Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 35132 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 35132 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/04/2025 del TRIB. LIBERTA’ di CAGLIARI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procurator generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Cagliari, in sede di riesame di provvedimen impositivi di misure cautelari reali, ha confermato il decreto di sequestro preventi emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, in data 29 marzo 2025, avente ad oggetto la somma di danaro contante pari ad euro 100.370,00; misura disposta in relazione al reato di riciclaggio contestato al ricorrente ed al coniuge COGNOME.
Il Tribunale ha ritenuto che l’indagato fosse un collettore di somme di danaro provenient da diversi imprenditori cinesi operanti in Sardegna, i quali provvedevano a consegnargli il contante presso la sede di una ditta intestata alla madre del ricorrente (la RAGIONE_SOCIALE) quest’ultimo successivamente provvedeva a trasportare il danaro in Toscana,
consegnandolo ad altri soggetti adibiti al suo reimpiego nella zona di Prato, ovver impiegando personalmente il danaro per l’acquisto di orologi di lusso in Sardegna.
La somma in contanti oggetto di sequestro preventivo di urgenza operato dalla polizia giudiziaria in data 22 marzo 2025, era stata ritrovata, occultata in vario modo, in par presso la sede della RAGIONE_SOCIALE (per euro 48 mila circa) ed in parte presso l’abitazione de ricorrente e della moglie coindagata COGNOME (per euro 52 mila circa).
L’ordinanza impugnata ha ritenuto che il danaro dovesse ricondursi nella sua interezza al ricorrente ed al coniuge e provenisse dai reati tributari commessi dagli imprenditori cine che avevano provveduto alla consegna, tra i quali alcuni erano stati identificati (uno di es COGNOME, era stato sottoposto ad indagine per reati tributari).
Inoltre, la provenienza illecita del danaro è stata tratta da elementi logici, come le anom RAGIONE_SOCIALElità con le quali era custodito, l’assenza di giustificazione, la circostanza che non fos impiegato, nonostante l’entità, attraverso strumenti tracciabili, il rilievo che l’indagat moglie fossero dediti a traffici delittuosi, avendo ripetutamente trasportato denaro da Sardegna alla Toscana con le descritte RAGIONE_SOCIALElità, così come era emerso dalle indagini.
Il Tribunale ha ritenuto sussistente anche il periculum in mora, considerando che il sequestro preventivo aveva natura impeditiva ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., desumendo l’esigenza cautelare non solo dalla natura fungibile del bene ma anche dalle condotte che l’indagato aveva commesso prima che si desse luogo al sequestro, attraverso i ripetuti viaggi tra la Sardegna e la Toscana.
L’ordinanza impugnata ha aggiunto che l’esigenza cautelare doveva ritenersi sussistente anche nella eventualità che il sequestro, come prospettato dalla difesa, fosse stato dispost in quanto finalizzato alla confisca ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., momento che la confisca era possibile in relazione a quanto previsto dalla normativa tributaria e l’esatta entità di essa si sarebbe accertata con la sentenza di condanna.
Ricorre per cassazione l’indagato, deducendo:
1) violazione di legge in relazione alla circostanza che il decreto impugnato non conteneva una specifica incolpazione a carico dell’indagato né la ragione per la quale il denar rinvenuto e sequestrato dovesse considerarsi di provenienza illecita; il GIP, senz procedere ad alcun rinvio per relationem agli atti di indagine, si sarebbe limitato a richiamare solo la norma di legge violata (art. 648-bis cod. pen.) ed altrettanto aveva fat il PM nella richiesta di convalida del sequestro preventivo operato dalla polizia giudiziar
In ogni caso, il richiamo agli atti di indagine, quanto alla descrizione della imputazione, ritenuto sussistente, sarebbe illegittimo e l’incolpazione contenuta nei verbali perquisizione e sequestro sarebbe generica quanto alla individuazione del reato presupposto;
violazione di legge per la mancata indicazione del reato presupposto a quello di riciclaggio contestato.
La censura, già anticipata con il primo motivo, viene ulteriormente approfondita dal ricorrente, sostenendosi che sarebbe stato lo stesso Tribunale ad affermare come nessuna indagine era stata effettuata sui soggetti che, secondo l’ipotesi d’accusa, avevano portato danaro contante al ricorrente, della cui provenienza, pertanto, nulla si saprebbe.
La circostanza che il danaro provenisse da evasione fiscale, è affermazione generica e congetturale del Tribunale, non fondata su elementi concreti ed anche illegittima nella misura in cui il capo di incolpazione non conteneva, in proposito, alcuna specificazione.
Neanche le RAGIONE_SOCIALElità con le quali il danaro era custodito – o il fatto che fosse sta trasportato dalla Sardegna alla Toscana – varrebbero a provare la sua provenienza delittuosa, poiché in nessun caso tali RAGIONE_SOCIALElità o il trasporto sarebbero state idone all’occultamento delle somme e, comunque, si tratterebbe solo di un indizio non supportato da ulteriori elementi;
violazione di legge in ordine alla individuazione del reato presupposto.
L’ulteriore censura è sempre inerente al tema già tracciato nei precedenti motivi con riguardo al reato presupposto, laddove si sostiene che la generica individuazione di violazioni fiscali sarebbe del tutto ipotetica e non emergente da alcun elemento concreto presente agli atti delle indagini.
Il ricorrente critica l’ordinanza impugnata anche nella parte in cui avrebbe illegittimamen ritenuto come l’emersione del reato presupposto potesse avvenire successivamente rispetto al sequestro, anche con riferimento all’eventuale superamento delle soglie di punibilità previste dalle violazioni fiscali, accertamento indispensabile ai fini di determi la sussistenza stessa del reato presupposto e, di conseguenza, di quello di riciclaggio;
4) violazione di legge per non avere il Tribunale ritenuto che parte del danaro non era di pertinenza dell’indagato e della moglie ma dei familiari con costoro conviventi e della madre del ricorrente in ragione di quanto sequestrato presso la sede della RAGIONE_SOCIALE, società della quale la difesa aveva fornito prova di effettività ed operatività;
5) violazione di legge quanto alla misura del sequestro, non essendo noto il profitto de reato presupposto e quello dell’indagato e della moglie, così da essere stato violato principio di proporzionalità che deve sovraintendere all’applicazione di ogni misur cautelare reale.
L’assunto che si sarebbe trattato di un sequestro impeditivo idoneo a legittimare l’apprensione dell’intera somma ritrovata, viene censurato in ricorso sotto il prof dell’assenza di prova del rapporto diretto di pertinenzialità, non meramente occasionale, del danaro sequestrato rispetto al reato contestato, proprio in ragione delle RAGIONE_SOCIALElità d fatti come ritenuti dal Tribunale e della mancata individuazione del profitto degli indaga Anche laddove il sequestro venisse considerato non come diretto ma per equivalente nonché finalizzato alla confisca, il ricorrente sottolinea l’illegittimità del provved
impugnato per avere ritenuto che il profitto del reato potesse essere successivamente determinato rispetto al momento del sequestro.
violazione di legge quanto alla individuazione del periculum in mora, che il Tribunale avrebbe basato esclusivamente sulla natura fungibile del danaro e con riferimento a condotte passate degli indagati.
Si dà atto che nell’interesse del ricorrente è stata depositata una memoria di replica al conclusioni del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto con motivi complessivamente infondati, deve essere rigettato.
In ordine al primo motivo, il Tribunale ha precisato che il sequestro di cui si discu stato emesso nell’ambito di una più vasta indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Livorno, nella quale l’indagato è accusato del reato di riciclaggio.
A tale indagine originaria (n. 5625/2023 R.G.N.R.) è da ricondursi il decreto d perquisizione locale, personale e conseguente sequestro emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Livorno in data 14 marzo 2025, che aveva dato luogo, tra le altre, alle perquisizioni avvenute in Cagliari presso l’abitazione del ricorrente e moglie e presso la ditta della madre del primo (la RAGIONE_SOCIALE), in esito alle quali si avuto il rinvenimento della somma di danaro oggetto dell’odierno incidente cautelare, oltre che di orologi di lusso.
Del citato provvedimento del 14 marzo 2025, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Livorno, il ricorrente, a dimostrazione del fatto che ne fosse a conoscenza, dà atto nelle premesse della sua memoria di replica depositata agli atti dopo le conclusioni adottate dal Procuratore generale.
Il provvedimento è agli atti del fascicolo ed è stato visionato da questa Corte stante natura processuale della questione posta.
In esso, l’organo deputato alla formulazione del capo di imputazione, ha ampiamente assolto al suo compito di indicare i termini dell’accusa a carico del ricorrente, della d moglie NOME COGNOME e di altri tre soggetti di nazionalità cinese.
Risulta dal provvedimento indicato, che il ricorrente è persona sottoposta ad indagini in ordine al reato di riciclaggio, con condotte “commesse almeno dall’anno 2020 ed attualmente ancora in corso a Cagliari, Livorno, Montemurlo, Prato e all’estero”.
