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Sequestro preventivo per fondi UE: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore contro un’ordinanza di sequestro preventivo per un valore di oltre 260.000 euro. L’accusa era di aver ottenuto illecitamente fondi europei tramite false attestazioni sui requisiti fiscali e sulla qualifica di “nuovo agricoltore”. La Corte ha stabilito che il ricorso, anziché denunciare violazioni di legge, mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità per i provvedimenti cautelari. Di conseguenza, ha confermato il sequestro e condannato il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Frode sui Fondi UE: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La richiesta di fondi pubblici, specialmente a livello europeo, impone un rigido rispetto dei requisiti di legge. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un sequestro preventivo disposto nei confronti di un imprenditore agricolo accusato di aver ottenuto illecitamente contributi, fornendo false attestazioni. La decisione chiarisce i limiti invalicabili del ricorso in Cassazione avverso le misure cautelari reali, ribadendo un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale.

I Fatti del Caso: L’accusa di false attestazioni

Un imprenditore si è visto notificare un decreto di sequestro preventivo per un importo di oltre 260.000 euro, finalizzato alla confisca del profitto del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe ottenuto ingenti aiuti economici dall’Unione Europea attestando falsamente il possesso di due requisiti fondamentali:

1. Regolarità fiscale: Aver dichiarato di essere in regola con il pagamento di imposte e tasse, mentre in realtà aveva un contenzioso aperto con l’amministrazione finanziaria.
2. Qualifica di “nuovo agricoltore”: Aver dichiarato di possedere tale qualifica, riservata a chi avesse iniziato l’attività agricola solo a partire dal 2013. Dalle indagini, invece, era emerso che l’imprenditore risultava titolare di un’azienda agricola dal 1999 e aveva già percepito fondi pubblici per attività agricole in anni precedenti.

L’imprenditore aveva impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, il quale però aveva confermato il sequestro. Contro questa decisione, è stato proposto ricorso in Cassazione.

Le argomentazioni della difesa

La difesa sosteneva che le attestazioni non fossero false. Riguardo alla posizione fiscale, si evidenziava la presentazione di istanze di “rottamazione” e rateizzazione dei debiti. In merito alla qualifica di “nuovo agricoltore”, si affermava che l’attività svolta in precedenza era limitata al settore della forestazione, diverso da quello agricolo.

La Decisione della Corte di Cassazione e il sequestro preventivo

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6266/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte non è entrata nel merito delle argomentazioni difensive, ma si è fermata a un esame preliminare, rilevando un vizio insanabile nell’impostazione del ricorso stesso. La decisione si fonda sul principio, sancito dall’articolo 325 del codice di procedura penale, secondo cui il ricorso per Cassazione contro le ordinanze emesse in materia di misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, è consentito solo per violazione di legge.

Le Motivazioni: I Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte ha spiegato che la motivazione dell’ordinanza del Tribunale del Riesame non era né mancante né meramente apparente. Al contrario, il Tribunale aveva esaminato in modo puntuale e ragionato gli elementi a carico e le tesi difensive, spiegando perché queste ultime non fossero persuasive.

Il punto cruciale della sentenza risiede nella distinzione tra “violazione di legge” e “vizio di motivazione”. Il ricorrente, secondo la Cassazione, non ha lamentato una scorretta applicazione delle norme di diritto, ma ha di fatto criticato la valutazione delle prove e dei fatti compiuta dal Tribunale. In altre parole, ha chiesto alla Suprema Corte di riesaminare il merito della vicenda e di dare una lettura diversa degli elementi probatori. Questo tipo di valutazione è precluso in sede di legittimità per i provvedimenti cautelari.

Inoltre, il ricorso è stato giudicato generico, in quanto si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dal Tribunale, senza indicare specificamente le ragioni per cui la motivazione di quest’ultimo sarebbe stata errata in punto di diritto. Di conseguenza, il sequestro preventivo è stato confermato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito. In materia di misure cautelari come il sequestro preventivo, non si può chiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione dei fatti. L’appello deve concentrarsi esclusivamente sulla violazione di specifiche norme di legge da parte del giudice precedente. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della misura, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro, data la manifesta infondatezza delle doglianze.

Perché il ricorso contro il sequestro preventivo è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di denunciare una violazione di legge, contestava la valutazione dei fatti e delle prove effettuata dal Tribunale del Riesame. Questo tipo di contestazione sul merito non è consentita nel ricorso per Cassazione contro le misure cautelari.

Quali erano le principali accuse mosse all’imprenditore?
L’imprenditore era accusato di aver ottenuto illecitamente fondi europei tramite due false attestazioni: la prima, di essere in regola con i pagamenti fiscali nonostante un contenzioso in atto; la seconda, di possedere la qualifica di “nuovo agricoltore” pur avendo avviato la sua attività agricola molti anni prima del limite previsto dalla legge.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la conferma del provvedimento impugnato (in questo caso, l’ordinanza di sequestro preventivo) e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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