Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23404 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23404 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/10/2023 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria presentata nell’interesse del ricorrente dall’AVV_NOTAIO, nella quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 3 ottobre 2023 e depositata il 27 ottobre 2023, il Tribunale di Napoli, pronunciando in materia di misure cautelari reali, ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Napoli, a fini di
(
confisca diretta e di confisca per equivalente nei confronti del medesimo nonché delle società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“.
Precisamente, è stato disposto: a) il sequestro a fini di confisca diretta della somma di denaro di 2.736.813,06 euro nei confronti della società “RAGIONE_SOCIALE“, o, in subordine, a fini di confisca pe equivalente, di beni nella personale disponibilità di NOME COGNOME fino a concorrenza di tale importo, per il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, con riferimento agli anni dal 2014 al 2019; b) il sequestro a fini di confisca diretta della somma di denaro di 642.695,38 euro nei confronti della società “RAGIONE_SOCIALE“, o, in subordine, a fini di confisca per equivalente, di beni nella personale disponibilità di NOME COGNOME fino a concorrenza di tale importo, per il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, con riferimento agli anni dal 2014 al 2019; c) il sequestro a fini di confisca diretta della somma di denaro di 258.281,00 euro nei confronti di NOME COGNOME, o, in subordine, a fini di confisca per equivalente, di beni nella personale disponibilità del medesimo fino a concorrenza di tale importo, per il reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi, sviluppati congiuntamente.
Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 2 e 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, 321, comma 2, cod. proc. pen. e 240 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo al fumus commissi delicti, per la mancata individuazione delle fatture ritenute inesistenti ed utilizzate nelle dichiarazioni, nonché dell’entità dell’imposta evasa
Con il secondo motivo, si denuncia motivazione contraddittoria, avendo riguardo al fumus commissi delicti, ancora per la mancata individuazione delle fatture ritenute inesistenti ed utilizzate nelle dichiarazioni, nonché dell’entit dell’imposta evasa.
Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 2 e 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, 321, comma 2, cod. proc. pen. e 240 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla sproporzione tra l’importo del sequestro ed il beneficio fiscale conseguito dall’utilizzatore delle fatture ritenute inesistenti ed utilizzate nelle dichiarazioni.
Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e 130 cod. proc. pen., avendo riguardo alla mancanza della rubrica relativa al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
Si deduce, innanzitutto, che la contestazione posta a base del decreto di sequestro è priva di sufficiente specificità, perché indica le operazioni ritenute
inesistenti facendo esclusivo riferimento al numero complessivo delle fatture emesse da ciascuna delle società ritenute “RAGIONE_SOCIALE“, senza indicare gli elementi utili ad individuare il singolo documento considerato fittizio, e perché ipotizza la retrocessione dei pagamenti ricevuti dalle predette società “RAGIONE_SOCIALE” sulla base di elementi non univoci.
Si deduce, poi, che illegittimamente l’ordinanza impugnata non indica le operazioni ritenute fittizie, facendo riferimento alle specifiche fatture, perché in tal modo impedisce alla difesa di poter opporre elementi dai quali desumere l’effettività delle transazioni, nonché di verificare gli importi asseritamente evasi.
Si deduce, ancora, che illegittimamente l’ordinanza impugnata ha ritenuto emendabile, come errore materiale, l’omessa esposizione, in rubrica, dei fatti asseritamente integranti il reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, valorizzando il contenuto narrativo del decreto di sequestro, in contrasto con l’esigenza di una chiara descrizione del fatto contestato.
Si deduce, quindi, che l’ordinanza impugnata è priva di qualunque motivazione in ordine alla proporzionalità dell’entità del sequestro rispetto al beneficio fiscale conseguito, poiché non considera che chi emette false fatture riceve un “compenso” per il suo “servizio”, ma non beneficia di risparmi di imposta.
Il difensore del ricorrente ha anche presentato memoria, in replica alla requisitoria del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la Corte di cassazione.
Nella memoria, in particolare, si approfondiscono le censure formulate nel terzo e nel quarto motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nei primi due motivi, che contestano l’affermazione di sussistenza del fumus commissi delicti, deducendo che l’ordinanza impugnata non indica né quali sono le fatture per operazioni inesistenti utilizzate nelle dichiarazioni ritenute mendaci, né l’entità dell’imposta evasa.
