Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22583 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22583 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 05.10.1963, avverso l’ordinanza del 10/10/2024 del Tribunale di Varese; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, richiamando la requisitoria del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 ottobre 2024, il Tribunale del Riesame di Varese ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio che ha disposto il sequestro preventivo dei beni preziosi e del denaro rinvenuto nella disponibilità dell’indagato e, comunque, dei beni mobili e immobili e valori da individuarsi nella fase esecutiva del decreto di sequestro fino alla concorrenza dell’ammontare totale del debito erariale, risultante dalla sommatoria dei dazi doganali e dell’IVA evasi, a) di complessivi euro 13.779.470,22 per le importazioni effettuate da Ferrari s.p.a. dal 22/09/2020 al 07/06/2021, in relazione al capo 3 di imputazione, b) di complessivi euro 5.511.218,43 per le importazioni effettuate da RAGIONE_SOCIALE dal 13/07/2021 al 17/11/2021, in relazione al capo 4, lett. a), di imputazione, c) di complessivi euro 2.611.115,69 per le importazioni effettuate da RAGIONE_SOCIALE dal 07/04/2022 al 13/05/2022, in relazione al capo 4, lett. b), di imputazione, in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 292 e 295, comma 2, lett. d-bis, d.P.R. n. 43 del 1973 e 70 del d.P.R. n. 633 del 1972, per aver sottratto merci al pagamento dei diritti di confine, formando falsi documenti doganali e fiscali e fornendo indicazioni operative sino alla consegna delle merci ai reali destinatari, omettendo il versamento dei diritti di confine e introducendo nel territorio nazionale migliaia di orologi di lusso originali destinati alla vendita, attestando falsamente che si trattava di spedizioni relative ad economici orologi in acciaio di valore nettamente inferiore a quello reale.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge ai sensi dell’art. 606, lett. b, cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125, 324, 321 cod. proc. pen.
In sintesi, la difesa deduce di aver lamentato al Tribunale del riesame di Varese l’assenza di
motivazione del provvedimento del G.I.P. sul profilo del fumus, del periculum in mora e della adeguatezza e proporzionalità della misura cautelare reale, avendo il giudice per le indagini preliminari omesso qualunque percorso argomentativo.
Deduce, quanto al fumus, che l’assenza di motivazione in cui era incorso il primo giudice non poteva essere sanata dal Tribunale del riesame.
Deduce, quanto al periculum, che la motivazione era mancante sia nel provvedimento del G.I.P., sia nell’ordinanza del Tribunale del riesame, essendo detta motivazione riferita genericamente alla particolare natura dei beni e ad un rischio di dispersione non concretizzato, non precisando le ragioni per le quali la segregazione dei beni doveva essere anticipata, nessun utile parametro potendo essere offerto dalla natura obbligatoria o facoltativa della confisca, nØ avendo il ricorrente compiuto atti sintomatici della volontà di rendere inefficace o difficile il recupero della pretesa impositiva doganale.
Denunziava, infine, la violazione del criterio di proporzionalità e adeguatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
1.1 E’, innanzitutto, infondata la censura con la quale si contesta la sussistenza dell’autonoma valutazione del fumus dei reati in relazione ai quali Ł stata emessa la misura ablativa.
In proposito, deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., Ł ammesso per sola violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, COGNOME, Rv. 239692; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656). Ed Ł stato anche precisato che Ł ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perchØ sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'”iter” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893). Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto.
