Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37191 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37191 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME, nata in Cina il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Poggiomarino il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/03/2025 del Tribunale di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta de Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette per l’imputato COGNOME NOME le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di annullare senza rinvio sia l’ordinanza del tribunale del riesame, sia il decreto o l’ordinanza del G.i.p., e disporre la restituzione all’avente diritto di quanto sottoposto a vincolo.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21/03/2025, il Tribunale di Firenze rigettava le richieste di riesame proposte nell’interesse degli indagati NOME COGNOME e COGNOME NOME avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e per equivalente emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze in relazione ai reati di cui agli artt. 416 cod.pen., 8 e 5 d.lgs 74/2000 per l’importo di euro 71.051.043,08.
Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati.
NOME COGNOME propone tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 125, comma 3, 321, comma 2, 309, comma 9, cod.proc.pen., 240 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine al fumus commissi delicti ed al periculum in mora.
Lamenta che il decreto di sequestro si era limitato a riprodurre integralmente il contenuto della richiesta del pubblico ministero senza compiere alcun vaglio critico o autonoma valutazione degli elementi di prova e, pertanto, era affetto da nullità insanabile ai sensi dell’art. 292 cod.proc.pen., come modificato dalla I n. 47/2015. Anche il Tribunale del riesame si era limitato a recepire acriticamente le conclusioni del Giudice per le indagini preliminari senza procedere ad una nuova valutazione degli elementi di prova e senza valutare la sussistenza dei presupposti del sequestro con riferimento ai reati associativi e tributari per i quali era stata disposta la misura.
Lamenta, poi, sotto il profilo del periculum in mora, che nè il Giudice per le indagini preliminari nè il Tribunale del riesame avevano illustrato elementi concreti dimostrativi del rischio attuale e concreto che i beni nella disponibilità della ricorrente potessero essere dispersi o sottratti prima della conclusione del giudizio.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 321, comma 2, cod.pro.cpen. e 240 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine alla possibilità di eseguire il sequestro diretto e sulla riconducibilità dei beni all’indagata.
Lamenta che il Tribunale aveva omesso di motivare, con riferimento al sequestro per equivalente disposto nei confronti della ricorrente sia in ordine alla impossibilità di eseguire il sequestro diretto, pur trattandosi di misura di carattere sussidiario, che in ordine al nesso di pertinenzialità tra i beni oggetto di sequestro ed il profitto illecito ipotizzato.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 131-ter d. 385/1993 e carenza di motivazione, lamentando che sia il decreto di sequestro che l’ordinanza impugnata si erano limitati a richiamare genericamente la condott contestata, senza chiarire quali sarebbero state le effettive condotte e le eff operazioni eseguite in violazione della normativa bancaria.
COGNOME NOME propone due motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 12 comma 3, 121, comma 3, 321, comma 2, 309, comma 9, cod.proc.pen, 240 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine al fumus commissi delicti ed al periculum in mora.
Lamenta che il decreto di sequestro aveva recepito integralmente il contenuto della richiesta del pubblico ministero ex art. 291 cod.proc.pen., senza compi alcun vaglio critico o autonoma valutazione del materiale probatorio, in violazio del disposto dell’art. 292 cod.proc.pen.; pertanto, il provvedimento genet avrebbe dovuto essere annullato dal Tribunale del riesame. Difettava, infatti doverosa autonoma valutazione degli elementi di prova e difettava la valutazion in ordine alla sussistenza dei presupposti del sequestro con riferimento ai r associativi e tributari per i quali era stata disposta la misura. Rimarca poi, profilo del periculum in mora, che la motivazione era apparente in quanto priva di elementi dimostrativi del rischio attuale e concreto che i beni nella disponibilit ricorrente potessero essere dispersi o sottratti prima della conclusione del giud
“b3t.arcalAnche il Tribunale del riesame si era limitato a recepire acriticament conclusioni del Giudice per le indagini preliminari senza procedere ad una nuov valutazione degli elementi di prova e senza valutare la sussistenza dei presuppo del sequestro con riferimento ai reati associativi e tributari per i quali er disposta la misura; in particolare, non era stato considerato che la responsabi del prevenuto era stata basata e limitata a un rapporto professionale con una s società di contabilità.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 125 comma 3, 121, comma 3, 321, comma 2, 309, comma 9, cod.proc.pen, 240 cod.pen.. e vizio di motivazione in ordine al fumus commissi delicti ed al periculum in mora nonchè omessa motivazione in ordine alla impossibilità di eseguire il sequestro diretto.
Ribadisce le doglianze mosse con il primo motivo di ricorso e lamenta che il Tribunale aveva omesso di motivare, con riferimento al sequestro per equivalente in ordine alla impossibilità di eseguire il sequestro diretto, pur trattandosi di di carattere sussidiariO.
Il Pg ha depositato requisitoria scritta; il difensore del ricorrente COGNOME NOME ha depositato memoria difensiva e conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi vanno dichiarati inammissibili, secondo le argomentazioni che seguono.
Manifestamente infondate sono le doglianze proposte con il primo motivo di entrambi i ricorsi.
Va osservato che la necessità che, anche in tema di misure cautelari reali o di limitazioni di tali libertà adottate per finalità probatorie, il provvedimento d sequestro contenga una “autonoma valutazione” degli elementi che giustificano il provvedimento restrittivo è stata riconosciuta dalle Sezioni Unite Penali della Corte di cassazione che hanno affermato il principio di diritto secondo il quale, nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma nono dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili – in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, Rv. 266789).
Va, poi, rimarcato che questa Corte ha affermato, in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, il principio, applicabile anche in tema di provvedimenti cautelari reali per identità di ratio, secondo cui la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, è osservata anche quando il giudice riporti nella propria ordinanza le acquisizioni e le considerazioni svolte dagli investigatori e dal pubblico ministero, pure mediante il rinvio per relationem al provvedimento di richiesta, purché, per ciascuna contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai fini dell’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto (Sez.3, n. 840 del 17/12/2015, dep.12/01/2016, Rv.265645; Sez.6,n.47233 del 29/10/2015, Rv.265337; Sez.6,n.45934 del 22/10/2015, Rv.265068). L’obbligo del vaglio critico delle risultanze investigative tramite un’attività ricostruttiva ed esplicativ
non implica, infatti, con riferimento all’esposizione della parte narrativa del provvedimento, la necessità di una riscrittura originale del testo della richiesta del PM (Sez.3,n.48962 del 01/12/2015, Rv.265611).
Va, quindi, ribadito che, in tema di motivazione delle ordinanze cautelari, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e degli indizi, contenuta nell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 47 del 16 aprile 2015, è osservata anche quando l’ordinanza cautelare operi un richiamo, in tutto o in parte, ad altri atti del procedimento, a condizione che il giudice, per ciascuna contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza il ricorso formule stereotipate.
Nella specie, il Collegio cautelare, nel disattendere le doglianze qui riproposte, ha fatto buon governo dei suesposti principi di diritto, evidenziando che il Giudice per le indagini preliminari aveva operato un’autonoma valutazione degli elementi raccolti dagli inquirenti, in quanto, pur avendo richiamato per larghi tratti gli elementi fattuali contenuti nella richiesta del Pm ed emersi nel corso delle indagini, aveva tuttavia eseguito autonome valutazioni sulla valenza degli elementi indiziari passati in rassegna e proceduto ad un effettivo vaglio degli elementi ritenuti decisivi. A conferma di ciò il Tribunale ha evidenziato anche che la misura cautelare era stata rigettata in relazione ad alcuni reati oggetto dell’incolpazione, ad ulteriore dimostrazione che il giudice della cautela aveva compiuto un’autonoma valutazione del materiale sottoposto alla sua cognizione.
Inoltre, le doglianze qui riproposte, presentano anche profili di genericità, come già rilevato dal Tribunale del riesame.
Questa Corte ha affermato che laddove l’eccezione di nullità sia generica e consista nel lamentare l’assenza di autonoma valutazione del G.I.P., senza indicare i passaggi del provvedimento genetico che ricalcano o richiamano la richiesta cautelare, o, senza indicare le ragioni per cui tale omissione avrebbe impedito valutazioni alternative di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate, non si rende necessario per il Tribunale fornire una motivazione più articolata, indicando in modo specifico le pagine e i passaggi in cui è dato rinvenire la detta valutazione autonoma, poiché una diversa interpretazione finirebbe con il porre a carico del Tribunale un onere motivazionale eccessivamente gravoso e ingiustificato (cfr Sez.2, n.42333 del 12/09/2019,dep.15/10/2019, Rv.278001 01).
Manifestamente infondate sono anche le doglianze relative alla motivazione espressa in ordine ai requisiti del fumus commissi delicti e del periculum in mora.
Va osservato, in premessa, che, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del Tribunale del
riesame o della Corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, Rv.215840 – 01); non è necessario, quindi, valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018,Rv.273069 – 01), con la precisazione che il Giudice deve, comunque, verificare in modo puntuale e coerente gli elementi in base ai quali desumere l’esistenza del reato astrattamente configurato, in quanto la “serietà degli indizi” costituisce presupposto per l’applicazione delle misure cautelari reali (Sez.6, n. 18183 del 23/11/2017, dep.24/04/2018, Rv.272927 – 01; Sez.5, n.3722 del 11/12/2019, dep.29/01/2020, Rv.278152 – 01).
In particolare, con riferimento all’ipotesi che qui ci occupa e, cioè, dell’emissione del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato, è stato osservato che non occorre un compendio indiziario che si configuri come grave ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen., ma è comunque necessario che il giudice valuti la sussistenza del fumus delicti in concreto, verificando in modo puntuale e coerente tutti gli elementi in base ai quali desumere l’esistenza del reato astrattamente configurato, in quanto la “serietà degli indizi” costituisce presupposto per l’applicazione delle misure cautelari reali (Sez.3, n.37851 del 04/06/2014, Rv.260945).
Nella specie, il fumus commissi delicti è stato correttamente valutato dal Tribunale, che, in aderenza alla imputazione ed alle risultanze istruttorie (attività di captazione, attività di osservazione e pedinamento, esame della documentazione amministrativo-contabile acquisita, verifiche della Guardia di Finanza,) ha rimarcato come il quadro indiziario facesse emergere l’esistenza di un progetto criminoso a livello internazionale, attuato da una associazione per delinquere, costituita da imprenditori e intermediari di origine cinese e commercialisti, finalizzata, tra l’altro, all’evasione dell’IVA e dei diritti di confi ha, quindi, richiamato il principio di diritto, secondo cui l’associazione per delinquere si caratterizza per tre fondamentali elementi, costituiti da un vincolo associativo tendenzialmente permanente, o comunque stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati, dall’indeterminatezza del programma criminoso che distingue il reato associativo dall’accordo che sorregge il concorso di persone nel reato, e dall’esistenza di una
struttura organizzativa, sia pur minima, ma idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira (Sez 2,n.16339 del 17/01/2013, Rv.255359 – 01); ha, poi, rimarcato, i seguenti elementi, dimostrativi del fumus commissi delicti: esistenza di struttura imprenditoriale organizzata, caratterizzata da stabilità temporale e gerarchia nelle funzioni; gestione sul territorio nazionale di varie società logistiche; creazione, amministrazione e gestione commerciale di numerose cartiere utilizzate per la vendita all’ingrosso ed al dettaglio dei prodotti importati di origine cinese; unità d’intenti nell’attuazione del programma delinquenziale attraverso la commissione di più delitti; ha, infine, evidenziato e valutato plurimi elementi fattuali ritenuti dimostrativi del ruolo partecipativo svolto dagli indagati nel sodalizio criminoso (pp 6,7,8) .
Il fumus commissi delicti, dunque, risulta sorretto da corretta e non apparente motivazione, in linea con i principi di diritto che regolano la materia cautelare reale.
Con riferimento al periculum in mora, il Tribunale ha evidenziato come le argomentazioni contenute nel provvedimento genetico fossero specifiche e condivisibili, emergendo dalle risultanze istruttorie plurimi e rilevanti elementi dimostrativi del pericolo di dispersione delle disponibilità finanziarie introitate per effetto delle condotte illecite (esistenza di un collaudato sistema di movimentazione e occultamento del denaro sul territorio nazionale, collegamenti con ambiti criminali internazionali, capacità di movimentare ingenti quantità di denaro anche su conti estero).
Anche l’ulteriore presupposto applicativo della misura cautelare, dunque, risulta sorretto da corretta e non apparente motivazione, in linea con il principio di diritto affermato da Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Rv. 281848, secondo cui «Il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del «periculum in mora», da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio; tale principio è applicabile nella specie, avendo chiarito questa Corte che il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablatorio rispetto alla definizione del giudizio, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca, in assenza di previsioni di segno contrario: tra le tante, con riferimento alla confisca obbligatoria tributaria (Sez. 3, n. 4920 del 23/11/2022, dep. 2023, Rv. 284313 – 01; Sez. 3, n. 25657 del 27/05/2022, non. mass).
3. Sono manifestamente infondate anche le doglianze mosse con il secondo motivo di entrambi ricorsi, peraltro formulate anche in termini generici.
Va ricordato che questa Corte ha affermato che, in tema di reati tributari, è legittimo il decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca che – come avvenuto nella specie – presenti una struttura “mista”, prevedendo, in via principale, la sottoposizione a vincolo, a titolo di sequestro diretto, del profitto dei reati conseguito dalla persona giuridica e, subordinatamente all’accertata impossibilità di esecuzione di questo, il sequestro di un valore equivalente nella disponibilità del legale rappresentante dell’ente (Sez.3, n. 46973 del 10/05/2018, Rv.274074 – 01).
Ed è stato reiteratamente affermato che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto, nei confronti dell’amministratore di una società, solo quando, all’esito di una valutazione allo stato degli atti sullo stato patrimoniale della persona giuridica, risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato nei confronti dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato (così Sez. 4, n. 10418 del 24/01/2018, Rubino, Rv. 272238; Sez. 3, n. 43816 del 01/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 271254; Sez. 3, n. 35330 del 21/06/2016, COGNOME, Rv. 267649; Sez. 3, n. 41073 del 30/09/2015, COGNOME, Rv. 265028; Sez. 3, n. 1738 del 11/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261929).
Orbene, l’impossibilità del sequestro diretto del profitto del reato (sequestro cd. diretto o in forma specifica) può essere anche solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato.
Ed è stato anche sottolineato che la fase della ricerca del profitto cd. diretto si esaurisce inevitabilmente nel periodo coincidente con la fase genetica della cautela reale ed immediatamente dopo la sua applicazione, perché il sequestro per equivalente nei confronti dell’autore del reato, e soprattutto il suo mantenimento, supera la questione della reperibilità del profitto diretto da parte della persona giuridica in quanto l’aggressione dei beni per equivalente postula l’impossibilità genetica o funzionale, quantunque in ipotesi transitoria, di ricorrere al sequestro diretto. L’impossibilità di ricorrere al sequestro in forma specifica è genetica quando, prima che sia stata esercitata l’azione cautelare e prima che sia stato disposto il sequestro per equivalente, risulta ex actis che il profitto diretto del reato non è rintracciabile presso la persona giuridica. L’impossibilità di ricorrere al sequestro in forma specifica è funzionale quando, esercitata l’azione cautelare, il pubblico ministero abbia chiesto al giudice il sequestro in forma specifica nei confronti della persona giuridica e quello per equivalente nei confronti della persona fisica imputata del reato tributario e – disposta dal giudice tanto l’una,
quanto l’altra forma di sequestro – non sia stato rintracciato presso la persona giuridica, in tutto o in parte, il profitto del reato o, comunque, risulta ex actis, sulla base di accertamenti compiuti dopo l’esercizio dell’azione cautelare e prima dell’eventuale emissione del decreto di sequestro preventivo, che presso la persona giuridica non sia rintracciabile il profitto del reato tributario commesso nell’interesse dell’ente. In ogni caso, l’onere di procedere, da parte dell’accusa, all’aggressione diretta del profitto del reato non può trasformarsi in una probatio diabolica, nel senso che per dimostrare l’impossibilità di procedere al sequestro in via diretta non devono ritenersi necessari accertamenti specifici e capillari (Cfr Sez.3, n. 40362 del 06/07/2016,Rv.268587 – 01, in motivazione).
Inoltre, è stato anche precisato che quando – come avvenuto nella specie – si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, è legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell’imputato, sul presupposto dell’impossibilità di reperire il profitto del reato nei confronti dell’ente, nel caso in cui, successivamente alla imposizione del vincolo cautelare, dallo stesso soggetto non siano indicati i beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta (Sez.3, n. 40362 del 06/07/2016, Rv. 268587 – 01; Sez.3, n. 42966 del 10/06/2015, Rv.265158 – 01) .
In definitiva le doglianze, qui riproposte, risultavano generiche e manifestamente infondate e va, quindi, richiamato il consolidato principio di diritto, in base al quale, in sede di impugnazione, il giudice non è obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili sia per genericità, sia per manifesta infondatezza (Sez.2, n.49007 del 16/09/2014, Rv.261423; Sez.3, n.53710 del 23/02/2016, Rv.268705) – come avvenuto nella specie – ovvero non risultino concedibili per il difetto di ogni presupposto che ne giustifichi la concessione od il riconoscimento (Sez.5, n.30410 del 26/05/2011, Rv.250583).
Il terzo motivo di ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
La doglianza proposta non si confronta con le argomentazioni contenute nell’ordinanza impugnata, che ha osservato che il decreto di sequestro preventivo aveva ad oggetto il profitto dei reati di associazione per delinquere e dei reati tributari.
Il motivo prospetta, dunque, deduzioni del tutto generiche, che non si confrontano specificamente con le argomentazioni svolte nella ordinanza impugnata, confronto doveroso per l’ammissibilità dell’impugnazione, ex art. 581 cod.proc.pen., perché la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso (Sez.6, n.20377 del 11/03/2009, Rv.243838; Sez.6, n.22445 del 08/05/2009, Rv.244181). Trova, dunque,
applicazione il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez.2, n.19951 del 15/05/2008, Rv.240109;Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568; Sez.2, n.11951 del 29/01/2014, Rv.259425).
Essendo i ricorsi inammissibili e, in base al disposto dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/10/2025