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Sequestro preventivo: quando è possibile la revoca?

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo di una società. La Corte chiarisce che le risultanze del dibattimento in corso non sono sufficienti a revocare la misura, salvo manifesta insussistenza del reato, confermando la stabilità del vincolo fino alla sentenza.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: La Cassazione Sulla Stabilità della Misura Durante il Processo

Il sequestro preventivo rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’autorità giudiziaria per congelare beni presumibilmente collegati a un’attività criminosa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31788 del 2024, offre chiarimenti fondamentali sulla stabilità di tale misura cautelare e sui limiti entro cui può essere riesaminata durante la fase dibattimentale. Il caso analizzato riguarda la richiesta di dissequestro di una società, avanzata dai suoi titolari formali, nel contesto di un procedimento penale per reati associativi a carico del coniuge di una di essi.

I Fatti del Caso: Il Sequestro di un’Attività Commerciale

Il Tribunale del riesame rigettava l’appello cautelare presentato dai soci di una S.r.l., titolari di un’attività di bar. La società e il relativo compendio aziendale erano stati sottoposti a sequestro preventivo ai sensi degli artt. 416-bis, comma 7, e 240-bis del codice penale. Il provvedimento era stato emesso nell’ambito di un procedimento penale a carico del marito di una delle socie, ritenuto il ‘dominus’ di fatto dell’attività, utilizzata, secondo l’accusa, per finalità legate a un’associazione mafiosa.

I Motivi del Ricorso e la Posizione della Difesa

I soci ricorrevano in Cassazione, sostenendo che gli elementi emersi durante il dibattimento del processo principale avessero ‘neutralizzato’ l’ipotesi accusatoria originaria. In particolare, le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia avrebbero dimostrato che il presunto ‘dominus’ era in realtà una vittima di estorsione e che l’esercizio commerciale non era mai stato utilizzato per ‘summit di mafia’.

La difesa evidenziava inoltre che non vi erano prove dell’uso del bar per attività di riciclaggio o di una gestione illecita. Si contestava la tesi dell’intestazione fittizia, argomentando che la società era stata legittimamente costituita dagli eredi dei proprietari originari del bar. Di conseguenza, secondo i ricorrenti, erano venuti meno sia il fumus commissi delicti sia il periculum in mora, presupposti necessari per il mantenimento del sequestro.

L’Analisi della Cassazione sul Sequestro Preventivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, fornendo importanti precisazioni sulla disciplina del sequestro preventivo.

La Stabilità del Vincolo Cautelare

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il sequestro preventivo, una volta superato il vaglio delle impugnazioni cautelari (riesame e cassazione), è destinato a mantenere la sua efficacia tendenzialmente fino alla conclusione del giudizio di primo grado. Questa stabilità è funzionale a garantire l’eventuale confisca del bene in caso di condanna.

L’Irrilevanza delle Prove Emergenti dal Dibattimento

Il punto centrale della decisione riguarda il valore delle prove che emergono durante l’istruttoria dibattimentale. La Cassazione ha chiarito che tali elementi non possono, di norma, legittimare la revoca del sequestro. Ipotizzare il contrario significherebbe eludere la disciplina codicistica, che prevede specifiche finestre temporali e procedurali per la perdita di efficacia della misura (ad esempio, con la sentenza di assoluzione).

L’unica eccezione a questa regola si verifica quando le emergenze dibattimentali dimostrino una manifesta evidenza dell’insussistenza del fatto di reato presupposto. Solo in questo caso, palese e incontrovertibile, si potrebbe giustificare una rivalutazione della misura cautelare reale. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che tale manifesta evidenza non fosse emersa.

le motivazioni
La decisione della Suprema Corte si fonda sulla necessità di preservare la funzionalità del sequestro preventivo come strumento a garanzia della futura confisca. Consentire una continua rivalutazione della misura sulla base delle singole risultanze dibattimentali, ancora in fase di formazione e non definitivamente valutate, ne minerebbe la stabilità e l’efficacia. La disciplina delineata dall’art. 323 c.p.p. stabilisce chiaramente i momenti in cui il sequestro perde efficacia, legandoli all’esito del giudizio (assoluzione) o a specifiche condizioni in caso di condanna non definitiva. L’istruttoria dibattimentale, per sua natura, è un processo in divenire il cui esito complessivo non può essere anticipato per indebolire un vincolo cautelare già ritenuto legittimo nelle sedi competenti.

le conclusioni
In conclusione, la sentenza riafferma la solidità del vincolo imposto con il sequestro preventivo durante tutto l’arco del processo di primo grado. Le prove che emergono nel corso del dibattimento non costituiscono, se non in casi eccezionali di manifesta insussistenza del reato, un ‘fatto nuovo’ idoneo a giustificarne la revoca. Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale volto a garantire che i beni potenzialmente frutto di attività illecite rimangano vincolati fino a una decisione di merito definitiva, impedendone la dispersione.

È possibile chiedere la revoca di un sequestro preventivo sulla base di nuove prove emerse durante il processo?
No, di regola non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che le emergenze dell’istruttoria dibattimentale non possono legittimare la revoca del sequestro preventivo, salvo il caso di manifesta evidenza dell’insussistenza del fatto di reato.

Qual è la durata tipica di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca?
Il sequestro preventivo ha una tendenziale permanenza fino alla conclusione del giudizio di primo grado. La sua efficacia cessa con la pronuncia di una sentenza di assoluzione, anche se non ancora irrevocabile.

Il terzo interessato, indicato come intestatario fittizio di un bene, può contestare i presupposti del reato che ha portato al sequestro?
Sì. La Corte riconosce che il terzo interessato, indicato come fittizio intestatario, è legittimato a contestare non solo la fittizietà dell’intestazione, ma anche l’oggettiva confiscabilità del bene, ossia l’esistenza del ‘fumus commissi delicti’ e del ‘periculum in mora’, poiché l’assenza di tali presupposti avvalorerebbe la tesi della natura reale e non fittizia della sua titolarità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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