Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26987 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26987 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 15/01/1984 avverso l’ordinanza del 07/11/2024 del Tribunale della libertà di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv. NOME COGNOME del foro di Roma, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Potenza, costituito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE ha così ridotto l’importo sottoposto a vincolo: in relazione al capo 23), all’ammontare di 206.568,79 euro; in relazione al capo 24), all’ammontare di 362.635,02 euro; in relazione al capo 25), all’ammontare di 371.289,16 euro; nel resto, il tribunale cautelare ha confermato l’ordinanza di convalida del sequestro preventivo d’urgenza emesso dal G.i.p. del Tribunale di Potenza il 24 ottobre 2024, ipotizzando, a carico del COGNOME, il delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 2 d.lgs. n. 74 del 2000, contestato ai capi 11), 23), 24) e 25) dell’incolpazione provvisoria.
Avverso l’indicato provvedimento, l’indagato, per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
2.1. Con un primo motivo, denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 325 e 649 cod. proc. pen. con riferimento al divieto di bis in idem cautelare. Argomenta il difensore che il tribunale del riesame, annullando la prima ordinanza impositiva del vincolo, per difetto della motivazione del periculum in mora, avrebbe valutato il materiale probatorio, ritenendo che gli indizi raccolti fossero inidonei a giustificare l’emissione della misura cautelare reale. I vizi motivazionali ravvisati dal tribunale del riesame sarebbero solo apparentemente formali, in quanto consistenti in lacune probatorie in relazione alla sussistenza del periculum in mora, come sarebbe provato dal fatto che nel secondo decreto è stato dedotto un novum probatorio, consistente nelle risultanze desumibili dall’annotazione di p.g. del 21 ottobre 2024, proprio per colmare i vuoti investigativi individuati e censurati con il primo provvedimento.
2.2. Con un secondo motivo, eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 309, comma 9, 324, comma 7, 125, comma 3, cod. proc. pen. nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha ritenuto che il provvedimento del g.i.p., in merito alla sussistenza del periculum in mora, non fosse assente o apparente, bensì al massimo meramente carente o insufficiente. Secondo il difensore, le argomentazioni alla base del secondo provvedimento impositivo del vincolo, incentrate sulla “personalità degli indagati” e sui “comportamenti tenuti”, sarebbero del tutto privi di capacità dimostrativa del periculum in mora e, comunque non concreti ed individuabili, ma meramente “essertivi ed astratti”, oltre che smentiti dalla realtà fattuale, in quanto le societ
di cui il ricorrente è il legale rappresentante sarebbero estranee a qualsivoglia sistema criminoso, essendo state coinvolte negli accertamenti fiscali in virtù dei rapporti intrarnuti con le società fornitrici, asserite cartiere, e mai attinte contestazioni vnatura penale o tributaria. Allo stesso modo, sarebbe del tutto ingiustificato il richiamo all’annotazione di p.g. del 21 ottobre 2024, la quale concerne posizioni di persone terze, comunque non conferenti rispetto alle società del ricorrente. Il Tribunale, pertanto, avrebbe dovuto annullare il provvedimento per la carenza della motivazione, senza poter esercitare, sul punto, alcun potere integrativo.
2.3. Con il terzo motivo, deduce la violazione di legge perché, ad avviso del difensore, la motivazione integrativa, addotta dal Tribunale, in relazione alla sussistenza del periculum sarebbe meramente ripetitiva di quella, peraltro “assente”, contenuta nel decreto emesso dal g.i.p., essendo fondata su fatti meramente assertivi e scollegati da qualsivoglia riferimento a ragioni anticipatorie dell’ablazione, non avendo il Tribunale spiegato gli indici concreti di condotte depauparative del patrimonio in vista dalla futura confisca. In ogni caso, i riferimenti al valore complessivo della somma asseritamente sottratta al fisco e alla sofisticata capacità e strategia criminale dell’indagato costituirebbero una motivazione completamente carente.
2.4. Con un quarto motivo, deduce la violazione di legge ritenendo che la motivazione adottata dal tribunale del riesame avrebbe totalmente pretermesso la valutazione della capacità economica e della solidità finanziaria delle società, come risulta dai numerosi documenti prodotti nell’udienza davanti al tribunale (indicati a p. 12, nota 2), il che offre adeguate garanzie per un’eventuale futura misura ablativa e scongiura qualsivoglia rischio di dispersione dei capitali. La motivazione, sul punto, sarebbe fallace, perché l’operazione di acquisto del capannone industriale tra le due società è del tutto cristallina, e, quanto all’acquisto immobiliare del 18 ottobre 2024, non è dato comprendere come possa rappresentare un pericolo di dispersione del patrimonio.
Il difensore, avv. NOME COGNOME ha depositato memoria, con la quale, nel ripercorrere i motivi di ricorso, ne chiede l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel complesso, infondato.
Il primo motivo è infondato.
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2.1. Da quanto risulta dal provvedimento impugnato (p. 17 dell’ordinanza), la nuova ordinanza impositiva del vincolo cautelare è stata emessa quando ancora non era stata depositata la motivazione del precedente annullamento da parte del Tribunale del riesame.
Al riguardo, va ribadito il principio secondo cui, in tema di misure cautelari reali, il principio del ne bis in idem non preclude l’emissione di un nuovo provvedimento di sequestro preventivo sui medesimi beni rispetto ai quali il vincolo, precedentemente disposto, sia stato annullato a seguito di impugnazione, nel caso in cui non siano stata ancora depositata la motivazione dell’ordinanza di annullamento (Sez. 3, n. 33988 del 16/06/2023, COGNOME, Rv. 285206 – 01), e ciò perché, finché non sono conoscibili le argomentazioni della decisione di annullamento del provvedimento impositivo, non sussistono preclusioni derivanti dal cd. “giudicato cautelare”.
Del tutto coerentemente, si è precisato, inoltre, che il principio del ne bis in idem non preclude al pubblico ministero, in pendenza dei termini per proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento di annullamento di un decreto di sequestro preventivo e prima del deposito della relativa motivazione, di richiedere l’adozione di un nuovo vincolo cautelare sui medesimi beni, a condizione che lo stesso si determini a non coltivare il rimedio impugnatorio, in quanto la contemporanea pendenza delle due iniziative cautelari contrasta con il divieto di bis in idem (Sez. 3, n. 20245 del 14/02/2024, De, ,Rv. 286326 – 01), condizione riscontrabile nella vicenda qui al vaglio, non avendo il pubblico ministero impugnato la precedente ordinanza di annullamento.
2.2. In secondo luogo, da quanto si apprende dall’ordinanza impugnata (cfr. p. 18), il precedente decreto di sequestro preventivo era stato annullato per totale carenza motivazionale in ordine alla sussistenza del periculum in mora.
Ciò chiarito, va richiamato il principio – correttamente indicato dal Tribunale (cfr. p. 7-8 dell’ordinanza impugnata) – secondo cui l’annullamento di un decreto di sequestro preventivo per totale assenza di motivazione in ordine al periculum in mora non osta all’emissione, nei confronti della medesima persona, di un nuovo vincolo avente ad oggetto lo stesso bene, posto che il giudicato cautelare non si forma nel caso in cui, in sede di annullamento, non sia stata espressa alcuna valutazione, pur se solo incidentale o implicita, circa i presupposti richiesti per l’emissione della misura (Sez. 3, n. 15125 del 28/03/2024, COGNOME, Rv. 286171 – 01), a condizione, anche in tal caso, che il pubblico ministero non abbia impugnato l’ordinanza di annullamento, ciò che determinerebbe una litispendenza cautelare, che – questa sì – contrasta con il divieto di bis in idem, operante tra procedimenti prim’ancora che tra provvedimenti (Sez. 3, n. 43365 del 08/10/2024, Carta, Rv. 287142 – 01).
In altri termini, in un caso del genere, il pubblico ministero è tenuto a decidere se coltivare la precedente azione mercé l’impugnazione dell’ordinanza di annullamento o reiterare la domanda, dovendo, in tal caso, esimersi dall’impugnare o rinunciare alla proposta impugnazione al più tardi coevamente alla richiesta del nuovo titolo cautelare.
Nel caso di specie, ribadito che, come anticipato, il pubblico ministero si è limitato a proporre una nuova domanda cautelare, il tribunale ha correttamente ritenuto che il precedente annullamento fosse intervenuto per un motivo “pacificamente di tipo formale”, cioè “l’assenza/apparenza di motivazione sul periculum” (p. 18 dell’ordinanza impugnata), in quanto la precedente decisione di annullamento adottata dal Tribunale del riesame era fondata sulla considerazione che il G.i.p. aveva solo genericamente fatto riferimento alla natura del denaro e dei beni che sarebbero stati facilmente alienabili, occultabili o disperdibili (p. 24 dell’ordinanza impugnata).
Il Tribunale, dunque, aveva giudicato la motivazione del primo provvedimento annullato del tutto apparente, concludendo per la mancanza della motivazione sul presupposto del periculum.
2.3. Infine, vi è un ulteriore elemento, pacificamente ammesso dallo stesso ricorrente – laddove, nell’illustrazione del motivo qui al vaglio, rappresenta che il secondo decreto era “costretto a dedurre un novum investigativo proprio per colmare i vuoti investigativi individuati e censurati dalla prima ordinanza, ovverosia l’annotazione di p.g. n. 76699/2024 del 24 ottobre 2024” (p. 4) – e che emerge dalla motivazione (cfr. p. 24), ossia che il pubblico ministero, nella nuova richiesta di misura cautelare reale, aveva indicato elementi di novità, desumibili dalla citata annotazione di p.g., quali la costituzione di due nuove società, aventi lo stesso oggetto sociale di quelle oggetto di indagine, da parte di altri due indagati, dopo essere venuti a conoscenza dell’attività investigativa svolta nei loro confronti, al verosimile scopo di svuotare il patrimonio, ciò che conforta la legittimità del provvedimento impugnato, in quanto il principio del ne bis in idem non preclude l’emissione di un nuovo sequestro preventivo sui medesimi beni in relazione ai quali il vincolo reale sia stato già disposto e successivamente annullato a seguito di impugnazione, allorquando nel secondo provvedimento siano stati valutati dall’autorità giudiziaria elementi precedentemente non esaminati perché non disponibili (Sez. 3, n. 16616 del 18/11/2019, dep. 2020, Iuvinale, Rv. 27894701; Sez. 3, n. 24963 del 18/02/2015, Aprovitola, Rv. 264095-01).
3. Il secondo motivo è infondato.
3.1. Come costantemente predicato da questa Corte di legittimità, la motivazione merita l’appellativo di “apparente” – e, dunque, essa è inesistente –
solo quando sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, P.G. in c. COGNOME, Rv. 263100; Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010, COGNOME, Rv. 247682; Sez. 6, n. 6839 del 01/03/1999, P.G. in c. COGNOME, Rv. 214308).
3.2. Nel caso di specie, il g.i.p. aveva motivato la sussistenza del periculum in mora “tenuto conto della precedente misura reale – che induce verosimilmente gli stessi a trasferire velocemente le proprie ricchezze in vista di un’ulteriore probabile richiesta cautelare negli stessi termini, dalla personalità dei medesimi prevenuti, i quali, infatti, come emerso dalla attività di indagine, hanno dimostrato una non trascurabile capacità organizzativa nel realizzare le descritte condotte illecite, delle modalità dei comportamenti tenuti, che denotano una spiccata attitudine a porre in essere atti volti a sottrarre le somme spettanti allo Stato” (cfr. p. 2 del decreto), nonché, con riferimento alle posizioni di COGNOME e COGNOME, il fatto che costoro, dopo essere venuti a conoscenza dell’attività di indagine, hanno costituito due nuove società aventi lo stesso oggetto sociale di quelle oggetto di indagine, al verosimile scopo di svuotare i patrimoni di queste ultime.
Come correttamente ritenuto dal Tribunale, la motivazione del secondo provvedimento non può definirsi “apparente”, nel senso dinanzi chiarito, in quanto essa ha argomentato la sussistenza del periculum in mora non mediante l’impiego di formule di stile o attraverso un percorso argomentativo oscuro, ovvero facendo discendere automaticamente il periculum dalla mera realizzazione degli illeciti oggetto di incolpazione provvisoria, avendo indicato specifici elementi sintomatici di un pericolo di dispersione, quale, in particolare, la circostanza che tutti gli indagati, venuti a conoscenza della precedente misura poi oggetto di annullamento, medio tempore si potessero adoperare per occultare le somme di denaro profitto dei reati in esame.
Si tratta di una motivazione che, seppur incompleta, certamente non merita l’appellativo di “apparente”.
Su queste basi, il Tribunale ha perciò legittimamente esercitato i poteri di integrazione della motivazione del decreto di sequestro preventivo a fini di confisca in punto di periculum in mora, espressamente previsti dal combinato disposto di cui agli artt. 309, comma 9, e 324, comma 7, cod. proc. pen.
4. Il terzo e il quarto motivo, esaminabili congiuntamente essendo collegati, sono inammissibili.
4.1. Come affermato dalle Sezioni Unite Ellade (n. 36959 del 24/6/2021, Rv. 281848), il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege.
Le Sezioni Unite hanno chiarito che la motivazione deve soffermarsi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato; un’esigenza, questa, rapportata appunto alla ratio della misura cautelare, volta a preservare, anticipandone i tempi, gli effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo.
In definitiva, è dunque il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere dà criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi il pericolo di dispersione, utilizzazione o alienazione del bene al generico riferimento alla natura fungibile del denaro (Sez. 3, n. 23936 del 11/04/2024, COGNOME, Rv. 286671), e potendo il giudice valutare ogni elemento presente nel caso concreto, ivi comprese le modalità di realizzazione degli illeciti oggetto di provvisoria contestazione, purché indicativo del pericolo di dispersione del bene.
4.2. Ciò posto, richiamati gli stringenti limiti stabiliti dall’art. 325 cod. pro pen. relativi al sindacato della Cassazione avente ad oggetto le ordinanze relative a provvedimenti cautelari reali – che è circoscritto alla possibilità di rilevare la sol violazione di legge, così come dispone testualmente l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a
rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656) -, nel caso di specie non può affermarsi che la motivazione resa dal provvedimento impugnato, quanto ai dati di fatto valorizzati e alle conclusioni da essi tratte, sia omessa Q ovvero apparente, in quanto il Tribunale ha desunto il periculum da specifici comportamenti tenuti dagli indagati, vale a dire: da un lato, l’operazione di cessione di un bene aziendale, al prezzo di un milione di euro, tra la RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME in qualità di cedente, e la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME avvenuta in data 24 febbraio 2022, operazione che, ad avviso del Tribunale, induce a ritenere come l’indagato e la di lui sorella, parimenti indagata, “sono in grado di approntare strategie di gestione patrimoniale a più ampio spettro, sfruttando proprio le loro strutture societarie le loro risorse economiche e non” (p. 26 dell’ordinanza impugnata); dall’altro, la circostanza che, dopo l’applicazione delle misure, sia reali che personali, è stato nominato amministratore sia della RAGIONE_SOCIALE sia della RAGIONE_SOCIALE il padre dell’indagato, NOME COGNOME, “circostanza che concorre a denotare la disponibilità dell’intera famiglia ad approntare immediatamente soluzioni in presenza di difficoltà connesse alla loro realtà imprenditoriale” (p. 26 dell’ordinanza impugnata), e, in data 18 ottobre 2024, ossia dopo la discovery, NOME COGNOME quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE ha sottoscritto un contratto preliminare di acquisto di un’unità immobiliare del valore di 1.150.00 euro, in cui si dà atto del versamento di una caparra confirmatoria di 200.000 euro, di cui, tuttavia, non vi è prova in atti.
Il Tribunale – venendo così al quarto motivo – ha perciò valutato la solidità patrimoniale e finanziaria del soggetto che deve subire la misura, ritenendola non “idonea ad escludere la sussistenza del periculum in mora, in quanto il possibile depauperamento nel tempo della garanzia di attuazione della misura ablativa si desume, in via di prognosi, dai contegni tenuti dall’indagato, ricavata dagli indici sopra esaminati” (p. 26 dell’ordinanza impugnata).
4.3. A fronte di tale apparato argomentativo, che certamente non può dirsi mancante o apparente, i motivi in esame, laddove censurano la capacità dimostrativa degli elementi addotti a sostegno della sussistenza del periculum, si risolvono, a ben vedere, in una critica alla congruità della motivazione, che esula dal perimetro segnato dall’art. 325 cod. proc. pen.
Per i motivi indicati, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 21/05/2025.