Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10990 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10990 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 16/07/1997 a ROMA
avverso l’ordinanza in data 30/09/2024 del TRIBUNALE DI ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME che ha illustrato i motivi d’impugnazione e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna l’ordinanza del 30/09/2024 del Tribunale di Roma, che ha confermato il decreto in data 11/03/2024 del G.i.p. del Tribunale di Velletri, che aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di una somma di denaro e di due orologi nei
confronti di COGNOME NOME -padre del ricorrente- per il reato di cui all’art. 2 del de creto legislativo n. 74 del 2000, contestato al capo 27 della rubrica.
Deduce:
1.1. Violazione di legge per motivazione apparente.
Il ricorrente premette di avere presentato riesame quale terzo interessato, in quanto il sequestro disposto nei confronti del padre COGNOME NOME ed eseguito nella casa famigliare era caduto su una somma di denaro e su due orologi rinvenuti nella cassaforte ubicata nel soggiorno della casa famigliare, che erano suoi e non del genitore.
Precisa che il denaro proveniva dalla sua attività lavorativa ed era stato risparmiato nel corso degli anni e che i due orologi erano stati da lui acquistati.
Con riguardo alla somma di denaro rimarca come la provenienza da prelievi dal proprio conto corrente fosse stata dimostrata con la produzione degli estratti conto bancari.
Assume che il tribunale ha ritenuto che il denaro fosse di COGNOME NOME sindacando, in sostanza, il modus operandi dell’odierno ricorrente e ritenendo inverosimilmente che tutti i beni rinvenuti nella casa in cui COGNOME Giorgio viveva con altre tre persone fossero tutti di sua proprietà.
Con riguardo ai due orologi rimarca come per uno avesse prodotto davanti al tribunale le dichiarazioni di vendita e lecita provenienza, in quanto acquistato da NOME COGNOME; per l’altro aveva prodotto il bonifico della somma pagata per il suo acquisto con causale “acquisto rolex usato”.
Evidenzia che il tribunale ha ritenuto che tale documentazione non fosse idonea a comprovare quanto dedotto, atteso che il primo documento non dimostrava la provenienza e il bonifico era 6ispecifico.
Obietta che la fattura rilasciata dalla gioielleria non indicava il numero di matricola dell’orologio acquistato e tale carenza non può ricadere a discapito dell’odierno ricorrente, mentre il bonifico comprova il pagamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e perché propone questioni afferenti alla motivazione del provvedimento impugnato.
1.1. Con riguardo alla manifesta infondatezza, va osservato che, in sede di impugnazioni di provvedimenti emessi in tema misure cautelari reali, il vizio denunciabile come violazione di legge deve riguardare l’omessa motivazione su questioni decisive sottoposte al Tribunale del riesame ed evincibili dagli atti ad esso trasmessi o dalle produzioni difensive.
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1.2. Il vizio di omessa motivazione così connotato non si rinviene nel caso in esame, atteso che il tribunale ha preso in considerazione tutte le deduzioni e le allegazioni difensive, ritenendo che quelle non fossero idonee a far ritenere che il denaro e gli orologi in sequestro fossero di COGNOME NOME, piuttosto che di COGNOME Giorgio.
1.2.1. Il tribunale, quanto alla somma di denaro: a) ha ritenuto che essa fosse riferibile a COGNOME NOME perché rinvenuta in una cassaforte che lui stesso, in sede di perquisizione, aveva definito di suo uso esclusivo; b) ha dato risposta alla deduzione secondo cui è abitudine degli ebrei custodire del denaro in casa, in ragione delle note vicissitudini storiche del passato e all’attuale contesto di guerra in Medio Oriente. A tale proposito ha spiegato che tale deduzione risultava inverosimile in relazione al contesto storico e ambientale in cui è nato e cresciuto COGNOME NOME, essendo nato nel 1972 a Roma; c) ha osservato che, comunque, non era stato neanche comprovato documentalnnente il reddito prodotto da COGNOME NOME.
1.2.2. Quanto ai due orologi, i giudici: a) hanno negato valore dimostrativo alle dichiarazioni rese da COGNOME NOME in sede di perquisizione, quando affermava che essi erano di proprietà del figlio; b) hanno ribadito che la cassaforte era risultata di uso esclusivo del COGNOME NOME; c) hanno ritenuto che la dichiarazione di vendita non fosse idonea a provare la proprietà del primo Rolex Daytona, in quanto non era provata né la provenienza del documento, né l’epoca di redazione; c) hanno osservato che il bonifico prodotto non era idoneo a provare la proprietà del secondo Rolex Daytona, in quanto nella causale era contenuto un generico riferimento all’acquisto di un Rolex, senza indicazione della matricola.
I giudici, dunque, hanno dato risposta a tutte le deduzioni e a tutte le allegazioni difensive, così non configurandosi un’omessa motivazione traducibile nel vizio di violazione di legge.
Tanto conduce alla seconda ragione di inammissibilità.
Va osservato, infatti, che le argomentazioni difensive non denunciano il vizio di violazione di legge, ma sono esclusivamente mirate a prospettare valutazioni di fatto, alternative e antagoniste a quelle dei giudici di merito che, in quanto tali, non sono scrutinabili davanti alla Corte di cassazione, in sede di impugnazione avverso un provvedimento pronunciato in materia cautelare reale.
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22/01/2025