Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20129 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20129 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma’ Sezione per il riesame, in data 19 settembre 2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 10 febbraio 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona applicò a NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari e la misura interdittiva del divieto di esercitare la funzione di amministratore della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE in relazione a diversi episodi qualificati ai sensi dell’art. 166, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di seguito T.U.F.), contestati ai capi A), B), C), D). Inoltre, con ordinanza 10 febbraio 2023 lo stesso Giudice dispose, in riferimento ai medesimi
reati, il sequestro preventivo delle quote sociali della due RAGIONE_SOCIALE indicate; e a seguito di ulteriori indagini, con decreto del 17 luglio 2023, fu disposto, in relazione al delitto previsto dall’art. 648-ter.1 cod. pen., il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni immobili e mobili registrati intestati alle due RAGIONE_SOCIALE.
1.1. Con provvedimento del 17 luglio 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona, a seguito di istanza della difesa e con il parere favorevole del Pubblico ministero, modificò la portata della misura interdittiva, limitandola agli atti di straordinaria amministrazione e, con riferimento a tutti i delitti per quali si procedeva nei confronti di COGNOME, dichiarò la propria incompetenza territoriale a favore del Giudice per le indagini preliminari di Roma, essendo stato contestato il delitto di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen., commesso in Roma il 31 gennaio 2023. Nel provvedimento, il Giudice procedente precisò che la dichiarazione di incompetenza produceva effetto anche sul sequestro preventivo delle citate quote sociali.
1.2. Con successiva ordinanza in data 1 agosto 2023 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, provvedendo a seguito di richiesta ex ar . 27 cod. proc. pen., dispose applicarsi a COGNOME, con riferimento ai reati di cui ai capi A), B), C) e D), la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e la misura interdittiva del divieto di esercitare la funzione di amministratore della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE limitatamente agli atti di amministrazione straordinaria con riferimento ai beni immobili e mobili registrati intestati alle RAGIONE_SOCIALE medesime. Il Giudice per le indagini preliminari dispose anche il sequestro delle quote sociali delle due RAGIONE_SOCIALE, nonché il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta di una serie di beni immobili e mobili registrati indicati a partire dalla pagina del provvedimento de quo.
1.3. Avverso tale ordinanza il difensore propose richiesta di riesame, limitandola alla misura reale relativa alle quote sociali delle due RAGIONE_SOCIALE, senza censurare la misura personale. A fondamento del gravame, la difesa rilevò l’assenza di fumus dei reati di cui ai capi Ai), B), C) e D), evidenziando come la ricostruzione accusatoria fosse basata su un presupposto erroneo, non essendovi stata alcuna collocazione sul mercato di prodotti finanziari in senso stretto.
1.4. Con ordinanza 19 settembre 2023, il Tribunale di Roma, Sezione per il riesame, ha rigettato il gravame proposto nell’interesse di NOME COGNOME, evidenziando come l’impugnante avesse sistematicamente provveduto a effettuare offerte fuori sede di azioni per conto della RAGIONE_SOCIALE, sfornita delle autorizzazioni per la prestazione di tali servizi di investimento nei confronti dei risparmiatori italiani e come la negoziazione di azioni, professionalmente svolta, sia soggetta al regime abilitativo richiesto dal T.U.F. Inoltre, il capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE era strettamente connesso ai reati, visto che esse erano il
mezzo attraverso il quale venivano garantite le nuove raccolte illecite di capitale e, dunque, la prosecuzione del meccanismo illecito, sicché doveva ritenersi necessario vincolarle al fine di evitare che l’indagato potesse volatilizzare le proprietà, realizzandone la dispersione come accaduto durante le indagini.
COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza e manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata, asseritamente priva, nella sua struttura logico-giuridica, di un’adeguata coerenza, poiché sviluppata secondo linee irrazionali e per mezzo di passaggi argomentativi disorganici, tali da privare di una base ragionevole la decisione nel suo complesso.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’insussistenza del pericolo di disperdere le garanzie dei contratti di finanziamento. Ciò in quanto la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avrebbe detenuto un cospicuo patrimonio immobiliare, riversato nel capitale della Newco, senza che sia stata acquisita la prova che l’indagato abbia voluto disporre dei beni in sequestro. Le risultanze tratte dalla documentazione della RAGIONE_SOCIALE sarebbero state semplicemente parafrasate dal Tribunale, senza considerare che l’attività svolta dall’indagato sarebbe stata, per tabulas, diametralmente differente da quella ritenuta dall’organo di controllo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova premettere che a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione può essere proposto soltanto per violazione di legge. In tale nozione, secondo la giurisprudenza di legittimità, rientrano sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME,
Rv. 254893 – 01; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093 – 01; in precedenza v. Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; Sez. U, n. 25933 del 29/05/2008, COGNOME, in motivazione).
Non vi rientra, invece, l’illogicità manifesta, la quale può essere dedotta, nel giudizio di legittimità, soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606, comma 1, cod. proc. pen. (ex plurimis Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01 e, nella giurisprudenza successiva, Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, COGNOME, Rv. 242916 – 01; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129 – 01; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119 – 01).
Nel caso di specie, tuttavia, la motivazione dell’ordinanza impugnata non è affatto priva di un apparato logico- argomentativo, in quanto, richiamandosi alle considerazioni sviluppate sia nell’ordinanza genetica, sia nella sentenza Sez. 5 n. 33297 del 2023 avente ad oggetto la misura cautelare personale applicata all’indagato, ha specificamente indicato gli elementi di fati:o e le disposizioni normative su cui ha basato il giudizio avente ad oggetto l’esistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora.NUMERO_CARTA
3.1. In particolare, il Collegio del riesame, richiamando quanto rilevato dal Giudice per le indagini preliminari nel provvedimento di sequestro, ha evidenziato come dalla nota della RAGIONE_SOCIALE datata 11 maggio 2018 emergesse che COGNOME, iscritto nell’albo dei consulenti finanziari, aveva sistematicamente provveduto ad effettuare l’offerta fuori sede di azioni ordinarie (shares ord) per conto della RAGIONE_SOCIALE, sfornita delle autorizzazioni per la prestazione di tali servizi di investimento nei confronti dei risparmiatori italiani; e come la c.n.r della Tenenza di Fabriano del 31 marzo 2017 e la c.n.r della Guardia di Finanza Ancona del 7 aprile 2021 avessero ribadito che la RAGIONE_SOCIALE non aveva alcuna autorizzazione per la promozione di servizi di investimento e che COGNOME aveva ripetutamente agito, come director, recandosi nel domicilio degli interessati, fuori sede. Circostanze, queste, confermate dalle perquisizioni, dall’analisi dei flussi finanziari, dalle dichiarazioni di alcuni clienti, dalle ulte comunicazioni degli organi di vigilanza. Al riguardo, il Tribunale del riesame si è fatto carico di esaminare la tesi difensiva, secondo cui il contratto non sarebbe né uno strumento né un prodotto finanziario, ma un semplice contratto sinallagmatico tra privati, avente per oggetto le azioni di una RAGIONE_SOCIALE, respingendo tale ricostruzione alla luce di quanto ritenuto dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 33297/2023 del 13 giugno 2023, con cui è stato rigettato il ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Ancona che aveva confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale in data 10 febbraio 2023. In tale occasione, infatti, la Corte di cassazione ha ribadito che sono soggetti
NOME–
ad autorizzazione lo svolgimento di servizi o attività di investimento e l’offerta fuori sede, la promozione o il collocamento di prodotti o strumenti finanziari o di servizi o attività di investimento, ovvero quelle attività, indicate al comma 5 dell’art. 1 T.U.F., tra cui rientra anche la negoziazione, che hanno per oggetto strumenti finanziari, individuati attraverso l’elencazione dell’allegato al T.U.F., in cui sono ricomprese anche le azioni, quali documenti rappresentativi della partecipazione al capitale di rischio. Di tal che la violazione del regime abilitativo è sanzionata dall’art. 166 dello stesso T.U.F.
3.2. Per converso, la considerazioni difensive svolte con il primo motivo di ricorso appaiono insuperabilmente generiche, atteso che esse non indicano affatto le ragioni per le quali nella specie mancherebbe, come invece dedotto, il fumus commissi delicti.
Quanto, poi, alle censure difensive concernenti il periculum in mora, svolte con il secondo motivo, va in primo luogo rilevato che non risulta esse siano state dedotte in sede di riesame (secondo quanto emerge dalla pag. 3 dell’ordinanza impugnata, non contraddetta, sul punto, dall’odierno ricorso), sicché deve ritenersi inammissibile la prospettazione, per la prima volta, in sede di legittimità.
Nel merito, deve in ogni caso osservarsi che le doglianze in parola vengono prospettate in maniera del tutto confutativa e, n ogni caso, aspecifica, limitandosi il ricorso ad affermare l’assenza di prove in ordine al fatto che l’indagato abbia voluto disporre dei beni in sequestro. In realtà, deve osservarsi che la misura ablativa è stata giustificata con la necessità di impedire la prosecuzione del meccanismo illecito oggetto di indagine, atteso che le due RAGIONE_SOCIALE sono state individuate come il mezzo attraverso il quale venivano garantite le nuove raccolte illecite di capitale. Infatti, il denaro proveniente dalle sottoscrizioni di azi redimibili della RAGIONE_SOCIALE veniva impiegato per sottoscrivere il capitale di RAGIONE_SOCIALE (per euro 1.490.000) e per i finanziamenti infruttiferi in favore della RAGIONE_SOCIALE (per un ammontare pari a 1.112.873,50). Pertanto, il capitale sociale delle ultime RAGIONE_SOCIALE era strettamente connesso ai reati, visto che esse erano il mezzo attraverso il quale venivano garantite le nuove raccolte illecite di capitale e, dunque, la prosecuzione del meccanismo illecito.
Inoltre, l’indagato, in pendenza degli accertamenti e delle indagini che avevano riguardato la RAGIONE_SOCIALE (travolta anche da un ordine di liquidazione dell’autorità RAGIONE_SOCIALE), aveva provveduto a cedere le quote di tale RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE (al 96,93 % dell’indagato e per la quota restante di NOME COGNOME) in tal modo svuotando il patrimonio della cedente. Secondo la non illogica conclusione del Tribunale, dunque, doveva ritenersi esistente il periculum in mora, essendo necessario vincolare le quote sociali delle due RAGIONE_SOCIALE
al fine di evitare che l’indagato potesse volatilizzare le proprietà comportandone la dispersione, in modo analogo a quanto era accaduto durante le indagini.
Anche in questo caso, pertanto, non si può certo affermare che la motivazione sia inesistente o che essa possa ritenersi anche soltanto apparente, sicché deve escludersi, ancora una volta, la possibilità di scrutinare le doglianze difensive, volte nella sostanza a censurare la ricostruzione fattuale accolta dal provvedimento impugnato; operazione che, come si è detto, è pacificamente esclusa in sede di ricorso per cassazione avente ad oggetto una misura cautelare reale.
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 12 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente