Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22329 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22329 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOMECOGNOME nato a NAPOLI il 10/06/1990,
COGNOME NOME nato a TRENTOLA COGNOME il 03/10/1961
avverso l’ordinanza del 15/01/2025 del TRIB. LIBERTA di Santa Maria Capua Vetere;
udita !a relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio;
uditi gli Avy.ti NOME COGNOME in difesa di NOME e NOME COGNOME, l’Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME e l’Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME che si riportano ai motivi di ricosro insistendo per il loro accoglimento.
‘tellato (iuseppe del foro di GLYPH nta kiaria (apua GLYPH tere in difesa di: 6riffo aolo insiste sui motivi del ricorso chiedendone raccoglimento.
RITENUTO IN FATTO
n
Con ordinanza del 15/01/2025 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha respinto l’istanza di riesame che era stata proposta contro il decreto (di convalida e) di sequestro preventivo adottato dal GIP in data 23/12/2024 nei confronti di NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME in relazione alle imputazioni provvisorie di falso in atto pubblico per induzione, truffa in danno di ente pubblico e realizzazione di manufatto in presenza di permessi a costruire da ritenersi illegittimi; il sequestro aveva avuto ad oggetto lo stabilimento caseario sito in territorio di Cancello Arnone facente capo alla società RAGIONE_SOCIALE e la quota di finanziamento già erogata, in favore di questa, da Invitalia;
ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME a mezzo di due difensori e con due distinti ricorsi deducendo:
2.1 l’Avv. NOME COGNOME:
2.1.1 violazione dell’art. 606, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., degli ar 125 cod. proc. pen., 640 cod. pen., 640-quater, 322-ter cod. pen., 321 cod. proc. pen.: rileva la assoluta carenza di motivazione, anche sotto il profilo grafico, circa il profilo del periculum in mora che era stato oggetto di specifica trattazione con le note depositate all’udienza camerale a contestazione delle considerazioni spese sul punto dal GIP su un requisito essenziale del sequestro finalizzato alla confisca, diretta o per equivalente; segnala la inadeguatezza del pure apodittico riferimento al pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato a fronte degli specifici rilievi articolati dalla difesa in merito alle garanzie, personali e reali, costitu tutela della restituzione del finanziamento parte del quale a fondo perduto e vincolato nell’ambito dell’attività imprenditoriale nella quale i ricorrenti avevano investito tutte le loro risorse personali;
2.1.2 violazione dell’art. 606, lett. b), c) e e) cod. proc. pen., 125 cod. proc. pen., 44 DPR 380 del 2001, 240 cod. pen. e 321 cod. proc. pen.: rileva la assoluta assenza di motivazione, anche sotto il profilo grafico, circa il profilo del periculum in mora concernente il reato urbanistico essendosi il Tribunale limitato a ribadire l’esistenza del fumus tale da imporre il mantenimento del sequestro disposto sul caseificio che, peraltro, secondo gli stessi consulenti del PM, ricade in area oggi a séguito della variante al PUC – in zona destinata ad aree produttive;
2.1.3 violazione dell’art. 606, lett. b), c) e e) cod. proc. pen., 125 cod. proc. pen., 44 DPR 380 del 2001, 322-ter, 240 cod. pen. e 321 cod. proc. pen; rileva anche l’ulteriore carenza grafica del provvedimento impugnato quanto al profilo della necessità della VINCA per il rilascio del titolo edilizio; osserva, in particolare che il Tribunale, dopo aver esplicitamente condiviso la tesi difensiva circa il
rapporto tra strumenti pianificatori di carattere generale e strumenti attuativi, ha immotivatamente escluso che i principi ivi evocati fossero applicabili al caso di specie, rendendo una motivazione elusiva sul punto dirimente ovvero sull’esistenza di un Piano Urbanistico Attuativo quale condizione sufficiente, prevista dalle NTA del PUC, per il rilascio del titolo edilizio, come ampiamente argomentato dalla difesa nella memoria difensiva cui riporta la parte saliente e da cui il provvedimento impugnato è del tutto sganciato;
2.1.4 violazione dell’art. 606, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., 125 cod. proc. pen., 44 DPR 380 del 2001, 640-quater, 322-ter, 44 CPR 380 del 2001, 240 cod. pen. e 321 cod. proc. pen; rileva che, nelle note depositate all’udienza camerale, la difesa aveva dedotto la sproporzione del sequestro adottato dal GIP sotto il profilo del blocco dell’intera attività della ditta Spinosa da riten incongruo rispetto alle contestazioni provvisorie;
2.1.5 violazione dell’art. 606, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., 125 cod. proc. pen., 640-quater, 322-ter cod. peri.. 240 cod. pen. e 321 cod. proc. pen; segnala che, stando a quanto risulta dal provvedimento del GIP, INVITALIA si sarebbe limitata a riscontrare la presenza dei requisiti autocertificati non essendo perciò configurabile il delitto di truffa ma quello di cui all’art. 316-ter cod. p che, tuttavia, come il primo, consente la confisca per equivalente del profitto e del prezzo del reato che, però, sotto entrambi i profili non è identificablie nelle somme erogate a titolo di prestito con garanzia per la sua restituzione ed impiegato in operazioni lecite e vincolate;
2.1.6 violazione dell’art. 606, lett, b), c) ed e) cod. proc. pen., 640-quater cod. pen., 44 DPR 380 del 2001, 322-ter cod. pen., 240 cod. pen. e 321 cod. proc. pen.: evidenzia una ulteriore carenza grafica del provvedimento impugnato in ordine alle deduzioni difensive articolate con le note difensive depositate per l’udienza camerale dove (alle pagg. 47-65) era stata operata una ricostruzione alternativa di cui il provvedimento impugnato non reca alcuna menzione e su cui non viene svolta alcuna valutazione;
2.2 l’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME:
