LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore contro un sequestro preventivo di quote societarie. Il sequestro era stato disposto per il reato di intestazione fittizia di beni, finalizzata a eludere misure di prevenzione patrimoniali. La Corte ha ritenuto i motivi di ricorso infondati, in particolare sulla presunta modifica dell’accusa e sulla mancata valutazione di prove difensive, confermando la solidità del provvedimento basato sulla sproporzione reddituale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: i Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15147 del 2024, offre importanti chiarimenti sui limiti e le condizioni di ammissibilità del ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo. Questo provvedimento cautelare, finalizzato a congelare beni ritenuti profitto di reato, è spesso oggetto di complesse battaglie legali. Analizziamo come la Suprema Corte ha affrontato i motivi di ricorso basati su presunti vizi procedurali e di motivazione, delineando un percorso rigoroso per la difesa.

I Fatti del Caso

Il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria confermava un’ordinanza di sequestro preventivo d’urgenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari. Il sequestro riguardava l’intero capitale sociale di una società a responsabilità limitata, una quota del 40% di un’altra società detenuta dalla moglie dell’indagato e un’autovettura a lei intestata.

L’accusa principale era quella di intestazione fittizia di beni (art. 512-bis c.p.), reato che si configura quando un soggetto attribuisce formalmente a terzi la titolarità di beni al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale. Secondo l’ipotesi accusatoria, l’indagato, coinvolto in un procedimento per associazione di tipo mafioso, agiva come socio occulto in diverse società per schermare il proprio patrimonio.

L’indagato proponeva ricorso per cassazione, articolando tre principali motivi di doglianza:
1. La violazione del principio di correlazione tra accusa e decisione, sostenendo che il Tribunale del Riesame avesse modificato la ricostruzione dei fatti rispetto a quella originaria.
2. L’illogicità della motivazione, per non aver considerato adeguatamente la revoca di una precedente misura cautelare e il lungo lasso di tempo intercorso tra i fatti.
3. La mancanza assoluta di motivazione riguardo a una consulenza tecnica di parte che offriva una diversa ricostruzione reddituale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo tutti i motivi manifestamente infondati o non consentiti in sede di legittimità. La decisione ribadisce la natura e i limiti del controllo della Cassazione sui provvedimenti cautelari reali, che è circoscritto alla sola violazione di legge e non può estendersi a una nuova valutazione del merito dei fatti.

Analisi del sequestro preventivo e la correlazione con l’accusa

Il primo motivo di ricorso si basava sulla presunta violazione dell’art. 521 c.p.p., che impone una correlazione tra l’accusa contestata e la sentenza. La difesa lamentava che il Tribunale avesse descritto l’indagato come “soggetto interponente” anziché “interposto”.

La Corte ha respinto questa argomentazione, chiarendo che il principio di correlazione si applica rigorosamente alla fase dibattimentale, mentre durante le indagini preliminari l’incolpazione è per sua natura “fluida e mutevole”. Inoltre, nel merito, la Corte non ha ravvisato alcun mutamento del fatto: l’indagato era sempre stato considerato un socio occulto che agiva in concorso con altri, rendendo irrilevante la sottile distinzione terminologica sollevata dalla difesa.

La valutazione degli indizi e il vizio di motivazione

Anche il secondo e il terzo motivo, relativi a presunti vizi di motivazione, sono stati giudicati inammissibili. La Corte ha ricordato che, in tema di sequestro preventivo, il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge. Tale violazione include anche i vizi di motivazione, ma solo quando questi sono così radicali da rendere l’argomentazione del giudice del tutto mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, e quindi incomprensibile.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha spiegato che la valutazione del Tribunale sulla pendenza di un altro procedimento a carico dell’indagato come sintomo del suo interesse a eludere misure di prevenzione non costituiva una violazione di legge, ma un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità.

Riguardo all’omesso esame della consulenza tecnica di parte, la Corte ha definito la censura “meramente assertiva e generica”. Il ricorrente si era limitato a lamentare la mancata analisi senza specificare quali argomenti della consulenza avrebbero potuto effettivamente scardinare la ricostruzione dei giudici. La Corte ha sottolineato che il provvedimento impugnato si fondava su prove solide, come le intercettazioni e gli accertamenti patrimoniali che evidenziavano una forte sproporzione tra i redditi leciti e il tenore di vita, una sproporzione che, peraltro, la stessa consulenza di parte sembrava ammettere per alcuni periodi.

Citando la propria giurisprudenza, la Corte ha ribadito che l’omesso esame di una memoria difensiva può essere dedotto come vizio solo quando introduce un tema potenzialmente decisivo su cui il giudice è rimasto completamente silente, condizione non verificatasi nel caso di specie.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione contro un sequestro preventivo non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. I motivi di ricorso devono denunciare violazioni di legge chiare e specifiche, oppure vizi motivazionali talmente gravi da rendere la decisione del giudice arbitraria o inesistente sul piano logico. Doglianze generiche o che sollecitano una diversa lettura degli elementi di fatto sono destinate all’inammissibilità. Per la difesa, ciò significa che ogni censura deve essere non solo ben fondata in diritto, ma anche supportata da argomentazioni specifiche che dimostrino la decisività degli elementi trascurati dal giudice del riesame. In assenza di tali requisiti, come nel caso esaminato, il ricorso viene dichiarato inammissibile con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile modificare l’accusa durante la fase delle indagini preliminari in un procedimento per sequestro preventivo?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, durante le indagini preliminari l’incolpazione è per sua natura fluida e mutevole, a differenza della fase dibattimentale dove vige il rigido principio di correlazione tra accusa e sentenza.

Un ricorso per cassazione contro un sequestro preventivo può basarsi su vizi della motivazione?
Sì, ma solo in casi limitati. Il ricorso è consentito quando i vizi della motivazione sono così radicali da rendere l’apparato argomentativo del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, rendendo incomprensibile l’iter logico seguito dal giudice.

L’omesso esame di una consulenza tecnica della difesa rende automaticamente illegittimo un provvedimento di sequestro preventivo?
No. L’omesso esame di una memoria o consulenza difensiva può essere motivo di ricorso solo se ha introdotto un tema potenzialmente decisivo e il provvedimento impugnato è rimasto del tutto silente su quel punto. Un ricorso generico che non spiega perché tale consulenza sarebbe stata decisiva è inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati