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Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo riguardante manufatti edilizi e animali. La sentenza chiarisce che, in sede di legittimità, non si può riesaminare il merito dei fatti, ma solo le violazioni di legge. Per il sequestro preventivo è sufficiente il ‘fumus commissi delicti’, ovvero la semplice apparenza del reato, e la motivazione del giudice del riesame è stata ritenuta adeguata e non meramente apparente.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: i Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, torna a delineare i confini del ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo. Il caso in esame offre uno spunto fondamentale per comprendere quando un’impugnazione di questo tipo può avere successo e quando, invece, è destinata a essere dichiarata inammissibile. La vicenda riguarda presunti abusi edilizi e reati di maltrattamento di animali, ma i principi espressi dalla Corte hanno una valenza generale.

I Fatti del Caso: Abusi Edilizi e Animali Sotto Sequestro

Il tutto ha origine da un’operazione di polizia giudiziaria che porta al sequestro d’urgenza di alcuni manufatti edilizi e strutture metalliche, oltre a dodici cani e sei conigli, detenuti in un terreno. Il Giudice per le Indagini Preliminari (Gip) convalida il provvedimento, ipotizzando a carico della proprietaria i reati di costruzione abusiva e di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura.

La difesa presenta istanza di riesame al Tribunale, contestando sia il fumus commissi delicti (la parvenza di reato) sia il periculum in mora (il pericolo nel ritardo). Il Tribunale, tuttavia, rigetta l’istanza e conferma integralmente il decreto di sequestro. Contro questa decisione, la difesa propone ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso: una Difesa Basata sui Fatti

Nel suo ricorso, l’indagata lamentava principalmente due aspetti:

1. Sui reati edilizi: Si sosteneva che il giudice del riesame avesse ignorato un documento (una C.I.L.A.) dal quale sarebbe emersa la natura amovibile e temporanea dei manufatti, per i quali non sarebbe stato necessario un permesso di costruire.
2. Sui reati contro gli animali: Si affermava che la documentazione prodotta dimostrava come gli animali godessero di ottima salute e non fossero né malnutriti né disidratati, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici.

In sostanza, il ricorso mirava a ottenere una nuova valutazione degli elementi fattuali, proponendo una lettura diversa delle prove già esaminate nelle fasi precedenti.

La Decisione della Cassazione: il Sequestro Preventivo e i Limiti del Controllo di Legittimità

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il ricorso per cassazione avverso le misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, è consentito solo per ‘violazione di legge’.

Le motivazioni

I giudici della Suprema Corte spiegano che il concetto di ‘violazione di legge’ include non solo gli errori nell’applicazione delle norme, ma anche i vizi della motivazione così gravi da renderla inesistente o meramente apparente. Una motivazione è apparente quando è priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, tanto da non rendere comprensibile il ragionamento logico seguito dal giudice.

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che la motivazione del Tribunale del riesame, sebbene sintetica, non era affatto apparente. Per giustificare un sequestro preventivo, non è necessario accertare la colpevolezza dell’indagato, ma è sufficiente che sussista il cosiddetto fumus commissi delicti. Questo significa che basta l’astratta possibilità di ricondurre il fatto contestato a una specifica fattispecie di reato.

Con riferimento al reato edilizio, il Tribunale aveva motivato ritenendo i manufatti ‘non amovibili’, un giudizio di fatto che non può essere messo in discussione in sede di legittimità. Analogamente, per i reati legati agli animali, la motivazione si basava sulle condizioni in cui gli animali erano stati rinvenuti, considerate sufficienti a integrare il fumus dei reati contestati.

La Cassazione ribadisce che la verifica del fumus non può spingersi fino a un vero e proprio giudizio di colpevolezza. È sufficiente un’enunciazione non arbitraria di un’ipotesi di reato per la quale sia necessario impedire la libera disponibilità della cosa pertinente al reato stesso.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: chi intende impugnare in Cassazione un provvedimento di sequestro preventivo non può limitarsi a contestare la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito. Il ricorso deve invece evidenziare vizi di legittimità, come un’errata interpretazione di una norma di legge o una motivazione del tutto assente o talmente illogica da risultare incomprensibile. Tentare di ottenere dalla Cassazione una terza valutazione del merito è una strategia destinata al fallimento, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Cosa è sufficiente per disporre un sequestro preventivo?
Per disporre un sequestro preventivo è sufficiente il cosiddetto ‘fumus commissi delicti’, ovvero l’esistenza di elementi che facciano apparire plausibile la commissione di un reato. Non è richiesta una prova piena della colpevolezza.

È possibile contestare la valutazione dei fatti di un sequestro preventivo davanti alla Corte di Cassazione?
No, il ricorso per cassazione contro un sequestro preventivo è consentito solo per ‘violazione di legge’. Non è possibile chiedere alla Corte di riesaminare i fatti e le prove, a meno che la motivazione del provvedimento impugnato sia completamente assente o meramente apparente.

Cosa succede se il ricorso contro un sequestro preventivo viene dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, il provvedimento di sequestro viene confermato. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come stabilito nella sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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