti cautelari reali, il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge ex art. 325, cod. proc. pen., e che tale vizio ricomprende, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692-01; Sez. 2, n.18952 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01).
Nello specificare tale presupposto si è chiarito che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, è ammissibile quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda.
Tanto premesso, con riferimento al reato edilizio, va osservato che il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus del reato contestato in ragione del carattere non amovibile dei manufatti realizzati, richiamando solo ad adiuvandum la mancata esibizione della C.I.L.A. evocata.
La motivazione non può dunque reputarsi apparente, ed appare sufficiente anche alla luce dei principi che regolano il giudizio del riesame, in cui, giova ricordare, non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire l’astratta sussumibilità in una determinata fattispecie di reato, del fat contestato come ipotesi di accusa (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, COGNOME, Rv. 215840-01).
Pertanto, la verifica del cd. fumus non può estendersi fino a far coincidere l’esame con un vero e proprio giudizio di colpevolezza, dovendo restar fuori dall’indagine il complesso degli elementi di valutazione che concorrono ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’indagato; è sufficiente la semplice enunciazione, che non sia manifestamente arbitraria, di una ipotesi di reato, in relazione alla quale si appalesi, almeno allo stato la necessità di escludere la libera disponibilità della cosa pertinente a quel reto, possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato (Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, COGNOME, Rv. 26689601; Sez. 4, n. 23944 del 21/05/2008, COGNOME, Rv. 240521-01).
2.Le medesime considerazioni svolte vanno ripetute anche in relazione ai reati di cui agli artt. 544 ter e 727, cod. pen., il cui fumus è stato ritenuto sussistente, con motivazione non apparente, alla luce delle condizioni in cui sono stati rinvenuti gli animali.
Per questi motivi, il ricorso va considerato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 05/12/2024
Il Consigliere estensore