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Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo per un valore di 279.200 euro, emessa nell’ambito di un’indagine per truffa. La Corte chiarisce che il ricorso per cassazione contro tali misure è consentito solo per violazione di legge e non per contestare nel merito la motivazione del giudice. Viene inoltre ribadito il principio secondo cui il denaro, essendo un bene fungibile, può essere oggetto di confisca diretta come profitto del reato, indipendentemente dalla prova della sua provenienza illecita.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: i Limiti del Ricorso in Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha ribadito i confini entro cui è possibile impugnare un’ordinanza di sequestro preventivo. Il caso analizzato offre importanti spunti sulla differenza tra violazione di legge e vizio di motivazione, e sul principio della fungibilità del denaro ai fini della confisca. Comprendere questi concetti è fondamentale per chiunque sia coinvolto in procedimenti penali con implicazioni patrimoniali.

I fatti del caso: la truffa e il sequestro

La vicenda trae origine da un’indagine per il reato di truffa legato alla compravendita di sedici autovetture. A seguito dell’appello del Pubblico Ministero, il Tribunale di Roma aveva disposto il sequestro preventivo di somme liquide presenti sui conti correnti di un indagato, fino a un importo di 279.200 euro, corrispondente al presunto profitto del reato. In prima istanza, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) aveva invece negato la misura.

Il ricorso in Cassazione e le argomentazioni della difesa

L’indagato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe giustificato il sequestro con argomentazioni inadeguate e illogiche, senza tenere in debita considerazione le tesi difensive presentate. Il motivo di ricorso si concentrava sulla presunta carenza dei presupposti per disporre il sequestro finalizzato alla confisca.

La decisione della Corte sul sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che, ai sensi dell’art. 325 del codice di procedura penale, il ricorso contro le ordinanze in materia di misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Questa nozione non include una generica critica alla coerenza o completezza della motivazione del provvedimento impugnato. Il ricorrente, invece di denunciare una specifica violazione di norme, aveva tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti, proponendo una lettura alternativa delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse ampiamente motivato la sussistenza del fumus commissi delicti, ovvero la parvenza di reato, basandosi su elementi concreti come le dichiarazioni della persona offesa e i messaggi scambiati tra le parti. Anzi, la motivazione era talmente dettagliata da spingersi oltre il necessario, delineando un quadro di gravi indizi di colpevolezza.
Inoltre, la Cassazione ha confermato la correttezza della qualificazione del sequestro come finalizzato alla ‘confisca diretta’. Citando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, ha ribadito che il denaro è un bene fungibile. Di conseguenza, la confisca del profitto del reato può riguardare qualsiasi somma di denaro trovata nel patrimonio del reo, senza che sia necessario dimostrare che quelle specifiche banconote o quel saldo derivino direttamente dal crimine commesso. L’accrescimento patrimoniale illecito giustifica l’ablazione di un valore monetario equivalente.

Le conclusioni

Questa sentenza è di fondamentale importanza pratica. In primo luogo, essa traccia una linea netta: chi intende ricorrere in Cassazione contro un sequestro preventivo deve concentrarsi su errori nell’applicazione delle norme giuridiche (‘errores in iudicando’ o ‘in procedendo’), e non su una presunta insufficienza della motivazione, a meno che questa non sia talmente radicale da risultare inesistente o meramente apparente. In secondo luogo, conferma che il profitto di un reato, quando costituito da denaro, può essere aggredito sequestrando somme equivalenti presenti sui conti dell’indagato, semplificando notevolmente l’azione di recupero da parte dello Stato e rendendo più difficile per i colpevoli occultare i proventi illeciti.

Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo?
Il ricorso è ammesso solo per violazione di legge, come previsto dall’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. Non è possibile contestare il merito della valutazione dei fatti o la coerenza della motivazione, a meno che questa non sia talmente carente da risultare apparente o inesistente.

Perché il denaro trovato sul conto corrente può essere sequestrato come profitto del reato anche se non è provata la sua provenienza illecita?
Perché il denaro è un bene fungibile. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione, la confisca del denaro che costituisce il profitto di un reato è sempre ‘diretta’. Pertanto, qualsiasi somma di denaro rinvenuta nel patrimonio dell’autore del reato può essere sequestrata fino a concorrenza del profitto illecito, senza necessità di dimostrare un nesso di derivazione diretta.

Cosa si intende per ‘fumus commissi delicti’ ai fini del sequestro preventivo?
Il ‘fumus commissi delicti’ è la presenza di elementi di fatto concreti e persuasivi, anche solo di natura indiziaria, che consentano di ritenere verosimile che un determinato evento, riconducibile a una norma penale, sia stato causato dalla condotta dell’indagato. È un requisito meno stringente rispetto ai ‘gravi indizi di colpevolezza’ richiesti per le misure cautelari personali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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