2.2.1 violazione di legge e difetto assoluto di motivazione in relazione all’art. 44, lett. b) del DPR 380 del 2001; errata interpretazione delle norme amministrative di riferimento e, in particolare, delle disposizioni di cui alla legge 357/97 e successive modificazioni ed integrazioni; violazione dell’art. 10, comma terzo, della legge 152 del 2006: rileva che il punto centrale della vicenda attiene alla corretto inquadramento dell’intervento in esame che ricade in zona confinante con il sito Natura 2000 e nel quale sono presenti ed assentiti altri insediamenti
industriali di trasformazione di prodotti agricoli della stessa specie di quello di c si discute e per i quali non era mai stata richiesta o effettuata alcuna valutazione di incidenza ambientale; osserva che, prima del rilascio del PDC n. 8/20 l’UTC del Comune di Arnone aveva chiesto chiarimenti alla RAGIONE_SOCIALE in ordine alla tematica ambientale, prontamente forniti dai tecnici della società con una relazione allegata al ricorso e da cui emergeva che l’intervento rientrava nel Piano di Sviluppo Agricolo consentendo così alla PA di operare quella valutazione preventiva sugli effetti dell’opera sull’ambiente; rileva che lo stesso CT del PM si era espresso, quanto alla necessità della VINCA, in termini probabilistici e comunque svincolati dal concreto esame della procedura in questione finendo per concludere in termini di sviamento dalla corretta prassi procedurale senza spiegare tuttavia le ragioni di siffatta conclusione;
1.b sull’esistenza, in sede di adozione del P(iano)U(rbanistico)C(comunale), della procedura VIA e VAS che avrebbe dovuto rendere inutile/non necessaria la acquisizione di una VINCA relativa all’intervento de quo: segnala che il Comune di Arnone è munito di un PUC, approvato il 6 giugno 2019, con correlative VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e VIA, con valutazione preventiva delle possibili ricadute ambientali degli interventi consentiti nelle singole aree; richiama, quindi, il disposto di cui all’art. 10, comma 3, del Codice dell’Ambiente (D. Lg.vo 152 del 2006) e la giurisprudenza amministrativa che ha affermato come la valutazione operata con la VAS o con la VIA, relativa agli strumenti di programmazione del territorio, ingloba la VINCA relativa ai singoli interventi e che non avrebbe senso finendo per rimettere in discussione di volta in volte le valutazioni generali;
2.2.2 violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli artt. 476 e 640 cod. pen.: secondo l’impostazione dell’accusa, condivisa dai giudici della cautela reale, la condotta fraudolenta sarebbe consistita nel produrre ad Invitalia una falsa documentazione – redatta dalla Commissione del Comune di Castello Matese – concernente la non necessità della VINCA per l’intervento in esame che, tuttavia, non aveva avuto alcuna incidenza, tantomeno sul piano dell’induzione in errore dell’Ente, atteso che la ‘stessa RAGIONE_SOCIALE era perfettamente consapevole dell’iter della pratica in esame e delle implicazioni anche di carattere giuridico avendo convenuto, nella comunicazione del novembre del 2022, sulla interpretazione fornita da RAGIONE_SOCIALE; aggiunge che nessun elemento è stato acquisito per concludere nel senso che il parere della Commissione fu determinato da interventi o pressioni illecite per indurla esprimersi falsamente in senso positivo; segnala, ancora, come fosse stata la stessa RAGIONE_SOCIALE, nella missiva del 07/11/2022, allegata alla memoria prodotta in sede di riesame, a
rappresentare ad Invitalia, da un lato la non necessità della RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, che i lavori di realizzazione dello stabilimento erano già in stato avanzato di esecuzione, dato che non era mai stato celato alla PA;
2.2.3 violazione di legge e difetto assoluto di motivazione in relazione al peri culum in mora: segnala che il Tribunale non ha affrontato il tema proposto dalla difesa che aveva sottolineato come l’intero intervento era stato assentito sulla base di ampie garanzie di natura personale e reale (sull’immobile assentito con PDC mai revocato) in favore dell’ente erogatore del finanziamento; ribadisce, in definitiva, che l’esistenza in atti di idonee tutele del credito in favore di Invi esclude in radice, sia in capo a RAGIONE_SOCIALE che agli indagati, qualsiasi profilo di periculum;
la difesa dei COGNOME ha proposto motivi nuovi:
3.1 relativamente ai motivi di ricorso n. 1) e n. 5) del ricorso principale:
ribadisce la censura relativa alla carenza grafica di motivazione del provvedimento impugnato quanto al difetto di periculum in mora individuato nel rischio di “dispersione” delle somme del finanziamento RAGIONE_SOCIALE; richiama, a tal proposito, il contenuto delle note difensive depositate al Tribunale del Riesame di S. Maria C.V. in data 14/1/2025 con cui era stata documentata non soltanto l’esistenza di idonee garanzie reali e personali ma, anche, l’utilizzazione della quota di finanziamento per finalità coerenti con gli scopi della sua erogazione, con esclusione di ogni illecito arricchimento da parte della società; richiama, quindi, l’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, ivi compreso il recentissimo intervento delle SS.UU. “COGNOME“, e la sostanziale elusione del tema da parte dei giudici del riesame; ribadisce, peraltro, che la erogazione del finanziamento è stato l’esito di una decisione autonoma e consapevole in quanto il frutto di un’istruttoria ampia e dettagliata in cui INVITALIA ha avuto la possibilità di verificare la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dal bando e la fondatezza del argomentazioni sviluppate da RAGIONE_SOCIALE rispetto all’interpretazione resa dagli Uffici della Regione;
3.2 relativamente al motivo n. 2) del ricorso principale: richiama consolidato orientamento della giurisprudenza, secondo cui, in tema di sequestro preventivo legato a reati urbanistici o per violazione di norme paesaggistiche, il periculum non oliò essere individuato nella soia esistenza della struttura asseritamente abusiva ma occorre verificare, caso per caso, che la sua disponibilità possa ulteriormente ledere o mettere in pericolo il bene protetto dalla norma incriminatrice; segnala che, anche sotto questo distinto profilo, era stata stigmatizzata la assoluta assenza di motivazione anche dal punto vista meramente
