Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33798 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33798 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Taurianova il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 25/03/2025 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 marzo 2025, il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’appello dell’indagato avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza d revoca del sequestro preventivo emessa dal Gip del Tribunale di Palmi in data 25 febbraio 2025; sequestro disposto in relazione al reato di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, contestato all’interessato quale titolare di ditta individuale, per l’omessa presentazione della dichiarazione IVA per il periodo di imposta 2017, con un’evasione quantificata in euro 214.943,00. In sede di riesanne la somma
evasa era stata quantificata dal Tribunale in euro 66.348,67, essendo stata sottratta dalla somma originaria quella derivante dal credito d’imposta calcolato dalla polizia giudiziaria e dall’Agenzia delle entrate, con accertamento induttivo.
Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’indagato, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si denunciano la violazione degli artt. 17 e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché la mancanza della motivazione. Si sostiene che il Tribunale non avrebbe esaminato la documentazione, da cui emergeva che la ditta: aveva avuto fatture in acquisto ‘per euro 1.074.768,51 per carburanti, da cui derivava una compensazione Iva a credito per euro 193.540,90; aveva avuto fattore in acquisto per tabacco per euro 112.308,99, con Iva da compensare a credito per euro 1.814,86; aveva avuto fatture in acquisto per prodotti ristorazione per euro 27.295,80, con Iva da compensare a credito per euro 3636,00. La difesa richiama anche la consulenza contabile del dott. COGNOME e la missiva della RAGIONE_SOCIALE del 17 marzo 2025. Si sostiene che il giudice penale non possa applicare le presunzioni legali, né utilizzare lo spesometro, come invece fatto nel caso di specie.
2.2. Con un secondo motivo di doglianza, si lamentano la mancanza di motivazione e la violazione delle medesime norme sul rilievo che il Tribunale non avrebbe dovuto valutare se il registro Iva 2017 costituisse prova o meno circa le fatture di acquisto dell’indagato, perché l’esistenza e la correttezza del registro non era stata messa in dubbio né dal pubblico ministero né dal Gip, né dallo stesso Tribunale in sede di riesame. Secondo la difesa, l’unica questione oggetto di accertamento doveva essere quella se RAGIONE_SOCIALE avesse o meno emesso fatture per cessione carburante a favore della ditta dell’indagato esenti da Iva e, per contro, se la ditta avesse avuto l’obbligo di emettere autofattura e, quindi, versare l’Iva che non era stata pagata a RAGIONE_SOCIALE. La difesa sostiene che all’inizio delle indagini non era emerso il fatto che l’evasione Iva, nell’ipotesi accusatoria, scaturisse dalla mancata emissione di autofatture e anche la consulenza del dottAVV_NOTAIO non faceva riferimento alla mancata emissione di autofatture, ma’ solo al fatto che la Guardia di RAGIONE_SOCIALE, pur riconoscendo l’importo delle fatture di acquisto, aveva applicato un’aliquota Iva inferiore al 22%. Dunque, non era mai stato sollevato il problema che l’evasione scaturisse dal fatto che non erano state emesse autofatture. Per la difesa, dalla missiva della RAGIONE_SOCIALE richiamata emergeva che non vi erano stati acquisti di carburante direttamente da parte di soggetto straniero; tale circostanza emergerebbe anche dalla tabella allegata alla relazione della Guardia RAGIONE_SOCIALE, da cui si evincerebbe che tutti gli acquisti da parte dell’indagato
erano stati fatti con società aventi sede in Italia e aventi partita IVA in Italia. critica il provvedimento impugnato nella parte in cui afferma che dagli atti sia emerso che RAGIONE_SOCIALE aveva emesso fatture esenti da Iva, nonostante questa, con missiva del 17 marzo 2025, avesse dichiarato che non aveva mai emesso fatture esenti da Iva, comprendendo, con questa sua risposta, anche il periodo 2017, oggetto del presente procedimento, come emergerebbe dalla lettura della corrispondenza con l’AVV_NOTAIO Gaudio. Si contesta la valenza indiziaria della tabella allegata dalla Guardia di RAGIONE_SOCIALE di Palmi, la quale non costituirebbe un documento ufficiale e sarebbe errata quanto alle singole voci. La difesa afferma di avere depositato anche visura aggiornata della RAGIONE_SOCIALE, dalla quale si evince che questa ha sede in Italia; con la conseguenza che è impossibile che essa possa emettere fatture senza Iva, come se si trattasse di un soggetto straniero.
2.3. La difesa ha depositato memoria, con la quale insiste in quanto già dedotto, con allegazione della documentazione trasmessa da RAGIONE_SOCIALE il 2 aprile 2025.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
È opportuno premettere che, a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (ex plurimis, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Rv. 285608; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656). (Sez. 6, Sentenza n. 6589 del 10/01/2013, Rv. 254893).
Ebbene, le doglianze formulate in questa sede, se compiutamente apprezzate al . di là della loro intestazione formale, afferiscono, nella Idiro ripetitività, alla motivazione del provvedimento, in realtà tutt’altro che lacunosa e comunque del tutto logico e coerente. La linea difensiva dell’indagato non tiene conto del dato, correttamente ritenuto dirimente dal Tribunale, rappresentato dalla mancanza delle fatture relative agli acquisti compiuti durante l’anno 2017 e, più in generàle, dall’assoluta mancanza di collaborazione nel corso delle indagini, per l’inottemperanza all’invito di esibizione della documentazione contabile. Si sostiene, inoltre – contro l’evidenza del testo del provvedimento
impugnato – che lo stesso non avrebbe preso in considerazione la questione relativa alla necessità o meno di emissione delle autofatture, collegata all’emissione di fatture esenti da Iva da parte di RAGIONE_SOCIALE.
1.1. Le considerazioni appena svolte si attagliano pienamente al primo motivo di ricorso, genericamente riferito all’applicazione di presunzioni legali e all’utilizzazione dello spesometro da parte del giudice, ma sostanzialmente basato su un conteggio alternativo delle poste rilevanti nonché sulla consulenza contabile del dott. COGNOME e sulla missiva della RAGIONE_SOCIALE del 17 marzo 2025.
2.2. Per analoghe ragioni, è inammissibile il secondo motivo di doglianza, ahche esso basato su un tentativo di reinterpretazione della vicenda fattuale che si scontra con il dato rappresentato dalla completezza e adeguatezza della motivazione del provvedimento impugnato.
Si sostiene, in particolare, che la questione dell’autofatturazione sarebbe una questione nuova e che la stessa non sarebbe stata presa in considerazione dall’ordinanza; affermazione, come già visto, manifestamente erronea. Non si considera, inoltre, il carattere nneramente ipotetico della prospettazione difensiva, .che sconta la mancata produzione delle fatture 2017, oltre a un tentativo di rilettura critica – non ammesso in questa sede per il richiamato limite dell’art. 325, comnna 1, cod. proc. pen. – della valenza indiziarla della
tabella allegata dalla Guardia di RAGIONE_SOCIALE di Palmi, la quale non costituirebbe un documento ufficiale e sarebbe errata quanto alle singole voci.
Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese procesuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/07/2025