LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro preventivo: onere della prova del terzo

Un soggetto ricorre in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo su una somma di denaro e due orologi di lusso, sostenendo di esserne il legittimo proprietario e non suo padre, l’indagato principale. La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Si sottolinea che il terzo che rivendica la proprietà di beni sequestrati ha un rigoroso onere della prova, dovendo fornire elementi certi e specifici. La Cassazione ribadisce inoltre di non poter riesaminare nel merito le valutazioni di fatto, ma solo le violazioni di legge.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quando la Prova del Terzo non Basta

Il sequestro preventivo è uno strumento potente nelle mani della magistratura, finalizzato a congelare beni che potrebbero essere il provento di un reato o servire a commetterne altri. Ma cosa accade quando i beni sequestrati a un indagato vengono reclamati da un’altra persona, un cosiddetto ‘terzo interessato’? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sul rigoroso onere della prova che grava su chi si dichiara estraneo ai fatti e legittimo proprietario dei beni.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce da un’indagine per reati fiscali a carico di un uomo. Durante una perquisizione nella sua abitazione, le autorità dispongono un sequestro preventivo su una cospicua somma di denaro e due orologi di pregio rinvenuti in una cassaforte. A questo punto interviene il figlio dell’indagato, che presenta un ricorso sostenendo di essere l’effettivo proprietario dei beni sequestrati.

A sostegno della sua tesi, il figlio afferma che il denaro proveniva dai suoi risparmi lavorativi, producendo estratti conto bancari, e che gli orologi erano stati da lui acquistati. Per uno degli orologi, presenta una dichiarazione di vendita, mentre per l’altro esibisce la copia di un bonifico bancario con la causale generica ‘acquisto orologio usato’.

La Decisione dei Giudici di Merito e il ricorso per il sequestro preventivo

Sia il G.i.p. che, in sede di riesame, il Tribunale respingono le richieste del figlio. Le motivazioni dei giudici si basano su diversi elementi cruciali. In primo luogo, durante la perquisizione, il padre-indagato aveva dichiarato che la cassaforte era di suo uso esclusivo. In secondo luogo, le prove fornite dal figlio sono state ritenute insufficienti e non decisive.

Nello specifico, la documentazione relativa a uno degli orologi non ne dimostrava né la provenienza né la data di redazione, risultando quindi inefficace. Per il secondo orologio, il bonifico bancario è stato giudicato troppo generico: l’assenza di un numero di matricola o di qualsiasi altro riferimento specifico impediva di collegare con certezza quel pagamento all’orologio sequestrato. Anche la provenienza del denaro non è stata ritenuta sufficientemente comprovata.

Le Motivazioni della Cassazione sul sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del figlio inammissibile per due ragioni fondamentali.

La prima riguarda la presunta ‘omessa motivazione’ da parte del Tribunale del riesame. La Cassazione chiarisce che i giudici di merito avevano, in realtà, esaminato e risposto a tutte le argomentazioni difensive, spiegando dettagliatamente perché le prove fornite non fossero idonee a dimostrare la proprietà dei beni. Non si è trattato quindi di un’omissione, ma di una valutazione di merito che ha ritenuto le prove inidonee.

La seconda, e più importante, ragione di inammissibilità risiede nella natura stessa del ricorso. Il ricorrente, infatti, non denunciava una vera e propria violazione di legge, ma chiedeva alla Suprema Corte una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione in sede di impugnazione di misure cautelari reali. Il suo compito non è quello di stabilire se le prove ‘piacciono’ o meno, ma solo di verificare se il giudice di merito abbia applicato correttamente la legge e fornito una motivazione logica e non apparente.

Conclusioni

Questa sentenza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che un terzo che rivendica la proprietà di beni sottoposti a sequestro preventivo deve fornire prove ‘granitiche’, specifiche e inequivocabili della titolarità e della lecita provenienza dei beni. Documenti generici o dichiarazioni non circostanziate non sono sufficienti a superare il vaglio dei giudici. La seconda è un monito sul corretto utilizzo del ricorso per Cassazione: non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione delle norme giuridiche. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove in questa sede si traduce, come in questo caso, in una declaratoria di inammissibilità.

Come può un terzo difendersi da un sequestro preventivo su beni che ritiene propri?
Un terzo deve fornire prove chiare, specifiche e inequivocabili che dimostrino non solo la sua proprietà sui beni, ma anche la loro legittima provenienza. La documentazione prodotta deve essere idonea a collegare senza ombra di dubbio il bene specifico alla sua persona.

Una prova generica, come un bonifico con causale ‘acquisto orologio usato’, è sufficiente a dimostrare la proprietà di un bene specifico?
No. Secondo la sentenza, tale prova è stata ritenuta insufficiente perché priva di elementi identificativi, come un numero di matricola, che potessero collegare in modo certo la transazione finanziaria al bene sequestrato.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove in un ricorso contro un sequestro preventivo?
No. La Corte di Cassazione, in sede di impugnazione di misure cautelari reali, non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove. Il suo ruolo è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e la presenza di una motivazione logica e non meramente apparente da parte dei giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati