Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14527 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14527 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Rossano il 02/01/1963
avverso l’ordinanza del 04/12/2024 del Tribunale di Cosenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 04/12/2024, il Tribunale di Cosenza rigettava la richiesta di riesame che era stata presentata, ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., da NOME COGNOME contro il decreto del 04/11/2024 del G.i.p. del Tribunale di Castrovillari con il quale era stato disposto il sequestro preventivo diretto e per equivalente, ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., nei confronti dello stesso COGNOME, della somma di € 568.219,42.
Avverso tale ordinanza del 04/12/2024 del Tribunale di Cosenza, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME, NOME COGNOME affidato a un unico motivo, con il quale lamenta i vizi di cui all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., «in riferimento all’art.
125, comma 3 0 , C.P.P. per mancanza assoluta di motivazione o perché la stessa è meramente apparente in relazione agli artt. 321 e 325 c.p.p.».
2.1. Quanto alla motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine al requisito del fumus commissi delicti, il COGNOME nel contestare che il Tribunale di Cosenza abbia ritenuto che l’emissione, da parte sua, della fattura n. 21 (indicata nell’ordinanza con il n. 24) del 06/12/2021 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e l’incasso, mediante bonifico bancario, del relativo importo di C 6.344,00 costituisse «circostanza neutra», deduce: « plausibile ritenere che un concorrente nel reato di truffa emetta fattura ed incassi un bonifico per lo svolgimento di un’attività illecita?».
2.2. Quanto alla motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine al requisito del periculum in mora, dopo avere premesso che, in relazione al sequestro preventivo finalizzato alla confisca, la necessaria motivazione del periculum deve essere rapportata alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca – e, quindi, alle ragioni per le quali il bene, nelle more de giudizio, potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato o alienato il COGNOME contesta che la motivazione fornita al riguardo dal Tribunale di Cosenza, di cui al primo, secondo, terzo e quarto capoverso della pag. 6 dell’ordinanza impugnata, si baserebbe su argomenti apparenti, «in quanto fondati solo ed esclusivamente sui fatti accertati e sugli elementi costitutivi della condotta delittuosa contestata», e che «non centrano la nozione di periculum in mora quale presupposto di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 240 c.p.».
Il COGNOME rappresenta che tale periculum «non può essere desunto, per come fatto dal provvedimento, ripercorrendo la modalità fraudolenta dell’asserita condotta illecita del ricorrente, valorizzandone genericamente il pericolo di reiterazione», ma avrebbe dovuto essere desunto da elementi, oggettivi o soggettivi, che «lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del patrimonio».
Siffatti elementi non sarebbero stati in alcun modo indicati dal Tribunale di Cosenza, che si sarebbe piuttosto limitato «a rimarcare la modalità truffaldina dell’asserita condotta illecita del ricorrente, enfatizzandone – solo genericamente – il pericolo di reiterazione».
Il COGNOME aggiunge che, nell’ordinanza impugnata, la legittimità del sequestro preventivo sembrerebbe essere stata ritenuta in ragione della natura fungibile del denaro, «sebbene il sequestro abbia avuto ad oggetto ben due beni immobili del COGNOME Francesco, rispetto ai quali alcuna motivazione viene ad essere resa circa la necessità di anticipare l’effetto ablativo».
2.3. Il ricorrente contesta infine che, posto che «l bene profitto di reato è suscettibile di confisca diretta ogni qualvolta esso sia ricollegabile causalmente in
modo preciso all’attività criminosa posta in essere dall’agente» – con la conseguenza che «è necessario che siano indicati in modo chiaro gli elementi indiziari sulla cui base determinare come i beni sequestrati possano considerarsi in tutto o in parte l’immediato prodotto di una condotta penalmente rilevante o l’indiretto profitto della stessa» -, il provvedimento impugnato sarebbe «rimasto silente» anche in ordine a tale punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Si deve anzitutto rammentare che, come è stato da tempo chiarito dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692-01).
Tale principio è stato successivamente riaffermato da numerosissime pronunce delle sezioni semplici della Corte di cassazione, tra le quali le massimate: Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608-01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01.
È stato altresì precisato, sempre dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, che, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di «violazione di legge» per cui soltanto può essere proposto ricorso a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) del comma 1 dell’art. 606 dello stesso codice (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710-01. Successivamente, nello stesso senso: Sez. 5, n. 8434 del 11/01/2007, COGNOME, Rv. 236255-01; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, COGNOME, Rv. 242916-01; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119-01).
Ciò rammentato, il motivo non è consentito nella parte che concerne il requisito del fumus commissi delicti mentre non è fondato nelle restanti due parti.
Quanto alla parte del motivo che concerne il requisito del fumus commissi delicti, è opportuno rammentare che le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno da tempo precisato che, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame
o della Corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta a indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e alla gravità degli stessi (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, COGNOME, Rv. 215840-01).
In sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata (Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, COGNOME, Rv. 266896-01; Sez. 4, n. 23944 del 21/05/2008, COGNOME, Rv. 240521-01).
È altresì consolidato l’orientamento della Corte di cassazione secondo cui, in sede di riesame del sequestro, il Tribunale deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, astraendo non dalla concreta rappresentazione dei fatti quali risultano allo stato degli atti, ma solo ed esclusivamente dalla necessità di ulteriori acquisizioni e valutazioni probatorie, sicché l’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipizzata dalla norma incriminatrice (ex plurimis: Sez. 2, n. 19682 del 13/04/2022, Osella, non massimata sul punto).
Nel caso in esame, il Tribunale di Cosenza ha ritenuto il fumus del concorso del COGNOME nella truffa che era stata commessa mediante l’emissione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di fatture per inesistenti operazioni di recupero del patrimonio edilizio e il successivo inoltro all’Agenzia delle entrate, da parte degli ignari fit beneficiari della relativa detrazione fiscale, delle comunicazioni telematiche con le quali rendevano noto alla stessa Agenzia di avere optato per il cosiddetto “sconto in fattura” che sarebbe stato loro praticato da RAGIONE_SOCIALE, sulla base degli elementi che: a) a tali comunicazioni aveva provveduto proprio il COGNOME senza che risultasse essergli stato conferito alcun incarico in tale senso da parte dei presunti clienti di RAGIONE_SOCIALE; b) il COGNOME non era neppure il depositario delle scritture contabili di RAGIONE_SOCIALE Pertanto, non si comprendeva a che titolo il COGNOME avesse inviato telematicamente all’Agenzia delle entrate le comunicazioni della cessione del credito d’imposta in favore di RAGIONE_SOCIALE
Tale motivazione del fumus del concorso del COGNOME nella contestata truffa è tutt’altro che apparente – e risulta, anzi, del tutto congrua -, con la conseguenza che la doglianza del ricorrente, in quanto prospetta una mera asserita illogicità della stessa motivazione, per quanto si è detto al punto 1, non è consentita.
4. Quanto alla parte del motivo che concerne il requisito del periculum in mora, si deve rammentare che le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno statuito che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848-01. Successivamente, nello stesso senso, tra le tante: Sez. 3, n. 49491 del 04/11/2022, COGNOME, Rv. 283993-01; Sez. 3, n. 46245 del 18/10/2022, COGNOME, Rv. 283836-01; Sez. 3, n. 47054 del 22/09/2022, COGNOME, Rv. 283910-01, la quale ha precisato come la necessità della suddetta motivazione operi sempre, essendo irrilevante la distinzione tra confisca facoltativa e obbligatoria e tra confisca diretta e per equivalente, con la sola eccezione della confisca delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato).
Ne consegue che il giudice dovrà perciò sempre indicare «le ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato» (così la sentenza delle Sezioni unite Ellade al punto 7 del Considerato in diritto).