Tali condotte si sono estrinsecate in una “serie di operazioni su ingenti quantitativi denaro provenienti da delitti di evasione fiscale (artt. 2, 3, 4, 5 d.lgs. n. 74 del 2000
Più, in particolare, nella imputazione sono descritte condotte di trasporto di ingente valu da Cagliari a Prato (come quella avvenuta il 15 novembre 2023 in cui era stata sequestrata la somma di 246.250 euro in contanti), di conversione di importanti importi di valuta da
euro in yen (mediante un sistema di ricarica di carte di credito ed altri sistemi di pagamen cinesi), di acquisto di orologi di lusso.
Nella motivazione del decreto citato, assai articolata, è stata analizzata la gen dell’indagine, la stessa che è riportata nella prima parte del provvedimento impugnato in questa sede.
A seguito del primo sequestro del 15 novembre 2023, si era accertato che il ricorrente non era percettore di redditi da lavoro e che la ditta RAGIONE_SOCIALE riferibile alla madre present dati di fatturazione con “valori del tutto incongruenti rispetto al quantitativo di con trasportato in quella circostanza dall’indagato”.
Quest’ultimo, nell’immediatezza e con dichiarazioni spontanee, aveva affermato che il denaro sequestrato era provento di evasione fiscale, sia pure attribuendo tale reato all sola RAGIONE_SOCIALE e non anche ai soggetti cinesi con i quali aveva contatti sospetti siccome emersi dalle indagini in corso.
Tali dichiarazioni spontanee erano state ritenute utilizzabili dalla Corte di cassazio chiamata a decidere sul ricorso proposto dal ricorrente avverso l’ordinanza del Tribunale di Livorno che aveva rigettato la richiesta di riesame del provvedimento di sequestro della somma di danaro sequestrata (sentenza Sez. 2, n. 15931 del 20 febbraio 2024, non massimata).
Tanto premesso, non può revocarsi in dubbio che fosse stata formulata una adeguata imputazione da parte dell’organo della pubblica accusa, che tale imputazione fosse nota al ricorrente ed agli organi giurisdizionali le cui decisioni si erano succedute nel prosie delle indagini e che essa imputazione contenesse l’indicazione dei reati, di natura fiscal presupposti rispetto a quello di riciclaggio, secondo le stesse ammissioni dell’interessat delle quali si dà atto nel provvedimento impugnato (fg. 2) – ben al corrente delle accus contro di lui formulate.
Per il che, in questa fase cautelare, ciò è sufficiente a far ritenere l’assenza di violazione di legge inerente alla formulazione del capo di imputazione, non potendo avere rilevanza, in quanto esclusi dal perimetro fissato dall’art. 325 cod. proc. pen., event vizi motivazionali del provvedimento impugnato.
In ordine al secondo motivo, la mancata indicazione dei reati presupposti rispetto quello di riciclaggio ed ogni questione ad essi relativa, è censura da intendersi supera alla luce di quanto già esplicitato in relazione al primo motivo di ricorso.
Vi è da aggiungere, per quel che inerisce alla indicazione nel provvedimento impugnato del fumus commissi delicti con riguardo alla provenienza delittuosa del danaro in sequestro, che l’ordinanza del Tribunale ha ulteriormente precisato – a conferma delle dichiarazioni spontanee del ricorrente – che quest’ultimo, dopo il primo sequestro di denaro del novembre 2013, aveva effettuato numerosi viaggi tra la Sardegna e la Toscana, dal
carattere indiziante in quanto preceduti da contatti sospetti e ripetitivi con cittadini (alcuni dei quali, peraltro, coinvolti in indagini per violazioni tributarie).
In particolare, il ricorrente aveva effettuato le trasferte dalla Sardegna, in compagnia coniuge coindagato, il 17 gennaio 2025, il 15 febbraio 2025, il 28 febbraio 2025 e si er poi giunti alla operazione che aveva portato al rinvenimento della somma sequestrata di cui oggi si discute e di orologi Rolex.
Inoltre, circa la provenienza della somma in sequestro, nessuno dei familiari del ricorrent presenti alla perquisizione, aveva saputo fornire una giustificazione ed essa era occultat in modo insolito.
Dagli allegati alla memoria difensiva depositata dal ricorrente a confutazione del conclusioni del Procuratore generale, risulta, altresì, che, contemporaneamente alla perquisizione ed al sequestro oggi all’esame in questa sede, il ricorrente ed il coniuge eran stati fermati a Montemurlo in Toscana (dove erano sbarcati con la loro auto provenienti dalla Sardegna) e trovati in possesso di 570.000 in contanti, che erano stati sequestrati.
La circostanza che il decreto di sequestro relativo a tale somma fosse stato annullato dal Tribunale di Cagliari – secondo la produzione depositata – non toglie nulla all’element oggettivo, poiché, come si legge dai documenti allegati, la ragione dell’annullamento era dovuta ad una mancata allegazione di atti che non avevamo consentito al Tribunale di comprendere bene i termini della vicenda, con rilevata violazione delle prerogative difensive nella fase che aveva preceduto il provvedimento adottato in quella sede.
Le censure formulate con il terzo motivo di ricorso, ancora inerenti alla determinazion dei reati presupposti, sono superate da tutto quanto fin qui evidenziato.
4. In ordine al quarto motivo, il tenore complessivo dell’indagine, come risultante da provvedimento impugnato in ragione di quanto si è detto, consente di affermare che il Tribunale non abbia reso una motivazione apparente allorquando ha escluso che il denaro ritrovato potesse ricondursi ai familiari del ricorrente e non all’attività di rici dovendosi apprezzare ulteriormente – quali elementi oggettivi e logici indica nell’ordinanza – la mancanza di giustificazioni fornite, le RAGIONE_SOCIALElità di occultamento, sproporzione tra le attività della RAGIONE_SOCIALE e la somma sequestrata, il contemporaneo sequestro di orologi di lusso, il ritrovamento presso la RAGIONE_SOCIALE della sola somma di denaro non occultata di meno di duemila euro nella cassa della ditta, che non aveva formato oggetto di sequestro, il rilievo che la sede della RAGIONE_SOCIALE era risultata la “b logistica” da dove partivano le operazioni di trasferimento del danaro dalla Sardegna alla Toscana effettuate dall’indagato e dal coniuge (fg. 4 del provvedimento impugnato).
5. In ordine al quinto motivo, è a dirsi che il decreto di sequestro preventivo, emesso da Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari in data 29 marzo 2025 e impugnato in sede di riesame, ha individuato le ragioni della misura ablativa in quelle natura impeditiva ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., avendo precisato che
“la libera disponibilità del danaro sequestrato potrebbe aggravare o protrarre conseguenze dei reati per cui si procede, in quanto consentirebbe di proseguire la condotta di riciclaggio e in ogni caso di far sparire il danaro contante”.
In questo senso il sequestro è stato correttamente interpretato dal Tribunale (fgg. 12 e 13 del provvedimento impugnato).
Ne consegue che a legittimare la misura cautelare bastava individuare il rapporto di pertinenza tra il bene sequestrato ed il reato, indiscutibilmente evidenziato d provvedimento impugnato letto nella sua interezza, in ragione di quanto sottolineato in questa sede a proposito del fatto che il denaro fosse proprio l’oggetto del riciclagg contestato al ricorrente in forma continuata e decorrente dal 2020, utilizzato, per rileva somme superiori a quelle in sequestro, sia nel trasporto di esso in Toscana, sia per l’acquisto di orologi di lusso in Sardegna e che, dunque, il rapporto tra il bene in seques ed il reato contestato fosse di natura tutt’altro che occasionale.
Ai fini dell’adozione della misura cautelare del sequestro preventivo delle cose “pertinen al reato” finalizzato ad evitare la protrazione del reato, non è necessario accertare differenza di quanto richiesto per il sequestro ai fini di confisca, l’esistenza collegamento strutturale fra il bene da sequestrare e il reato commesso, in quanto la “pertinenza” richiesta dal primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen. comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono i prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattisp criminosa (Sez. 3, n. 9149 del 17/11/2015, dep. 2016, Plaka, Rv. 266454-01; nello stesso senso, più di recente, a proposito della nozione di cosa pertinente al reato, Sez. 2, n. 2830 del 16/04/2019, Pmt, Rv. 276660-01).
6. In ordine al sesto motivo, il chiaro riferimento del Tribunale alle condotte dell’inda così come ricavabili da tutti gli atti del fascicolo e dalla imputazione provvisoria, dà ragione del fatto che il periculum in mora non è stato desunto, come si sostiene genericamente in ricorso, dalla sola natura fungibile del bene, ma da precise circostanze di fatto legate concreti comportamenti illeciti posti in essere dal ricorrente nel torno di tempo indica validi a lasciar dedurre come concreto ed attuale il pericolo di dispersione del bene.
In tema di sequestro preventivo impeditivo, il “periculum in mora” deve presentare i requisiti della concretezza e attualità e richiede che sia dimostrato un legame funzional essenziale, e non meramente occasionale, fra il bene e la possibile commissione di ulteriori reati o l’aggravamento o la prosecuzione di quello per cui si procede (Sez. 3, n. 42129 del 08/04/2019, M., Rv. 277173-01).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 24/09/2025.