grafico; richiama, ancora, la documentazione prodotta in sede di riesame a sostegno della perfetta legittimità dell’intervento in quanto coerente con le previsioni degli strumenti di programmazione;
3.3 relativamente ai motivi n. 2 e n. 3 del ricorso principale: richiama la sentenza n. 388 del 20/01/2025 del Consiglio di Stato che, dando continuità all’orientamento già esistente, ha confermato la legittima praticabilità della adozione di una VINCA a posteriori in quanto riferibile alla sola fase della “valutazione appropriata” e non già a quella prodromica dello “screening”, dal momento che in ragione dell’esito favorevole di quest’ultimo, sia pure successivo alla formaZione del titolo, neppure si pone un problema di COGNOME “postuma”; segnala e ribadisce l’errore in cui è incorso il consulente della Procura della Repubblica che ha sui punto replicato il malinteso valutativo commesso dai funzionari regionali sulla valenza dello studio ambientale trasmesso dalla RAGIONE_SOCIALE;
3.4 relativamente ai motivi n. 2 e n. 3 del ricorso principale: sottolinea come la regolarità della procedura seguita per il rilascio del titolo edilizio in favor di RAGIONE_SOCIALE fosse comprovata da un ulteriore equivoco interpretativo in cui è incorso il Tribunale ed ingenerato da una errata ricostruzione della normativa di riferimento da parte di uno dei funzionari della Regione Campania; richiama, a tal proposito, le dichiarazioni della dr.ssa NOME COGNOME sottolineando la interpretazione fuorviante della giurisprudenza amministrativa evocata dai funzionario e che aveva riguardo ad un caso specifico relativo alla legge regionale della Liguria, peraltro oggi emendata sul punto, con previsione di mera “annullabilità” del titolo edilizio che, come nel caso di specie, rimane pertanto valido ed efficace sino alla sua eventuale rimozione; sottolinea, ancora, come la assoluta coerenza dell’intervento con la normativa vigente dovesse importare l’assoluta irrilevanza del procedimento seguito per il rilascio dei parere da parte della Commissione dei Comune di Cancello di Arnone e della stessa iniziativa assunta da un esponente politico per consentirne la adozione;
4. in data 95.2025 la difesa ha trasmesso ulteriori motivi nuovi allegando, in particolare, la sentenza Corte della VI Sezione Penale di questa Corte, resa in data 08/05/2025, successiva alla proposizione dei “motivi nuovi”, che ha annullato senza rinvio il provvedimento di sequestro probatorio emesso nei confronti degli odierni ricorrenti e nell’ambito del procedimento penale n. 1526/2023 RG NR pendente presso la Procura della Repubblica di S. Maria C.V; sottolinea che la conseguenza diretta della decisione è l’inutiiizzabilità dei dati acquisiti dai dispositivi il cui sequestro era stato ritenuto illegittimo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, infondato.
Con provvedimento del 23/12/2024, il GIP presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva provveduto sulla richiesta del PM concernente la convalida del sequestro preventivo d’urgenza e la adozione di un autonomo decreto con cui aveva pertanto disposto “… il sequestro preventivo delle somme di denaro illecitamente percepite dalla società RAGIONE_SOCIALE a titolo di finanziamento agevolato per un totale di 3.953.976,60 euro accreditati sulla filiale di Napoli del Crédit-Agricole e, quindi, delle somme di denaro di corrispondente valore nominale nella attuale disponibilità della stessa e di COGNOME Luigi e COGNOME Paolo …; in via subordinata, ove ciò non sia possibile, il sequestro di beni e valor nella disponibilità della società RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME Luigi e COGNOME Paolo, di importo equivalente al profitto medesimo ·..”; era stato inoltre disposto “il sequestro preventivo dell’opificio industriale destinato alla trasformazione di latte e derivati per la produzione di mozzarella e latticini affini, sito nel Comune di Cancello di Arnone …”.
Le imputazioni provvisorie che avevano fondato la richiesta del PM ed il provvedimento del GIP avevano ad oggetto: al capo B), contestato a COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, il delitto di falso in atto pubblico induzione con riguardo alla adozione dei parere adottato dalla Commissione Ambientale di Castello di Matese, ritenuto ideologicamente falso in quanto frutto della falsa rappresentazione contenuta nella asseverazione a firma dei geometra COGNOME e del falso studio ambientale a firma della dr.ssa COGNOME dell’ing. COGNOME, dell’Arch. COGNOME, del dr. COGNOME e del dr. COGNOME su istigazione e preordinazione dello COGNOME e degli odierni ricorrenti in quanto soci della RAGIONE_SOCIALE; al capo C), contestato alio COGNOME ed ai due COGNOME, il delitto di truffa aggravata in danno di INVITALIA, che, nella procedura di richiesta di agevolazioni avanzata da RAGIONE_SOCIALE, e con la produzione del parere ottenuto dalla Commissione del Comune di Castello Matese, sarebbe stata indotta in errore sulla non assoggettabilità a VINCA dell’intervento da finanziare ed avrebbe perciò sottoscritto il contratto di finanziamento per euro 13.400.000 circa procedendo alla successiva erogazione di euro 2.453.176,80 a titolo di anticipazioni a fondo perduto ed euro 1.500.802,00 a titolo di finanziamento agevolato (totale 3.953.976,60) accreditati sulla filiale di Napoli della banca Crédit Agricole; al capo C), contestato ai due COGNOME, del reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), del DPR 380 del 2001, per aver realizzato lo stabilimento caseario sito in Cancello di Arnone in forza di permessi a costruire da
ritenersi nulli in quanto, tra l’altro, emessi in assenza della richiesta procedura di valutazione d’incidenza.
è allora alla luce delle imputazioni provvisorie e della considerazione della natura dei beni e dei cespiti attinti dal provvedimento cautelare che è necessario, in via preliminare, rilevare l’inammissibilità dei ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME con riguardo al sequestro dello stabilimento e della somma di denaro erogata in favore della società, in quanto preordinato alla sua confisca diretta.
Pacifico, infatti, che gli odierni ricorrenti abbiano impugnato il provvedimento del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (cfr., le procure speciali rilasciate in calce ai ricorsi) nelle rispettive qualità di soci (NOME COGNOME presidente del CdA) della società RAGIONE_SOCIALE, pacificamente proprietaria dell’opificio e destinataria del finanziamento; nessuno dei due, invero, ha speso, in questa sede, la qualità di legale rappresentante dell’ente e, pertanto, legittimato ad agire in nome e per conto della stessa società.
Va allora richiamato l’orientamento, tuttora largamente maggioritario nella giurisprudenza di questa Corte e, comunque, condiviso dal collegio, secondo cui l’indagato, che non sia anche titolare dei bene oggetto di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., può tuttavia proporre i! gravarne solo se abbia un interesse concreto ed attuale ali’impugnazione, che deve corrispondere al risultato concreto e tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (cfr., tra le altre, Sez.3, n. 16352 dell11/01/2021, COGNOME : Rv. 281098; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, Rv. 276545; Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, Rv. 271231; Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Rv. 267672; Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, Rv. 263799; nello stesso più recentemente, tra le non massírnate, Sez. 3, n. 9790 del 10/03/2025, Verduci; Sez. 2′ n. 44823 del 08/10/2025).
Più in particolare, ed in coerenza con tale principio, è stato più volte chiarito che il singolo socio non è legittimato ad impugnare i provvedimenti in materia di sequestro ‘preventivo di beni di proprietà di una società, attesa la carenza di un interesse concreto ed attuale, non vantando egli un diritto alla restituzione della cosa o di parte della somma equivalente al valore delle quote di sua proprietà, quale effetto immediato e diretto del dissequestro (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 29663 del 04/04/2019, COGNOME, Rv. 276735 – 01; conf., Sez. 6, n. 16860 del 19/03/2019, GLYPH Cuppari, GLYPH Rv. 275934 GLYPH 01; Sez. 6, n. 15933 del 08/04/2015, COGNOME, Rv. 263085 – 01, in cui la Corte ha
ribadito tale principio è legittimato anche nel caso di sequestro preventivo dei beni di una società di cui l’indagato sia socio unico di questa, ma non ne abbia – o non ne abbia più – la rappresentanza formale, poiché non è configurabile una rappresentanza di fatto dell’ente, autonomamente attributiva della legittimazione ad agire per conto di esso; cfr., da ultimo, Sez. 3, n. 34996 del 15/05/2024, COGNOME, Rv. 286910 – 01 in cui, ancora una volta, si è ribadito che, in tema di misure cautelari reali, colui che riveste la qualifica di socio di una società di persone della quale non ha la legale rappresentanza non è legittimato a chiedere la restituzione dei beni in sequestro di proprietà della stessa, non potendo far valere in giudizio situazioni che non gli appartengono).
Da queste considerazioni consegue, come accennato, l’inammissibilità dei motivi di ricorso (ovvero il secondo, il quarto ed sesto motivo del ricorso a firma dell’Avv. COGNOME ed il primo motivo del ricorso a firma dell’Avv. COGNOME come, infine, il secondo dei motivi nuovi) articolati in relazione al sequestro dell’opifici industriale (oltre che al sequestro del denaro laddove finalizzato alla confisca “direttan in quanto, pacificamente, beni di pertinenza e di proprietà della RAGIONE_SOCIALE.
NOME e NOME COGNOME tuttavia, ‘vantano un interesse giuridicamente rilevante alla rimozione del provvedimento cautelare quanto alla parte relativa al sequestro per equivalente che è stato disposto, sia pure in via subordinata, sul patrimonio degli odierni ricorrenti.
2.1 Si è peraltro affermato, a tal proposito, che l’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4 cod. proc. pen. come condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere concreto, e cioè mirare a rimuovere l’effettivo pregiudizio che la parte asserisce di aver subito con il provvedimento impugnato e che deve persistere sino al momento della decisione risultando tale solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione immediata più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente.
Ne consegue che, nel caso di impugnazione del sequestro preventivo è proprio la morfologia delle misure cautelari reali – che impongono un vincolo giuridico sul bene – a rendere indispensabile l’effetto di restituzione quale connotato essenziale ed imprescindibile dell’interesse ad impugnare, da cui la sussistenza della relazione con la cosa sottoposta a vincolo; l’interesse ad impugnare, perciò, dovendo corrispondere al risultato tipicizzato dall’ordinamento e che, come detto in precedenza, che va individuato nella restituzione del bene, postula che il bene sia sottoposto a vinr:olo reale che si assume illegittimo nella richiesta di restituzione.
Sulla scorta di tali premesse, è stato affermato che non è consentita l’attivazione del rimedio del riesame avverso il decreto di sequestro preventivo che non sia stato ancora eseguito, in quanto, in tale situazione, non è ravvisabile un interesse concreto ed attuale a proporre impugnazione (cfr., così, ad esempio, Sez. 6, n. 16535 del 26/01/2017, Habour, Rv. 269875 – 01; conf., Sez. 3, n. 17839 del 05/12/2018, Di Guida, Rv. 275598 – 01, in cui la Corte ha chiarito che l’interesse ad impugnare non può consistere nel mero fine di ottenere una pronuncia di illegittimità di un provvedimento che non ha ancora inciso nella sfera patrimoniale del ricorrente, poiché il mezzo di impugnazione è volto a rimuovere il vincolo reale e ad ottenere la restituzione della cosa sequestrata (cfr., Sez. 3, n. 13283 del 25/02/2021, Albano, Rv. 281241 – 01).
