Sequestro Preventivo: I Limiti del Ricorso in Cassazione
Il sequestro preventivo è uno strumento potente nelle mani dell’autorità giudiziaria, finalizzato a congelare beni ritenuti pertinenti a un reato. Ma cosa succede quando si vuole contestare tale misura? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34153/2025, offre chiarimenti cruciali sui limiti del ricorso contro un’ordinanza di sequestro, sottolineando la differenza tra contestare una violazione di legge e tentare un riesame dei fatti.
I Fatti del Caso: Il Sequestro di Denaro Contante
Il caso ha origine da un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Arezzo, che disponeva il sequestro preventivo di 3.000 euro in contanti trovati nell’abitazione di un individuo. La misura era stata motivata dalla sussistenza del fumus del delitto di spaccio di sostanze stupefacenti e dall’assenza di redditi leciti dichiarati dal soggetto, che potessero giustificare il possesso di tale somma.
L’interessato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per saltum direttamente in Cassazione, sostenendo che il denaro fosse il provento di vincite al gioco e che non vi fossero prove sufficienti a collegarlo all’attività illecita ipotizzata. La difesa criticava il provvedimento del GIP per aver, a suo dire, recepito passivamente la richiesta del Pubblico Ministero senza un’adeguata motivazione autonoma.
La Decisione della Corte di Cassazione e il sequestro preventivo
La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo generico e manifestamente infondato. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il ricorso in Cassazione avverso provvedimenti cautelari reali, come il sequestro preventivo, è consentito solo per violazione di legge.
Non è possibile, quindi, utilizzare questo strumento per ottenere una nuova valutazione delle prove o per contestare l’accertamento dei fatti compiuto dal giudice di merito. Il ricorso, secondo la Corte, si limitava a riproporre questioni relative al merito della vicenda, come l’origine del denaro o la riconducibilità dello stupefacente all’indagato, tentando di trasformare la Corte di Cassazione in un terzo grado di giudizio di merito, funzione che non le compete.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha basato la sua decisione su diversi punti cardine:
1. Limiti del Ricorso in Cassazione: Viene richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale (tra cui le Sezioni Unite ‘Ivanov’) secondo cui il ricorso per cassazione contro misure cautelari reali è ammesso solo per violazioni di legge sostanziale o processuale e per vizi di motivazione talmente radicali da renderla inesistente, illogica o contraddittoria. Non rientra in questi casi una motivazione semplicemente non condivisa dal ricorrente.
2. Sussistenza della Motivazione: Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, i giudici di legittimità hanno ritenuto che il provvedimento impugnato contenesse una motivazione adeguata. Il GIP aveva infatti evidenziato gli elementi che lo portavano a ritenere probabile sia la disponibilità dello stupefacente in capo al ricorrente, sia l’incongruenza tra il possesso del denaro e l’assenza di un’attività lavorativa. Inoltre, la documentazione prodotta per giustificare le vincite al gioco era stata giudicata insufficiente a causa dell'”eccentricità quantitativa e cronologica” rispetto alla somma sequestrata.
3. Genericità del Ricorso: L’appello è stato qualificato come generico perché non ha specificato le ragioni giuridiche per cui la conclusione del giudice di merito sarebbe stata errata, ma si è limitato a una critica apodittica e a una diversa ricostruzione dei fatti.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa sentenza è un importante monito per la difesa. Dimostra che, per contestare efficacemente un sequestro preventivo in Cassazione, non è sufficiente mettere in discussione la ricostruzione dei fatti del giudice. È necessario, invece, individuare e argomentare specifiche violazioni di norme di legge o vizi logici macroscopici nella motivazione del provvedimento.
In assenza di tali elementi, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La pronuncia rafforza la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità, confermando che la valutazione del fumus delicti e dei presupposti per il sequestro è di competenza esclusiva dei giudici che analizzano i fatti, salvo che la loro decisione non sia viziata da un errore di diritto o da un’argomentazione palesemente illogica.
Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro un sequestro preventivo?
Il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge e per vizi della motivazione così radicali da renderla inesistente o manifestamente illogica. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove o i fatti del caso.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e manifestamente infondato. Il ricorrente, invece di denunciare una violazione di legge, ha tentato di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, contestando l’accertamento del ‘fumus’ del reato e l’origine del denaro, attività non permessa in sede di legittimità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dal codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34153 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 34153 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 13/03/2025 del Tribunale di Arezzo – Giudice per le indagini preliminari lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, per il tramite del difensore, ricorre per saltum avverso l’ordinanza di cui in epigrafe emessa dal Tribunale di Arezzo – Giudice per le indagini preliminari, che ha disposto il sequestro della somma di denaro in contante di euro 3.000,00 poiché ha ritenuto sussistente il fumus in ordine del delitto di cui all’art. 73, comma 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990 ed i presupposti di cui all’art. 240-bis cod. pen. in ragione dell’assenza di redditi in capo al ricorrente.
NOME COGNOME rileva come la sostanza rinvenuta all’esterno dell’abitazione non può essere ascritta al medesimo, con conseguente insussistenza di “valore probatorio” della somma di denaro – costituente provento di vincita al gioco – che è stata rinvenuta nell’appartamento. Si censura la parte del provvedimento del Giudice delle indagini preliminari che ha passivamente recepito la motivata richiesta di sequestro preventivo del Pubblico Ministero.
CONSIDEATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato.
In tema di provvedimenti cautelari reali il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge ex art. 325 cod. proc. pen. e connesso a vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692). Identico principio è stato tenuto fermo in materia di sequestro preventivo (tra le tante, cfr. Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893).
Deve, pertanto, essere escluso che, a fronte di una ricostruzione della vicenda che ha messo in risalto quali fossero gli elementi che facevano ritenere, da un lato, che lo stupefacente sequestrato fosse nella disponibilità del ricorrente e della convivente di costui, dall’altro, che la mancanza di lavoro del ricorrente non giustificasse il possesso di una simile somma in contante, in sede di ricorso per cassazione, possano essere riproposti, sotto le parvenze di una omessa o mancante motivazione, questioni riguardanti l’accertamento del requisito del fumus e dei presupposti per disporre il sequestro ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen., art. 240-bis cod. pen. e art. 85-bis d.P.R. n. 309 del 1990.
Il ricorso si presenta altresì generico, là dove omette di enunciare le ragioni alla base dei dedotti vizi in merito alle conclusioni cui è pervenuto il Giudice della cautela, apoditticamente ritenute non adeguate e non sufficienti per fondare l’ablazione della somma di denaro che – si sostiene – sia frutto di vincite al gioco, nonostante l’ordinanza evidenzi l’eccentricità quantitativa e cronologica della stessa rispetto alla documentazione allegata a sua giustificazione.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il . ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/09/2025.