Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14129 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14129 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nata a Napoli il 16/11/1956; nel procedimento a carico della medesima; avverso la ordinanza del 18/10/2024 del tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Napoli adito nell’interesse di NOME avverso il sequestro preventivo disposto dal Gip del medesimo tribunale in ordine ad un’opera ritenuta abusiva, quale ampliamento di una adiacente unità, costituito di alluminio, vetro e muratura, confermava il decreto di sequestro.
Avverso la predetta ordinanza NOME ha proposto ricorso per cassazione con il proprio difensore.
Si contesta il vizio di violazione di legge e di motivazione in ordine al cd. periculum in mora essendosi asserito apoditticamente che l’opera non sarebbe stata ultimata. Il tribunale non si sarebbe quindi confrontato con le doglianze
p/-
difensive circa la assenza del pericolo in relazione al vincolo paesaggistico e alla disciplina antisismica. Si sostiene inoltre, il travisamento dei dati investigativ emergendo dalle foto disponibili la ultimazione dell’opera. Profilo anche esso censurato durante l’udienza di riesame. E si sostiene che si sarebbe omesso di considerare una circostanza decisiva.
1. Il ricorso è inammissibile. Precisato che non emergono questioni in punto di fumus, si osserva che la stessa ricorrente ha premesso che in ordine a misure cautelari reali sono deducibili solo vizi di violazione di legge e che quanto alla motivazione sono tali i soli casi di omessa o apparente motivazione. Nel caso di specie si deduce che il tribunale avrebbe errato nel ricavare da dati ritenuti incontrovertibili, quali le foto agli atti, il carattere ultimato dell’opera abus sostenendone al contrario la incompletezza. Si tratta di deduzione che da una parte non si confronta con la decisione impugnata, che lungi dal rimandare soltanto alle foto, precisa espressamente come l’incompletezza emergerebbe dalla presenza di materiali ancora da montare ivi raffigurati, compresi quelli di rifinitura,. Ed invero, va aggiunto che anche ove fosse stata fondata, in concreto, la censura, si propone comunque un vizio inammissibile in questa sede, in quanto si prospetta non una motivazione omessa su un elemento decisivo, bensì l’erronea valutazione in sede motivazionale di un elemento disponibile e ritenuto oggettivo (le foto) e quindi, in sostanza, il vizio di illogicità della motivazion non deducibile. Va aggiunto anche, che il motivo è altresì generico, atteso che ci si limita a sostenere che dalle foto emergerebbe il completamento dell’opera senza illustrarne le ragioni, che non possono ridursi alla sola rilevazione dalla mancanza di tracce dimostrative di opere in corso, atteso che, come noto, il profilo della ultimazione attiene alla avvenuta realizzazione o meno dell’opera, non escluse le cd. “finiture. E sul punto non è sufficiente, quindi, rimandare al solo esame delle foto ma è necessario assicurare la specificità della censura, ossia spiegare le ragioni per cui, nel caso concreto, l’opera per come raffigurata sarebbe stata completata e in tal senso descritta dai rilievi fotografici. Tanto più a fronte di una motivazione, lo si ribadisce, che specifica proprio anche l’assenza di finiture. Posto poi che il profilo della mancata ultimazione è di per sé sufficiente per giustificare il sequestro impeditivo, non rileva la dedotta circostanza per cui il tribunale non si sarebbe confrontato con doglianze difensive riguardanti altri possibili profili giustificativi del sequestro, riguardo ai qual difesa avrebbe illustrato le ragioni della relativa insussistenza. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tanto precisato, è opportuno altresì evidenziare che in presenza di un vincolo paesaggistico oltre che eventualmente di profili di violazione in materia sismica in conformità con consolidata giurisprudenza di questa corte -, l’opera è insuscettibile di sanatoria, non solo ex art. 36 DPR 380/01, ma anche ex art. 36
bis DPR 380/01, posto che tale ultima norma fa riferimento oltre che a variazioni essenziali al solo caso di difformità parziale, che solo ricorre allorquando sia
rilasciato un titolo abilitativo per la costruzione di un manufatto e, nel corso della sua realizzazione e nei termini di legge della stessa, si effettui un intervento in
difformità dal titolo stesso rilasciato. Caso, questo, del tutto estraneo a quello in esame, in cui solo emerge l’autonoma realizzazione ex novo del manufatto in
questione.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile con conseguente onere per
la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in
data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 20.3.2025