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Sequestro preventivo per reati tributari: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi contro un’ordinanza di sequestro preventivo per oltre 71 milioni di euro, emessa per reati di associazione per delinquere e frode fiscale. La Corte ha ribadito che, ai fini del sequestro preventivo, l’obbligo di ‘autonoma valutazione’ del giudice non impone una riscrittura degli atti, ma un vaglio critico effettivo. Ha inoltre confermato la legittimità del sequestro per equivalente nei confronti degli amministratori quando il profitto del reato non è facilmente rintracciabile nel patrimonio della società.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Reati Tributari: La Cassazione Conferma la Legittimità del Sequestro per Equivalente

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato temi cruciali in materia di misure cautelari reali, con particolare riferimento al sequestro preventivo in contesti di criminalità economica complessa. Il caso riguardava un’imponente operazione di frode fiscale e associazione per delinquere, che ha portato al sequestro di beni per un valore superiore a 71 milioni di euro. La decisione chiarisce i requisiti di motivazione per i provvedimenti del giudice e i confini tra sequestro diretto e sequestro per equivalente, offrendo importanti spunti di riflessione.

I Fatti del Caso: Associazione a Delinquere e Frode Fiscale Internazionale

L’indagine ha fatto emergere l’esistenza di un presunto sodalizio criminale, composto da imprenditori e professionisti, dedito alla commissione di reati tributari su vasta scala. L’organizzazione, secondo l’accusa, aveva messo in piedi un complesso sistema finalizzato all’evasione dell’IVA e dei dazi doganali sull’importazione di prodotti dall’estero. A fronte di questo quadro indiziario, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto un ingente sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, sia in forma diretta che per equivalente, nei confronti degli indagati.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Gli indagati hanno impugnato l’ordinanza del Tribunale del riesame, che aveva confermato il sequestro, lamentando principalmente due vizi:

1. Mancanza di autonoma valutazione: Secondo i ricorrenti, sia il G.I.P. che il Tribunale si erano limitati a recepire acriticamente le richieste della Procura, senza compiere quel vaglio critico e personale degli elementi d’accusa imposto dalla legge.
2. Illegittimità del sequestro per equivalente: Si contestava l’applicazione del sequestro per equivalente sui beni personali degli indagati senza una preventiva e adeguata motivazione sull’impossibilità di procedere con un sequestro diretto del profitto del reato presso le società coinvolte.

L’Analisi della Corte e i requisiti del sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendoli manifestamente infondati e generici. Nel farlo, ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia.

L’Obbligo di ‘Autonoma Valutazione’ del Giudice

La Corte ha chiarito che l’obbligo di ‘autonoma valutazione’, introdotto dalla riforma del 2015, non significa che il giudice debba riscrivere da zero il provvedimento. È sufficiente che dimostri di aver svolto un effettivo vaglio critico degli elementi di fatto, anche attraverso il rinvio (per relationem) agli atti di indagine. Nel caso di specie, il fatto che il G.I.P. avesse parzialmente rigettato la richiesta del PM per alcuni reati era la prova di un’analisi non meramente passiva.

Il ‘Fumus Commissi Delicti’ e il ‘Periculum in Mora’

Per disporre il sequestro preventivo, è sufficiente il cosiddetto fumus commissi delicti, ovvero l’astratta configurabilità di un reato sulla base degli elementi raccolti. Non è richiesta la gravità indiziaria necessaria per le misure cautelari personali. La Corte ha ritenuto che il quadro indiziario (associazione stabile, struttura organizzata, evasione sistematica) fosse più che sufficiente a integrare tale requisito. Anche il periculum in mora, ovvero il rischio di dispersione dei beni, è stato considerato sussistente, data l’esistenza di un collaudato sistema di movimentazione e occultamento di denaro a livello internazionale.

Le Motivazioni: La Sottile Linea tra Sequestro Diretto e per Equivalente

Il punto centrale della sentenza riguarda la legittimità del sequestro preventivo per equivalente. La Corte ha ribadito che, in caso di reati tributari commessi nell’interesse di una società, si deve prima tentare il sequestro diretto del profitto presso l’ente. Tuttavia, se questo si rivela impossibile, si può procedere con il sequestro per equivalente sui beni dell’amministratore o di chi ha agito per conto della società.
L’aspetto cruciale è la nozione di ‘impossibilità’. La Corte ha specificato che questa impossibilità può essere anche solo transitoria o funzionale. L’accusa non è tenuta a una ricerca capillare ed esaustiva dei beni della società, che si tradurrebbe in una probatio diabolica. È sufficiente che, allo stato degli atti, il profitto diretto non sia rintracciabile o aggredibile. A quel punto, l’onere di indicare beni della società su cui effettuare il sequestro diretto può di fatto trasferirsi sulla difesa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione rafforza gli strumenti a disposizione degli inquirenti nel contrasto ai reati economici complessi. Vengono confermati i seguenti principi:
1. La motivazione del giudice in materia cautelare, pur dovendo essere ‘autonoma’, non richiede formalismi eccessivi, purché sia evidente un vaglio critico.
2. Il sequestro preventivo per equivalente è uno strumento flessibile e potente, la cui applicazione non è subordinata a prove impossibili da fornire da parte della pubblica accusa.
3. Nei reati societari, la responsabilità patrimoniale degli amministratori può essere aggredita in via cautelare in modo relativamente rapido se i profitti illeciti non sono immediatamente reperibili nelle casse della società.

Quando un giudice può disporre un sequestro preventivo richiamando gli atti del Pubblico Ministero senza riscrivere le motivazioni?
Un giudice può motivare un provvedimento cautelare facendo riferimento agli atti di indagine (per relationem) a condizione che dimostri di aver svolto un effettivo e critico vaglio degli elementi di fatto per ogni contestazione e posizione, senza ricorrere a formule stereotipate. L’autonomia della valutazione deve essere sostanziale, non necessariamente formale.

In caso di reati tributari commessi da una società, è possibile procedere al sequestro preventivo per equivalente sui beni dell’amministratore?
Sì, è legittimo disporre il sequestro per equivalente sui beni dell’amministratore quando risulta impossibile eseguire il sequestro diretto del profitto del reato nei confronti della società. Questa impossibilità può essere anche solo transitoria e non richiede una ricerca preventiva, generalizzata e capillare dei beni costituenti il profitto di reato.

Cosa si intende per ‘fumus commissi delicti’ ai fini di un sequestro preventivo?
Ai fini del sequestro preventivo, il ‘fumus commissi delicti’ è la astratta sussumibilità del fatto contestato in una determinata ipotesi di reato. Non è necessaria la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, come per le misure personali, ma il giudice deve comunque verificare in modo puntuale e coerente la serietà degli indizi che fanno desumere l’esistenza del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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