Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2152 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2152 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 15/05/1965
avverso l’ordinanza del 17/09/2024 del TRIB. RIESAME di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Napoli, in sede di riesame, rigettava il ricorso proposto dal COGNOME ricorrente contro il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 17 giugno 2024, avente ad oggetto l’immobile sito in Napoli, INDIRIZZO di proprietà di COGNOME NOME, per i reati di cui agli artt. 610 e 633 cod. pen.
Avverso la richiamata ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo di impugnazione con il quale lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. per l’inosservanza del principio della domanda cautelare in relazione agli artt. 291-321 dello stesso codice ed assenza di motivazione sulla relativa doglianza difensiva.
In particolare, il COGNOME denuncia violazione dell’art. 291 cod. proc. pen. poiché la richiesta del Pubblico Ministero, pur contenendo un generico riferimento anche al capo di imputazione provvisorio di cui all’art. 610 cod. pen., nell’indicazione dei pericula per i quali invoca la misura fa espresso riferimento solo alla condotta ex art. 633 del medesimo codice e non anche al delitto di violenza privata.
Di conseguenza il G.I.P., prendendo in considerazione anche questa ipotesi delittuosa, avrebbe violato il principio della domanda cautelare, con statuizione confermata dal Tribunale del Riesame, che si era limitato ad evidenziare che dall’istanza del Pubblico Ministero si desumeva univocamente che la richiesta era stata formulata in relazione ad entrambe le fattispecie di reato e, peraltro, la condotta di cui all’art. 610 cod. pen. era funzionale ad assicurare la permanente occupazione dell’immobile.
Donde la motivazione doveva ritenersi solo apparente atteso che non era indicato in concreto in quali parti della richiesta di sequestro preventivo essa potesse riferirsi, specie in ordine al periculum in mora, al delitto di violenza privata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso, i cui motivi sono suscettibili di valutazione unitaria, non è fondato, per le ragioni di seguito indicate.
E’ ben vero che l’applicazione delle misure cautelari, sia personali che reali, ha quale indefettibile presupposto una domanda del pubblico ministero (Sez. 6, n. 2658 del 20/12/2013, dep. 2014, COGNOME e altri, Rv. 257791 – 01; Sez. 2, n. 47257 del 20/10/2009, COGNOME, Rv. 245368 – 01).
Senonché, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, nell’istanza di sequestro si fa riferimento ad entrambi i fatti di reato e la circostanza che, di poi, sia evidenziato, nella sintesi dell’istanza medesima, che è risultata confermata l’occupazione abusiva dell’immobile da parte della persona offesa, non comporta che, per questa sola ragione, l’istanza debba essere intesa in senso restrittivo. Vieppiù in quanto detta istanza è corredata dalla documentazione attestante l’avvenuta apposizione dei lucchetti al cancello volta a perpetrare l’illecita occupazione del bene di proprietà altrui.
In questo quadro diviene irrilevante l’eventuale (in quanto non documentata all’attualità) pendenza di un altro procedimento per il medesimo fatto di cui all’art. 633 cod. pen. a carico del SICILIANO dinanzi al Giudice di pace di Napoli, essendo il sequestro preventivo giustificato, come ha affermato, con congrue argomentazioni, il Tribunale del Riesame, per la ricorrenza dei presupposti della cautela anche rispetto alla violenza privata posta in essere in danno della persona offesa con l’apposizione dei lucchetti, funzionale ad evitare che la stessa possa accedere ai beni di sua proprietà.
Invero, rispetto al delitto di cui all’art. 610 cod. pen., l’elemento della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente la persona offesa della libertà di azione e di determinazione (ex multis, Sez. 5, n. 3991 del 14/12/2022, dep. 2023, C., Rv. 283961 – 01; Sez. 5, n. 11907 del 22/01/2010, COGNOME, Rv. 246551 – 01).
E, allora, sul piano del periculum necessario ai fini dell’emanazione della misura del sequestro preventivo, è assolutamente adeguata e dunque insindacabile in questa sede di legittimità la motivazione sottesa alla decisione impugnata che, riprendendo le analoghe argomentazioni della pronuncia del GIP, ha sottolineato che il bene sequestrato è oggetto materiale del reato di violenza privata e che, dunque, ove permanesse nella disponibilità dell’indagato, questi potrebbe continuare a coartare la libera determinazione della persona offesa rendendo impossibile o almeno più difficoltoso l’esercizio delle facoltà correlate al diritto di proprietà sulla res stessa.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 dicembre 2024
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente