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Sequestro preventivo: quando è legittimo e perché

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore contro il sequestro preventivo delle quote di due società. La misura era stata disposta nell’ambito di un’indagine per esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria. La Corte ha confermato la validità della decisione del Tribunale del riesame, ritenendo sussistenti sia il ‘fumus commissi delicti’ (gravi indizi di reato) sia il ‘periculum in mora’ (pericolo di dispersione dei beni), giustificando così il mantenimento del sequestro preventivo.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quando è Legittimo Vincolare i Beni di una Società?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20129/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui presupposti che legittimano un sequestro preventivo di quote sociali. Questo provvedimento, spesso percepito come molto invasivo, è uno strumento fondamentale per impedire che i proventi di un reato vengano dispersi. L’analisi della Suprema Corte si concentra su due pilastri fondamentali: il fumus commissi delicti e il periculum in mora. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni dei giudici.

I Fatti: L’Offerta di Prodotti Finanziari Senza Autorizzazione

Il caso ha origine da un’indagine a carico dell’amministratore di due società italiane, la Società Immobiliare Alfa S.r.l. e la Società Finanziaria Beta S.r.l. L’accusa principale era quella di aver esercitato abusivamente l’attività di intermediazione finanziaria. In particolare, l’amministratore avrebbe sistematicamente offerto ‘fuori sede’ (cioè direttamente presso il domicilio dei clienti) azioni di una società di diritto inglese, la Gamma LTD, senza possedere le necessarie autorizzazioni richieste dal Testo Unico della Finanza (T.U.F.).

I proventi derivanti da questa attività illecita venivano poi reinvestiti per sottoscrivere il capitale delle due società italiane, le quali diventavano di fatto lo strumento per garantire le nuove raccolte di capitale e proseguire il meccanismo illegale.

Il Percorso Giudiziario e il Sequestro Preventivo

A seguito delle indagini, il Giudice per le Indagini Preliminari ha disposto diverse misure cautelari, tra cui il sequestro preventivo delle quote sociali delle due società italiane, oltre che di altri beni immobili e mobili. L’obiettivo era duplice: interrompere l’attività criminosa e impedire che l’indagato potesse disperdere i beni, rendendo vana un’eventuale futura confisca.

L’indagato ha impugnato il provvedimento di sequestro davanti al Tribunale del Riesame, sostenendo l’insussistenza dei presupposti per la misura cautelare. Il Tribunale, tuttavia, ha rigettato il ricorso, confermando il sequestro. Contro questa decisione, l’amministratore ha infine proposto ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha basato il ricorso su due argomenti principali:
1. Mancanza e manifesta illogicità della motivazione: Secondo il ricorrente, l’ordinanza del Tribunale del Riesame era priva di una base logico-giuridica coerente, basandosi su passaggi argomentativi disorganici.
2. Violazione di legge sull’insussistenza del periculum in mora: La difesa sosteneva che non vi fosse un reale pericolo di dispersione dei beni, in quanto una delle società deteneva un cospicuo patrimonio immobiliare e non c’erano prove che l’indagato volesse disfarsene.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni della difesa infondate e, in parte, non proponibili in quella sede. La decisione si fonda su un’analisi attenta dei due requisiti chiave del sequestro preventivo.

L’analisi sul “Fumus Commissi Delicti”

Per quanto riguarda il fumus commissi delicti, ovvero i gravi indizi di reato, la Cassazione ha ritenuto la motivazione del Tribunale del Riesame pienamente adeguata. I giudici del riesame avevano basato la loro decisione su elementi concreti e convergenti: una nota dell’organo di vigilanza finanziaria, informative della Guardia di Finanza, perquisizioni, analisi dei flussi finanziari e dichiarazioni di alcuni clienti. Tutti questi elementi indicavano chiaramente che l’indagato aveva svolto professionalmente un’attività di negoziazione di strumenti finanziari senza autorizzazione, in violazione dell’art. 166 del T.U.F. Le argomentazioni difensive, al contrario, sono state giudicate generiche e non in grado di scalfire questo solido quadro indiziario.

Il “Periculum in Mora” e il sequestro preventivo

Sul secondo punto, il periculum in mora, la Corte ha innanzitutto rilevato un vizio procedurale: la questione non era stata sollevata in sede di riesame e, pertanto, non poteva essere proposta per la prima volta in Cassazione.

Tuttavia, i giudici hanno voluto comunque affrontare la questione nel merito, definendo le censure difensive come ‘confutative e aspecifiche’. La motivazione del Tribunale sul pericolo di dispersione era tutt’altro che illogica. Era stato infatti dimostrato che le due società sequestrate erano il mezzo attraverso cui veniva garantita la raccolta illecita di capitale e la prosecuzione del reato.

Inoltre, un comportamento passato dell’indagato, che durante le indagini aveva trasferito quote da una società all’altra svuotandone il patrimonio, costituiva un chiaro indicatore della sua propensione a ‘volatilizzare’ le proprietà. Di conseguenza, il sequestro preventivo delle quote era una misura necessaria per bloccare questo rischio e impedire l’aggravarsi delle conseguenze del reato.

Conclusioni

La sentenza ribadisce principi consolidati in materia di misure cautelari reali. Il sequestro preventivo è legittimo quando la motivazione del giudice si basa su elementi fattuali concreti che dimostrano non solo la probabile commissione di un reato (fumus), ma anche il pericolo attuale e concreto che i beni ad esso collegati possano essere dispersi (periculum). La Corte sottolinea come il comportamento passato dell’indagato e la funzione strumentale dei beni rispetto al reato siano elementi decisivi per valutare la sussistenza di tale pericolo. Infine, la pronuncia ricorda l’importanza di sollevare tutte le censure nei gradi di merito appropriati, poiché il giudizio di Cassazione ha confini ben precisi e non può riesaminare questioni non precedentemente dedotte.

Quando è legittimo un sequestro preventivo di quote societarie?
Un sequestro preventivo di quote societarie è legittimo quando sussistono due presupposti fondamentali: il ‘fumus commissi delicti’, cioè seri indizi della commissione di un reato, e il ‘periculum in mora’, ovvero il pericolo concreto e attuale che la libera disponibilità delle quote possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati. Nel caso specifico, le società erano lo strumento per proseguire l’attività illecita.

Cosa si intende per ‘periculum in mora’ in un caso di reati finanziari?
Il ‘periculum in mora’ si concretizza nel rischio che l’indagato possa disperdere i beni, ad esempio vendendo le quote o svuotando il patrimonio della società, rendendo impossibile un’eventuale confisca futura. La sentenza chiarisce che tale pericolo può essere desunto anche da comportamenti passati dell’indagato che dimostrino una tendenza a occultare o trasferire beni durante le indagini.

È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in sede di riesame?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che un motivo di ricorso, in questo caso l’insussistenza del ‘periculum in mora’, non può essere proposto per la prima volta in sede di legittimità se non è stato precedentemente dedotto davanti al Tribunale del riesame. Questo rende la doglianza inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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