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Sequestro preventivo proporzionalità: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2836/2025, ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo contro una società agricola. Pur riconoscendo il rischio di reiterazione del reato, la Corte ha stabilito che la misura cautelare violava il principio di proporzionalità, in quanto il sequestro indiscriminato di tutti i beni aziendali era eccessivo rispetto al fine di impedire nuove attività illecite.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo e Proporzionalità: Quando la Misura Supera lo Scopo

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è intervenuta su un tema cruciale della procedura penale: il delicato equilibrio tra le esigenze cautelari e la tutela dei diritti fondamentali, in particolare nel contesto del sequestro preventivo e il principio di proporzionalità. La decisione annulla un’ordinanza di sequestro totale di una società agricola, ritenendola eccessiva e non adeguatamente motivata, offrendo importanti chiarimenti sui limiti del potere giudiziario.

I Fatti del Caso: La Società Agricola ‘Schermo’

Al centro della vicenda vi è una società agricola semplice, accusata di essere uno strumento finalizzato al reimpiego di ‘titoli tossici’, ovvero contributi agricoli ottenuti illecitamente tramite truffe aggravate. Secondo l’accusa, la società, rappresentata da un soggetto indagato per il reato di reimpiego di proventi illeciti (art. 648-ter c.p.), agiva come una vera e propria impresa-schermo. Il suo scopo non era una reale attività produttiva, ma quello di ‘ripulire’ i titoli fraudolenti attraverso l’acquisto o l’affitto di fondi, sui quali venivano poi presentate nuove richieste di sovvenzioni.

L’Ordinanza del Tribunale e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, aveva disposto il sequestro preventivo impeditivo dell’intera società, includendo conti correnti, beni aziendali, quote di partecipazione e ogni altro componente patrimoniale. La società ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, che il sequestro fosse stato disposto sulla base di presupposti errati e, soprattutto, che violasse il principio di proporzionalità.

Secondo la difesa, non sussisteva un reale pericolo di reiterazione del reato (periculum in mora), poiché le recenti attività aziendali erano lecite. Inoltre, si contestava il carattere sproporzionato di un vincolo che bloccava totalmente l’operatività aziendale, sequestrando ogni singolo bene.

Il Sequestro Preventivo e la Proporzionalità: La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato i due motivi di ricorso, giungendo a una decisione che distingue nettamente i presupposti della misura cautelare.

Il Rigetto del Primo Motivo: L’Impresa come ‘Bene Strumentale’

La Cassazione ha chiarito che il sequestro non si fondava sulla responsabilità amministrativa dell’ente (ai sensi del D.Lgs. 231/2001), ma sul fatto che l’intera impresa era considerata un ‘bene strumentale’ alla realizzazione del reato contestato al suo legale rappresentante. L’azienda, in questa ottica, è lo strumento attraverso cui il crimine viene perpetuato. Su questo punto, la Corte ha ritenuto corretto l’impianto accusatorio e ha giudicato inammissibili le doglianze della difesa.

L’Accoglimento Parziale: La Violazione della Proporzionalità

Il cuore della sentenza risiede nell’accoglimento del motivo relativo alla violazione del principio di proporzionalità. La Corte ha riconosciuto il periculum in mora, evidenziando come anche operazioni apparentemente lecite (come la stipula di contratti di affitto di terreni) potessero essere prodromiche a nuove richieste di contributi illeciti, confermando così un concreto pericolo di reiterazione.

Tuttavia, ha censurato la decisione del Tribunale per la sua radicalità. Il sequestro di tutti i beni, senza alcuna distinzione o motivazione specifica sulla necessità di un blocco così totale, è stato giudicato sproporzionato.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale, sancito sia a livello nazionale (art. 275 c.p.p.) che sovranazionale (diritto dell’Unione Europea e CEDU): ogni misura cautelare deve trovare un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco. Il vincolo imposto non deve comportare restrizioni più incisive di quelle strettamente funzionali a tutelare le esigenze cautelari.

Nel caso di specie, l’obiettivo era impedire ‘nuove occasioni di reato’. Tuttavia, il Tribunale non ha spiegato perché, per raggiungere tale scopo, fosse indispensabile sequestrare i conti correnti e ogni altra componente patrimoniale, anziché modulare il vincolo in modo meno invasivo. La misura, così come disposta, si è tradotta in un ‘eccessivo sacrificio dei diritti fondamentali della parte’, eccedendo quanto strettamente necessario.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rappresenta un importante monito per l’autorità giudiziaria. Se da un lato si conferma la possibilità di sequestrare un’intera azienda qualora essa funga da strumento per il crimine, dall’altro si impone al giudice di motivare in modo puntuale e rigoroso la proporzionalità della misura adottata. Non è sufficiente affermare la necessità di inibire l’attività d’impresa; è obbligatorio spiegare perché un vincolo totale e indiscriminato sia l’unica via percorribile, escludendo soluzioni meno afflittive ma ugualmente efficaci. La decisione, pertanto, annulla l’ordinanza e rinvia il caso al Tribunale per un nuovo esame che tenga conto del principio di proporzionalità.

Quando un sequestro preventivo viola il principio di proporzionalità?
Secondo la sentenza, un sequestro preventivo viola il principio di proporzionalità quando impone restrizioni ai diritti fondamentali (come proprietà e iniziativa economica) eccessive rispetto all’obiettivo cautelare. Un sequestro di tutti i beni aziendali, senza spiegare perché misure meno invasive non siano sufficienti, è considerato sproporzionato.

È possibile sequestrare un’intera società se è considerata uno strumento per commettere un reato?
Sì, la Corte conferma che un’intera impresa può essere oggetto di sequestro preventivo se è qualificata come ‘bene strumentale’, ovvero lo strumento utilizzato per commettere il reato, a prescindere dalle norme sulla responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/2001).

La continuazione dell’attività di un’azienda, anche con atti di per sé leciti, può giustificare un sequestro preventivo?
Sì. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che operazioni lecite come la stipula di contratti di affitto di terreni potessero essere considerate attività prodromiche a nuove richieste di contributi illeciti, giustificando così la sussistenza di un concreto pericolo di reiterazione del reato (periculum in mora).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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