Anc.orché, nel caso in esame, non sia stata specificamente allegata l’esecuzione del sequestro in danno degli odierni ricorrenti, è dallo stesso tenore dei ricorsi che emerge come l’importo erogato da INVITALIA sia stato interamente utilizzato per la realizzazione dell’opificio tanto da rendere di fatto impraticabil una confisca “diretta” (nell’accezione ora ulteriormente chiarita dalle SS.UU. “COGNOME“) del denaro e, per contro, attivabile la confisca “per equivalente” di cui sono per l’appunto destinatari gli odierni ricorrenti.
2.2 Vagliando, allora, i motivi di ricorso direttamente riferibili alla posizione di NOME e NOME COGNOME, rileva, Pertanto, il tema della truffa in danno dell’ent erogatore dei finanziamento e, invero, solo indirettamente il profilo della legittimità dell’intervento edilizio costituito dalla realizZazione dell’opifi industriale in presenza di titoli autorizzativi rilasciati dal Comune di Cancello d Arnone in assenza della VINCA (Valutazione di incidenza ambientale) che, secondo l’impostazione della pubblica accusa, era richiesta in considerazione della collocazione dello stabilimento e la cui mancanza era tale da incidere sulla legittimità della stessa procedura autorizzativa.
Ciò in quanto la legittimità dell’intervento, dal punto di vista della sua conformità alla disciplina urbanistica ed ambientale, era la condizione esplicitamente richiesta per l’ammissione della società al contributo pubblico fornito da RAGIONE_SOCIALE
E’ appena il caso di ribadire l’orientamento di questa Corte, condiviso dal collegio, nel senso di ritenere che il giudice del riesame, nella valutazione del fumus, deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile o meno l’impostazione accusatoria, ma non può sindacare la fondatezza dell’accusa (cfr., Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME Rv. 266789-01; Sez. 2, n. 45865 del
04/10/2019, COGNOME; Sez. 6, n. 10446 del 10/01/2018, COGNOME, Rv. 272336-01; Sez. 2, n. 18951 del 17/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01; Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692-01; Sez. 1, n. 18941 del 30/01/2018, COGNOME, Rv. 269311; Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272927; Sez. 6, n. 9991 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 269311; Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, COGNOME, Rv. 265433; Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, COGNOME, Rv. 261677).
2.3 Ed è allora in quest’ottica che va richiamata la ricostruzione della vicenda che è stata operata dai giudici della cautela (cfr., pagg. 4-6 dell’ordinanza in verifica) e, invero, di fatto incontroversa nella sua dimensione fattuale, circa riter che, proprio al fine di accedere al finanziamento, aveva consentito di “validare” la legittimità dei rilascio dei permessi a costruire (PAC) del 19.12.2020 e del 19.4.2021 da parte del Comune di Cancello di Arnone per la costruzione dello stabilimento caseario, senza previa attivazione della procedura di cui al DPR 397/97 art. 5, comma terzo.
L’ordinanza in verifica ha dato conto che, in data 29/01/2020, RAGIONE_SOCIALE aveva avanzato istanza ad RAGIONE_SOCIALE per ottenere un finanziamento di 10.455.000,00 Euro subordinato, come si è accennato, alla sussistenza di tutti i necessari requisiti di compatibilità ambientale dell’intervento da finanziare; proprio per questa ragione, in data 20/01/2022, l’ente aveva chiesto alla Regione Campania – Dipartimento Tecnico Amministrativo – Valutazione Ambientale, di pronunciarsi sul punto; con note del 28/10/2022 e 04/05/2023, la Regione aveva fatto esplicitamente presente che l’intervento necessitava della Valutazione di Incidenza Ambientale pacificamente non acquisita.
Del problema che era così insorto, secondo la ricostruzione degli investigatori ripercorsa nel provvedimento del Tribunale (in coerenza con quella proposta dall’ordinanza del GIP), nel giugno del 2023 era stato investito il consigliere regionale NOME COGNOME il quale aveva prontamente convocato una riunione – dedicata ad altre questioni – prendendo spunto, tuttavia, per contattare la dr.ssa COGNOME (funzionario regionale che si era espressa nel senso suindicato) la quale, tuttavia, gli aveva ribadito la necessità della RAGIONE_SOCIALE (di II livello) con valutazione ex post perché, peraltro, lo stabilimento era stato già realizzato.
Nello mese di luglio, quindi, secondo quanto ricostruito dagli investigatori e di cui è dato puntualmente conto nel provvedimento impugnato, lo COGNOME avrebbe ottenuto, dal sindaco del Comune di Cancello di Arnone, nel cui territorio insiste lo stabilimento, la disponibilità a richiedere alla Regione la delega a provvedere sulla VINCA, previa intesa con il Comune di Castello del Matese presso
· GLYPH il quale era già stata istituita la relativa Commissione in quanto già delegato ed il cui sindaco aveva già fornito la propria disponibilità.
Si era pervenuti, perciò, il giorno 11/08/2023, all’approvazione dell’intesa con il Comune di Castello del Matese da parte del Consiglio Comunale seguita, il giorno successivo, dal correlativo provvedimento adottato dal Comune di Castello del Matese.e, pertanto, su tali premesse, in data 16.10.2023 dall’attribuzione della delega regionale.
Il 17.11.2023, pertanto, la Commissione tecnica del Comune di Castello del Matese, omessa ogni istruttoria tecnica sulla richiesta di parere avanzata dalla società RAGIONE_SOCIALE, attestava la “… non necessità di procedere alla valutazione di impatto ambientale” della RAGIONE_SOCIALE sicché, il 29/12/2023 era potuto intervenire il provvedimento finale del Responsabile dell’UTC del Comune di Cancello di Amone che, invero, corrispondeva al formulario di screening RAGIONE_SOCIALE, che non era stata in realtà mai avviata.
Da ultimo, perciò, il 27/06/2024, INVITALIA, alla luce della valutazione operata dalla Commissione Ambientale del Comune di Castello del Matese e della conforme valutazione del responsabile dell’UTC del Comune di Cancello di Arnone, aveva deliberato la concessione del finanziamento in favore della RAGIONE_SOCIALE per un ammontare di 13.400,713,84 cui era seguita la materiale erogazione della somma di seuro 2.453.176,80 a titolo di anticipazione a fondo perduto e di euro 1.500.802,80 a titolo di finanziamento agevoiato.
In definitiva, i giudici di merito, sulla scorta delle emergenze investigative, hanno potuto concludere nel senso che il rilascio del parere da parte della predetta Commissione Ambientale fosse stato il frutto di una procedura “eterodiretta” dallo COGNOME e dai COGNOME consapevoli, questi ultimi, a séguito della interlocuzione con gli uffici regionali, della necessità della VINCA per attestare la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed ambientale e, in tal modo, accedere al finanziamento richiesto; ed era stato per questa ragione che, allora, avrebbero condizionato l’operato della stessa Commissione sino a sostanzialmente predisporre il contenuto del provvedimento finale.
A sorreggere questa conclusione, i Tribunale, non incongruamente, ha richiamato gli esiti dell’attività di captazione (cfr., pag. 14 dell’ordinanza: “… di che dobbiamo scrivere e non ci sono problemi … parliamo con l’avvocato tuo e vediamo come la dobbiamo scrivere …”) sulle cui risultanze occorre, peraltro, spendere una considerazione imposta dai rilievo difensivo sollevato con i motivi nuovi trasmessi in data 09/05/2025 con cui, sulla scorta della pronuncia della VI Sezione (n. 17479 del 04/02/2025) che ha annullato, senza rinvio, sia l’ordinanza
del Tribunale del riesame che il decreto di sequestro probatorio disposto dal PM degli apparati informatici degli odierni ricorrenti, la difesa ha eccepito l inutilizzabilità dei dati e delle informazioni che fossero stati acquisiti dal l esame.
Il rilievo è generico in quanto, com’è noto, laddove venga eccepita l’inutilizzabilità di un mezzo di prova, occorre illustrare, a pena di inammissibilit per aspecificità della censura, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identi convincimento (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 39603 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287024 – 02; Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, COGNOME, Rv. 270303 – 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269218 – 01; Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014, dep. 2015, Calabrese, Rv. 262011 – 01: Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, COGNOME, Rv. 259452 – 01); il che, nel caso di specie, non è avvenuto essendosi la difesa limitata ad invocare, in maniera generica, l’inutilizzabilità dei dati tratti dagli apparati il cui sequestro era s annullato ma di cui, tuttavia, non hanno richiamato il contenuto e, in secondo luogo, la rilevanza nell’economia della motivazione del provvedimento qui impugnato.
Fatta questa precisazione, e tornando al tema principale, il Tribunale ha ben chiarito che la legittimità della procedura di rilascio dei titoli autorizzativi dunque, la conformità dell’intervento alla disciplina primaria e secondaria applicabile, era tra le condizioni richieste per accedere al contributo di INVITALIA che, tuttavia, sarebbe stata indotta in errore nel ritenerne la sussistenza per effetto della falsa rappresentazione (avallata dal parere della Commissione del Comune di Castello del Matese frutto della condotta decettiva descritta al capo B della rubrica) della non necessità di una VINCA e, pertanto, sulla perfetta correttezza e linearità della Procedura seguita.
Ai fini della verifica dei presupposti di legittimità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente legata al delitto di cui al capo C), allora, quel che rileva, per verificare gli estremi del fumus del reato, è l’induzione in errore dell’ente, determinatosi – secondo la tesi recepita dai giudici della cautela reale ad erogare il finanziamento in quanto tratto in inganno circa la sussistenza delle condizioni di legittimità dell’intervento da finanziare.
Tanto premesso, rileva il collegio che, con riferimento alla configurabilità, sul piano del fumus, dell’ipotesi delittuosa in esame, fondante il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti dei COGNOME, il
Tribunale ha congruamente e linearmente colegato le sue conclusioni alla ricostruzione della vicenda (per l’appunto relativa all’acquisizione del finanziamento RAGIONE_SOCIALE) operata in forza dei dati e degli elementi investigativi di cui ha dato esaustivo conto: ha, infatti, segnalato come, sotto il profilo del requisito – richiesto per l’accesso al contributo pubblico – della conformità dell’intervento (già in corso) alla normativa urbanistica ed ambientale, fosse emersa la criticità segnalata dagli uffici della Regione Campania che, sul punto, era stata interpellata proprio dall’ente erogatore.
Di qui, dunqUe, l’iniziativa, sollecitata dai COGNOME, di “spostare” l competenza a rilasciare il parere sulla necessità o meno della valutazione d incidenza ambientale e di cui, in tempi sorprendentemente brevi, era stata investita la Commissione già costituita presso il Comune di Castello di Arnone che, in tempi altrettanto brucianti, si era determinata in senso pienamente conforme alle aspettative degli odierni indagati che, anzi, avrebbero sostanzialmente “dettato” il tenore del provvedimento.
Ed era stato proprio sulla scorta di tale parere che l’UTC del Comune di Cancello di Arnone avrebbe rilasciato il “Documento finale” e che INVITALIA aveva potuto deliberare il finanziamento in favore della società.
I giudici del riesame non hanno trascurato il dato secondo cui l’istruttoria svolta da RAGIONE_SOCIALE aveva portato ad acquisire anche le note del Dipartimento Tecnico Amministrativo – Valutazione Ambientale della Regione Campania e, tuttavia, hanno osservato che l’ente era stato indotto a superarne i rilievi critici proprio in forza “di un parere successivo fornito da altro organo … ugualmente competente per le valutazioni di incidenza ambientale” (cfr., pag. 13 dell’ordinanza) che si assume, tuttavia, essere l’esito finale di una articolata manovra diretta a produrre un risultato positivo e, dalle emergenze investigative, frutto quantomeno di un indebito condizionamento.
Da queste premesse, dunque, il Tribunale, con argomentazione non manifestamente illogica e, comunque, con motivazione non apparente (cfr., pag. 14 dell’ordinanza), ha potuto considerare la concessione e la successiva erogazione ‘del finanziamento come la conseguenza di una condotta complessivamente decettiva tale da avere influito sulla volontà dell’ente che non si sarebbe determinato in tal senso laddove non fosse stato fornito il parere ottenuto con le modalità di cui si è detto.
In questa prospettiva, pertanto, la questione, su cui le difese hanno particolarmente insistito, relativa alla necessità o meno della VINCA, risulta solo indirettamente rilevante: si è sostenuto, invero, che, anche a ritenere che vi sia
stato un qualche “condizionamento” della volontà dell’ente, la perfetta legittimità dell’intervento alla normativa di settore sarebbe tale da escludere in radice la configurabilità del delitto di truffa.
In altri termini, se la realizzazione dell’opificio, stante la sua collocazion e, per altro verso, l’esistenza degli strumenti di programmazione già adottati e tali da “inglobare” preventivamente la valutazione di incidenza ambientale, non richiedeva la previa adozione della VINCA, lo stesso parere della Commissione Ambientale del Comune di Castello del Matese, indipendentemente dalle modalità con cui era stato acquisito, sarebbe stato sostanzialmente corretto, non avendo avuto perciò alcuna idoneità a condizionare la decisione dell’ente pubblico erogatore del finanziamento a concederlo su presupposti insussistenti ovvero frutto di una falsa ovvero “indotta” rappresentazione.
In definitiva, dunque, la difesa propone una lettura della vicenda in termini “controfattuali”, sostenendo che la legittimità che comunque – sotto il profilo che interessa – dovrebbe essere riconosciuta all’intervento finanziato renderebbe del tutto irrilevanti le premesse documentali (in particolare il parere della più volte menzionata Commissione) sulla base delle quali RAGIONE_SOCIALE si sarebbe determinata positivamente: ciò in quanto l’intervento sarebbe stato comunque perfettamente coerente con la normativa di settore che, nel caso di specie, non imponeva una specifica valutazione di incidenza ambientale.
In parte diverso è, da questo punto di vista, il profilo della legittimità di una VINCA “postuma” su cui, invero, ha insistito l’ordinanza impugnata ed è diffusamente ritornata la difesa con i motivi nuovi alla luce di recenti arresti della giurisprudenza amministrativa: osserva il collegio, infatti, che la effetti praticabilità di una valutazione di incidenza ambientale ex post non sarebbe in grado di elidere del tutto le considerazioni svolte in precedenza circa il condizionamento della volontà dell’ente erogatore del contributo sulla sua originaria non necessità.
Altro è dire che l’intervento non rendeva necessaria la VINCA e che, pertanto, quand’anche già avviato, era del tutto legittimo sul piano urbanistico e della normativa ambientale così risultando integrata la condizione per l’accesso al finanziamento; altro è sostenere la praticabilità di un VINCA “postuma” che consentisse di regolarizzare la procedura ma la cui mancanza originaria è del tutto opinabile che avrebbe consentito il riconoscimento del contributo da parte dell’ente pubblico.
Si tratta, tuttavia, di considerazioni che esulano dagli stretti limiti de sindacato consentito in questa sede implicando una serie di valutazioni fattuali (relative all’ubicazione ed alle dimensioni dell’intervento, alla natura ed al
contenuto degli strumenti di pianificazione esistenti ed alla compatibilità dell’intervento con tali strumenti, alla qualificazione delle valutazioni preventive operate dall’UTC del Comune di Cancello di Arnone come dalla Commissione competente presso il Comune di Castello Matese sulla scorta delle deduzioni dell’azienda) che non possono trovare accesso in sede di legittimità; questa impostazione, infatti, implica una complessiva rivisitazione della vicenda amministrativa che, va detto, era stata già sollecitata dalla difesa che, non a caso, aveva avanzato richiesta di incidente probatorio proprio al fine di confutare le risultanze della consulenza tecnica del PM su cui, invece, è stata ancorata la ricostruzione cui ha aderito il Tribunale.
In quest’ottica, e con riguardo a situazioni simili a quella che ci occupa, si è osservato che l’accertamento della correttezza dei procedimenti amministrativi è riservata al giudice di merito, in quanto presuppone necessariamente la verifica degli atti posti in essere dalla pubblica amministrazione, mentre il controllo di legittimità ha ad oggetto la correttezza giuridica dell’accertamento di merito sul punto; considerata, pertanto, anche la natura sommaria del giudizio cautelare, la verifica della regolarità dei procedimenti amministrativi non può essere effettuata in termini esaustivi in sede di riesame e, ancor più, in sede di legittimità, (cfr., tal senso, da ultimo, Sez. 3, n. 45587 del 14/11/2024, COGNOME, Rv. 287326 – 01; Sez. 3, n. 13075 del 08/02/2019, COGNOME, Rv. 275858 – 01, in cui la Corte ha ribadito che, in tema di reati edilizi, l’accertamento della correttezza dei procedimenti amministrativi per il rilascio dei titoli abilitativi è un giudizio di fa
Nei termini in cui si è detto, ovvero nei limiti della rilevanza “riflessa” dell questione – relativa al sostanziale rispetto della normativa urbanistica ed ambientale – sulla sussistenza del furnus del delitto di cui al capo C), si deve prendere atto che il provvedimento impugnato non è caratterizzato da profili di violazione di legge ed è, per altro verso, corredato da una motivazione certamente non apparente, che sono gli unici aspetti suscettibili di denuncia in questa sede: il ricorso per Cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è infatti consentito solo per violazione di legge, in siffatta nozione dovendosi peraltro comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione che risultino così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice . (cfr., Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, GLYPH Napoli ed altro, GLYPH Rv. 269656 – 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, NOME, Rv. 254893 01; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093 01 e, in ogni caso, già Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
fondato sulla verifica di atti della pubblica amministrazione, riservato al giud merito ed insindacabile in sede di legittimità, concernente, invece, la corret giuridica di detto accertamento; conf., Sez. 3, n. 20571 del 28/04/20 Rv. 247189 – 01, secondo cui è insindacabile in sede di legittimità la regolarit procedimenti amministrativi seguiti per il rilascio di titoli abilitativi edilizi altresì precluso alla Corte di cassazione procedere all’accertamento di event errori di fatto commessi in sede di merito nel verificare detta regola (Fattispecie in cui si contestava l’asserito errore di fatto commesso dal trib del riesame circa l’esatta qualificazione dell’area ‘ oggetto di alcuni interventi di ristrutturazione edilizia, eseguiti in base a titoli abilitativi ritenuti ill giudice del riesame).
