Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9245 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9245 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Castellammare di Stabia 1’11/12/1956
avverso l’ordinanza del 24/09/2024 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 24 settembre 2024, e depositata in data 30 settembre 2024, il Tribunale di Napoli, pronunciando in materia di misure cautelari reali, ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso il decreto con il quale il G.i.p. del Tribunale di Torre Annunziata aveva disposto nei confronti dello stesso il sequestro preventivo a fini di confisca per sproporzione ex e. /
art. 240-bis cod. pen. dell’importo di 16.350,00 euro, con riguardo al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, commesso il 13 agosto 2024.
Il Tribunale ha ritenuto legittimo il sequestro osservando che sussistono plurimi indizi a carico dell’indagato per ritenere che la somma di 16.350,00 euro rinvenuta presso l’abitazione del prevenuto sia provento dell’attività di spaccio e non, come affermato da egli stesso, provento della pensione di reversibilità della moglie deceduta, motivando altresì sulla sussistenza del periculum in mora.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo, con il quale si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla legittimità del sequestro operato sulla somma di denaro rinvenuta nell’abitazione dell’indagato.
Si deduce che la somma di denaro, di ammontare pari a 16.350 euro, proviene, come già rappresentato al Tribunale, dalla pensione di reversibilità della moglie dell’attuale ricorrente, ormai deceduta, e che ciò si evince: a) dal prelievo di 16.000,00 euro presso l’Ufficio postale il 6 agosto 2020, dopo l’accreditamento, il 27 luglio 2020, sul medesimo conto postale delle somme di 18.852,11 euro e di 4.584,90 euro, a cura dell’INPS; b) dalla percezione di una pensione di reversibilità tale da giustificare l’ulteriore accumulo della modesta somma di 350,00 euro; c) dal taglio delle banconote, in parte significativa da 500, 200 e 100 euro, incompatibile con il tipico profitto della condotta di spaccio; d) dalla modesta quantità di sostanza stupefacente detenuta, pari a complessivi 16,05 grammi lordi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
La questione posta nel ricorso è se, nella specie, sia corretto ritenere legittimo il sequestro a fini di confisca per sproporzione, a fronte delle spiegazioni fornite dall’indagato anche mediante produzione di documentazione.
2.1. Sembra utile premettere quali siano i limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione posta a fondamento di un decreto di sequestro preventivo, secondo il consolidatissimo insegnamento della giurisprudenza di legittimità.
Costituisce infatti principio assolutamente condiviso, enunciato anche dalle Sezioni Unite, quello secondo cui il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato
argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (così Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01, e, tra le altre, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01).
2.2. L’ordinanza impugnata ritiene che la somma in contanti di 16.350,00 euro, rinvenuta in un armadio a casa dell’attuale ricorrente in occasione di una perquisizione per reati concernenti il traffico di stupefacenti, effettuata il 13 agost 2024, sia sproporzionata al reddito del medesimo e di provenienza non giustificata, e, come tale, confiscabile a norma dell’art. 240-bis cod. pen.
L’ordinanza impugnata premette che, nel corso della medesima perquisizione, è stata anche sequestrata cocaina suddivisa in trentatré involucri per un peso tale di 16,05 grammi, trovata nella camera da letto dell’uomo.
Osserva, poi, che l’affermazione dell’indagato, secondo cui la somma costituisce il provento della pensione di reversibilità della moglie deceduta, è priva di credibilità, pur se supportata da documentazione allegata in sede di convalida. Rappresenta, preliminarmente, che la disponibilità della somma rinvenuta in contanti per 16.350,00 euro, è stata giustificata dall’attuale ricorrente con il prelievo effettuato il 6 agosto 2020 della somma di 16.000,00 euro accreditata su un libretto postale intestato ad esso e alla di lui figlia. Evidenzia, poi, che quest spiegazione è inattendibile in particolare perché: a) il prelievo risulta essere stato effettuato oltre quattro anni prima del rinvenimento della somma a casa dell’imputato; b) non è plausibile che, durante tutto questo tempo, caratterizzato anche dalla pandemia, una somma di 16.000,00 euro sia rimasta custodita intatta nella casa dell’indagato; c) l’indagato non ha fornito alcuna indicazione in ordine alle ragioni del prelievo, nonostante l’importo della somma incassata e la successiva custodia della stessa in casa.
2.3. L’ordinanza impugnata è immune dai vizi denunciati nel ricorso.
Già sarebbe sufficiente rilevare che il ricorso contesta il vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., quindi un vizio non deducibile secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza, anche a Sezioni Unite.
In ogni caso, deve osservarsi che l’ordinanza impugnata espone una motivazione provvista dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza per rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. La stessa infatti spiega in modo non arbitrario, bensì congruo, perché reputa inattendibile la prospettazione della difesa sulla legittima provenienza del denaro in sequestro, e, quindi, perché questo debba ritenersi sproporzionato al reddito e all’attività dell’indagato, nonché, appunto, di provenienza non giustificata.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 23/01/2025.