Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2836 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2836 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza emessa il 21/03/2024 dal Tribunale di Messina;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni dell’Avv.ta NOME COGNOME difensore di fiducia dalla socie ricorrente, che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Messina, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, ha disposto il sequestro preventivo ímpeditivo della società agricola semplice RAGIONE_SOCIALE, nonché dei conti correnti ad essa intestati, dei beni aziendali, delle quote di partecipazione e di ogni altra componente patrimoniale ad essa riconducibile.
La Società RAGIONE_SOCIALE, insieme ad altre, sarebbe stata uno strumento finalizzato al reimpiego di titoli “tossici” conseguiti attraverso la consumazione di plurimi reati GLYPH v truffa: i titoli costituirebbero il prodotto del delitto di truffa
In particolare, nell’ambito del presente procedimento è stata disposta la misura cautelare interdittiva, ex art. 290 cod. proc. pen., del divieto di esercitare atti imprenditoriale nei riguardi di COGNOME NOME Maurizio, legale rappresentante della società ricorrente, in relazione al reato di cui all’art. 648 ter cod. pen., per a questi acquistato e utilizzato, nella qualità indicata, novantaquattro titoli Agea riten tossici in quanto ottenuti tramite truffe aggravate ai danni della stessa Agenzia.
La domanda cautelare reale era stata rigettata sul presupposto che la società in questione non fosse ancora operativa; il Tribunale, a seguito della produzione del Pubblico Ministero, ha ritenuto ancora in essere la società e disposto il sequestro.
Ha proposto ricorso per cassazione la società articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce, violazione di legge e vizio di motivazione.
Si premette che con una memoria depositata nel giudizio di appello cautelare si era segnalata la inammissibilità della impugnazione del Pubblico ministero perché non sarebbe stata presente in essa una domanda cautelare relativa all’illecito amministrativo contestato alla società ricorrente per il reato in esame.
La domanda sarebbe stata infatti limitata, ai sensi del d. Igs. n. 231 del 2001, al solo delitto di truffa e il Tribunale avrebbe erroneamente rigettato la questione ritenendo che la domanda fosse estesa anche al reato presupposto per cui si procede.
Assume invece il difensore che: a) l’appello del Pubblico Ministero era stato presentato in relazione al capo 52 e all’illecito amministrativo di cui agli artt. 24 te octies d. Igs n.231 del 2001 e non anche, come erroneamente affermato dal Tribunale, per il capo 44; l’appello, si argomenta, sarebbe stato presentato nei confronti della società e non con riguardo alla incolpazione provvisoria relativa al reato di cui all’ar 648 ter cod. pen. nei riguardi del legale rappresentante (si riporta uno stralcio dell richiesta cautelare).
Sotto altro profilo, l’ordinanza sarebbe viziata per avere il Tribunale omesso di motivare quanto alla sussistenza del fumus dell’illecito amministrativo ascritto all’ente, essendo stato il provvedimento “costruito” solo con riguardo al reato presupposto contestato al legale rappresentante (in tal senso si richiama giurisprudenza sul tema e si sottolinea come l’illecito dell’ente non coincida con il reato presupposto).
2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge; il tema attiene al periculum in mora.
Il Tribunale avrebbe affermato che la società negli anni 2022- 2024 sarebbe stata interessata dai contratti di affitto di fondi rustici chiaramente prodromici a richiede ulteriori “aiuti”; dunque, si argomenta, la presenza di contratti leciti di affitto sar stata erroneamente ritenutiQ,indicati’k di perdurante attività di impresa e di nuove occasioni di reato.
Si assume invece che la società si occuperebbe di allevamento di bovini e che, quindi, i contratti di affitto sarebbero indispensabili per il conseguimento dell’oggetto social né risulterebbe che i titoli Agea nel periodo indicato sarebbero stati utilizzati per domande di contributi.
Dunque, dal provvedimento impugnato non sarebbe evincibile nè il periculum in mora, richiesto anche ai fini del d.lgs. 231 del 2001, e neppure il carattere strumentale dell’azienda rispetto al pericolo di commissione di nuovi reati.
Sotto altro profilo si deduce la violazione del principio di proporzionalità, non essendo stato spiegato perchè sarebbe indispensabile l’imposizione del vincolo su tutti i beni indicati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato limitatamente al secondo motivo di ricorso e, in particolare, alla violazione del principio di proporzionalità.
Il primo motivo è inammissibile avendo il Tribunale spiegato in punto di fatto come il sequestro preventivo per cui si procede non abbia come presupposto l’illecito da reato dell’ente, e quindi la disciplina prevista dal d. Igs n. 231 del 2001, quant piuttosto, l’essere l’impresa un bene strumentale alla realizzazione del reato previsto dall’art. 648 ter cod. pen. contestato in via provvisoria al legale rappresentante dell società ricorrente all’epoca dei fatti, COGNOME Antonio Maurizio.
