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Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo di una società. Il provvedimento era stato emesso nell’ambito di un’indagine per associazione a delinquere e intestazione fittizia. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, confermando la sussistenza del ‘fumus commissi delicti’ e il nesso di pertinenzialità tra la società e i reati contestati.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo e Intestazione Fittizia: I Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, offre un’importante chiarificazione sui limiti dell’impugnazione avverso un’ordinanza di sequestro preventivo. Il caso riguarda un amministratore di una società che si è visto sequestrare l’azienda nell’ambito di un’indagine per associazione a delinquere e intestazione fittizia, reati che vedevano coinvolto principalmente il padre. Questa pronuncia ribadisce principi consolidati ma fondamentali per chi opera nel diritto penale dell’impresa.

I Fatti del Caso: Una Società Sotto Sequestro

Il Giudice per le indagini preliminari disponeva il sequestro preventivo ‘impeditivo’ di una società a responsabilità limitata operante nel settore ‘cash and carry’. Il provvedimento si basava sulla presunta pertinenza della società a reati di associazione a delinquere e intestazione fittizia. All’amministratore unico, figlio del presunto capo dell’associazione, veniva contestato di aver partecipato al sodalizio criminale finalizzato a truffe e bancarotte fraudolente, e di essere un intestatario fittizio della società, di fatto gestita dal padre.

Il Tribunale del Riesame confermava il sequestro, rigettando la richiesta della difesa. Contro questa decisione, l’amministratore proponeva ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso e il sequestro preventivo

La difesa articolava il proprio ricorso su tre punti principali:

1. Violazione di legge sulla pertinenzialità: Si sosteneva l’assenza di un nesso tra la società sequestrata e i reati contestati. La difesa affermava che l’azienda non aveva mai avuto rapporti commerciali con le altre società coinvolte nel sistema di truffe e che nessuna prova, come intercettazioni, supportava tale collegamento.
2. Violazione di legge sul ‘fumus commissi delicti’: Veniva contestata la sussistenza di sufficienti indizi per il reato di intestazione fittizia. Secondo la difesa, la riconducibilità della gestione della società al padre si basava su elementi deboli (come la vicinanza della sede legale ai magazzini di altre società del gruppo) e non era stato provato né il dolo specifico né la provenienza illecita dei capitali usati per la costituzione.
3. Mancata valutazione della memoria difensiva: Si lamentava che il Tribunale non avesse adeguatamente considerato le prove documentali prodotte, che avrebbero dimostrato la legittimità delle operazioni societarie e la provenienza lecita dei fondi.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità in materia di misure cautelari reali: il ricorso per Cassazione è ammesso solo per violazione di legge e non per riesaminare il merito delle prove.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive, evidenziando come queste si risolvessero in una richiesta di rivalutazione degli elementi di fatto, attività preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno chiarito che un vizio di motivazione può essere denunciato solo quando è talmente radicale da renderla inesistente o puramente apparente, cosa che non si verificava nel caso di specie.

Nel dettaglio, la Corte ha osservato che:

* Il nesso di pertinenzialità era stato adeguatamente motivato: Il Tribunale del Riesame aveva spiegato, in modo esauriente e persuasivo, che la società sequestrata era uno strumento essenziale per l’associazione. Le indagini avevano dimostrato che i prodotti acquistati e non pagati da un’altra società del gruppo venivano trasportati e rivenduti presso la società ‘cash and carry’ per realizzare un profitto ingiusto.

* Il ‘fumus’ dell’intestazione fittizia era sussistente: La motivazione del Tribunale non era affatto apparente. Si basava su elementi concreti, tra cui la stessa dichiarazione del padre dell’imputato, il quale in un interrogatorio aveva ammesso di aver costituito diverse società, intestandole ai congiunti proprio per evitare misure di prevenzione patrimoniale. A ciò si aggiungevano altri indizi, come l’uso della sede societaria per riunioni con pregiudicati, che confermavano la gestione di fatto da parte del padre e la natura fittizia dell’intestazione.

* La memoria difensiva era stata considerata: Contrariamente a quanto lamentato, l’ordinanza impugnata citava esplicitamente la memoria depositata dalla difesa. Tuttavia, i temi in essa trattati (legittimità dei conferimenti, insussistenza degli indizi) erano stati ampiamente affrontati e superati dalla motivazione complessiva del provvedimento, ritenuta logica e coerente.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un concetto cruciale: il ricorso in Cassazione contro un sequestro preventivo non è un terzo grado di giudizio sul merito. L’imputato non può sperare di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove. L’intervento della Suprema Corte è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge e alla presenza di una motivazione che sia logica, completa e non manifestamente contraddittoria. Qualsiasi censura che si traduca in una critica alla ‘plausibilità’ della ricostruzione del giudice del riesame è destinata all’inammissibilità. Per gli operatori del diritto, ciò significa che le battaglie sul merito probatorio devono essere combattute efficacemente davanti al Tribunale del Riesame, poiché le possibilità di ribaltare la decisione in Cassazione sono estremamente circoscritte.

È possibile contestare un sequestro preventivo in Cassazione chiedendo di riesaminare le prove?
No, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché i motivi proposti miravano a una rivalutazione degli elementi di fatto. Il giudizio di legittimità è limitato alla violazione di legge e ai vizi radicali della motivazione (mancante, illogica o contraddittoria), non a un nuovo esame del merito.

Quali elementi sono sufficienti per giustificare un sequestro per intestazione fittizia in fase cautelare?
Per la fase cautelare è sufficiente il cosiddetto ‘fumus commissi delicti’, ovvero la presenza di seri indizi di colpevolezza. Nel caso specifico, sono state ritenute sufficienti le dichiarazioni del reale gestore (che aveva ammesso di intestare le società a parenti per eludere misure di prevenzione), unite a elementi indiziari come l’uso dei locali aziendali per riunioni illecite e la prossimità logistica con altre imprese del gruppo criminale.

L’amministratore di una società sequestrata, se indagato per intestazione fittizia, è considerato un ‘terzo’ rispetto al sequestro?
No. La sentenza chiarisce che, essendo l’amministratore indagato proprio per il reato di intestazione fittizia relativo alla società sequestrata, egli non riveste la qualifica di ‘terzo estraneo’ ai fatti. È, al contrario, un soggetto direttamente coinvolto nell’ipotesi di reato che giustifica la misura cautelare reale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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