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Sequestro preventivo: quando il denaro è ingiustificato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un sequestro preventivo di 16.350 euro, ritenuti provento di spaccio. L’indagato sosteneva che la somma derivasse da un prelievo di pensione effettuato quattro anni prima, ma i giudici hanno giudicato la spiegazione non credibile a causa del lungo lasso di tempo e della mancanza di una ragione plausibile per custodire il denaro in casa. La sentenza ribadisce che per il sequestro preventivo non basta una giustificazione documentale se l’intera narrazione è illogica.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo di Denaro: La Prova della Provenienza Lecita Deve Essere Credibile

Il sequestro preventivo di una somma di denaro trovata in casa di un indagato è una misura che solleva spesso complesse questioni probatorie. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un individuo a cui erano stati sequestrati oltre 16.000 euro, sospettati di essere il provento di attività di spaccio. La difesa aveva fornito una giustificazione apparentemente solida, ma i giudici hanno ritenuto la narrazione complessiva poco credibile. Analizziamo come la Corte ha bilanciato la prova documentale con la logicità delle circostanze.

I Fatti di Causa

Durante una perquisizione domiciliare legata a indagini per traffico di stupefacenti, le forze dell’ordine rinvenivano, nell’abitazione di un uomo, una somma in contanti di 16.350 euro e circa 16 grammi di cocaina. L’autorità giudiziaria disponeva immediatamente il sequestro preventivo della somma a fini di confisca per sproporzione, ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale.

L’indagato proponeva istanza di riesame, sostenendo la provenienza lecita del denaro. A suo dire, la somma derivava da un prelievo di 16.000 euro effettuato ben quattro anni prima, nell’agosto del 2020, da un libretto postale cointestato con la figlia, sul quale era stata accreditata la pensione di reversibilità della defunta moglie. A supporto di tale affermazione, produceva la relativa documentazione bancaria.

Il Tribunale di Napoli rigettava l’istanza, ritenendo l’origine del denaro non giustificata. La decisione si basava principalmente sulla scarsa credibilità della spiegazione: appariva infatti implausibile che una somma così ingente fosse stata prelevata e conservata intatta in casa per oltre quattro anni, senza una specifica ragione, attraversando peraltro il periodo della pandemia.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Perimetro del Ricorso

L’indagato presentava ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte del Tribunale. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.

La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, è consentito solo per violazione di legge. Ciò significa che la Corte non può riesaminare i fatti o valutare nel merito la logicità della motivazione del giudice precedente, a meno che questa non sia del tutto assente, palesemente illogica o contraddittoria. In questo caso, il Tribunale aveva esposto un ragionamento coerente e completo, rendendo la sua valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale fosse immune da vizi. Il giudice del riesame aveva correttamente spiegato, in modo non arbitrario ma congruo, perché la versione difensiva fosse inattendibile. Gli elementi chiave che hanno reso la giustificazione implausibile sono stati:

1. Il lungo lasso di tempo: Il prelievo era avvenuto oltre quattro anni prima del ritrovamento del denaro. È stato giudicato inverosimile che una persona conservi una somma così rilevante in contanti in casa per un periodo così esteso.
2. Mancanza di una ragione plausibile: L’indagato non ha fornito alcuna spiegazione sul motivo per cui avrebbe prelevato e custodito tale importo a casa, invece di lasciarlo sul conto postale.
3. Il contesto: Il fatto che il denaro sia stato rinvenuto insieme a sostanze stupefacenti ha rafforzato l’ipotesi della sua provenienza illecita, rendendo la somma sproporzionata rispetto ai redditi leciti dell’indagato.

In sostanza, pur in presenza di un documento che attestava un prelievo di denaro di importo simile, il quadro complessivo ha indotto il giudice a ritenere che quella documentazione non provasse la legittima provenienza del denaro specifico trovato durante la perquisizione.

Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante insegnamento: per contrastare un sequestro preventivo, non è sufficiente produrre una prova documentale che attesti la disponibilità di una somma lecita in un dato momento. È necessario fornire una spiegazione complessivamente credibile e logica che colleghi quella provvista alla somma sequestrata. I giudici di merito hanno il potere di valutare la plausibilità delle giustificazioni addotte dall’indagato, e la loro valutazione, se motivata in modo coerente e non palesemente illogico, non può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione. Il contesto del ritrovamento e il comportamento del detentore del denaro sono elementi fattuali che possono vanificare una prova documentale altrimenti valida.

Basta un estratto conto per giustificare il possesso di denaro e evitarne il sequestro preventivo?
No. La sentenza chiarisce che la sola prova documentale di un prelievo, anche se di importo compatibile, non è sufficiente se la spiegazione complessiva sulla conservazione del denaro risulta implausibile al giudice, specialmente se è trascorso un lungo periodo di tempo.

Quali sono i limiti di un ricorso in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo?
Il ricorso è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti o la coerenza della motivazione, a meno che quest’ultima non sia totalmente assente, palesemente illogica o contraddittoria. La valutazione sulla credibilità delle prove è di competenza dei giudici di merito.

Cosa si intende per confisca per sproporzione?
È una misura prevista dall’art. 240-bis del codice penale che permette allo Stato di acquisire beni di cui una persona, indagata o condannata per specifici reati, non sa giustificare la legittima provenienza e che risultano di valore sproporzionato rispetto al suo reddito o alla sua attività economica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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