E’ inoltre opportuno richiamare il principio, assolutamente consolidato nel giurisprudenziale di questa Corte, secondo cui, in tema di reati edilizi, l’i penalmente rilevante sussiste anche nel caso in cui il permesso di costruire, apparentemente formato, sia illegittimo per contrasto con la disciplina urbanist – edilizia di fonte normativa o risultante dalla pianificazione (cfr., Sez. 3, n del 21/09/2018, COGNOME, Rv. 275565; Sez. 3, n. 3979 del 21/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275850, massimata su altri punti; Sez. 3, n. 49687 del 07/06/201 Bruno, non massimata; conf., ancora, tra le non massimate, Sez. 4, n. 2324 d 29/11/2022, dep. 2023, COGNOME; Sez. 3, n. 39753 del 16/9/2021, COGNOME; S 3, n. 22832 del 23/04/2021, COGNOME).
Si è chiarito, infatti, che l’attività svolta dal giudice penale, in pres un titolo abilitativo edilizio illegittimo, consiste nel valutare la sus dell’elemento normativo della fattispecie e non nel disapplicare l’ amministrativo o effettuare comunque valutazioni proprie della pubblica amministrazione (cfr. anche, sul punto, in motivazione: Sez. 3, n. 50500 d 23/11/2023, COGNOME, Rv. 285625; Sez. 3, n. 3577 del 01/10/2020, dep. 2021, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 46477 del 13/07/2017, COGNOME, Rv. 273218). In sostanza, può dirsi da tempo consolidato l’orientamento secondo cui, in tema reati edilizi, il rilascio del permesso di costruire non esclude l’affermazione penale responsabilità per i reati di edificazione abusiva o di lottizzazione ab ove emerga una difformità tra la normativa urbanistica ed edilizia e l’interv realizzato, né impone l’eventuale “disapplicazione” dell’atto amministrati limitandosi il giudice ad accertare la conformità del fatto concreto alla fattis astratta descrittiva del reato, prescindendo da qualunque giudizio su detto amministrativo (Sez. 3, n. 33051 del 10/05/2017, Puglisi, Rv. 270644; Sez. 3, 36366 del 16/06/2015, COGNOME, Rv. 265034; Sez. 3, n. 21487 del 21/03/2006, COGNOME e a., Rv. 234469).
Inoltre, si è più volte affermato che in tema di reati edilizi, i giudice penale ha il potere-dovere di verificare in via incidentale la legittimità del permesso di costruire in sanatoria e la conformità delle opere agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi ed alla disciplina legislativa in materia urbanistico-edilizia senza che ciò comporti l’eventuale “disapplicazione” dell’atto amministrativo ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E, atteso che viene operata una identificazione in concreto della fattispecie con riferimento all’oggetto della tutela, da identificarsi nella salvaguardia degli usi pubblici e sociali de territorio regolati dagli strumenti urbanistici (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 46 del 13/07/2017, Rv. 273218 – 01).
5. Affatto inesistente – sia pure estremamente sintetica – è infine la motivazione dell’ordinanza del Tribunale in punto di periculum che, invero, replica alle considerazioni svolte con i motivi di riesame dove (cfr., pagg. 70-71) la difesa aveva insistito sulla circostanza secondo cui il finanziamento erogato da RAGIONE_SOCIALE era garantito da una polizza fideiussoria annualmente rinnovata e da un’ipoteca accesa su una parte della struttura sequestrata.
Il rilievo difensivo, va pur detto, era stato formulato in relazione alle argomentazioni, certamente ben più ampie e diffuse, che sul profilo del
periculum e, in particolare, sul rischio di dispersione delle somme erogate dall’ente, erano
state sviluppate nell’ordinanza genetica (cfr., pagg. 25-27) cui può farsi riferimento in virtù del principio di integrazione reciproca dei provvedimenti in caso
di conferma di quello impugnato (cfr., tra le altre, Sez. 3, n. 8669 del 15/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266765 -01; Sez. 6, n. 48649 del 06/11/2014, COGNOME,
Rv. 261085 – 01).
I giudici del riesame, dal canto loro, non hanno trascurato ed hanno preso atto dell’esistenza della garanzia sostenendo che, in ogni caso, non fosse in tal
modo escluso in radice il rischio di dispersione che ne aveva giustificato la preventiva apprensione.
Va anche rilevato che il sequestro era stato disposto, in relazione al delitto di cui al capo C), ed ai fini della confisca (anche, per quel che interessa) per
equivalente che è caratterizzata da completa autonomia rispetto al risarcimento del danno in favore della persona offesa e rispetto al quale, soltanto, può rilevare
l’esistenza di idonee garanzie (cfr., sul punto specifico, Sez. 2, n. 28921 del 09/07/2020, COGNOME, Rv. 279675 – 01; cfr., indirettamente, Sez. 6, n. 20255 del 09/04/2025).
Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delie spese processuali.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 14/05/2025
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME GLYPH