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Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un sequestro preventivo di 3.000 euro. La somma era stata sequestrata a un individuo senza redditi dichiarati, con il sospetto che fosse provento di attività illecite. La Corte ha stabilito che il ricorso era generico e mirava a un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità, confermando la validità della misura cautelare basata sul fumus delicti.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: I Limiti del Ricorso in Cassazione

Il sequestro preventivo è uno strumento potente nelle mani dell’autorità giudiziaria, finalizzato a congelare beni ritenuti pertinenti a un reato. Ma cosa succede quando si vuole contestare tale misura? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34153/2025, offre chiarimenti cruciali sui limiti del ricorso contro un’ordinanza di sequestro, sottolineando la differenza tra contestare una violazione di legge e tentare un riesame dei fatti.

I Fatti del Caso: Il Sequestro di Denaro Contante

Il caso ha origine da un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Arezzo, che disponeva il sequestro preventivo di 3.000 euro in contanti trovati nell’abitazione di un individuo. La misura era stata motivata dalla sussistenza del fumus del delitto di spaccio di sostanze stupefacenti e dall’assenza di redditi leciti dichiarati dal soggetto, che potessero giustificare il possesso di tale somma.

L’interessato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per saltum direttamente in Cassazione, sostenendo che il denaro fosse il provento di vincite al gioco e che non vi fossero prove sufficienti a collegarlo all’attività illecita ipotizzata. La difesa criticava il provvedimento del GIP per aver, a suo dire, recepito passivamente la richiesta del Pubblico Ministero senza un’adeguata motivazione autonoma.

La Decisione della Corte di Cassazione e il sequestro preventivo

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo generico e manifestamente infondato. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il ricorso in Cassazione avverso provvedimenti cautelari reali, come il sequestro preventivo, è consentito solo per violazione di legge.

Non è possibile, quindi, utilizzare questo strumento per ottenere una nuova valutazione delle prove o per contestare l’accertamento dei fatti compiuto dal giudice di merito. Il ricorso, secondo la Corte, si limitava a riproporre questioni relative al merito della vicenda, come l’origine del denaro o la riconducibilità dello stupefacente all’indagato, tentando di trasformare la Corte di Cassazione in un terzo grado di giudizio di merito, funzione che non le compete.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su diversi punti cardine:

1. Limiti del Ricorso in Cassazione: Viene richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale (tra cui le Sezioni Unite ‘Ivanov’) secondo cui il ricorso per cassazione contro misure cautelari reali è ammesso solo per violazioni di legge sostanziale o processuale e per vizi di motivazione talmente radicali da renderla inesistente, illogica o contraddittoria. Non rientra in questi casi una motivazione semplicemente non condivisa dal ricorrente.

2. Sussistenza della Motivazione: Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, i giudici di legittimità hanno ritenuto che il provvedimento impugnato contenesse una motivazione adeguata. Il GIP aveva infatti evidenziato gli elementi che lo portavano a ritenere probabile sia la disponibilità dello stupefacente in capo al ricorrente, sia l’incongruenza tra il possesso del denaro e l’assenza di un’attività lavorativa. Inoltre, la documentazione prodotta per giustificare le vincite al gioco era stata giudicata insufficiente a causa dell'”eccentricità quantitativa e cronologica” rispetto alla somma sequestrata.

3. Genericità del Ricorso: L’appello è stato qualificato come generico perché non ha specificato le ragioni giuridiche per cui la conclusione del giudice di merito sarebbe stata errata, ma si è limitato a una critica apodittica e a una diversa ricostruzione dei fatti.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza è un importante monito per la difesa. Dimostra che, per contestare efficacemente un sequestro preventivo in Cassazione, non è sufficiente mettere in discussione la ricostruzione dei fatti del giudice. È necessario, invece, individuare e argomentare specifiche violazioni di norme di legge o vizi logici macroscopici nella motivazione del provvedimento.

In assenza di tali elementi, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La pronuncia rafforza la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità, confermando che la valutazione del fumus delicti e dei presupposti per il sequestro è di competenza esclusiva dei giudici che analizzano i fatti, salvo che la loro decisione non sia viziata da un errore di diritto o da un’argomentazione palesemente illogica.

Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro un sequestro preventivo?
Il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge e per vizi della motivazione così radicali da renderla inesistente o manifestamente illogica. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove o i fatti del caso.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e manifestamente infondato. Il ricorrente, invece di denunciare una violazione di legge, ha tentato di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, contestando l’accertamento del ‘fumus’ del reato e l’origine del denaro, attività non permessa in sede di legittimità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dal codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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