Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31678 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31678 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Catanzaro il 11/12/1986
avverso l’ordinanza del 13/03/2025 del Tribunale di Catanzaro; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso; il difensore di NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Il Tribunale per il riesame delle misure cautelari reali di Catanzaro rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME, amministratore unico della ‘RAGIONE_SOCIALE , avverso il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari con il quale , ai sensi dell’art. 321, comma 1 cod. proc. pen., si disponeva il sequestro preventivo ‘ impeditivo ‘ di tale società.
Il sequestro veniva disposto sulla base della rilevazione del rapporto di pertinenzialità della società vincolata con i reati di associazione a delinquere e di intestazione fittizia (contestato al ricorrente al capo 19) della rubrica provvisoria).
Si contestava al ricorrente (a) di avere ‘ partecipato ‘ all’ associazione finalizzata alla commissione di truffe e bancarotte fraudolente diretta dal padre, NOME COGNOME, mediante la costituzione della società RAGIONE_SOCIALE
apparentemente funzionale all’apertura di un supermercato a Novara, ma invece, strumentale ad ottenere delle forniture che non venivano pagate ed a consentire, quindi, il reimpiego dei prodotti illecitamente acquisiti nelle società catanzaresi, tra le quali la RAGIONE_SOCIALE‘; (b) di essere l’intestatario fittizio della società sequestrata, di fatto gestita da NOME COGNOME.
Avverso tale provvedimento proponevano ricorso per Cassazione i difensori di NOME COGNOME che deducevano:
2.1 violazione di legge (art. 321 cod. proc. pen.): sarebbe assente la motivazione in ordine al nesso di pertinenzialità tra la società vincolata ed i reati per cui si procede; si allegava che la società non sarebbe stata coinvolta in nessun reato facente capo all’associazione, che non avrebbe mai intrattenuto rapporti di tipo commerciale né con l’ ‘RAGIONE_SOCIALE ‘ (come dimostrerebbe l’assenza di fatture) né con le altre società coinvolte nel contestato sistema di truffe; peraltro la ritenuta pertinenzialità non sarebbe stata suffragata da alcuna captazione telefonica, né sarebbero stati indicati gli specifici reati in ipotesi commessi ‘attr a verso’ il supporto della società.
2.2. violazione di legge (art. 321 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del fumus del reato previsto dall’art. 512bis cod. pen.: il Tribunale per il riesame avrebbe erroneamente citato la giurisprudenza che faceva riferimento al sequestro preventivo nei confronti del ‘ terzo ‘ , nonostante NOME COGNOME non fosse un ‘ terzo ‘ , ma fosse invece indagato per il delitto ascrittogli al capo 19), ovvero per il reato di intestazione fittizia; a ciò si aggiungeva che nel caso di sequestro preventivo di natura impeditiva, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, anche il terzo potrebbe far valere l’insussistenza dei presupposti della cautela reale;
Si contestava, inoltre, l ‘ assenza di motivazione in ordine all ‘ effettiva gestione in capo a NOME COGNOME della società vincolata; la riconducibilità della società a NOME COGNOME sarebbe fondata su elementi privi di capacità dimostrativa, come la vicinanza della sede legale al luogo dove si trovavano i magazzini di altre società utilizzate dall’associazione ed i contenuti de ll’ interrogatorio reso da NOME COGNOME (nonostante questi, durante tale atto, non avesse effettuato alcun riferimento alla ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ ). A ciò si aggiungeva che non sarebbe stato dimostrato che i capitali utilizzati per la costituzione della società sequestrata provenissero da NOME COGNOME dato che i conferimenti sarebbero riferibili ad NOME COGNOME ed a NOME COGNOME
Si deduceva, infine, che non sarebbe stato dimostrato il dolo specifico del reato di intestazione fittizia, dato che la esistenza di pregressi provvedimenti di prevenzione in capo a NOME COGNOME non implicherebbe che le sue attività
fossero, sempre e comunque, funzionali all’elusione di eventuali provvedimenti di prevenzione;
2.3. violazione di legge in ordine alla mancata valutazione della memoria difensiva prodotta dalla difesa durante il procedimento di riesame: in particolare non sarebbe stato valutato (a) che la Regione Calabria aveva accertato che la ‘RAGIONE_SOCIALE ‘ aveva tutti i requisiti di ammissibilità per stipulare un contratto con la ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ ; (b) che la documentazione allegata dalla difesa attesterebbe la provenienza lecita delle somme utilizzate per effettuare l’aumento di capitale sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile in quanto propone motivi non consentiti.
1.1. Si conferma la giurisprudenza, ormai consolidata, della Corte di legittimità, secondo cui il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo e probatorio è ammesso solo per violazione di legge ed in tale nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Tale principio, enucleato già nel 2004 con una pronuncia a Sezioni Unite (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710), è stato ulteriormente sviluppato e chiarito, sempre con pronuncia a Sezioni Unite, nel 2008 (Sez. U, n.25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692), e successivamente ribadito in numerose pronunce provenienti dalle sezioni semplici (tra le altre, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 -01 Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, COGNOME, Rv. 252430; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129).
1.2. Premesso che correttamente nel secondo motivo di ricorso si evidenziava che NOME COGNOME non rivestiva la qualifica di terzo interessato ma di indagato, in quanto nei suoi confronti era stata elevata l’imputazione provvisoria descritta al capo 19) e che, pertanto, la giurisprudenza citata a pag. 4 dell’ordinanza impugnata non risultava pertinente, il Collegio rileva che tale erronea citazione non incide sulla tenuta del percorso logico argomentativo posto a fondamento della valutazione della sussistenza dei gravi indizi dei reati contestati.
1.3. I motivi rivolti a denunciare l’apparenza della motivazione in ordin e alla sussistenza del fumus commissi delicti non sono consentiti in quanto si risolvono nella richiesta di rivalutazione della capacità dimostrativa degli elementi di prova
e, nella censura di una motivazione ‘ esistente ‘, affatto apparente, che, pertanto, esulano dall’area delle contestazioni che possono essere proposte in sede di legittimità nella materia della cautela reale.
1.3.1. Contrariamente a quanto dedotto con il primo motivo di ricorso il Tribunale, con motivazione esaustiva e persuasiva, aveva rilevato che sia dalle attività di osservazione della polizia giudiziaria che dalle intercettazioni era univocamente emerso che i prodotti acquistati dalla RAGIONE_SOCIALE non venivano pagati dalla società, ma erano trasportati in Calabria presso la ‘RAGIONE_SOCIALE per essere rivenduti al fine di lucrare un profitto ingiusto.
Dunque, contrariamente a quanto dedotto, era stato dimostrato il rapporto di pertinenzialità e strumentalità della società sequestrata con i reati per cui si procede, dato che la stessa risultava essere uno strumento essenziale per l’attuazione del programma delittuoso dell’associazione ( pag. 4 dell’ordinanza impugnata).
1.3.2. Quanto alla sussistenza e, dunque, la ‘ non apparenza ‘ della motivazione in ordine ai gravi indizi del reato previsto dall’art. 512bis cod. pen., contestate con il secondo motivo di ricorso, il Tribunale per il riesame evidenziava persuasivamente che NOME COGNOME nel corso dell’interrogatorio di garanzia aveva dichiarato di avere costituito diverse società, tra cui quella sequestrata, e di averle fatte intestare ai congiunti proprio al fine di evitare che le stesse fossero apprese con delle misure di prevenzione patrimoniale: il che, unitamente agli indizi che dimostravano la strumentali della ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ all’ attuazione del programma associativo, consente di ritenere sussistente il fumus commissi delicti del reato di intestazione fittizia.
Peraltro dalle indagini era emerso (a) che le sedi logistiche delle imprese riconducibili al NOME COGNOME erano caratterizzate dall’essere prossime le une alle altre, il che facilitava il transito della merce acquisita con l’ attività fraudolente organizzata dall’associazione, (b) che la stessa ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ veniva utilizzata da NOME COGNOME per effettuare delle riunioni con pregiudicati, dunque come centro operativo per la gestione di affari illeciti, circostanza che confermava la sostanziale riconducibilità della società al NOME COGNOME e la fittizietà dell’intestazione al ricorrente.
1.3.3. Con riferimento alla omessa valutazione della memoria depositata dalla difesa nel corso del giudizio di riesame, oggetto della censura proposta con l’ultimo motivo di ricorso, il Collegio ritiene che, anche in questo caso, il motivo non supera la soglia di ammissibilità in quanto manifestamente infondato.
Invero nella prima pagina della ordinanza impugnata veniva esplicitamente citata la memoria depositata dalla difesa. Con tale memoria la difesa aveva allegato (a) l’estraneità della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ al progetto criminale
associativo, rilevando la legittimità sia dell’ assetto societario che dei conferimenti di capitale, (b) l’inesistenza dei gravi indizi del reato di intestazione fittizia, temi ampiamente trattati dall’ordinanza impugnata con motivazione che – si ripete – non può essere censurata nella materia della cautela reale perché non apparente.
All’inammissibilità de l ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 10 settembre 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME