Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21651 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21651 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME, nato a Marsala il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nata a Marsala il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Trapani il 05/06/2023;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME, che ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia dei ricorrenti, c insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Trapani ha confermato il decreto con cui è stato disposto il sequestr preventivo impeditivo delle ditte individuali – e dei relativi compendi aziendali RAGIONE_SOCIALE di NOME NOME e NOME RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME.
La misura cautelare reale è stata disposta contestualmente alla misura coercitiva personale nei confronti di NOME.
I beni aziendali sono stati ritenuti strumentali alla commissione di due fatti trasporto, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, commessi da NOME, in concorso con altri, rispettivamente il 15 febbraio e il 19 marzo 2021 (capo a) ordinanza cautelare).
Rispetto ai due reati per cui si procede, COGNOME NOME è soggetto terzo; l’oggetto del sequestro è costituito anche dal “parco” auto delle due imprese, utilizzato, secondo la prospettazione accusatoria, per compiere viaggi finalizzati ad acquistare nella città Catania sostanza stupefacente, poi trasportata a Marsala.
Hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME e COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. per difetto di proporzionalità del sequestro e del nesso di pertinenzialità tra il reato e sequestrati, considerato che, nel caso di specie, quelle sequestrate sarebbero imprese individuali autonome, che i beni della ditta RAGIONE_SOCIALE non sarebbero mai stati utilizzati per traffici illeciti e che costei non sarebbe mai stata raggiunta indizi di colpevolezza e neppure sarebbe stata coinvolta in attività di bonifica dei loca
Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che il compendio aziendale delle due imprese fosse sostanzialmente unico laddove, invece, le risultanze investigative avrebbero dimostrato come, in realtà, solo un autoveicolo dell’impresa di NOME NOME fosse stata utilizzata per compiere l’attività illecita.
Sarebbe errata anche l’affermazione del Tribunale secondo cui le ditte sequestrate sarebbero state il luogo di stoccaggio delle sostanze stupefacenti e avrebbero costituito una “centrale” del narcotraffico dove si incontravano i “protagonisti” dell’attivi spaccio e un luogo di bonifica per eludere le investigazioni.
Il Tribunale avrebbe valorizzato al fine della emissione del sequestro solo una relazione di mera occasionalità tra la res e il reato, senza tuttavia considerare che qu beni erano utilizzati anche per l’attività lecita delle imprese.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. quanto alla esigenze cautelari.
L’ordinanza sarebbe viziata per non avere il Tribunale motivato alcunchè nonostante il lasso temporale – di due anni – intercorso tra la commissione dei fatti e l’apposizi del vincolo, considerata l’assenza di elementi dimostrativi della continuazione o del ripristino di attività illecite.
Né, sotto altro profilo, il Tribunale avrebbe valutato se davvero il sequestro di tu beni fosse l’unica misura in concreto adottabile e, quindi, adeguata alla neutralizzazione del pericolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati.
Secondo il Tribunale, le autovetture della “RAGIONE_SOCIALE” sarebbero “coinvolte” in entrambi i fatti di reato per cui si procede: quanto a quello del 15.2.20 una autovettura della ditta avrebbe fatto da “palo e da apripista”, mentre, quanto a quello 19.3.2021, otto giorni prima dei fatti “il fornitore catanese” si sarebbe recat bordo di una determinata autovettura per concordare il viaggio in programma la settimana successiva.
Inoltre, all’interno di un’ulteriore autovettura, di proprietà di terzi, sarebbe rinvenuta una carta di circolazione riferibile ad una Smart intestata alla RAGIONE_SOCIALE.
Ha aggiunto il Tribunale che, al di là dei viaggi indicati, il coinvolgimento della ” RAGIONE_SOCIALE” emergerebbe anche dalla destinazione dei locali commerciali della ditta “ad una sorta di base operativa dell’attività di narcotraffico condotta da NOME COGNOME dai suoi complici , come del resto attestato dall’attività di “bonifica” da quest’ul organizzata, finalizzata a reperire eventuali dispositivi di captazione collocati d inquirenti” (così il Tribunale a pag. 4 della ordinanza impugnata).
In tale quadro di riferimento, in cui il Tribunale ha richiamato genericamente anche delle dichiarazioni di uno dei soggetti coinvolti, è stato tuttavia escluso che le dit questione siano imprese criminali.
3. Si tratta di un ragionamento che non può essere condiviso per più ordini di ragioni.
Sotto un primo profilo, nessuna specifica spiegazione è stata fornita sulla circostanza, obiettivamente rilevante e non contestata, per cui, oggetto del sequestro, sono due distinte imprese individuali, riferibili a due soggetti diversi, dei quali, COGNOME NOME, del tutto estranea ai fatti per cui si procede, essendosi il Tribuna limitato ad affermare sul punto che le due imprese avrebbero “un compendio aziendale sostanzialmente unico”.
Dunque, non è affatto chiaro perché i beni dell’impresa di COGNOME sarebbero strumentali alla commissione di reati rispetto ai quali la ricorrente è estranea e, particolare, perché, pur essendo estranea ai fatti, l’impresa della ricorrente dovrebb essere oggetto di un sequestro totalitario.
Né, ancora, è stato chiarito a quale impresa delle due appartenessero effettivamente le due autovetture che in concreto, secondo la prospettazione accusatoria, sarebbero state direttamente o indirettamente coinvolte nei due fatti contestati al capo a).
La motivazione del Tribunale ha come presupposto assertivo l’assunto per cui tutti i beni sequestrati sarebbero riferibili ad un unico indistinto soggetto, costituito da sola impresa: sul punto, tuttavia, la motivazione è sostanzialmente silente.
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Né, sotto ulteriore profilo, il Tribunale ha spiegato perché, rispetto ad u imputazione provvisoria che riguarda non un reato associativo, o un delitto permanente, ma due soli fatti di detenzione illecita e trasporto di sostanza stupefacente – accaduti uno spazio temporale di poco superiore ad un mese – possa essere giustificato, proporzionato e adeguato un sequestro totalizzante di due imprese, riferibili a due soggetti diversi, dei quali uno estraneo ad ogni coinvolgimento, con tutti i beni aziendal
Né, in tal senso, è possibile, come erroneamente fatto dal Tribunale, valorizzare generiche dichiarazioni non riferibili agli specifici fatti per cui si procede.
Il ragionamento del Tribunale è viziato perché, rispetto ad un’imputazione avente ad oggetto due fatti puntuali di trasposto e di detenzione illecita di sostanza stupefacente si è costruita una motivazione giustificativa del sequestro sul presupposto che oggetto del titolo cautelare sia una più estesa attività criminosa, come se si procedesse per un reato associativo, come se si stesse procedendo nei riguardi di una organizzazione criminale che abbia una struttura in qualche modo coincidente con le imprese sequestrate.
Un sequestro onnivoro disposto in chiara violazione dei principio di adeguatezza e proporzionalità.
Peraltro, è noto come la formula “cose pertinenti al reato” di cui all’art. 321, comm 1, cod. proc. pen., abbia un significato scarsamente delimitativo e come il legislatore, differenza di quanto fatto in relazione alla nozione di “corpo del reato”, non abbia defini quella di “cose pertinenti”, affidando questo compito alla interpretazion giurisprudenziale.
Si è chiarito in giurisprudenza come la nozione di “cose che servirono a commettere il reato” di cui all’art. 240 cod. pen. abbia una portata più ampia di quella impiega nell’art. 253 cod. proc. pen., comprendendo essa anche il corpo del reato e qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu commesso (Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, COGNOME, Rv. 259850; Sez. 2, n. 34986 del 19/06/2013, COGNOME, Rv. 256100; Sez. 2, n. 17372 del 22/01/2009, COGNOME e altri, Rv. 244342).
In tal senso, la strumentalità del bene alla condotta criminosa è uno dei canoni di valutazione della pertinenza.
La strumentalità, tuttavia, è astrattamente configurabile in un numero pressocchè indefinito di casi e ciò impone di attribuire a detto requisito un significato conform principi generali di adeguatezza e proporzionalità.
Il principio di proporzione, certamente ancorato alla disciplina delle cautele personal nel procedimento penale ed alla tutela dei diritti inviolabili, ha nel sistema una port più ampia; esso travalica il perimetro della libertà individuale per divenire termi necessario di raffronto tra la compressione dei diritti quesiti e la giustificazione della limitazione.
In ambito sovranazionale, il principio in esame è ormai affermato tanto dalle fonti dell’Unione (cfr. par. 3 e 4 dell’art. 5 TUE, art. 49 par. 3 e art. 52 par. 1 della Cart diritti fondamentali, che dal sistema della CEDU.
In tal senso è condivisibile quanto affermato in dottrina, e cioè che il rango conferi dall’ordinamento interno alle fonti sovranazionali consente di affermare che, qualunque sia la natura secondo cui sono costruite – sostanziale o processuale – le tutele dei diri si deve tenere conto del cd. test di proporzionalità.
Il principio in esame è inoltre capace di fungere da guida per lo sviluppo futuro dell materia, in diversi ambiti: in particolare’ per quanto riguarda la tutela dei d fondamentali, oggetto primario delle disposizioni normative processuali penali.
Si può tuttavia affermare che, anche là dove non entri espressamente in gioco il tema dei diritti fondamentali, il principio di proporzionalità rappresenti un utile term paragone per lo sviluppo di soluzioni ermeneutiche e, ancor prima, di nuovi modelli di ragionamento giuridico.
In tal senso, si sostiene acutamente, il principio di proporzionalità assolve ad un funzione strumentale per un’adeguata tutela dei diritti individuali in ambito processuale penale, ed ad una funzione finalistica, come parametro per verificare la giustizia dell soluzione presa nel caso concreto.
È ragionevole ritenere, dunque, che anche il senso e la portata del nesso di strumentalità tra bene e condotta criminosa deve essere valutato e risolto attraverso il test di proporzionalità ed adeguatezza, al fine di saggiare, come detto, la correttezz della soluzione.
Pur nella consapevolezza di indirizzi giurisprudenziali diversi, è allora condivisibi quanto ritenuto da una parte della giurisprudenza di legittimità, secondo cui è necessario un esame particolarmente rigoroso sul rapporto che lega la cosa al reato ed è altresì necessario, quando il legame prospettato sia di natura funzionale, che tale rapporto sia diretto e non meramente occasionale (Sez. 6, n. 17763 del 13/12/2018, dep. 2019, Arrigo, Rv. 275886; Sez. 6, n. 5845 del 20/01/2017, F., Rv. 269374; Sez. 5, n. 12064 del 16/12/2009, dep. 2010, Marcante, Rv. 246881, che fanno riferimento alla necessità che il bene oggetto di sequestro preventivo debba caratterizzarsi da una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale tra la “res” ed il reato commesso).
In tale contesto si è chiarito, nel caso di autovettura utilizzata per il traspor sostanza stupefacente destinata allo spaccio, come non sia sufficiente il semplice impiego in tale uso, ma sia invece necessario un collegamento stabile con l’attività criminosa, che esprima un rapporto funzionale con essa, dedotto, ad esempio, da modificazioni strutturali apportate eventualmente al veicolo o comunque dal costante inserimento di esso nell’organizzazione esecutiva del reato (Sez.6, n. 13176 del 29/03/ 2012, NOME, Rv. 252591).
È fondato anche il secondo motivo di ricorso, essendo stata la motivazione del tutto omessa quanto alla sussistenza del requisito del periculum in mora.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata; il Tribunale, in sede di rinvio, applicherà i principi indicati e verificherà se e in che termini sussis presupposti di legge per procedere al sequestro preventivo nei riguardi delle aziende dei ricorrenti.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Trapani competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2024.