Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33703 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33703 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato a Volla (Na) il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Volla (Na) il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza n. 1053/24 RIM del Tribunale di Napoli del 13 gennaio 2025;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e i ricorsi introduttivi;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso chiedendo, l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata;
letta, altresì, la memoria scritta, redatta nell’interesse dei -ricorrenti, dall’AVV_NOTAIO, del foro di Santa Maria Capua Vetere, con la quale si è insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
GENERALE n.
11285 del 2025
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame dei provvedimenti cautelari reali, ha, con ordinanza pronunziata in data 13 gennaio 2025, solo in parte accolto il ricorso presentato da COGNOME NOME, in proprio ed in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, e di COGNOME NOME avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso in data 16 dicembre 2024 dal Gip del Tribunale di Nola ed avente ad oggetto – al fine di assicurare l’eventuale successiva confisca, diretta ovvero per equivalente, del profitto dei reati in relazione ai quali i predetti sono indagati – i beni mobili ed immobili nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE, sino alla concorrenza della somma di euri 6.018.213,58, ovvero, in caso di incapienza del patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, sino alla concorrenza della medesima somma di danaro, i beni mobili ed immobili nella disponibilità dei due soggetti indagati.
Il Tribunale in sede di riesame, come detto, parzialmente accogliendo il ricorso dei due COGNOME íha annullato il provvedimento di sequestro preventivo in relazione alla imputazione mossa ai due ricorrenti sub L) della provvisoria contestazione; ha, altresì, annullato, il provvedimento cautelare in relazione ai reati di cui alle lettere H), I), 3) e K) della provvisoria imputazione limitatamente alle contestazioni riferite alle dichiarazioni annuali dell’Iva, conservandone gli effetti quanto al resto e, di conseguenza, riducendo il valore dei beni sequestrati ad euri 2.967.261,96.
Avverso la predetta ordinanza hanno interposto comune ricorso per cassazione COGNOME NOME e COGNOME NOME, quest’ultimo nella duplice qualità dianzi già indicata, affidando le proprie doglianze a 7 motivi di impugnazione.
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., per essere stato disposto il sequestro, per equivalente, dei beni personali dei due ricorrenti, sebbene i beni della RAGIONE_SOCIALE suscettibili di essere attinti dal sequestro finalizzato alla confisca diretta fossero, per valore, idonei a costituire la garanzia cautelare riguardante la concreta attuabilità della misura di sicurezza di carattere patrimoniale.
Con il secondo motivo è stata censurata la ordinanza del Tribunale del riesame nella parte in cui ha confermato il sequestro diretto dei beni personali dei due indagati.
Il terzo motivo di ricorso attiene alla nullità della ordinanza impugnata per avere il Tribunale del riesame modificato la imputazione originariamente
ascritta ai due indagati, i quali sono stati sottoposti ad indagini in relazione alla violazione dell’art. 2 del dlgs n. 74 del 2000 per avere utilizzato nelle dichiarazioni fiscali della RAGIONE_SOCIALE fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, mentre / in sede di ordinanza emessa dal giudice del riesame / la imputazione ha virato verso l’utilizzo di fatture relative ad operazioni solo soggettivamente inesistenti.
Il quarto motivo attiene alla violazione o falsa applicazione dell’art. 2 del dlgs n. 74 del 2000 in ordine all’avvenuto riscontro degli elementi rivelatori della esistenza del fumus delicti; in particolare i ricorrenti hanno rivendicato il fatto che essi avevano fornito la prova dell’avvenuto conferimento da parte della società RAGIONE_SOCIALE delle batterie per automobile usate al consorzio incaricato del loro smaltimento; un tale elemento, evidentemente rivelatore l’avvenuto acquisto di tale materiale da parte della predetta società, non è stato, inspiegabilmente, ritenuto idoneo di fronte al Tribunale del riesame ad escludere la fittizietà dei documenti comprovanti l’acquisizione dei predetti materiali.
Il successivo quinto motivo attiene al vizio di violazione di legge per non avere il Tribunale esaminato compiutamente la documentazione presentata dai ricorrenti a comprova della assenza del fumus delicti.
Il sesto motivo di ricorso riguarda la violazione dell’art. 42 cod. pen. per non avere rilevato il Tribunale che non era possibile riferirsi al fumus NUMERO_DOCUMENTO in quanto era del tutto apparente la motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato in capo ai due indagati non essendo gli stessi consapevoli della esistenza del meccanismo fraudolento posto alla base degli acquisti da loro operati degli accumulatori elettrici esausti.
Infine, la ordinanza viene impugnata, con un settimo motivo di ricorso, perché in essa non vi è motivazione sul punto relativo alla ricorrenza del pericolo nel ritardo legittimante l’adozione del provvedimento cautelare.
In data 23 giugno 2025, avendo la Procura AVV_NOTAIO presso la Corte di cassazione concluso per l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata, sia pur limitatamente al profilo afferente alla motivazione in punto di sussistenza del pericolo nel ritardo, la difesa dei ricorrente ha trasmesso una memoria illustrativa con la quale ha, invece, insistito per l’accoglimento anche degli altri motivi di impugnazione da essa presentati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono risultati fondati nei limiti, che saranno infra illustrati, di quanto di ragione; il provvedimento impugnato deve, pertanto, essere annullato entro i medesimi limiti.
Con riferimento al primo motivo di impugnazione, con il quale è stata censurate l’avvenuto sequestro, oltre che dei beni della RAGIONE_SOCIALE, anche di quelli personali dei due odierni ricorrenti persone fisiche, se ne rileva la inammissibilità; invero, proprio in ragione della natura cautelare del provvedimento emesso, finalizzato -in applicazione dell’art. 12 -bis del dlgs n. 74 del 2000 – alla successiva, eventuale, confisca del profitto ipoteticamente conseguito attraverso la perpetrazione dei delitti provvisoriamente ascritti ai due indagati, correttamente è stato disposto il sequestro, diretto, dei beni rinvenibili nel patrimonio della RAGIONE_SOCIALE e, per il caso in cui siffatto patrimonio non fosse adeguatamente capiente, il sequestro, evidentemente funzionale alla successiva confisca per equivalente, di quello personale dei due soggetti responsabili degli illeciti perpetrati; è pur vero che il sequestro nella forma per equivalente ha una funzione sussidiaria rispetto al sequestro diretto, ben evidenziata dall’utilizzo da parte del legislatore, allorchè disciplina la possibilità di tale sequestro il cui oggetto non è riguardante i beni direttamente costituenti il profitto del reato, della espressione, riferita alla confisca ex art. 12-bis del dlgs n. 74 del 2000, “quando essa non è possibile” è disposta “la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un va corrispondente a tale (…) profitto” (sulla natura sussidiaria della confisca per equivalente si veda: Corte di cassazione, Sezione IV penale, 25 luglio 2022, n. 29397, rv 283388); ma una tale problematica è destinata ad entrare in giuoco, rileva il Collegio, non in sede di adozione del provvedimento cautelare, bensì, in sede di sua esecuzione in quanto solo in tale fase sarà possibile verificare – sebbene ciò non richieda necessariamente l’espletamento di approfondite indagini patrimoniali, essendo sufficiente che ciò emerga anche in esito ad un sommario, ma non per questo solo declamato e non effettivamente svolto, esame dello stato patrimoniale del soggetto attinto del sequestro nella forma diretta – la reale incapienza del patrimonio di quest’ultimo, dovendosi, pertanto, procedersi, in tale evenienza, anche alla esecuzione del sequestro nella forma per equivalente; sarà, peraltro, sempre, possibile al soggetto inciso in maniera sussidiaria di opporsi all’esecuzione del provvedimento indicando agli organi attuativi di esso l’esistenza di beni patrimoniali ipoteticamente costituenti “direttamente” il profitto del reato in provvisoria contestazione sui quali eseguire prioritariamente il provvedimento Corte di Cassazione – copia non ufficiale
cautelare; cosa che inell’occasione /non risulta essere avvenuta, posto che, per come si legge nella ordinanza impugnata (ed il dato non risulta smentito da costoro) dagli attuali ricorrenti, allora reclamanti, non sono “stati forniti (…) elementi concreti in tal senso”, cioè nel senso della attitudine del patrimonio della RAGIONE_SOCIALE a “soddisfare integralmente la richiesta di sequestro”.
La circostanza che, nell’occasione, i ricorrenti lamentino aspetti non connessi alla esecuzione del sequestro ma alla sua stessa, come rilevato legittima, adozione rende inammissibile il motivo di doglianza.
Anche il secondo motivo di ricorso risulta essere inammissibile; premesso che il sequestro in questione è stato disposto, in forma diretta, anche in danno dei due odierni ricorrenti in proprio in quanto esso potesse riguardare beni che “dovessero risultare nella disponibilità giuridica degli stessi quale conseguenza, anche indiretta o mediata, del reato” (quindi in quanto tali beni potessero costituire, anche attraverso il suo reimpiego, il profitto del reato in provvisoria contestazione) deve ritenersi che, laddove tale legame non fosse stato evidenziabile, si sarebbe dovuto parlare di un, peraltro apparentemente legittimo, sequestro per equivalente; non è, a questo punto, chiaro che cosa abbiano voluto intendere i ricorrenti allorché hanno riferito che, una volta ridotto l’ammontare finanziario dei sequestro, la “Procura ha dissequestrato i beni della società e non quelli degli indagati”; né è stata chiarita la rilevanza nella presente sede di tale dato; si tratta, infatti, di questione eventualmente afferente alla fase esecutiva del (dis)sequestro – o, meglio, alla fase della restituzione dei beni già oggetto di sequestro, essendo stato questo in parte revocato, con conseguente riduzione del valore dei beni provvisoriamente ablati – le cui modalità realizzative, ove contestate, debbono, in prima battuta, formare oggetto di opposizione al Pm, organo della esecuzione del provvedimento, e, solo in caso di rigetto di questa, di incidente di esecuzione da svolgere di fronte al Gip (in argomento: Corte di cassazione; sezione III penale, 17 luglio 2023, n. 30968, rv 284933, nella quel è precisato che è competenza del Gip provvedere, ex art. 263, comma 5, cod. proc. pen., sull’opposizione al decreto del Pubblico ministero di rigetto della richiesta di restituzione delle cose in sequestro). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Inammissibile è anche il terzo motivo di ricorso; la circostanza che il Tribunale del riesame abbia ritenuto che la fittizietà della fatture di cui alla provvisoria imputazione fosse soggettiva e non oggettiva – come, invece, prospettato in sede di formulazione della richiesta di sequestro preventivo non vale certamente, attesa la parificata rilevanza penale delle due ipotesi di
frode fiscale (sul punto: Corte di cassazione, Sezione III penale, 20 gennaio 2020, n. 1998, rv 278378), ad integrare, stante anche la ovvia fluidità della imputazione nella presente fase del procedimento, la violazione delle disposizioni in ordine alla corrispondenza fra il chiesto ed il pronunziato che, d’altra parte, sono, anche topograficamente, collocate fra le norme riferite alla fase del giudizio e non fra quelli riguardanti la fase delle indagini preliminari (sulla naturale “fluidità” della provvisoria imputazione nella fase delle indagini preliminari e sulla possibilità che compete al Tribunale del riesame di conformazione della imputazione, cfr.: Corte di cassazione, Sezione II penale, 17 giugno 2024, n. 23954, rv 286515).
Non è, peraltro, fuor di luogo ricordare, e ribadire, che per aversi mutamento del fatto, tale da comportare il rilevante differenziarsi fra la imputazione contestata ed il fatto ritenuto nel provvedimento giurisdizionale, occorre che questo abbia subito una trasformazione radicale dei suoi elementi essenziali e della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo tale che si configuri un’incertezza sull’oggetto della imputazione, dalla quale scaturisca un reale pregiudizio dei diritti esercitabili dalla difesa (Corte di cassazione, Sezione III penale, 9 giugno 2023, n. 24932, rv 284846).
Cosa che non appare essersi realizzata allorché è stata prospettata la sola inesistenza soggettiva e non oggettiva delle operazioni commerciali documentate con le fatture di cui alla provvisoria imputazione.
Identica sorte del precedenti motivi di impugnazione quella del quarto motivo di censura; con esso il ricorrente lamenta la apparente contraddittorietà della motivazione della ordinanza impugnata in quanto in essa, dapprima, si rileva che le operazioni di acquisto del materiale td:airtz= trattato dalla RAGIONE_SOCIALE (si trattava di accumulatori elettrici esausti) presso la RAGIONE_SOCIALE sarebbero fittizie, essendo quest’ultima una mera impresa “cartiera”, ma, successivamente, si rileva che effettivamente RAGIONE_SOCIALE aveva conferito per lo smaltimento il predetto genere di oggetti tramite il RAGIONE_SOCIALE; si tratta di argomento non solo non deducibile nella presente fase del giudizio – in quanto doglianza riguardante la tenuta motivazionale del provvedimento impugnato, non suscettibile di formare oggetto di ricorso per cassazione avverso il provvedimento cautelare reale a mente dell’espresso tenore letterale dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., secondo il quale i provvedimenti del tipo ora delineato sono passibili di ricorso per cassazione solo per violazione di legge – ma anche di argomento non concludente, posto
che la natura meramente fittizia dei rapporti commerciali ipoteticamente intercorsi fra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE non è in contrasto logico con il fatto che la IT fosse nella disponibilità dei beni da essa conferiti al RAGIONE_SOCIALE, ben potendo essere stati questi acquisiti da IT presso altro o altri fornitori in assenza della prescritta documentazione (si direbbe “in nero”) la quale sarebbe stata poi rilasciata da RAGIONE_SOCIALE a fini di esclusiva “regolarizzazione” in chiave fiscale; cosa questa che la riqualificazione dell’illecito, consistente nell’utilizzo di fatture solo soggettivamente inesistenti, lascia in maniera trasparente intuire.
Anche con il successivo quinto motivo di ricorso è attaccata la motivazione della ordinanza impugnata, per non essere stati adeguatamente esaminate talune delle doglianze formulata in sede di ricorso cautelare dalla difesa della RAGIONE_SOCIALE e dei suoi amministratori; anche in questo caso l’esistenza di un “limite” alla tipologia dei temi suscettibili di costituire argomento impugnatorio dei provvedimenti cautelari reali, sancito dal citato comma 1 dell’art. 325 cod. proc. pen., che esclude da essi le doglianze riguardanti appunto la motivazione del provvedimenti impugnato, destina verso la inammissibilità il motivo di impugnazione così descritto.
Il successivo sesto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Esso è articolato sulla dichiarata mancanza dell’elemento soggettivo del reato in provvisoria contestazione, tale da far ritenere che di esso non ricorra neppure il fumus.
Ora, sebbene deve concordarsi con i ricorrenti nella affermazione secondo la quale in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato che coinvolge tutti gli elementi della fattispecie contestata – sicché lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato – deve, tuttavia, anche confermarsi che, per essere riscontrata la carenza di tale elemento, essa deve emergere ictu ()cui/ (infatti, in tale senso: Corte di cassazione, Sezione III penale, 12 giugno 2019, n. 26007, rv 276015; Corte di cassazione, Sezione II penale, 3 maggio 2016, n. 18831, rv 266896); nella presente occasione, senza che debba fare velo il dato connesso alla tipologia dell’elemento soggettivo dei reato in attuale contestazione (si tratta, infatti, di un reato caratterizzato dal dolo specifico e non dal solo dolo generico), si rileva che gli stessi ricorrenti hanno ritenuto necessario argomentare per ben sei pagine la ritenuta carenza dell’elemento soggettivo, il che consente con tranquillità di affermare, senza
neppure dover entrare nel merito della doglianza, che la stessa non era tale da evidenziare primo visu la carenza dell’elemento soggettivo previsto per il reato in provvisoria contestazione in capo ai due indagati e, pertanto, essa è inammissibile
Ammissibile e fondato è, a differenza dei precedenti, il motivo di impugnazione da ultimo articolato dai due indagati; con esso è lamentata la omessa motivazione della ordinanza reiettiva del reclamo cautelare in punto di ricorrenza del pericolo nel ritardo.
Come questa Corte ha, infatti, puntualizzato il provvedimento di sequestro preventivo funzionale alla confisca ex art. 12-bis del dlgs n. 74 del 2000 deve contenere la concisa motivazione anche del pericolo nel ritardo, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria, in termini di imprescindibilità, l’anticipazione dell’effetto ablatorio rispetto alla definizione del giudizio, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi il pericolo di dispersione, utilizzazione o alienazione del bene al generico riferimento alla natura fungibile del danaro (Corte di cassazione, Sezione III penale, 17 giugno 2024, n. 23936, rv 286671; Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 11 ottobre 2021, n. 36959, rv 281848).
Nel caso ora in esame, pur avendo il Tribunale di Napoli dato correttamente atto della circostanza che i ricorrenti avevano segnalato la carenza di motivazione in ordine al periculum che viziava il provvedimento reclamato, nel ritenere non fondato il motivo allora dedotto, il giudice del riesame cautelare si è limitato ad osservare che “la natura fungibile del denaro e l’inesistenza di alcun vincolo di scopo sulle provviste economiche in sequestro, unitamente alla consapevolezza, per gli indagati, di essere sottoposti a procedimento penale, con conseguente possibilità di dispersione anche dei beni oggetto della confisca per equivalente, rende in concreto sussistente il periculum cui è sottesa la misura cautelare”.
Si tratta, come è agevole ricontrare, di motivazione bon é tout faire, e come tale apparente, nel senso che la stessa sarebbe, in sostanza, idonea a giustificare qualunque sequestro preventivo che avesse ad oggetto somme di danaro o altri beni fungibili e che non fosse stato disposto a sorpresa (cosa che in materia tributaria, nella quale la contestazione penale è assai frequentemente preceduta da un’attività di verifica fiscale operata in sede amministrativa, appare di non abituale occorrenza), senza che sia stata in alcun modo esplicitata dal giudice del riesame la esistenza di una situazione di
pericolo riscontrabile (non genericamente rispetto alla posizione di ogni indagato per reati fiscali ma) specificamente rispetto alla presente fattispecie.
Non vale a determinare la inammissibilità anche del presente motivo di impugnazione il fatto che lo stesso possa apparire rivolto ad evidenziare non un’ipotesi di violazione di legge ma la motivazione del provvedimento; come infatti questa Corte ha più volte rilevato, in tema di impugnazione di misure cautelari reali, rientrano nella nozione di violazione di legge, per la quale soltanto può essere proposto ricorso per cassazione ex art. 325, comma 1, cod. proc. pen., anche l’assoluta mancanza di motivazione e la motivazione apparente, sicché il Tribunale del riesame, a fronte di specifiche censure mosse dal ricorrente, è tenuto, nei limiti del giudizio cautelare, a fornire una motivazione circa l’infondatezza, l’indifferenza o la superfluità degli argomenti opposti con il ricorso che esponga le ragioni per le quali il ricorso è stato respinto, incorrendo – nel caso in cui renda una motivazione che non consenta di rilevare le ragioni che, quanto al caso in esame, lo hanno indotto a respingere la istanza del ricorrente – nella denunciata violazione di legge, cui consegue l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza (Corte di cassazione, Sezione II penale, 11 settembre 2023, n. 37100, rv 285189; Corte di cassazione, Sezione IV penale, 7 ottobre 2014, n. 43480, rv 260314).
La ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con esclusivo riferimento alla assenza di effettiva motivazione in relazione alla sussistenza del requisito del pericolo nel ritardo, con rinvio al Tribunale di Napoli, che, in diversa composizione personale, valuterà il profilo rimasto inoptato, essendo, viceversa, risultati inammissibili, come dianzi illustrato, gli altri motivi di impugnazione
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
GLYPH
Il Presidente