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Sequestro preventivo: quando il denaro è pertinente?

La Corte di Cassazione ha confermato il sequestro preventivo di oltre 100.000 euro, ritenendo il denaro ‘pertinente’ al reato di detenzione di esplosivi. La sentenza chiarisce che, per il sequestro preventivo, non è necessario dimostrare che la somma sia il profitto del reato, ma è sufficiente che possa essere utilizzata per commetterne altri. Le giustificazioni sulla diversa proprietà del denaro sono state respinte per mancanza di prove adeguate.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo di Denaro: La Cassazione Chiarisce il Nesso di Pertinenzialità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale in materia di misure cautelari reali: la legittimità del sequestro preventivo di una cospicua somma di denaro trovata in casa di un indagato per un reato che, di per sé, non produce un profitto economico. Il caso in esame chiarisce la distinzione tra profitto del reato e ‘cosa pertinente al reato’, ampliando la comprensione di quando e perché il denaro possa essere vincolato dalla giustizia.

I Fatti del Caso: Detenzione di Esplosivi e un’Ingente Somma in Contanti

La vicenda trae origine da un’indagine per il reato di detenzione illegale di un’enorme quantità di materiale esplosivo e manufatti pirotecnici. Durante una perquisizione nell’abitazione che l’indagato condivideva con il padre e la nonna, le forze dell’ordine rinvenivano, oltre al materiale illecito, una somma in contanti di ben 100.806 euro.

Il Giudice per le Indagini Preliminari (g.i.p.) del Tribunale di Foggia emetteva un decreto di sequestro preventivo su tale somma, ritenendola ‘cosa pertinente al reato’. La misura veniva confermata anche in sede di riesame. Contro questa decisione, l’indagato e i suoi familiari proponevano ricorso in Cassazione, sostenendo che il denaro non avesse alcun legame con il reato contestato.

Le Argomentazioni dei Ricorrenti

La difesa basava il ricorso su due argomenti principali:

1. Assenza di profitto: Il reato contestato era la semplice detenzione di materiale esplosivo, non la sua vendita. Di conseguenza, secondo i ricorrenti, non si poteva parlare di ‘profitto’ derivante dal reato, rendendo il sequestro ingiustificato.
2. Proprietà altrui: Il denaro, a dire dei familiari, non apparteneva all’indagato ma al padre e alla nonna. A sostegno di ciò, veniva menzionato un prelievo in contanti di circa 15.000 euro effettuato dal padre mesi prima e affidato alla madre per la custodia.

La Decisione della Corte e la Logica del Sequestro Preventivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in entrambi i punti. La sentenza offre un’importante lezione sulla natura e la finalità del sequestro preventivo di tipo ‘impeditivo’, disciplinato dall’art. 321, comma 1, c.p.p.

I giudici hanno chiarito che il riferimento del Tribunale del riesame al ‘profitto’ non era il fondamento giuridico del sequestro, ma una considerazione logica per stabilire la pertinenza del denaro al reato. Il vero presupposto del sequestro preventivo impeditivo non è che il bene sia il provento del reato, ma che ‘sia servito a commetterlo, ovvero sia concretamente destinato alla commissione dello stesso’.

In questo caso, la Corte ha ritenuto logico e non manifestamente irragionevole che l’ingente somma di denaro contante potesse essere utilizzata per acquistare altro materiale esplosivo, alimentando così l’attività illecita. Il denaro, quindi, era ‘pertinente’ al reato perché rappresentava uno strumento per protrarre l’attività criminosa o commettere altri reati della stessa specie.

Le Motivazioni

Riguardo al secondo motivo di ricorso, relativo alla proprietà del denaro, la Cassazione ha stabilito che la valutazione del giudice di merito era sufficiente e non meramente apparente. L’ordinanza impugnata aveva correttamente considerato inverosimile la provenienza lecita della somma, soprattutto a fronte dell’enorme discrepanza tra i 100.806 euro sequestrati e i soli 15.000 euro di cui il padre aveva tentato di giustificare il prelievo. Inoltre, la Corte ha dato peso alla condotta della nonna durante la perquisizione, ritenuta un ulteriore elemento a sfavore della tesi difensiva. In fase cautelare, è sufficiente un ‘fumus’, ovvero una fondata apparenza, della connessione tra il bene e il reato, e le argomentazioni della difesa non sono riuscite a scardinare questa valutazione.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: il sequestro preventivo di denaro non è limitato ai soli casi in cui la somma rappresenta il profitto diretto di un’attività illecita. È legittimo anche quando il denaro, per la sua fungibilità e per il contesto in cui viene ritrovato, appare come uno strumento destinato a finanziare e perpetuare l’attività criminosa. La decisione sottolinea inoltre come, in sede di riesame, le giustificazioni alternative sulla provenienza dei beni debbano essere supportate da elementi concreti e plausibili per poter superare la valutazione logica del giudice sulla pertinenzialità del bene al reato.

È possibile disporre il sequestro preventivo di una somma di denaro per un reato che non genera un profitto diretto, come la detenzione di esplosivi?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che è possibile se il denaro è considerato ‘cosa pertinente al reato’, ovvero se esiste il rischio concreto che possa essere destinato a commettere altri reati, come l’acquisto di ulteriore materiale illecito.

Cosa si intende per ‘nesso di pertinenzialità’ tra denaro e reato in un sequestro preventivo?
Significa che deve esistere un legame funzionale tra il denaro e il reato. Secondo la sentenza, questo legame sussiste quando il denaro ‘sia servito a commettere il reato, ovvero sia concretamente destinato alla commissione dello stesso’, indipendentemente dal fatto che costituisca il profitto dell’illecito già commesso.

In un procedimento di sequestro, come viene valutata l’affermazione che il denaro appartiene a terzi e non all’indagato?
Il giudice valuta la plausibilità e la consistenza delle prove fornite. Nel caso specifico, l’affermazione è stata respinta perché la giustificazione fornita (un prelievo di 15.000 euro) non era congrua rispetto all’ingente somma sequestrata (oltre 100.000 euro) e altri elementi, come la condotta dei familiari, deponevano a sfavore di tale tesi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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