Si tratta, secondo l’impianto accusatorio descritto con precisione nella ordinanza impugnata, di una impresa – schermo finalizzata a consentire il “ricambio” dei titoli derivanti dalle truffe commesse – attraverso il successivo acquisto o affitto di fondi i relazione ai quali venivano successivamente presentate nuove richieste di sovvenzione.
Sul punto nulla di specifico è stato dedotto, essendosi la ricorrente limitata riproporre le stesse questioni, adeguatamente valutate dal Tribunale.
3. Il secondo motivo è solo in parte fondato.
Si tratta infatti di un motivo inammissibile nella parte relativa al periculum in mora, avendo anche in tal caso il Tribunale spiegato, diversamente dagli assunti difensivi, come la società ricorrente abbia continuato ad operare anche negli anni 2022- 2024 e a compiere, attraverso l’uso dei titoli di provenienza illecita, operazioni finalizz all’acquisto di fondi rustici o all’affitto di terreni prodromiche a richiedere ult contributi.
Sul punto il motivo di ricorso è strutturalmente generico, essendosi la società ricorrente limitata a negare, senza tuttavia addurre alcunchè di specifico, che le
operazioni compiute negli anni 2022- 2024 siano, diversamente dalle altre, slegate dall’attività illecita.
Dunque un concreto pericolo di reiterazione dell’attività criminosa.
È invece fondato il motivo di ricorso relativamente alla violazione del principio di proporzionalità.
In tema di sequestro preventivo il canone di proporzionalità, sancito, anche in riferimento alle misure cautelari reali, dell’art. 275 cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. n. 29687 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276979; Sez. 3., n. 21271 del 07/05/2014, COGNOME, Rv. 261509 -01) e, a livello sovranazionale, dal diritto dell’Unione (art. 5, par. 3 e 4, TUE, art. 49, par. 3, e art. 52, par. 1, della Carta dei diritti fondamental dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come interpretata dalla Corte Edu, assolve «ad una funzione strumentale per un’adeguata tutela dei diritti individuali in ambito processuale penale, e ad una funzione finalistica, come parametro per verificare la giustizia della soluzione presa nel caso concreto» (ex plurimis, Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, COGNOME, Rv. 279949 – 02; Sez. 4, n. 29956 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 279716 – 01; Sez. 6, n. 9776 del 12/02/2020, Morfù, non massimata).
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, del resto, hanno in più occasioni affermato che «ogni misura cautelare, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco (Corte Edu 13 ottobre 2015, RAGIONE_SOCIALE» (così testualmente Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548, in motivazione).
Il principio di proporzionalità, peraltro, non opera esclusivamente quale limite alla discrezionalità giudiziale nella fase genetica della misura cautelare, ma impone al giudice, lungo tutta la fase della sua efficacia, di graduare e modellare il contenuto del vincolo imposto, anche in relazione alle sopravvenienze che possono intervenire, affinché lo stesso non comporti restrizioni più incisive dei diritti fondamentali rispetto quelli strettamente funzionali a tutelare le esigenze cautelari da soddisfare nel caso di specie.
Con riferimento al sequestro preventivo il canone di proporzionalità impone al giudice di modulare il vincolo in modo che lo stesso, pur conforme agli scopi previsti dal legislatore, non determini un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica dell’ente attinto dal vincolo reale, eccedendo quanto strettamente necessario rispetto al fine perseguito.
La legittima finalità di garantire l’effettività della decisione assunta all’esito giudizio di merito non deve infatti eccedere quanto strettamente necessario rispetto al fine perseguito e deve, dunque, essere realizzata in forme che si rivelino adeguate alla
tutela di altri diritti di rilievo costituzionale meritevoli di protezione e il cui eserciz pregiudichi le esigenze cautelari perseguite.
Il giudice, dunque, all’atto dell’adozione della misura cautelare reale e nella sua successiva dinamica esecutiva, deve evitare che il vincolo reale, eccedendo le proprie finalità ed esorbitando dall’alveo dei propri effetti tipici, si risolva in una sostanz eccessivo sacrificio dei diritti fondamentali della parte.
5. Il Tribunale di Messina non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati.
Non è chiaro infatti perché, a fronte della necessità di inibire l’attività di impresa del società al fine di impedire “nuove occasioni di reato” (così l’ordinanza impugnata a pag. 5), sia stato ritenuto necessario e conforme al principio di proporzionalità – nel senso appena declinato- sequestrare i conti correnti e ogni altra componente patrimoniale riferibile alla stessa società, della quale, peraltro, non iato sapere alcunchè
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata sul punto per nuovo esame.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Messina competente ex art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma GLYPH ottobre 2024
Il Consigliere – ” stensore
Il Pre,sidente