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Sequestro preventivo: quando è legittimo? Analisi

La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un sequestro preventivo per oltre 20 milioni di euro in un caso di contrabbando di orologi di lusso. La sentenza chiarisce i requisiti del ‘fumus boni iuris’ e del ‘periculum in mora’, sottolineando che il rischio di dispersione dei beni può essere desunto dalla gravità dei fatti e dall’ingente valore del profitto illecito, senza necessità di specifici atti dispositivi da parte dell’indagato.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Requisiti e Motivazione in Caso di Evasione Fiscale

Il sequestro preventivo è uno strumento cruciale nel sistema penale, finalizzato a congelare i beni derivanti da un’attività illecita in attesa della definizione del giudizio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui presupposti necessari per la sua applicazione, in particolare riguardo alla motivazione del provvedimento in casi complessi di frode doganale e fiscale.

La vicenda analizzata riguarda un’imponente operazione di contrabbando di orologi di lusso, che ha portato al sequestro di beni per un valore superiore a 20 milioni di euro. Vediamo nel dettaglio come la Suprema Corte ha valutato la legittimità della misura cautelare reale.

I Fatti di Causa

Le indagini hanno svelato un sofisticato meccanismo fraudolento volto a sottrarre al pagamento dei dazi doganali e dell’IVA migliaia di orologi di lusso. L’operazione illecita, gestita da un indagato tramite due diverse società di logistica, consisteva nell’importare i preziosi beni attestando falsamente che fossero destinati a una base militare NATO presente in Italia. Questa destinazione fittizia avrebbe garantito l’esenzione totale dai diritti di confine.

In realtà, gli orologi venivano illecitamente introdotti nel mercato nazionale e consegnati ai reali destinatari, principalmente gioiellerie. Per far apparire le operazioni lecite, venivano creati documenti doganali e fiscali falsi, indicando che si trattava di spedizioni di economici orologi in acciaio, di valore nettamente inferiore a quello reale. A seguito delle indagini, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) disponeva un ingente sequestro preventivo sui beni dell’indagato, fino a concorrenza del debito erariale stimato.

Il ricorso in Cassazione e il sequestro preventivo

L’indagato, tramite il suo difensore, ha impugnato l’ordinanza del Tribunale del Riesame che confermava il sequestro. I motivi del ricorso si concentravano su una presunta carenza di motivazione del provvedimento riguardo ai due pilastri fondamentali del sequestro preventivo:

1. Fumus boni iuris: La difesa sosteneva che i giudici non avessero adeguatamente argomentato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
2. Periculum in mora: Si contestava l’assenza di una motivazione concreta sul rischio di dispersione dei beni, ritenendo che il pericolo fosse stato affermato in modo generico e non supportato da specifici atti dell’indagato volti a sottrarre il proprio patrimonio.

La difesa lamentava inoltre la violazione dei criteri di proporzionalità e adeguatezza della misura.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la piena legittimità del sequestro. Le argomentazioni dei giudici chiariscono in modo netto i requisiti per l’adozione di questa misura.

La Valutazione del ‘Fumus Boni Iuris’

La Corte ha stabilito che il Tribunale del Riesame ha correttamente svolto una valutazione autonoma e approfondita degli elementi indiziari. Non si è trattato di una semplice conferma del provvedimento del G.I.P., ma di un’analisi puntuale del meccanismo fraudolento e del ruolo dell’indagato. La motivazione del Tribunale, basata su dichiarazioni, analisi di tabulati telefonici e risultanze delle perquisizioni, è stata ritenuta logica, coerente e sufficiente a sostenere l’ipotesi accusatoria in questa fase cautelare.

I Criteri per il ‘Periculum in Mora’ nel sequestro preventivo

Sul punto più contestato, il periculum in mora, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale stabilito anche dalle Sezioni Unite: il pericolo di dispersione dei beni non deve essere provato attraverso un comportamento attivo dell’indagato (es. vendite simulate, donazioni). Può essere desunto da elementi sia oggettivi che soggettivi.

Nel caso di specie, gli elementi valorizzati sono stati:
* Elementi oggettivi: L’enorme entità del profitto illecito (oltre 20 milioni di euro) e la natura dei beni (denaro e preziosi, facilmente occultabili e trasferibili).
* Elementi soggettivi: Le stesse modalità della condotta illecita, caratterizzate da falsificazioni documentali e dall’uso di canali di importazione complessi, dimostrano una spiccata propensione a eludere i controlli e, di conseguenza, a rendere difficile il recupero del debito erariale.

La Corte ha concluso che la permanente disponibilità di tali beni da parte dell’indagato costituisce di per sé un rischio concreto che giustifica l’anticipazione degli effetti della confisca tramite il sequestro preventivo.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. In materia di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, la motivazione sul periculum in mora non richiede la prova di specifici atti di depauperamento del patrimonio. Il giudice può legittimamente fondare il suo convincimento sulla gravità del reato, sull’ingente valore economico del profitto e sulla natura dei beni, elementi che, letti congiuntamente, rendono concreto e attuale il rischio che, senza un intervento immediato, il recupero delle somme dovute allo Stato diventi impossibile o estremamente difficile.

Per la validità di un sequestro preventivo, il giudice deve motivare in modo approfondito?
Sì, il provvedimento di sequestro preventivo deve contenere una concisa ma effettiva motivazione sia sul ‘fumus boni iuris’ (la plausibilità del reato) sia sul ‘periculum in mora’ (il rischio che il ritardo comprometta il recupero dei beni). Una motivazione assente o meramente apparente rende il provvedimento illegittimo.

È necessario dimostrare che l’indagato sta vendendo i suoi beni per giustificare il ‘periculum in mora’?
No, non è necessario. La Corte di Cassazione ha chiarito che il rischio di dispersione dei beni può essere desunto da elementi oggettivi, come l’enorme valore del profitto illecito e la natura facilmente occultabile dei beni (denaro, preziosi), e da elementi soggettivi, come le modalità fraudolente della condotta, senza che sia richiesta la prova di specifici atti dispositivi.

Il Tribunale del Riesame può integrare una motivazione insufficiente del primo giudice che ha disposto il sequestro?
Sì. Data la natura pienamente devolutiva del riesame, il Tribunale ha il potere e il dovere di compiere una propria autonoma valutazione di tutti gli elementi. Può quindi modulare, integrare o specificare la motivazione del provvedimento impugnato, sanando eventuali carenze originarie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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