È utile premettere che, secondo un principio giurisprudenziale ampiamente consolidato e condiviso dal Collegio, in tema di misure cautelari, il requisito della descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate, previsto dall’art. 292, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., può dirsi soddisfatto in presenza di una sintetica e sommaria enunciazione dei lineamenti essenziali della contestazione, senza la necessità di specificare
eventuali elementi di dettaglio, quando la descrizione del fatto comporti comunque un’immediata e sicura conoscenza delle condotte addebitate, perché questa modalità espositiva consente un pieno esercizio del diritto di difesa (così, tra le tantissime, Sez. 3, n. 20003 del 10/01/202, COGNOME, Rv. 279505-01, e Sez. 6, n. 50953 del 19/09/2014, COGNOME, Rv. 261372-01).
Nella specie, come si apprende dall’ordinanza impugnata, le imputazioni provvisorie indicano con precisione, in relazione a ciascun anno di imposta, il numero e l’importo complessivo delle fatture per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti utilizzate dalle società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, nonché le società che hanno emesso le fatture ritenute mendaci. Nel corpo del provvedimento, inoltre, si rappresenta che, nell’ordinanza genetica, le fatture in contestazione: a) sono state ritenute mendaci perché emesse da società che non solo non avevano mai presentato dichiarazioni fiscali, ma erano risultate sprovviste di qualunque bene strumentale, di locali per esercitare l’attività di impresa, di personale dipendente e di scritture contabili; b) corrispondono alla totalità delle fatture emesse dalle società indicate nelle contestazioni provvisorie, in quanto queste ultime sono ritenute mere “RAGIONE_SOCIALE“; c) sono tutte annotate nelle scritture contabili delle società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, e sono state utilizzate dall’attuale ricorrente quando ha indicato gli elementi passivi nelle dichiarazioni di queste due imprese.
Da quanto segnalato, risulta evidente che nessun dubbio sussiste in ordine alla individuazione delle fatture ritenute inesistenti, e, quindi, in ordine all possibilità per l’indagato di avere piena conoscenza dei fatti a lui contestati, sin dal momento della notifica del provvedimento di sequestro.
Manifestamente infondate sono anche le censure formulate nel quarto motivo, che contestano la legittimità della contestazione del reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, deducendo che l’ordinanza impugnata non ha indicato la stessa in epigrafe, ma solo nella parte discorsiva.
In proposito, va premesso che l’ordinanza genetica ha compiutamente indicato in motivazione la condotta contestata a norma dell’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, come puntualmente evidenziato anche dal Tribunale. Ciò posto, è sufficiente rilevare che, ai fini dell’osservanza del disposto di cui all’art. 292, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., la «descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate», può avvenire mediante indicazione sintetica delle condotte contestate quando di queste sia data concreta specificazione sia nella richiesta del pubblico ministero sia nel contesto motivazionale dell’ordinanza applicativa della misura cautelare (Sez. 3, n. 25995 / del 22/07/2020, COGNOME, Rv. 279898-01).
Invero, quando delle condotte sia data concreta specificazione sia nell richiesta di applicazione di misura cautelare, sia nel contesto motivaziona dell’ordinanza del giudice, per un verso, l’indagato è informato puntualmente deg addebiti sin dal momento della applicazione della misura, atteso quanto previst dall’art. 293 cod. proc. pen., che prevede come primo adempimento esecutivo la notificazione dell’ordinanza nel suo insieme, quale provvedimento unitariamente costituito dalla descrizione sommaria del fatto e dalla esplicitazione d motivazioni addotte a sostegno del convincimento. E, sotto altro profilo, il giud della misura non si sostituisce alle determinazioni istituzionalmente riservate pubblico ministero in ordine alla individuazione del fatto per cui si procede, valuta se in relazione a questo fatto, come delineato dall’autorità giudizi requirente, sussistono i gravi indizi di colpevolezza.
Del tutto prive di specificità sono le censure enunciate nel terzo motivo che contestano la sproporzione tra l’importo oggetto di sequestro e il benefi fiscale ottenuto dall’attuale ricorrente, deducendo che chi emette false fat riceve un “compenso” per il suo “servizio”, ma non gode di risparmi di imposta.
Nella specie, infatti, i reati per i quali è stato adottato il provvedime sequestro sono quelli di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture p operazioni inesistenti e di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, no già quello di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favor della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende.
Così deciso il 14/03/2024