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Sequestro preventivo pertinenzialità: il vincolo basta

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di sequestro preventivo a carico dei centri elaborazione dati di un imprenditore, indagato per bancarotta fraudolenta. Il ricorrente sosteneva la mancanza di un legame tra i beni sequestrati e i reati contestati, ma la Corte ha ritenuto sufficientemente motivato il vincolo di pertinenzialità, dato che i centri dati erano stati usati per creare false fatturazioni a favore della società fallita, rendendoli così strumentali alla commissione dei reati.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo e Pertinenzialità: Quando un Bene è Strumentale al Reato?

Il principio di sequestro preventivo e la pertinenzialità del bene rispetto al reato rappresentano un caposaldo del nostro sistema processuale penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 26920 del 2024, offre un’importante occasione per approfondire questo tema. La Corte ha stabilito che, affinché un bene possa essere sequestrato, deve esistere un legame concreto e funzionale con il crimine contestato, non una mera relazione occasionale. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Bancarotta e Sequestro dei Centri Dati

Il caso trae origine da un’indagine per reati di bancarotta fraudolenta (documentale, distrattiva e per operazioni dolose) a carico dell’amministratore di una società dichiarata fallita. Nel corso delle indagini, il Pubblico Ministero ha ottenuto dal Tribunale del Riesame il sequestro preventivo di alcuni centri di elaborazione dati, gestiti dallo stesso imprenditore ma appartenenti a società formalmente distinte da quella fallita.

Secondo l’accusa, questi centri non erano estranei ai reati contestati, ma ne costituivano lo strumento operativo. L’imprenditore, infatti, avrebbe utilizzato le strutture e il personale di queste società per porre in essere le condotte illecite legate al fallimento dell’altra azienda.

Il Motivo del Ricorso: La Presunta Mancanza di Pertinenzialità

La difesa dell’imprenditore ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e un’erronea applicazione della legge penale. Il punto centrale del ricorso era la presunta assenza del requisito della pertinenzialità. In altre parole, si sosteneva che non vi fosse un collegamento stabile e diretto tra i centri elaborazione dati sequestrati e i reati di bancarotta contestati.

Secondo il ricorrente, la sua attività di amministratore della società fallita era distinta e separata da quella di gestore dei centri dati. Mancava, a suo avviso, una spiegazione logica da parte del Tribunale del Riesame sul perché e come quei beni specifici fossero serviti o fossero stati destinati a commettere i reati in questione, configurando una “strutturale scollatura” tra i beni e i crimini.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sul sequestro preventivo e la pertinenzialità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno chiarito che, per giustificare un sequestro preventivo, è necessaria una “intrinseca, specifica e strutturale strumentalità” del bene rispetto al reato. Una relazione occasionale non è sufficiente.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che il Tribunale del Riesame avesse fornito una motivazione adeguata e non manifestamente illogica. L’ordinanza impugnata aveva evidenziato, sulla base di conversazioni intercettate e analisi documentali, l’esistenza di un solido vincolo pertinenziale. Era emerso che tra la società fallita e i centri dati dell’imprenditore intercorrevano rapporti documentati da fatture false e note di addebito, oltre a giroconti bancari.

In particolare, è stato accertato che l’indagato disponeva la falsificazione di documenti avvalendosi dei propri dipendenti presso i centri elaborazione dati, concorrendo così attivamente nel reato di bancarotta fraudolenta documentale. I centri dati, quindi, non erano un elemento di sfondo, ma lo strumento attraverso cui venivano materialmente create le prove false per mascherare le operazioni distrattive. La motivazione del Tribunale, dunque, non era né mancante né priva dei requisiti minimi di coerenza, rendendo il ricorso inammissibile.

Conclusioni: L’Importanza della Motivazione nel Sequestro Preventivo

La sentenza in commento ribadisce due principi fondamentali. Primo, il sequestro preventivo e la pertinenzialità sono concetti inscindibili: il vincolo deve essere concreto e funzionale. Secondo, il controllo della Corte di Cassazione sui provvedimenti cautelari reali è un controllo di legittimità e non di merito. La Corte non può rivalutare i fatti, ma solo verificare che il giudice precedente abbia fornito una motivazione logica, coerente e non palesemente errata. In questo caso, la dimostrazione che i centri dati erano la “fucina” dei documenti falsi ha reso la motivazione del sequestro pienamente valida, giustificando il mantenimento della misura cautelare.

Cos’è il requisito della pertinenzialità in un sequestro preventivo?
È la necessità che il bene sequestrato abbia un legame intrinseco, specifico e strutturale con il reato commesso. Non è sufficiente una relazione meramente occasionale; il bene deve essere stato usato o destinato alla commissione del reato.

Perché il sequestro dei centri elaborazione dati è stato considerato legittimo in questo caso di bancarotta?
Il sequestro è stato ritenuto legittimo perché il Tribunale ha motivato adeguatamente che i centri dati non erano estranei ai reati, ma erano lo strumento utilizzato dall’indagato per falsificare fatture e documenti contabili a favore della società fallita, realizzando così la condotta di bancarotta fraudolenta documentale.

Per quali motivi si può ricorrere in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo?
Il ricorso per cassazione contro ordinanze in materia di sequestro è consentito solo per violazione di legge. Tale nozione include non solo gli errori di interpretazione o applicazione delle norme, ma anche i vizi della motivazione talmente gravi da renderla mancante, contraddittoria o manifestamente illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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