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Sequestro preventivo per fatture false: la decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore contro un’ordinanza di sequestro preventivo per reati fiscali. La sentenza chiarisce i requisiti di specificità dell’accusa in fase cautelare e la corretta quantificazione del profitto del reato derivante dall’uso di fatture per operazioni inesistenti.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Reati Fiscali: Quando il Ricorso è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23404/2024, si è pronunciata su un caso di sequestro preventivo disposto per reati tributari, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti di validità della misura e sui limiti dell’impugnazione. La decisione sottolinea come, in fase cautelare, non sia richiesta una descrizione analitica di ogni singolo elemento di prova, ma una chiara enunciazione dei fatti che consenta all’indagato di esercitare il proprio diritto di difesa. Analizziamo i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza Impugnata

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Napoli che aveva confermato un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta o per equivalente, nei confronti di un imprenditore e delle sue due società. Le accuse erano di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. 74/2000) e di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, D.Lgs. 74/2000).

Il sequestro riguardava ingenti somme di denaro, pari all’imposta evasa, che secondo l’accusa erano state illecitamente risparmiate grazie all’utilizzo di fatture emesse da diverse ‘società cartiere’, ovvero entità fittizie create al solo scopo di produrre documentazione fiscale falsa.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Mancanza del fumus commissi delicti: Il ricorrente lamentava una insufficiente specificità dell’accusa, sostenendo che l’ordinanza non individuava le singole fatture ritenute inesistenti né l’esatta entità dell’imposta evasa per ciascuna.
2. Motivazione contraddittoria: Una censura simile alla precedente, ma focalizzata sulla presunta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato.
3. Sproporzione del sequestro: Si contestava l’importo sequestrato, argomentando che il beneficio fiscale per chi utilizza fatture false non corrisponde all’intero valore dell’imposta, ma a una frazione minore, poiché chi emette tali fatture riceve un ‘compenso’ per il ‘servizio’.
4. Vizio procedurale: La difesa eccepiva che il reato di sottrazione fraudolenta (art. 11) non era stato menzionato nell’intestazione (epigrafe) dell’ordinanza, ma solo nella parte motivazionale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul sequestro preventivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi perché manifestamente infondati o privi di specificità.

In primo luogo, riguardo alla presunta genericità dell’accusa, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: in tema di misure cautelari, la descrizione sommaria del fatto, prevista dall’art. 292 c.p.p., non richiede un’elencazione dettagliata di ogni singolo elemento. È sufficiente che l’enunciazione dei lineamenti essenziali della contestazione permetta un’immediata conoscenza delle condotte addebitate e un pieno esercizio del diritto di difesa. Nel caso di specie, l’ordinanza indicava con precisione gli anni d’imposta, gli importi complessivi delle fatture contestate e le società emittenti, qualificate come ‘cartiere’ perché prive di qualsiasi struttura aziendale. Di conseguenza, l’indagato era perfettamente in grado di comprendere quali fossero le operazioni finite sotto la lente della magistratura.

Anche la censura relativa alla mancata indicazione del reato di cui all’art. 11 nell’epigrafe è stata respinta. La Corte ha chiarito che l’indicazione delle norme di legge violate può avvenire anche nel corpo della motivazione, essendo l’ordinanza un atto unitario. L’importante è che l’indagato sia informato degli addebiti, cosa che era puntualmente avvenuta.

Infine, l’argomento sulla sproporzione del sequestro preventivo è stato giudicato del tutto irrilevante. La Corte ha sottolineato che i reati contestati erano l’utilizzo di fatture false e la sottrazione fraudolenta, non l’emissione. Il profitto del reato per l’utilizzatore delle fatture non è un compenso o una percentuale, ma corrisponde all’intero ammontare dell’imposta che, grazie a quell’artificio contabile, non è stata versata all’erario. Pertanto, l’importo del sequestro era stato correttamente commisurato al totale del risparmio fiscale illecitamente conseguito.

Le Conclusioni: Principi di Diritto e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce alcuni principi fondamentali in materia di misure cautelari reali per reati fiscali. Anzitutto, conferma che la specificità richiesta per un’ordinanza di sequestro preventivo è meno stringente rispetto a quella di una sentenza di condanna. L’essenziale è garantire all’indagato la conoscibilità dell’accusa. In secondo luogo, evidenzia come un ricorso in Cassazione debba essere specifico e pertinente, evitando argomentazioni generiche o non attinenti alla natura del reato contestato. La decisione chiarisce in modo definitivo che il profitto confiscabile a chi utilizza fatture inesistenti è pari alla totalità dell’imposta evasa, consolidando un orientamento giurisprudenziale cruciale per il contrasto alle frodi fiscali.

In un provvedimento di sequestro preventivo, è necessario indicare analiticamente ogni singola fattura contestata?
No. Secondo la Corte di Cassazione, è sufficiente una descrizione sommaria del fatto che consenta all’indagato un pieno esercizio del diritto di difesa. Nel caso di specie, l’indicazione degli anni d’imposta, degli importi complessivi e delle società ‘cartiere’ emittenti è stata ritenuta adeguata.

Se un’imputazione di reato non è indicata nell’intestazione (epigrafe) di un’ordinanza ma solo nella parte motivazionale, l’atto è valido?
Sì. La Corte ha stabilito che la ‘descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge’ può avvenire anche mediante una specificazione nel contesto motivazionale dell’ordinanza cautelare, purché l’indagato sia messo in condizione di conoscere pienamente gli addebiti.

Come si calcola l’importo del sequestro per equivalente a carico di chi utilizza fatture false?
L’importo del sequestro corrisponde al beneficio fiscale conseguito, ovvero all’intera imposta evasa grazie all’utilizzo delle fatture per operazioni inesistenti. L’argomento secondo cui chi emette la fattura riceve solo un ‘compenso’ è irrilevante per la posizione dell’utilizzatore, che è il soggetto che beneficia del pieno risparmio d’imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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