Successivamente, è stato altresì affermato, in modo pienamente condivisibile, che la necessità di motivare sul periculum sussiste anche nel caso di sequestro di beni fungibili, quali, ad esempio, il denaro, e che una motivazione che fosse imperniata sulla fungibilità di tale bene si risolverebbe in una vera e propria mancanza di motivazione sul periculum (Sez. 3, n. 9206 del 07/11/2023, dep. 2024, Fiore, Rv. 286021, punti 6.5 e 6.6 del Considerato in diritto, la quale ha osservato come, del resto, nel caso che era stato deciso con la sentenza NOME, oggetto di apprensione fosse anche il denaro).
Quanto al contenuto della motivazione del periculum in mora, è stato chiarito che questo può essere desunto sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi debbano necessariamente concorrere (Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022, COGNOME, Rv. 283769-01).
Venendo al caso in esame, il Tribunale di Cosenza ha così motivato sul periculum: «il considerevole periodo di tempo nel quale le condotte delittuose del COGNOME si sono estrinsecate (da aprile 2021 a gennaio 2022) e il suo inserimento (con il compito ben preciso di inoltro dei documenti per il perfezionamento delle procedure, in assenza di qualsivoglia incarico da parte dei clienti) nella rete creata ad hoc per l’illecito incameramento del credito d’imposta, sono indici rivelatori della tendenza a delinquere nel settore e, conseguentemente del pericolo che il denaro oggetto della misura ablativa anticipatoria, possa essere disperso, in modo da rendere inefficace la confisca. Il tutto milita per la non occasionalità de fenomeno, con evidenti ricadute in punto di pericolo di reiterazione del reato. Peraltro, proprio la tipologia del denaro oggetto del sequestro, che costituisce bene fungibile per eccellenza rende non apparente, ma realmente esistente, una motivazione facente leva sul fatto che dalla permanente disponibilità di esso anche in considerazione della sua qualità, si possa desumere la dispersione in ragione della difficile rintracciabilità e, di conseguenza, del recupero ai fini della confis in caso di condanna».
Con tale motivazione, il Tribunale di Cosenza si è attenuto ai principi che si sono esposti sopra, avendo valorizzato non solo l’elemento oggettivo della natura fungibile del denaro (rispetto alla quale si deve evidenziare anche la consistenza quantitativa del profitto determinante il quantum sequestrabile e, poi, confiscabile, pari alla rilevante cifra di C 568.2019,42), ma anche, e soprattutto, elementi soggettivi, desunti dal comportamento del commercialista COGNOME la cui perseveranza nel tempo nel compimento delle condotte delittuose (da aprile 2021 a gennaio 2022) e il cui inserimento a pieno titolo nella rete che era stata creata ai fini dell’ottenimento dei crediti d’imposta pur in difetto dei relativi presuppos costitutivi – con l’indispensabile ruolo di inoltrare all’Agenzia delle entrate comunicazioni con le quali gli ignari fittizi beneficiari dell’agevolazione fiscal comunicavano l’opzione per il cosiddetto “sconto in fattura” (che sarebbe stato praticato loro da RAGIONE_SOCIALE) -, si dovevano ritenere elementi soggettivi tali da fare fondatamente temere che l’onerato potesse compiere atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, così da giustificare l’esigenza anticipatoria del sequestro.
Si tratta di una motivazione che, oltre a essere esistente, non si può ritenere meramente apparente e che, pertanto, per quanto si è detto al punto 1, si sottrae a censure in sede di ricorso ex art. 325, comma 1, cod. proc. pen.
5. Anche l’ultima parte del motivo (punto 2.3 del Ritenuto in fatto) non è fondata, atteso che, posto che il sequestro della somma di C 568.219,00 è stato disposto non solo in via diretta ma anche per equivalente, si deve ritenere che, nell’attuale fase procedimentale, lo stesso sequestro sia stato legittimamente
disposto in misura pari al profitto delle truffe corrispondente ai crediti d’imposta inesistenti fraudolentemente generati e utilizzati in compensazione da Euro Cosma
RAGIONE_SOCIALE
6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al
pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07/03/2025.