Alla luce di tali principi, la motivazione resa dal provvedimento impugnato, quanto ai dati di fatto valorizzati e alle conclusioni da essi tratte, non risulta affatto apparente, avendo il Tribunale del riesame, adeguatamente e senza vizi logici, dato conto della autonoma valutazione degli elementi indiziari da parte del G.I.P. e puntualmente indicato il meccanismo fraudolento illecito posto in essere dal ricorrente, consistito nell’aver gestito, unitamente alla coindagata NOME COGNOME servendosi della sede della RAGIONE_SOCIALE ad Hong Kong, delle spedizioni di orologi di lusso aventi, come destinazione fittizia, la RAGIONE_SOCIALE Center presso la base RAGIONE_SOCIALE di Gricignano di Aversa, ignara delle operazioni di spedizione, perchØ tale destinatario consentiva l’esenzione dal pagamento dei diritti di confine. Sono emerse, in particolare, 64 operazioni di transito di orologi aventi come destinazione la base NATO di Gricignano di Aversa nel quadriennio 20202024, 58 delle quali riconducibili alla RAGIONE_SOCIALE e 6 alla RAGIONE_SOCIALE Tutte le operazioni riconducibili alle predette società sono state concretamente gestite da NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali sono stati dipendenti della RAGIONE_SOCIALE rispettivamente fino al 08/11/2021 e
al 05/11/2021, per poi transitare alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e lì gestire le ulteriori illecite operazioni riscontrate, occupandosi sempre della consegna dei plichi provenienti da Hong Kong alla US Navy, coinvolgimento emerso dalle dichiarazioni rese dai dipendenti delle due società, dalla denuncia presentata da NOME COGNOME, direttrice della filiale di Malpensa della RAGIONE_SOCIALE, dall’analisi dei tabulati telefonici (in cui erano emersi frequenti contatti tra COGNOME e COGNOME e utenze riconducibili a diverse gioiellerie campane, verosimilmente destinatarie finali delle spedizioni), dalle comunicazioni rese dalla US Navy di non aver mai avuto rapporti con RAGIONE_SOCIALE e con RAGIONE_SOCIALE, infine dall’esito delle perquisizioni.
Diversamente da quanto dedotto in ricorso, il Tribunale ha quindi spiegato, con linearità logica, quale fosse il meccanismo evasivo illecito e quali fossero le fonti indiziarie a carico dell’indagato, analizzandone la posizione e valutandone il contributo concorsuale, ben potendo il Tribunale del riesame, sulla base del materiale istruttorio a sua disposizione, modulare la motivazione del proprio provvedimento, attesa la natura interamente devolutiva della istanza di riesame, così conformandosi al disposto di cui all’art. 292, comma 1, lett. c, cod. proc. pen., mentre le doglianze contenute in ricorso omettono il confronto integrale con le argomentazioni di cui all’ordinanza impugnata.
Emerge, in definitiva, uno sviluppo argomentativo del provvedimento impugnato tale da far ritenere come il Tribunale non sia venuto meno all’obbligo di esaustiva verifica del fumus dei reati ipotizzati.
1.2 Quanto al periculum in mora, la giurisprudenza di legittimità ha fissato i criteri di riferimento per ravvisare la sussistenza delle esigenze cautelari necessarie per il mantenimento del sequestro preventivo a fini di confisca.
Come precisato dalle Sezioni Unite, il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, ad eccezione delle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, per le quali Ł sufficiente la mera indicazione della appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege” (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848).
Tanto in modo da garantire coerenza con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale, evitando appunto un’indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio. Ed Ł stato conseguentemente aggiunto come l’indicazione che la definizione del giudizio non possa essere attesa, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire, successivamente, impraticabile, comporti una diversa modulazione del contenuto motivazionale del provvedimento coercitivo, dove «Ł il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio» (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, cit., in motivazione).
E la sussistenza del periculum in mora può essere desunta sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa (in ragione cioŁ dell’entità del profitto determinante il quantum sequestrabile e successivamente confiscabile, che, nel caso di specie, Ł pari alla rilevante cifra di oltre 20 milioni di euro) o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi
elementi (oggettivi e soggettivi) debbano necessariamente concorrere, essendo tra di loro alternativi per fondare la giustificazione del sequestro (Sez. 3, n. 44874 dell’11/10/2022, COGNOME, Rv. 283769).
Nella fattispecie, la motivazione del G.I.P., riassuntivamente ripresa dal Tribunale del riesame, fa perno sulla finalità di evitare il pericolo di dispersione dei beni, ove lasciati nella disponibilità dell’indagato, idoneo a giustificare l’anticipazione degli effetti della futura confisca, in ragione della stessa natura dei beni e delle condotte poste in essere, consistenti nella falsificazione della documentazione proveniente dalla base Nato, nonchØ della immediata attivazione del canale delle importazioni dalla Francia, condotte tali da rendere attuale il rischio della dispersione dei beni; argomenti che sostengono la motivazione del periculum in mora e rendono non apparente, ma realmente esistente, una motivazione facente leva sul fatto che, dalla permanente disponibilità dei beni sequestrati, si possa desumere la possibile dispersione, anche in ragione della difficile, dal punto di vista obiettivo, rintracciabilità e, di conseguenza, del loro recupero ai fini della confisca in caso di condanna (cfr., Sez. 3, n. 44874 dell’11/10/2022, Fricano, Rv. 283769).
In conclusione, stante la infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto nell’interesse del ricorrente deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente medesimo, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 16/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME NOME