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Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un sequestro preventivo di circa 55.000 euro, disposto nell’ambito di indagini per traffico di stupefacenti. La Corte ha ritenuto infondate le contestazioni della difesa sulla mancanza di una base indiziaria e di un nesso di pertinenzialità tra le somme e i reati, confermando la legittimità del provvedimento cautelare basato sull’accrescimento patrimoniale dell’indagato.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Droga: Inammissibile il Ricorso Senza Argomenti Solidi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29711/2025, ha affrontato un caso emblematico in materia di misure cautelari reali, chiarendo i limiti di ammissibilità del ricorso avverso un provvedimento di sequestro preventivo. La decisione sottolinea l’importanza di presentare censure specifiche e ben argomentate, anziché contestazioni generiche, per poter ottenere una revisione del provvedimento impugnato. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere il nesso tra reati di droga, accrescimento patrimoniale e strumenti di cautela.

I Fatti: Il Sequestro di 55.000 Euro

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Lecce, che aveva confermato un sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321, comma 2, c.p.p. a carico di un soggetto indagato per reati legati al traffico di stupefacenti (artt. 73 e 74 D.P.R. 309/1990).

Il provvedimento cautelare aveva colpito, tra le altre cose, una somma di circa 55.000 euro rinvenuta su un conto corrente intestato all’indagato. Il Tribunale del riesame aveva ritenuto sussistente una solida base indiziaria e un chiaro nesso di pertinenzialità tra il denaro e le attività illecite contestate, giustificando così il mantenimento della misura.

Le Doglianze del Ricorrente e il sequestro preventivo

Contro l’ordinanza del Tribunale, la difesa dell’indagato ha proposto ricorso per Cassazione, articolando diverse critiche. In particolare, venivano contestate:

* Violazione di legge: Si lamentava una violazione degli articoli 73 e 74 TUS, nonché delle norme processuali relative ai sequestri (artt. 322 e 324 c.p.p.).
* Mancanza di base indiziaria: La difesa sosteneva che non vi fossero elementi sufficienti a giustificare le accuse per i specifici capi d’imputazione.
* Assenza del nesso di pertinenzialità: Veniva negato il collegamento tra le somme sequestrate e i presunti reati, elemento essenziale per la legittimità del sequestro.
* Sproporzione della misura: Si criticava la valutazione del Tribunale sulla proporzionalità del sequestro e sull’attribuzione dell’intero profitto del reato al solo ricorrente, nonostante la natura concorsuale del reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello preliminare, giudicando il ricorso non idoneo a superare il vaglio di ammissibilità. La Corte ha ritenuto che le argomentazioni della difesa fossero generiche e non in grado di scalfire la logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

I giudici di legittimità hanno osservato che il Tribunale di Lecce aveva correttamente individuato l’accrescimento patrimoniale dell’indagato come direttamente riconducibile al suo ruolo nelle vicende illecite. La motivazione dell’ordinanza impugnata appariva coerente nel collegare l’aumento delle disponibilità economiche all’attività criminosa, rendendo il sequestro preventivo una misura logica e conseguente.

La Cassazione ha evidenziato come la difesa si fosse limitata a contrapporre la propria lettura dei fatti in modo “apodittico”, ovvero affermando tesi senza un adeguato supporto argomentativo e probatorio. Un ricorso per Cassazione, invece, non può limitarsi a una generica contestazione, ma deve individuare vizi specifici di violazione di legge o di motivazione manifestamente illogica nel provvedimento del giudice precedente. Di fronte a una motivazione ritenuta coerente, la Cassazione ha concluso per l’inammissibilità, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del processo penale: l’onere di specificità delle impugnazioni. Per contestare efficacemente un provvedimento come il sequestro preventivo, non è sufficiente negare le accuse o il collegamento tra il bene e il reato. È necessario, invece, smontare punto per punto il ragionamento del giudice, dimostrando specifiche violazioni di norme o palesi illogicità nella motivazione. La sentenza conferma che, in presenza di un accertato e ingiustificato arricchimento patrimoniale di un soggetto indagato per reati ad alta redditività (come il traffico di droga), il sequestro del profitto rappresenta una misura adeguata e proporzionata, la cui legittimità può essere messa in discussione solo con argomenti giuridici solidi e pertinenti.

Perché il ricorso contro il sequestro preventivo è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto le argomentazioni della difesa generiche e apodittiche, ovvero non supportate da elementi concreti in grado di contestare efficacemente la logicità della decisione del Tribunale, la quale aveva invece ben motivato il legame tra l’incremento patrimoniale dell’indagato e le attività illecite contestate.

Cosa si intende per ‘nesso di pertinenzialità’ in un sequestro?
Il ‘nesso di pertinenzialità’ è il legame diretto che deve esistere tra il bene sequestrato (in questo caso, una somma di denaro) e il reato per cui si procede. La Procura deve dimostrare che quel bene rappresenta il prodotto, il profitto o lo strumento utilizzato per commettere l’illecito. In questo caso, il Tribunale ha ritenuto provato che i 55.000 euro fossero il profitto dei reati di droga contestati.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. Di conseguenza, il provvedimento di sequestro originario viene confermato. Inoltre, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in 3.000 euro, a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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