Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20664 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20664 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Portoferraio il 06/08/1971; nel procedimento a carico del medesimo: avverso la ordinanza del 11/12/2024 del tribunale del riesame di Livorno, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr.ssa NOME COGNOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore del ricorrente avv.to COGNOME NOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Livorno, adito con atto di appello nell’interesse di COGNOME NOME avverso il provvedimento del Gip dello stesso tribunale, di rigetto della richiesta di revoca del sequestro probatorio e preventivo di una porzione di un fabbricato del Puccini, in relazione alla intervenuta ritenuta realizzazione di opere edilizie abusive, accoglieva parzialmente l’appello revocando il sequestro probatorio e confermando il sequestro preventivo disposto sul predetto immobile.
Avverso la predetta ordinanza COGNOME Giacomo, mediante il proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di impugnazione.
Si rappresenta, con il primo, il vizio di violazione di legge in ordine alla sussistenza del fumus del reato edilizio e del correlato periculum in mora. Si sostiene ,che alla luce della consulenza redatta su incarico del P.M. non emergerebbero lavori abusivi come denunziati da una vicina e che avrebbero fatto scaturire le iniziative giudiziarie e che, piuttosto, residuerebbe solo, secondo il consulente tecnico dell’accusa, la abusività di preesistenti portici della palazzina dell’istante. Portici ormai risalenti nel tempo, e anteriori all’acquisto dell’immobile operato dal Puccini nel 2023. Pertanto, l’unico reato edilizio emergente, relativo alla realizzazione di portici della palazzina, sarebbe ormai interessato dalla maturata prescrizione. Si aggiunge che stante la originaria destinazione residenziale, i lavori edilizi contestati non inciderebbero sul carico urbanistico, con assenza del periculum in mora, e si contesta la tesi del tribunale per cui, intervenendo su un portico, si sarebbe realizzata una autonoma unità abitativa incidente come tale sul carico urbanistico, sostenendosi che tanto contrasterebbe con i documenti disponibili descrittivi di un preesistente autonomo monolocale. Inoltre, vi sarebbero autorizzazioni dimostrative del rispetto di vincoli di zona. In ogni caso, i ridotti aumenti volumetrici di struttur già con destinazione residenziale non pregiudicherebbero il carico urbanistico.
Con il secondo motivo deduce vizi di violazione di legge per la mancata motivazione rispetto alla doglianza circa la mancata revoca parziale, da parte del Gip, del sequestro relativo ad uno specifico manufatto di cui al fg. 29 map. 27 sub 610. Ciò perché esso non sarebbe stato interessato da interventi edilizi abusivi.
Il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni. Emerge con chiarezza la tesi, suffragata dalla consulenza tecnica, per cui si sarebbero realizzati lavori intervenendo su precedenti porticati abusivi e modificandoli, tanto da creare in un caso un autonomo bilocale, ed in un altro caso una struttura chiusa, sovrastata da terrazza accessibile con una nuova scala. E’ quindi estranea ai dati emergenti la tesi per cui sarebbe venuta in discussione solo la abusività o meno dei portici, oramai interessata da intervenuta prescrizione. Al contrario, il sequestro è stato disposto per la intervenuta realizzazione, da parte del ricorrente, operando egli su preesistenti portici già abusivi, di due nuove strutture volumetriche come tali integranti, in sostanza, un intervento di prosecuzione di opere abusive. In questi termini è lampante il fumus del reato. Quanto al periculum, premesso che anche a volere seguire la ricostruzione difensiva della preesistenza di un immobile già residenziale, di tipo monolocale,
si deve osservare che secondo il collegio della cautela gli interventi avrebbero realizzato un bilocale, autonomo, e in grado, anche, per le illustrate peculiari caratteristiche di zona, estranee alla possibilità di soddisfare nuove espansioni insediative, di determinare un aggravio del carico urbanistico anche solo per il fatto di ampliare la offerta abitativa di area. Si tratta di una motivazione sussistente, nonché rispettosa dei criteri di valutazione dell’eventuale aggravio del carico urbanistico giustificativo della persistenza del sequestro preventivo anche per opere ultimate, come tale non integrante alcun vizio di violazione di legge, che solo, come noto, può essere proposto in questa sede. In fase di cautele reali, è infatti proponibile solo il vizio di violazione di legge e motivazione sub specie della relativa mancanza. Inoltre, il periculunn appare spiegato, ancora una volta senza possibilità di sollevare in questa sede validi vizi dell’atto impugnato, anche in relazione alla violazione paesaggistica emergente, posto che il collegio ha correttamente evidenziato come sull’altro manufatto, la creazione altresì di una terrazza consentirebbe un uso antropico in grado di incidere negativamente sul paesaggio di zona.
Riguardo infine alla lamentata mancata risposta circa la richiesta di revoca parziale del sequestro per la particella 606, allo stato degli atti disponibili per questa Corte, che non può certo indagare sulla specifica collocazione mappale delle strutture abusive in questione, trattandosi di questione di fatto preclusa in questa sede a questa Corte, emerge che il tribunale dopo avere premesso la estensione del sequestro a manufatti esistenti su particelle 602, 603 e 606, ha elaborato una adeguata motivazione, illustrando la legittimità della misura cautelare sulle stesse particelle, interamente intese, senza alcuna limitazione della motivazione solo su quelle di cui al foglio 602 e 603, per cui deve ritenersi, allo stato degli atti disponibili e nei limiti decisionali suddetti, c la risposta abbia incluso anche la parte insistente su particella GLYPH 606, con esclusione quindi di ogni omissione motivazionale.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.