Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26920 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26920 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PONTEDERA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/10/2023 del TRIB. LIBERTA di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria a firma del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 27 ottobre 2023, il Tribunale di Firenze – Sezione Riesame -, per quanto qui di interesse, in accoglimento dell’appello presentato dal pubblico ministero ha disposto il sequestro preventivo dei centri elaborazione dati denominati “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, di c amministratore COGNOME NOME, in relazione ai delitti di bancarotta fraudolenta documentale, bancarotta fraudolenta distrattiva e bancarotta fraudolenta per operazioni dolose, da lui commessi in qualità di amministratore della società fallita “RAGIONE_SOCIALE“, e contestati ai capi 15, 16 e 17.
Avverso l’ordinanza del Tribunale per il riesame, COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un unico motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 125 e 321 cod. proc. pen.
Rappresenta che: l’indagato è «incolpato di una serie di reati integranti fatti di bancarotta fraudolenta, come concorrente esterno (consulente) ovvero per essere stato ritenuto amministratore di fatto di alcune società delle quali curava personalmente le vicende amministrative e fiscali»; secondo glli organi inquirenti, i centri elaborazioni dati sarebbero «stati destinati a commettere reati»; i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato sarebbero stati ravvisati in relazione alla sua attività di consulenza in materia di ristrutturazione aziendale nonché quale amministratore di fatto di talune società di capitali «e non anche quale amministratore unico e socio dei centri elaborazioni dati in questione».
Tanto premesso, il ricorrente contesta il provvedimento impugNOME, sostenendo che sarebbe palese la mancanza dell’indispensabile pertinenzialità tra i beni sottoposti a vincolo e i delitti contestati ai capi 15, 16 e 17. Il ricorr sostiene che non vi sarebbe alcun stabile collegamento tra tali beni e le condotte contestate all’indagato, che sono relative ad attività da lui svolte in qualità d amministratore di fatto e di diritto della società RAGIONE_SOCIALE. Vi sarebbe una «strutturale scollatura tra i ced e i reati oggetto di contestazione».
Il ricorrente lamenta l’assenza di motivazione, non avendo il Tribunale spiegato «le ragioni per le quali i beni sequestrati – ovvero i ced – servirono o furono destinati a commettere i reati in contestazione».
Il AVV_NOTAIO generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. L’unico motivo è infondato.
Va premesso che, in tema di sequestro preventivo, è necessaria la sussistenza del requisito della pertinenzialità del bene sequestrato, nel senso che il bene oggetto di sequestro preventivo deve caratterizzarsi per una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale tra la “res” ed il reato commesso (Sez. 6,
5845 del 20/01/2017, Rv. 269374).
Tanto premesso, va rilevato che, nel caso in esame, il Tribunale ha adeguatamente motivato in ordine a tale profilo, ravvisando il vincolo pertinenziale tra i centri elaborazione dati amministrati dall’indagato e i reati, relativi fallimento della società “RAGIONE_SOCIALE“, di cui questi è gravemente indiziato.
Ha posto in rilievo che tra la società “RAGIONE_SOCIALE” e i centri di elaborazione dati del COGNOME «sono stati fatti girare fatture false e soldi».
Ha riportato e analizzato le conversazioni intercettate, dalle quali risultava «evidente che tra i suddetti ced e la società fallita interc:orressero rapporti documentati da fatture e note di addebito, oltre che giroconti bancari, di cui il COGNOME disponeva la falsificazione a mezzo dei propri dipendenti, con lui concorrenti nel reato di bancarotta fraudolenta documentale» (cfr. pagine 34 e 35 dell’ordinanza).
Il Tribunale, dunque, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ha reso una motivazione adeguata, che, in ogni caso, non può certo essere definita “del tutto mancante o priva dei requisiti minimi di coerenza”.
Va, al riguardo, ribadito che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è consentito solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Rv. 285608).
Al rigetto del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 15 marzo 2024.