Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27582 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27582 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo nei confronti di:
COGNOME NOME nato a Bergamo il 17/01/1969
avverso l’ordinanza del 20/12/2024 del Tribunale di Bergamo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette: la requisitoria scritta presentata dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; l memoria presentata dall’avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse di NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 dicembre 2024 il Tribunale di Bergamo, a seguito del riesame proposto ex art. 324 cod. proc. pen., ha annullato il decreto in data 21 novembre 2024 con il quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bergamo aveva disposto il sequestro finalizzato alla confisca del profitto dell’importo di euro 870.000 nei confronti d NOME COGNOME in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione.
Avverso il provvedimento collegiale il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo ha proposto ricorso per cassazione, articolando un unico motivo (di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) con il quale dedotto la violazione della legge penale.
In particolare, il Tribunale, pur riconoscendo – nell’ottica propria della cautela – la natu distrattiva dell’operazione (intercorsa tra la fallita RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE) in rel alla quale era stato ritenuto il fumus commissi delicti:
ha escluso la sequestrabilità della somma, in quanto il denaro frutto di operazioni distrattive non apparterebbe all’autore di esse (che ne conseguirebbe una disponibilità precaria e di mero fatto poiché sarebbe esposto alle legittime pretese restitutorie di chi ha subito l distrazione, ossia l’impresa fallita tramite il curatore); in tal modo, avrebbe violato l’art cod. pen. non tenendo conto, peraltro, della fungibilità del denaro e non considerando i princìpi posti dalla consolidata giurisprudenza a proposito dell’«appartenenza» dei beni da sequestrare e confiscare, nozione ben più ampia della proprietà (tanto che la somma è stata rinvenuta nella disponibilità dell’indagato e non vi era alcuna questione sul punto);
ha soggiunto che – a ritenere diversamente – l’autore del reato, in caso di condanna, sarebbe «potenzialmente esposto alla confisca di una somma di denaro pari al profitto dell’illecito in favore dello Stato – che vedrebbe accresciuto il proprio patrimonio a discapi della persona offesa – e alla concorrente pretesa restitutoria della persona offesa «con la conseguenza che tale specifico rimedio ablativo» non costituirebbe più una misura di sicurezza ma si trasformerebbe in una «confisca sanzione»; dunque, avrebbe reso argomentazioni non convincenti, fondate sulle eventuali strategie difensive della curatela;
in maniera contraddittoria non avrebbe disposto la restituzione delle somme alla società fallita;
infine, avrebbe reso una motivazione apparente sulle ragioni per cui non sarebbe sufficiente ad attribuire «natura fittizia alla RAGIONE_SOCIALE» il fatto che essa fosse partecipata solo COGNOME e da lui amministrata (occorrendo ulteriori elementi di prova), tenuto conto delle argomentazioni spese al riguardo dal G.i.p. e degli elementi acquisiti (che il ricorso h esposto).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito esposti.
1. È utile premettere che ai sensi dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., avverso le ordinanze in tema di misure cautelari reali – ivi comprese quelle emesse a seguito di riesame ex art. 324 cod. proc. pen. – il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge. In tale novero non rientrano le censure alla motivazione, salvi i casi di motivazione inesistente o apparente, che rilevano sub specie dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in forza della sanzione di nullità posta dall’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 3, n 37451 del 11/04/2017, Gazza, Rv. 270543 – 01), e che ricorrono in presenza di vizi «così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01) e, segnatamente, quando l’argomentazione a sostegno della decisione sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, «cioè in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata si soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente» (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014 – dep. 2015, Rv. 263100 – 01; Sez. 3, n. 11292 del 13/02/2002, Salerno, Rv. 221437 – 01) e, pertanto, «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, dep 1994, COGNOME, Rv. 196361 – 01; cfr. pure Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244). Al di fuori di dette ipotesi, il sindacato della motivazione è consentito nei termi previsti dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e non può essere utilmente dedotto in relazione alle ordinanze cautelari reali.
2. Il G.i.p. ha disposto il sequestro funzionale alla confisca diretta (artt. 240, comma 1 e 321, comma 2, cod. proc. pen.) della somma di euro 870.000 nei confronti di NOME COGNOME, in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione. L’operazione rispetto alla quale è stato ravvisato il fumus commissi delicti è intercorsa tra la fallita RAGIONE_SOCIALE (di cui il COGNOME era all’epoca legale rappresentante) e la RAGIONE_SOCIALE (di cui lo stes COGNOME era divenuto socio unico): secondo la ricostruzione compiuta anche dal Collegio del riesame, non oggetto di censura, la prima società avrebbe destinato l’importo sopra indicato (ottenuto tramite un finanziamento bancario) alla seconda, perché questa onorasse un debito (garantito dalla prima) e tale debito non sarebbe stato onorato (neppure dalla RAGIONE_SOCIALE che, quale garante, avrebbe potuto destinare la somma direttamente al creditore); il che – nell’ottica indiziaria propria della cautela – si era risolto unicamente, per quanto qui interessa, n depauperamento del patrimonio della prima società.
Il Tribunale ha ribadito la sussistenza del fumus. Nondimeno, ha ritenuto che la somma, in effetti rinvenuta nella disponibilità del COGNOME (come si trae dallo stesso iter dell’ordinanza impugnata) e di cui non ha affatto escluso la derivazione dall’illecito, non fosse passibile d sequestro finalizzato alla confisca. Tale conclusione è stata resa in violazione di legge.
L’argomento a sostegno dell’annullamento del decreto di sequestro preventivo si fonda, anzitutto, sul fatto che il profitto del reato – la cui sussistenza, come anticipato, non è s negata dal Collegio di seconda istanza apparterebbe alla società fallita (dal cui compendio aziendale è stato sottratto) e, dunque, esso non potrebbe essere appresso ove rinvenuto nella disponibilità di chi, sia pure nella prospettiva indiziaria che qui importa, lo ha conseguito: e poiché quest’ultimo ne avrebbe «una disponibilità precaria e di mero fatto risultando esposto alle legittime pretese restitutorie» della società alla quale l’ha sottratto; ed anzi, nel caso di successiva sentenza di condanna, sarebbe potenzialmente esposto alla pretesa ablativa dello Stato e alla detta restitutoria, il che attribuirebbe all’ablazione non più la natura di «misura sicurezza» ma di «confisca sanzione» (cfr. ordinanza impugnata).
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità, nell’individuare i beni che possono essere oggetto di sequestro preventivo (sia esso impeditivo, cfr. art. 321, comma 1, cod. proc. pen., o finalizzato alla confisca, cfr. art. 321, comma 2, cit.) ha considerato centrale la nozione «disponibilità», cui ha ricondotto, «al pari di quella civilistica del possesso», «una relazio effettuale con il bene, connotata dall’esercizio di poteri di fatto corrispondenti al dir proprietà” che «coincide con la signoria di fatto sulla res, indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato, riguardo al quale il richiamo più appropriato sembra essere quello riferito al possesso nella definizione che ne dà il disposto di cui all’art. 1140 cod. civ., senza sia necessario «che i beni siano nella formale titolarità del soggetto indagato o condannato», poiché «è necessario e sufficiente che egli eserciti un potere di fatto sui medesimi» e che «ben può essere esercitato direttamente o a mezzo di altri soggetti, che a loro volta possono detenere la cosa nel proprio interesse (detenzione qualificata) o nell’interesse altrui (detenzione non qualificata)»: tanto che «la nozione di disponibilità non può essere limitata alla mera presenza di una relazione naturalistica o di fatto con il bene, ma va estesa a tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricada nella sfera degli interessi econo del prevenuto, ancorché il medesimo eserciti il proprio potere su di esso per il tramite di alt soggetti» (cfr. per tutte, già, Sez. 6, n. 18766 del 18/02/2014, Giacchetto, Rv. 259131 – 01; Sez. 2, n. 22153 del 22/02/2013, Ucci, Rv. 255950 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Come esposto, il Tribunale ha negato l’appartenenza (volendo, deve ritenersi, riferirsi all’effettiva titolarità) della somma al COGNOME, quantunque egli sia risultato avere la dire disponibilità della giacenza all’atto dell’apposizione del vincolo, sol perché egli sarebbe esposto alla pretesa restitutoria, che peraltro non risulta ancora avanzata della società in fallimento né innanzi al giudice penale (non constando che sia stato instaurato il giudizio penale, con il conseguente esercizio in esso dell’azione civile) né (in mancanza di indicazioni nel provvedimento impugnato) aliunde, e dunque del tutto ipotetica; e che in alcun modo potrebbe costituire una ragione alla base dell’annullamento del sequestro. Difatti, vero è che, ai sensi dell’art. 104 -bis, 1 -sexies, d att. cod. proc. pen., «in tutti i casi di sequestro preventivo e confisca restano comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e risarcimento del danno»; e, tuttavia, il Legislatore – con tale norma – non ha inteso in alcu modo impedire ex se l’apposizione della cautela, a fortiori allorché la pretesa civile non sia stata esercitata.
Tanto meno l’annullamento del decreto di sequestro può fondarsi sulla possibilità di richiedere e disporre, qualora ne ricorressero i presupposti, il sequestro impeditivo – asserto
che pure si legge nel provvedimento impugnato al fine di negare un «vuoto di tutela» in ragione dell’esegesi compiuta nella stessa ordinanza – per la dirimente considerazione che la passibilità
di sequestro impeditivo di un bene non osta al suo sequestro finalizzato alla confisca
(ovviamente, in presenza dei relativi presupposti).
Infine, è in effetti apparente la motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui ha comunque eslcuso che la RAGIONE_SOCIALE come esposto, società che ha ricevuto dalla
fallita RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE la somma in relazione alla quale sussiste il fumus
della distrazione – sia un soggetto fittiziamente interposto dal COGNOME nell’operazione
de qua, negando
assertivamente la capacità dimostrativa, sempre nell’ottica indiziaria, della partecipazione totalitaria di essa da parte della stessa persona sottoposta a indagini (che è risultato disporre
della somma erogata alla stessa RAGIONE_SOCIALE e del suo ruolo di amministratore unico, limitandosi a rilevare la mancanza di indagini patrimoniali e della documentazione relativa al
fallimento pure della COGNOME in maniera del tutto assertiva, senza che si possa in alcun modo comprendere in che termini ha inteso attribuirvi rilevanza.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bergamo Sezione riesame.
Così deciso il 09/04/2025.