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Sequestro preventivo: quando è legittimo sul contante

La Corte di Cassazione ha confermato un sequestro preventivo di oltre 100.000 euro in contanti a carico di un individuo indagato per riciclaggio. La somma era ritenuta provento di reati tributari commessi da terzi. La Corte ha stabilito che la misura cautelare era legittima, poiché basata su solidi indizi (fumus commissi delicti) e su un pericolo concreto di prosecuzione del reato (periculum in mora), desunto non solo dalla natura del bene ma dalla condotta sistematica dell’indagato.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Riciclaggio: la Cassazione fa il punto

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 35132/2025, offre importanti chiarimenti sulla legittimità del sequestro preventivo di ingenti somme di denaro contante, quando si ipotizza il reato di riciclaggio. Il caso analizzato riguarda un complesso schema di raccolta e trasferimento di denaro di presunta provenienza illecita, mettendo in luce i criteri che il giudice deve seguire per valutare la sussistenza dei requisiti necessari alla misura cautelare: il fumus commissi delicti e il periculum in mora.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Cagliari, in sede di riesame, confermava un decreto di sequestro preventivo per una somma di oltre 100.000 euro in contanti, trovata in parte presso la sede di un’azienda di moda e in parte presso l’abitazione di un uomo e di sua moglie. L’accusa principale era quella di riciclaggio.

Secondo le indagini, l’uomo agiva come ‘collettore’ di denaro contante proveniente da diversi imprenditori cinesi operanti in Sardegna, i quali consegnavano le somme presso la ditta intestata alla madre del ricorrente. Successivamente, l’indagato trasportava il denaro in Toscana, dove veniva re-impiegato da altri soggetti o utilizzato personalmente per l’acquisto di orologi di lusso.

L’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente la genericità dell’accusa, la mancata indicazione specifica del reato presupposto (l’evasione fiscale da cui proverrebbe il denaro) e l’errata valutazione del pericolo di reiterazione del reato.

La Decisione della Corte sul Sequestro Preventivo

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo le motivazioni infondate e confermando la piena legittimità del sequestro preventivo.

I giudici hanno chiarito che, ai fini di una misura cautelare, non è necessaria una prova piena del reato, ma è sufficiente la presenza di seri indizi di colpevolezza (fumus commissi delicti). Nel caso di specie, questi indizi erano numerosi e convergenti: le anomale modalità di occultamento del denaro, l’assenza di giustificazioni plausibili, i ripetuti viaggi dell’indagato e del coniuge tra la Sardegna e la Toscana, e persino le dichiarazioni spontanee rese in precedenza dallo stesso ricorrente, che aveva ammesso la provenienza del denaro da evasione fiscale.

L’importanza del Periculum in Mora nel Sequestro Preventivo

Un punto cruciale della decisione riguarda la valutazione del periculum in mora, ovvero il pericolo concreto e attuale che la libera disponibilità del bene possa aggravare le conseguenze del reato. La Corte ha specificato che tale pericolo non può essere desunto unicamente dalla natura fungibile del denaro, ma deve basarsi su elementi concreti legati alla condotta dell’indagato.

Nel caso in esame, le condotte passate, come i viaggi sistematici per il trasporto di contanti, costituivano la prova di un’attività illecita consolidata e in corso, rendendo concreto e attuale il rischio che, senza il sequestro, l’attività di riciclaggio sarebbe proseguita.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando diversi aspetti fondamentali. In primo luogo, l’accusa di riciclaggio non era affatto generica. Essa era contenuta in un provvedimento di un’indagine più ampia, di cui l’indagato era a conoscenza, che descriveva dettagliatamente le operazioni di trasferimento di denaro, la loro frequenza e la loro origine da delitti di evasione fiscale. Di conseguenza, il diritto di difesa non era stato leso.

In secondo luogo, per un sequestro preventivo ‘impeditivo’ (art. 321, comma 1, c.p.p.), finalizzato a interrompere l’attività criminosa, è sufficiente un rapporto di ‘pertinenza’ tra il bene sequestrato e il reato. Il denaro contante non era solo il profitto, ma l’oggetto stesso dell’attività di riciclaggio, utilizzato per essere trasferito e ‘ripulito’. Questo legame diretto e funzionale giustifica pienamente la misura.

Infine, la Corte ha respinto la tesi difensiva secondo cui parte del denaro appartenesse ad altri familiari. L’assenza di giustificazioni, le modalità di occultamento e la sproporzione rispetto alle attività lecite dell’azienda di famiglia sono stati considerati elementi sufficienti a escludere questa possibilità in sede cautelare.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cardine in materia di misure cautelari reali: la valutazione del giudice deve fondarsi su un’analisi complessiva e concreta degli elementi a disposizione. La legittimità di un sequestro preventivo non si basa su mere congetture, ma su una serie di indizi logici e fattuali che, letti insieme, delineano un quadro di elevata probabilità criminale. Per gli operatori del diritto, questa decisione conferma che la condotta pregressa e sistematica di un indagato è un fattore determinante per dimostrare quel pericolo concreto e attuale che giustifica il congelamento dei beni potenzialmente legati a un reato.

Per disporre un sequestro preventivo su denaro contante, è necessario provare con certezza il reato presupposto come l’evasione fiscale?
No, in fase cautelare non è richiesta la prova certa del reato presupposto. È sufficiente la presenza di elementi logici e concreti (fumus commissi delicti) che rendano verosimile la provenienza illecita del denaro, come le modalità di occultamento, l’assenza di giustificazioni e altre circostanze indizianti.

Come si valuta il ‘periculum in mora’ in un sequestro preventivo di denaro?
Il pericolo non può essere dedotto solo dalla natura fungibile del denaro. Secondo la sentenza, deve basarsi su circostanze di fatto concrete legate ai comportamenti dell’indagato. Nel caso specifico, i ripetuti viaggi per trasportare contanti dimostravano un pericolo concreto e attuale che l’attività di riciclaggio potesse continuare.

Un’accusa di riciclaggio formulata in un altro procedimento è sufficiente per giustificare un sequestro?
Sì, se l’indagato è a conoscenza di tale accusa e questa è sufficientemente specifica. La Corte ha ritenuto che l’imputazione, sebbene contenuta negli atti di un’indagine più ampia coordinata da un’altra Procura, fosse stata adeguatamente formulata e portata a conoscenza dell’interessato, garantendo così il suo diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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