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Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di sequestro preventivo su una struttura turistica per diffusi abusi edilizi e ambientali. Il ricorso della titolare è stato dichiarato inammissibile perché le motivazioni del Tribunale erano complete e logiche, e le censure miravano a un riesame del merito, non consentito in sede di legittimità.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Abusi Edilizi: I Limiti del Ricorso in Cassazione

Il sequestro preventivo è uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’autorità giudiziaria per bloccare gli effetti di un reato. Quando riguarda un’attività imprenditoriale, come una struttura turistica, le conseguenze possono essere devastanti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 45247/2024, offre un’importante lezione sui limiti e le condizioni per poter contestare efficacemente un provvedimento di questo tipo. Il caso analizzato riguarda il sequestro di un complesso alberghiero per presunti abusi edilizi e ambientali, e la decisione della Corte chiarisce quando un ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) del Tribunale di Napoli, avente ad oggetto le opere realizzate nell’area di un noto hotel in una località turistica. Il provvedimento era stato motivato dalla presenza di presunte violazioni della normativa urbanistica e ambientale.

La titolare della società che gestiva la struttura alberghiera aveva impugnato il decreto davanti al Tribunale del Riesame, il quale, tuttavia, aveva confermato integralmente il sequestro. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando diversi vizi.

I Motivi del Ricorso e le Difese contro il Sequestro Preventivo

La difesa dell’imputata ha articolato il proprio ricorso su più punti, sostenendo essenzialmente una violazione di legge e un vizio di motivazione da parte del Tribunale. Nello specifico, le censure riguardavano:

Errata individuazione delle opere: Si contestava che il Tribunale avesse erroneamente collocato le opere abusive su una particella catastale specifica, mentre le uniche contestazioni rilevanti riguardavano interventi risalenti nel tempo e già oggetto di provvedimenti definiti, invocando il principio del ne bis in idem*.
* Mancanza di collegamento funzionale: Per altre opere sequestrate, si sosteneva che non avessero modificato né interessato la struttura alberghiera sul piano funzionale.
* Carenza della consulenza tecnica: La difesa lamentava che la consulenza tecnica su cui si basava l’accusa non avesse spiegato adeguatamente le ragioni dell’illegittimità delle opere e dell’impossibilità di ottenere una sanatoria.
* Errore su un’incolpazione specifica: Veniva evidenziato un errore relativo a un impianto di smaltimento, inattivo al momento del controllo perché la stagione turistica non era ancora iniziata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito delle singole contestazioni, ma si è concentrata sui presupposti stessi per poter accedere al giudizio di legittimità in materia di misure cautelari reali.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo è consentito solo per violazione di legge. Questa nozione, tuttavia, non si limita al semplice errore nell’applicazione di una norma. Include anche i vizi di motivazione talmente gravi da renderla inesistente, palesemente illogica o contraddittoria, al punto da non rendere comprensibile il percorso logico seguito dal giudice.

Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto che la motivazione del Tribunale di Napoli fosse, al contrario, diffusa, esaustiva e pienamente logica. Il Tribunale aveva adeguatamente spiegato le ragioni della conferma del sequestro, evidenziando:

1. La diffusione capillare degli abusi: Le opere illecite non erano isolate, ma interessavano l’intera struttura e le aree circostanti.
2. L’impossibilità di un sequestro parziale: Data la pervasività degli interventi, non era possibile limitare la misura solo ad alcune parti del complesso.
3. La novità delle opere: Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il Tribunale, sulla base di consulenze e rilievi aerofotogrammetrici, aveva accertato che si trattava di opere di nuova realizzazione e non di interventi già giudicati.
4. L’attualità del pericolo: La presenza in cantiere di escavatori e altre attrezzature dimostrava che i lavori erano ancora in corso, rendendo concreto e attuale il pericolo che il sequestro mira a neutralizzare.
5. L’assenza di titoli abilitativi: Tutte le opere erano state realizzate in violazione delle normative urbanistiche e ambientali.

Di fronte a un apparato motivazionale così solido, le censure della difesa sono state qualificate dalla Corte come un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, ossia una rivalutazione delle prove (consulenze, documenti, etc.), attività preclusa in sede di legittimità.

Conclusioni

La sentenza in esame costituisce un monito fondamentale per chiunque intenda impugnare un sequestro preventivo davanti alla Corte di Cassazione. Non è sufficiente contestare la ricostruzione dei fatti operata dal giudice del riesame o proporre una diversa interpretazione delle prove. Per avere successo, il ricorso deve dimostrare una chiara e inequivocabile violazione di norme di legge oppure un vizio logico radicale nella motivazione del provvedimento impugnato, tale da renderlo giuridicamente insostenibile. In assenza di tali elementi, il ricorso sarà inevitabilmente dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile impugnare in Cassazione un’ordinanza di sequestro preventivo per contestare la valutazione delle prove fatta dal giudice?
No, la sentenza chiarisce che il ricorso per cassazione contro un sequestro preventivo è ammesso solo per “violazione di legge” e non per riesaminare nel merito le prove o la logicità della motivazione, a meno che questa non sia totalmente mancante o manifestamente illogica.

Cosa intende la Corte per “violazione di legge” in un ricorso contro un sequestro preventivo?
La Corte intende non solo gli errori nell’applicazione delle norme giuridiche, ma anche quei vizi della motivazione così radicali da renderla incomprensibile, incoerente o del tutto assente, impedendo di capire il ragionamento logico seguito dal giudice.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile nonostante i numerosi motivi presentati?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi, secondo la Corte, non denunciavano una vera violazione di legge, ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, operazione non consentita in sede di legittimità. Inoltre, le motivazioni del Tribunale che aveva confermato il sequestro sono state ritenute complete, coerenti e logiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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