Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 111 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 111 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a CROTONE il 17/08/2000 avverso l’ordinanza del 28/05/2024 del TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOMEche ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il tribunale per il riesame delle misure cautelari reali di Catanzaro, decidendo in seguito all’annullamento da parte della Cassazione dell’ordinanza che aveva respinto il riesame contro il decreto di sequestro preventivo della società RAGIONE_SOCIALE , intestata a NOME COGNOME – ricorrente in qualità di terza interessata – confermava il provvedimento di sequestro.
Il tribunale riteneva sussistente il fumus del reato di ‘ concorso esterno in associazione mafiosa ‘ in capo a NOME COGNOME, padre della ricorrente. Veniva rilevato, altresì, il periculum in mora, derivante dalla disponibilità ‘ di fatto ‘ della società in capo al COGNOME, che la asserviva agli interessi dei clan mafiosi; il sequestro veniva disposto sia ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. ( a fini c.d. ‘impeditivi’), sia ai sensi
dell’art. 321, comma 2 cod. proc. pen. (a fini c.d. ‘anticipatori’ della confisca c.d. ‘allargata’ prevista dall’art. 240 -bis cod. pen.).
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge: l ‘ ordinanza del tribunale del riesame sarebbe stata depositata oltre il termine di trenta giorni, il che implicherebbe l’inefficacia della misura cautelare;
2.2. violazione di legge: la motivazione in ordine al fumus sarebbe apparente in quanto sarebbero stati reiterati gli argomenti dell’ordinanza annullata . Del pari, sarebbe apparente anche la motivazione in ordine al pericolo cautelare, poiché non sarebbero stata dimostrata né la funzione impeditiva del vincolo, né la sussistenza dei presupposti per il sequestro diretto a garantire la confisca c.d. ‘allargata.
2.3. Con motivi nuovi si ribadivano le ragioni espresse con il ricorso in ordine alla carenza di attualità e concretezza del pericolo cautelare e di sussistenza del fumus commissi delicti
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo, che insta per la dichiarazione di inefficacia della misura in relazione al fatto che l’ordinanza del tribunale era stata depositata oltre il trentesimo giorno della decisione, è manifestamente infondato.
La questione della riferibilità del termine previsto dall’art. 309, comma 10 cod. pr oc. pen. ai provvedimenti relativi alle misure cautelari reali è stata affrontata dalle Sezioni Unite, che con decisione alla quale il collegio ritiene di dover dare continuità, hanno autorevolmente affermato che nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, il rinvio dell’art. 324, comma settimo, cod. proc. pen., alle disposizioni contenute nell’art. 309, comma decimo, cod. proc. pen. deve intendersi tuttora riferito alla formulazione originaria del l’ articolo; ne deriva che sono inapplicabili le disposizioni introdotte nel predetto comma decimo dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 – relative al termine perentorio per il deposito della decisione ed al divieto di rinnovare la misura divenuta inefficace (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016 – dep. 06/05/2016, COGNOME, Rv. 266790).
Sul punto è stato altresì affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 324, comma 7, e 309, comma 10, cod. proc. pen., in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui dette disposizioni non prevedono un termine a pena di inefficacia per il deposito dell’ordinanza del tribunale del riesame in tema di misure cautelari reali, non applicandosi quello di trenta giorni, stabilito, invece, in caso di riesame delle misure cautelari personali (Sez. 3, n. 52157 del 27/06/2018, COGNOME, 275176 -01).
1.2. Il secondo motivo non è consentito.
Secondo la giurisprudenza, ormai consolidata, della Corte di legittimità, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo e probatorio è ammesso solo per violazione di legge; ed in tale nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante, o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Tale principio, enucleato già nel 2004 con una pronuncia a Sezioni Unite (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710), è stato ulteriormente sviluppato e chiarito, sempre con pronuncia a Sezioni Unite, nel 2008 (Sez. U, n.25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692), e successivamente ribadito in numerose pronunce provenienti dalle sezioni semplici (tra le altre, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 -01 Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, COGNOME, Rv. 252430; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129).
Nel caso in esame -a fronte di una motivazione affatto apparente, ma bensì articolata e persuasiva -il ricorrente contestava la sussistenza sia dei gravi indizi di reato, che del pericolo cautelare.
Contrariamente a quanto dedotto il tribunale, con motivazione persuasiva, rilevava che la condotta provvisoriamente ascritta al COGNOME era riconducibile a quella tipicamente posta in essere dall ‘ imprenditore colluso, ovvero da colui che, pur non essendo inserito nella struttura organizzativa del sodalizio, costituisce con la cosca, per libera scelta, un rapporto volto a conseguire reciproci vantaggi. Nel caso in esame gli elementi di prova raccolti indicavano che NOME COGNOME aveva asservito l’azienda intestata alla ricorrente agli interessi della cosca COGNOME, la quale, in tal modo, accresceva il suo controllo sul territorio, offrendo all’imprenditore la ‘ protezione ‘ mafiosa.
Con riferimento al pericolo ex art. 321, comma 2 cod. proc. pen. il tribunale, rilevava (a) la presenza dei reati spia, (b) la disponibilità indiretta dell’azienda formalmente intestata alla ricorrente in capo a NOME COGNOME e, (c) la presenza di una sproporzione tra fonti di reddito lecite e risorse disponibili: circostanze che giustificavano il sequestro cautelare funzionale alla confisca di sproporzione.
Del pari, con riferimento al pericolo relativo al sequestro impeditiv o (anch’esso disposto) si rilevava che la disponibilità della società in capo a NOME COGNOME avrebbe aggravato le conseguenze del reato, favorendo l’intreccio di interessi economici e mafiosi (pagg. 4 e 5 dell’ordinanza impugnata).
Si tratta di motivazione non apparente, logica e fondata su solide emergenze procedimentali, che non può essere oggetto di censure nella materia cautelare reale.
2 .Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’ art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 4 dicembre 2024