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Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro l’annullamento di un sequestro preventivo per presunti abusi edilizi e paesaggistici. La decisione sottolinea che il ricorso in Cassazione è limitato alla sola violazione di legge e non può contestare la valutazione dei fatti del Tribunale del Riesame, specialmente quando quest’ultimo ha adeguatamente motivato l’assenza di dolo (intento criminale) e di pericolo, rendendo illegittima la misura cautelare.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Limiti al Ricorso del PM e Valore della Buona Fede

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5679 del 2024, offre un’importante lezione sui limiti del sequestro preventivo e, soprattutto, sulle condizioni di ammissibilità del ricorso del Pubblico Ministero avverso un provvedimento di annullamento. La decisione ribadisce un principio cardine: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito e le censure fattuali, anche se mascherate da violazioni di legge, sono destinate all’inammissibilità.

I Fatti di Causa: Dalla Costruzione al Sequestro

Il caso trae origine da un’indagine per presunti reati edilizi e paesaggistici legati alla costruzione di alcune villette. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva inizialmente disposto il sequestro preventivo degli immobili, ritenendo sussistenti sia il fumus boni iuris (la parvenza del reato) sia il periculum in mora (il pericolo nel ritardo).

Tuttavia, gli interessati proponevano istanza di riesame e il Tribunale di Varese, accogliendo le loro difese, revocava il sequestro. Secondo il Tribunale, non solo mancava un’adeguata motivazione sul pericolo concreto, ma soprattutto appariva insussistente il fumus dei reati contestati, in particolare l’elemento soggettivo del dolo.

L’Appello del Pubblico Ministero e il tema del sequestro preventivo

Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una duplice violazione di legge.

In primo luogo, sosteneva che il Tribunale avesse erroneamente escluso la sussistenza di un vincolo paesaggistico su un’area boschiva, basandosi acriticamente sulla consulenza di parte e trascurando altri elementi probatori come i fotogrammi aerei. Inoltre, criticava la valutazione sull’assenza di periculum, sostenendo che il reato paesaggistico fosse di pericolo astratto e che la prosecuzione dei lavori avrebbe aggravato l’offesa.

In secondo luogo, contestava l’esclusione del reato di lottizzazione abusiva. Secondo l’accusa, il Tribunale avrebbe errato nel ritenere la buona fede degli acquirenti e, soprattutto, della società costruttrice, omettendo di valutare correttamente la necessità di un raccordo con l’aggregato urbano esistente.

La rigida barriera della “violazione di legge” nel sequestro preventivo

Il cuore della pronuncia della Cassazione risiede nella corretta interpretazione dell’art. 325 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che contro le ordinanze emesse in sede di riesame di misure cautelari reali, il ricorso per cassazione è consentito soltanto per violazione di legge.

Questo significa che non è possibile chiedere alla Suprema Corte di rivalutare i fatti o di sindacare la logicità della motivazione del giudice del riesame. L’unica eccezione è rappresentata dai casi in cui la motivazione sia talmente carente, contraddittoria o illogica da essere considerata ‘apparente’ o addirittura ‘mancante’, trasformandosi così, essa stessa, in una violazione di legge.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile, ritenendo che, al di là dell’intestazione formale, le censure proposte fossero tutte di merito e non di legittimità.

I giudici hanno osservato che il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione tutt’altro che acritica o apparente. Per escludere il fumus, non si era limitato a recepire le conclusioni di un consulente, ma aveva valorizzato elementi concreti come l’ingente investimento economico e le comunicazioni intercorse con la pubblica amministrazione, da cui emergeva un intento edificatorio trasparente e non clandestino.

Il punto decisivo, qualificato dalla Corte come ‘assorbente’, è stata la valutazione sull’elemento soggettivo del reato. Il Tribunale aveva ampiamente argomentato le ragioni per cui riteneva assente il dolo, cioè la volontà cosciente di commettere l’abuso. La Cassazione ha ricordato il principio consolidato secondo cui il giudice del riesame, in sede di valutazione del fumus, può e deve esaminare anche il profilo soggettivo, e se la sua assenza emerge ictu oculi (a prima vista), il sequestro non può essere mantenuto. La motivazione del Tribunale su questo punto era logica e coerente, e le critiche del PM si risolvevano in un tentativo, non consentito, di ottenere una diversa lettura dei fatti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza n. 5679/2024 rafforza alcuni principi fondamentali in materia di misure cautelari reali:

1. Rigore nell’Appello: Il Pubblico Ministero che intende impugnare in Cassazione un’ordinanza di annullamento di un sequestro deve concentrarsi su autentiche violazioni di legge, evitando di riproporre questioni di fatto già vagliate dal Tribunale del Riesame.
2. Centralità della Motivazione: Una motivazione completa, logica e coerente da parte del Tribunale del Riesame costituisce un baluardo difficilmente superabile in sede di legittimità.
3. Rilevanza dell’Elemento Soggettivo: La valutazione sulla sussistenza del dolo non è un’esclusiva del giudizio di merito, ma può essere anticipata, in via sommaria, già in fase cautelare. Una solida argomentazione sull’assenza di intenzionalità criminale è sufficiente a far cadere il presupposto del fumus boni iuris e, di conseguenza, il sequestro preventivo.

Quando può il Pubblico Ministero ricorrere in Cassazione contro l’annullamento di un sequestro preventivo?
Il ricorso è ammesso esclusivamente per ‘violazione di legge’, come previsto dall’art. 325 cod. proc. pen. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti o la logicità della motivazione del Tribunale del Riesame, a meno che questa non sia totalmente mancante o meramente apparente.

Il giudice del riesame può valutare l’intento criminale (dolo) per decidere su un sequestro preventivo?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il giudice del riesame, nella sua valutazione sommaria del fumus boni iuris, deve considerare tutti gli elementi del reato, incluso quello soggettivo. Se emerge in modo evidente (ictu oculi) l’assenza di dolo, il sequestro deve essere annullato.

Cosa succede se il ricorso del PM, pur lamentando una ‘violazione di legge’, in realtà critica la ricostruzione dei fatti del giudice precedente?
La Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. La sentenza in esame chiarisce che non è consentito mascherare una censura di merito sotto la veste di un motivo di legittimità. Il ricorso finisce per essere un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti, il che è precluso dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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