Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8274 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8274 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Torino il 30/8/1958
avverso l’ordinanza del 4/9/2024 del Tribunale del riesame di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che chiesto l’accoglimento del ricorso, anche con memoria
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 4/9/2024, il Tribunale del riesame di Torino rigettava richiesta presentata ex art. 324 cod. proc. pen. da NOME COGNOME così confermando il decreto di sequestro preventivo emesso il 5/6/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale con riguardo al delitto di cui 5, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, contestato al COGNOME nella qualità di l rappresentante della società sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE
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Propone ricorso per cassazione l’indagato, deducendo – con unico motivo – l’inosservanza o l’erronea applicazione degli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen., 12-bis, d. Igs. n. 74 del 2000, oltre all’omessa motivazione in punto di periculum. L’ordinanza risulterebbe viziata quanto alla necessità di anticipare l’effetto ablativo nei confronti del ricorrente, difettando la motivazione richiesta anche dalla giurisprudenza di legittimità con la nota sentenza delle Sezioni Unite “Ellade”; in particolare, i contenuti del provvedimento sarebbero sì modulati sui motivi della richiesta di riesame, ma li eluderebbero, non cogliendone il reale significato nell’ottica della valutazione del periculum (ad esempio, quanto al carattere meramente induttivo dell’accertamento compiuto sulla società). Quest’ultimo, in particolare, sarebbe stato riscontrato nel fatto che la società non avrebbe fornito gli occorrenti riscontri contabili in sede di verifica, ossia con argomento del tutto inadeguato. L’assoluta carenza di motivazione quanto al pericolo di dispersione, in capo al ricorrente, imporrebbe dunque l’annullamento dell’ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che non coinvolge il fumus boni iuris, risulta fondato.
Questa Corte ha più volte ribadito – anche nel massimo Consesso (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade) – che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’ar 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, sal restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege”.
4.1. Stabilito l’obbligo del giudice di motivare sulla sussistenza del “periculum” anche in caso di sequestro preventivo di cosa confiscabile, le Sezioni Unite hanno poi affermato che tale motivazione non potrà che riguardare il pericolo di dispersione del bene prima della definizione del giudizio, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire impraticabile. Non rileva, di conseguenza, la natura (obbligatoria o facoltativa) della confisca, né la funzione concretamente assolta dalla stessa (misura di sicurezza, sanzione, misura amministrativa). La natura “obbligatoria” della confisca non rende “obbligatorio” anche il sequestro ad essa funzionale, perché, ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., norma generale e onnicomprensiva, il giudice “può”, e quindi non “deve”, adottare la misura cautelare. Sicché, affermare che la motivazione del provvedimento di sequestro di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., dovrebbe sempre risolversi
nel dare atto della confiscabilità della cosa perché già tale caratteristica sarebbe indice di pericolosità oggettiva del bene, significa, da un lato, e in correlazione con la natura “proteiforme” della confisca, trascurare la diversità sostanziale delle ipotesi per le quali il legislatore ha previsto la confisca di beni, peraltro non sempre incentrata sulla pericolosità del bene quanto, piuttosto, in numerosi casi, espressiva, semplicemente, di intento sanzionatorio (come è, ad esempio, nei casi di confisca “per equivalente”), dall’altro, pervenire ad una non consentita sovrapposizione della misura cautelare, da una parte, e di quella definitiva, dall’altra. Il giudice, dunque, dovrà sempre indicare le ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato, anche in caso di sequestro preventivo di cosa soggetta a confisca obbligatoria.
4.2. Ne consegue che è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del “periculum”, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio.
Tanto premesso in termini generali, e costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte (tra le molte, Sez. 3, n. 46773 del 20/11/2024, COGNOME), il Collegio rileva che l’ordinanza impugnata manca di effettiva motivazione proprio con riguardo all’esigenza cautelare. Il Tribunale, infatti, ha ravvisato il citato periculum, in capo all’ente, sul solo presupposto – ripreso dal provvedimento genetico – che “la società non aveva fornito il riscontro contabile richiesto in sede di verifica”, senza dunque spendere alcuna considerazione sull’esistenza di un concreto pericolo di dispersione, né sulla richiamata necessità di anticipare l’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio. Con riguardo, poi, al Molino, effettivo destinatario del vincolo nella forma del sequestro per equivalente, l’ordinanza difetta ancora di ogni motivazione in punto di esigenza cautelare, così imponendosi ulteriormente il suo annullamento con rinvio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Torino competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2025
IlrGonsigliere estensore
Il Presidente