Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34778 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34778 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BOLLATE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/03/2024 del TRIB. LIBERIA’ di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 1° marzo 2024 il Tribunale di Milano – sezione per il riesame – ha riformato in parte il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano il 17 ottobre 2023 nei confronti di NOME COGNOME, sottoposto agli arresti domiciliari quale partecipe di una associazione finalizzata al traffico di stupefacenti per la ritenuta sussistenza di un grave quadro indiziario in relazione al quale si è formato giudicato cautelare. Il sequestro preventivo è stato disposto ai sensi degli artt. 321 cod. proc. pen. e 74, comma 7 bis, d.P.R. n. 309/90 e – per quanto rileva in questa sede – aveva ad oggetto due immobili: il primo, situato ad Arese, è pervenuto in successione all’indagato dal padre, deceduto in data 24 aprile 2023, e COGNOME ne è proprietario per 2/9; il secondo, situato a Garbagnate Milanese, è stato acquistato da COGNOME in data 16 gennaio 2004 ed egli ne è proprietario per metà essendo l’altra metà di proprietà della sua convivente NOME NOME COGNOME.
In sede di riesame, il Tribunale ha disposto la restituzione a COGNOME dell’immobile sito ad Arese rilevando che il Pubblico Ministero non ne aveva chiesto il sequestro. Il decreto del G.i.p. è stato confermato nel resto. Per quanto qui rileva, dunque, è stato mantenuto il sequestro preventivo, a fini di confisca per equivalente, sul 50% dell’abitazione sita in Garbagnate Milanese.
Contro l’ordinanza del Tribunale, il difensore di COGNOME ha proposto tempestivo ricorso deducendo violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen. e sostenendo che la sussistenza del periculum in mora sarebbe stata ritenuta sulla base di un mero sospetto e di argomentazioni congetturali, in difetto dei requisiti di concretezza e attualità che sono invece necessari per l’adozione della misura cautelare reale.
Secondo la difesa, il pericolo che il bene sia sottratto alla confisca è stato desunto dall’astratta possibilità che l’indagato ceda a terzi la propria quota, ma si tratta di argomentazione congetturale atteso che NOME si trova ristretto agli arresti domiciliari proprio in quella abitazione, della quale, dunque, deve mantenere la disponibilità per evitare il carcere.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Milano.
Il difensore del ricorrente ha depositato memoria insistendo per l’annullamento del provvedimento impugNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Con la sentenza n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che «Il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione d giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege». Il principio è stato affermato in un caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato, ma è applicabile a tutti casi di confisca obbligatoria. Come il supremo Collegio ha chiarito, l’onere di motivazione può ritenersi assolto allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato o alieNOME. Pertanto, anche quando – come nel caso di specie – il sequestro è finalizzato alla confisca di cui all’art. 74, comma 7 bis, d.P.R. n. 309/90, il giudice della cautela è tenuto a indicare le ragioni «che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablatorio rispetto alla definizione del giudizio dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca, in assenza di previsioni di segno contrario» (Sez. 3 n. 9206 del 07/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286021; Sez. 6, n. 48333 del 03/11/2022, COGNOME, Rv. 284073; Sez. 3, n. 37727 del 22/06/2022, COGNOME, Rv. 283694). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso oggetto del presente giudizio, il pericolo di dispersione del bene è stato desunto sia dalla insidiosità della condotta illecita tenuta da COGNOME (che è gravemente indiziato di aver messo le proprie competenze tecniche a disposizione di un sodalizio criminale prestando assistenza ai sodali nell’utilizzo delle utenze Sky-ecc al fine di consentire loro di comunicare riservatamente); sia dalla constatazione che il restante 50% dell’immobile sottoposto a sequestro è di proprietà della compagna dell’indagato e, per questo, non è «implausibile» (così testualmente, pag. 4 della motivazione) che egli possa cedere a lei la propria quota.
Secondo la difesa, tale affermazione sarebbe frutto di una mera congettura non essendo possibile ipotizzare la fittizia cessione a terzi della quota di un bene del quale NOME ha necessità di disporre essendovi ristretto agli arresti
domiciliari. Il Procuratore generale, nella propria requisitoria scritta ha condiviso tale considerazione e ha sostenuto che il provvedimento impugNOME ha fornito una motivazione solo apparente riguardo alla concretezza e attualità dell’esigenza cautelare, necessaria, oltre che nel caso del c.d. sequestro preventivo impeditivo, anche in caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.
Si obietta in proposito: in primo luogo, che la concretezza e attualità del pericolo di dispersione è stata non irragionevolmente desunta dalla constatazione che l’immobile oggetto di sequestro è per il 50% di proprietà della compagna dell’indagato, soggetto estraneo al reato, cui potrebbe essere agevolmente ceduta la quota di proprietà di NOME sottraendo il bene alla confisca senza perderne la disponibilità; in secondo luogo, che – come emerge dalla lettura dell’ordinanza impugnata (pag. 1) – NOME COGNOME è sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari in INDIRIZZO: una abitazione diversa da quella sottoposta a sequestro, che si trova in INDIRIZZO.
Come noto, il ricorso per Cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge. Nel caso in esame una tale violazione sarebbe ipotizzabile se, con riferimento alla sussistenza del periculum in mora, la motivazione del provvedimento impugNOME fosse caratterizzata da vizi «così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692).
Il Tribunale ha spiegato per quali ragioni, nel caso concreto, allo scopo di evitare che la confisca per equivalente possa divenire impraticabile, sia necessario procedere all’immediata apprensione dell’immobile del quale NOME è comproprietario nella misura del 50%. Ha sottolineato a tal fine che il residuo 50% dell’immobile è di proprietà della compagna dell’indagato, madre dei suoi figli, sicché il pericolo che NOME ceda la propria quota a lei o ad un terzo compiacente è concreto e attuale. Non si tratta di una motivazione apparente. A differenza di quanto sostenuto dal PG nella propria requisitoria scritta, infatti, la sussistenza del periculum in mora non è stata desunta «solo dalle connotazioni della condotta delittuosa dell’indagato», ma anche dall’identità della comproprietaria e dalla concreta situazione familiare e di vita dell’indagato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso il 10 settembre 2024
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Il Presidente