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Sequestro preventivo: motivazione sempre obbligatoria

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14047/2024, ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo a carico di una società. Il caso riguardava la necessità di motivare il ‘periculum in mora’ (rischio di dispersione dei beni) anche quando il sequestro è finalizzato a una confisca obbligatoria, come previsto dal D.Lgs. 231/2001. La Corte ha stabilito che non è sufficiente una motivazione apparente o presunta; il giudice deve analizzare concretamente la consistenza patrimoniale dell’ente e indicare le ragioni specifiche che giustificano il timore di una dispersione dei beni prima della sentenza definitiva. La decisione rafforza le garanzie per le imprese sottoposte a sequestro preventivo.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo 231: la Cassazione impone una motivazione concreta sul rischio di dispersione dei beni

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 14047/2024) ha riaffermato un principio di garanzia fondamentale per le imprese: il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche quando questa è obbligatoria per legge, deve essere sempre supportato da una motivazione specifica e concreta sul periculum in mora, ovvero il rischio effettivo che i beni vengano dispersi prima della fine del processo. Una motivazione generica o presunta non è più sufficiente, segnando un punto a favore della tutela del patrimonio aziendale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine a carico di una società per responsabilità amministrativa ai sensi del D.Lgs. 231/2001, in relazione a reati quali indebita percezione di erogazioni pubbliche e truffa ai danni dello Stato. Il Tribunale del riesame aveva confermato un decreto di sequestro preventivo sul profitto derivante da tali illeciti.

La società ricorrente, pur avendo documentato l’ampia capienza del proprio patrimonio a garanzia di un’eventuale futura confisca, si è vista rigettare l’istanza. Il Tribunale aveva infatti ritenuto che, trattandosi di confisca obbligatoria, il periculum in mora fosse sostanzialmente presunto (in re ipsa), affermando che l’attuale solidità patrimoniale non escludeva la possibilità che i beni potessero essere “dissolti” nelle more del giudizio.

La Decisione della Cassazione: il Sequestro Preventivo esige una motivazione effettiva

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società, annullando l’ordinanza impugnata. La decisione si fonda sul principio, già consolidato dalle Sezioni Unite nella nota sentenza “Ellade” (n. 36959/2021), secondo cui qualsiasi provvedimento di sequestro preventivo, anche se finalizzato a una confisca obbligatoria, deve contenere una motivazione non solo sul fumus boni iuris (la probabile fondatezza dell’accusa), ma anche e soprattutto sul periculum in mora.

La Corte ha censurato l’argomentazione del Tribunale, definendola una “motivazione solo apparente”. Affermare che “l’attuale capienza del patrimonio non garantisce nulla sulla concreta possibilità che lo stesso possa essere dissolto” è una clausola di stile che non analizza il caso specifico. Non basta ipotizzare un rischio astratto; il giudice deve indicare gli elementi concreti e specifici dai quali desume il pericolo che i beni possano essere modificati, dispersi, deteriorati o alienati.

Le Peculiarità nel Contesto del D.Lgs. 231/2001

La sentenza sottolinea come questo obbligo di motivazione sia ancora più stringente quando il sequestro è disposto nell’ambito di un procedimento per responsabilità amministrativa degli enti. In questo contesto, la confisca non è solo una misura di sicurezza, ma una vera e propria sanzione. Il sequestro, pertanto, si traduce in un’anticipazione della sanzione stessa, con effetti potenzialmente devastanti per la continuità aziendale.

Un sequestro indiscriminato, basato su un periculum solo presunto, potrebbe compromettere irreversibilmente la sopravvivenza dell’impresa, andando contro lo stesso spirito del D.Lgs. 231/2001, che prevede anche strumenti per il recupero della legalità e la prosecuzione dell’attività.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito che la natura del sequestro preventivo è quella di una misura cautelare volta a preservare gli effetti di una futura decisione. Tale finalità impone una valutazione della proporzionalità e adeguatezza del vincolo. Il giudice del rinvio dovrà quindi compiere una valutazione approfondita, che non si limiti a un mero confronto matematico tra il valore del profitto confiscabile e il patrimonio dell’ente.

Dovrà, invece, analizzare la composizione del patrimonio societario, distinguendo tra beni immobili, beni produttivi, liquidità facilmente distraibile e altri asset. L’analisi deve mirare a stabilire se, in base alla tipologia dei beni e alla loro destinazione all’attività produttiva, esista un rischio effettivo e attuale di sottrazione alla garanzia dello Stato. La semplice sproporzione tra patrimonio e profitto non è, di per sé, un elemento dirimente. Occorre verificare la presenza di indici concreti di condotte elusive, di occultamento o di dissipazione.

Le Conclusioni

La sentenza 14047/2024 rappresenta un’importante affermazione dei principi di garanzia e proporzionalità. Per le imprese, significa che un sequestro preventivo non può più essere giustificato da formule generiche. La difesa potrà esigere dal giudice un’analisi puntuale e concreta del rischio di dispersione patrimoniale, fornendo a sua volta tutta la documentazione utile a dimostrare la solidità e la stabilità del patrimonio aziendale. Si tratta di un passo fondamentale per evitare che una misura cautelare si trasformi, di fatto, in uno strumento eccessivamente afflittivo e potenzialmente letale per la vita di un’azienda, prima ancora che ne sia accertata la responsabilità definitiva.

È sufficiente che la confisca sia obbligatoria per giustificare un sequestro preventivo senza una motivazione specifica sul rischio di dispersione dei beni?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che anche in caso di sequestro finalizzato a una confisca obbligatoria, il provvedimento deve sempre contenere una motivazione specifica e concreta sul ‘periculum in mora’, cioè sul rischio effettivo che i beni possano essere dispersi.

Cosa deve valutare il giudice per motivare adeguatamente il ‘periculum in mora’ in un sequestro preventivo contro una società?
Il giudice deve analizzare l’entità e la composizione del patrimonio della società (beni immobili, beni produttivi, liquidità, etc.), la loro destinazione all’attività aziendale e l’eventuale presenza di indici concreti che facciano temere condotte elusive, di occultamento o dissipazione dei beni in vista della futura confisca.

Un’eventuale sproporzione tra il patrimonio della società e il profitto da confiscare è di per sé sufficiente a dimostrare il ‘periculum’?
No. Secondo la sentenza, il mero dato della sproporzione tra il profitto confiscabile e il patrimonio dell’ente non è un elemento di per sé dirimente. È sempre necessaria una valutazione ulteriore che tenga conto dello stato patrimoniale complessivo e di indici concreti che rivelino un rischio di condotte elusive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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