LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro preventivo: motivazione su fumus e periculum

La Cassazione ha rigettato il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo per equivalente di oltre 500.000 euro, emessa per un’ipotesi di truffa. La Corte ha chiarito che, ai fini del sequestro preventivo, la valutazione del *fumus commissi delicti* è sommaria e riguarda la configurabilità astratta del reato, mentre il *periculum in mora* deve essere motivato con elementi concreti, sia oggettivi che soggettivi, che indichino un reale rischio di dispersione del patrimonio, anche in caso di beni fungibili come il denaro.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: la Cassazione ribadisce i requisiti di motivazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione del sequestro preventivo, specialmente quando finalizzato alla confisca, anche per equivalente. La decisione analizza in dettaglio i due pilastri su cui deve reggersi la misura: il fumus commissi delicti e il periculum in mora. La Corte sottolinea la necessità di una motivazione non apparente, ma ancorata a elementi concreti, per giustificare il vincolo sui beni di un indagato. Questo principio si rivela cruciale per bilanciare le esigenze investigative con la tutela del diritto di proprietà.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine per truffa aggravata legata a crediti d’imposta per ristrutturazioni edilizie. Un professionista veniva indagato per aver partecipato a un presunto schema fraudolento. Secondo l’accusa, egli avrebbe inoltrato telematicamente all’Agenzia delle Entrate le comunicazioni relative all’opzione per lo ‘sconto in fattura’ per conto di ignari e fittizi beneficiari, a favore di una società edile. Sulla base di tali accuse, il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva un sequestro preventivo, diretto e per equivalente, per un valore di oltre 568.000 euro nei confronti del professionista.

L’indagato presentava richiesta di riesame, ma il Tribunale confermava la misura cautelare. Contro tale decisione, il professionista proponeva ricorso per cassazione, lamentando una motivazione carente o meramente apparente su punti fondamentali.

Le doglianze del ricorrente

Il ricorso si fondava principalmente su tre critiche:

1. Mancanza del fumus commissi delicti: La difesa sosteneva che gli elementi a carico fossero insufficienti per configurare un quadro indiziario solido, riducendo la condotta del professionista a una circostanza ‘neutra’.
2. Carenza del periculum in mora: Si contestava che il Tribunale avesse desunto il pericolo di dispersione dei beni in modo generico, basandosi unicamente sulla natura del reato e su un presunto pericolo di reiterazione, senza indicare elementi oggettivi o soggettivi specifici che facessero temere un depauperamento del patrimonio.
3. Assenza di nesso tra beni e reato: Si lamentava la mancata indicazione del collegamento causale tra i beni sequestrati e il presunto profitto del reato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato, offrendo una disamina precisa dei requisiti del sequestro preventivo.

La valutazione del Fumus Commissi Delicti

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: in sede di riesame di una misura cautelare reale, il giudice non deve compiere un’analisi approfondita sulla colpevolezza, ma limitarsi a una valutazione sommaria della sussistenza del fumus commissi delicti. Il controllo deve vertere sull’astratta configurabilità del reato ipotizzato sulla base dei fatti presentati dall’accusa. Nel caso di specie, la condotta del professionista – che aveva inoltrato comunicazioni fiscali cruciali per la frode senza averne titolo – è stata ritenuta un elemento congruo per sussumere la sua condotta nell’ipotesi di concorso in truffa. Pertanto, la motivazione del Tribunale sul punto non è stata considerata né mancante né apparente.

Il requisito essenziale del Periculum in Mora nel sequestro preventivo

Il punto centrale della sentenza riguarda la motivazione del periculum in mora. Richiamando l’importante pronuncia delle Sezioni Unite ‘Ellade’, la Corte ha confermato che il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve sempre contenere una motivazione, seppur concisa, sul pericolo che i beni possano essere dispersi, modificati o alienati nelle more del giudizio.

Questo obbligo sussiste anche per i beni fungibili come il denaro. Una motivazione basata solo sulla fungibilità del bene sarebbe, infatti, meramente apparente. Il giudice deve indicare elementi specifici, che possono essere:

* Oggettivi: relativi alla consistenza quantitativa e qualitativa dei beni (ad es. l’ingente somma di denaro).
* Soggettivi: legati al comportamento dell’indagato, da cui si desume il rischio di atti volti a svuotare il patrimonio.

Nel caso in esame, il Tribunale aveva correttamente valorizzato sia elementi oggettivi (l’enorme cifra del profitto del reato), sia elementi soggettivi: la perseveranza e la sistematicità della condotta delittuosa, protrattasi per un lungo periodo (da aprile 2021 a gennaio 2022), e il suo ruolo chiave nella rete fraudolenta. Questi elementi, secondo la Cassazione, sono indici concreti di una ‘tendenza a delinquere nel settore’ e, di conseguenza, di un reale e attuale pericolo che il denaro potesse essere occultato per rendere inefficace la confisca.

Infine, riguardo all’ultimo motivo di ricorso, la Corte ha semplicemente ricordato che, trattandosi di sequestro preventivo disposto anche per equivalente, non è necessario, in questa fase, dimostrare il nesso di pertinenzialità tra i beni specifici sequestrati e il reato. La misura può infatti colpire qualsiasi bene di valore corrispondente al profitto illecito che si trovi nella disponibilità dell’indagato.

Le conclusioni

La sentenza riafferma la centralità dell’obbligo di motivazione per le misure cautelari reali, impedendo automatismi e motivazioni stereotipate. Per giustificare un sequestro, non basta la semplice sussistenza di indizi di reato. È indispensabile che il giudice spieghi, sulla base di elementi concreti e specifici legati al caso, perché esista un pericolo attuale di dispersione dei beni. La condotta passata dell’indagato, la sua sistematicità e il suo inserimento in contesti criminali complessi possono diventare elementi soggettivi decisivi per fondare tale pericolo, legittimando così l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca.

Per disporre un sequestro preventivo, quale livello di prova è necessario?
Non è richiesta una prova piena della colpevolezza, ma la sussistenza del cosiddetto fumus commissi delicti. Si tratta di una valutazione sommaria basata sulla congruità degli elementi presentati, sufficienti a rendere verosimile e configurabile in astratto l’ipotesi di reato contestata.

Il rischio di reiterazione del reato è sufficiente per motivare il pericolo di dispersione dei beni (periculum in mora)?
Non direttamente. Tuttavia, elementi che indicano una tendenza a delinquere, come la sistematicità e la durata della condotta criminale, possono essere considerati ‘elementi soggettivi’ che, insieme a elementi oggettivi (come la natura fungibile del denaro e l’ingente valore), fondano concretamente il pericolo che l’indagato possa disperdere il proprio patrimonio per sottrarlo alla futura confisca.

Nel sequestro per equivalente, è necessario dimostrare che i beni sequestrati derivano dal reato?
No. La caratteristica del sequestro per equivalente è proprio quella di poter colpire qualsiasi bene nella disponibilità dell’indagato, fino a concorrenza del valore del profitto o del prezzo del reato, quando non sia possibile sequestrare i beni che costituiscono il provento diretto dell’attività illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati