Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9206 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9206 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MATERA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/06/2023 del TRIB. LIBERTA’ di POTENZA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 sig. COGNOME NOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 29 giugno 2023 del Tribunale di Potenza che ha rigettato la richiesta di riesame de decreto del 07/06/2023 del Gip del medesimo Tribunale che, ritenuta la sussistenza indiziaria dei reati di cui agli artt. 74, commi 2, 3, 4 e 5, 80 co 2, d.P.R. n. 309 del 1990, 61-bis cod. pen. (capo 1) e di cui agli artt. 81, 110 cod. pen., 73, commi 1 e 6, 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, 61-bis cod. pen. (capo 4), ha ordinato il sequestro preventivo finalizzato alla confis diretta del profitto dei reati o, in mancanza, di beni nella disponibilità indagati per un valore ad esso corrispondente quantificato nella misura di euro 4.284.700,00.
1.1.Con il primo motivo deduce la violazione degli artt. 125, comma 3, e 325, comma 1, cod. proc. pen. in relazione alla omessa e/o apparente motivazione ovvero alla carenza ed illogicità della motivazione stessa quanto alla sussistenza del periculum in mora
1.2.Con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 125, comma 3, e 325, comma 1, cod. proc. pen. in relazione alla omessa e/o apparente motivazione ovvero alla carenza ed illogicità della motivazione stessa in ordine a criteri di quantificazione dell’importo oggetto di sequestro e conseguentemente ai parametri di proporzionalità e adeguatezza del sequestro. Lamenta, in particolare, l’irragionevole ed immotivata determinazione del profitto confiscabil in relazione all’intero profitto conseguito dal sodalizio al quale, peraltro, a preso parte solo per un periodo limitato di tempo (marzo-agosto 2022).
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è fondato.
3.11 ricorrente è persona sottoposta a indagini per i reati di cui agli artt. commi 2, 3, 4 e 5, 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990 (capi 1), e 81, cpv. 110, cod. pen., 73, commi 1 e 6, 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 4). Gli viene contestato, in particolare, di aver preso parte ad un’associazione p delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo eroina, coca marijuana ed hashish collaborando stabilmente con uno degli organizzatori (tale COGNOME NOME) ed, in particolare, provvedendo al trasporto di sostan stupefacente destinato alla piazza di spaccio di Matera; il reato associativ contestato come commesso con condotta perdurante a partire da aprile/maggio
2022; quanto al reato-fine, gli viene contestato di avere, in concorso con COGNOME ed altre persone, tra cui tal COGNOME NOME, trasportato, cedu commercializzato e consegnato a fine di prova sostanza stupefacente del tipo marijuana stoccata in un magazzino messo a disposizione dal COGNOME o comunque occultata in stalli provvisori ubicati sulla pubblica via, in pezzatu comprese tra i 50 e i 200 grammi; il fatto è contestato come commesso dal 17 marzo 2022 al 9 agosto dello stesso anno.
3.1.Nell’ambito del procedimento in questione, il Gip ha decretato, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 73, comma 7-bis, 74, comma 7-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, e 321, comma 2, cod. proc. pen., il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto o del prodotto del reato mancanza, dei beni in disponibilità delle persone sottoposte a indagini per u valore corrispondente al detto profitto, quantificato nella misura di eu 4.284.700,00, decreto in esecuzione del quale sono stati sequestrati al ricorren beni mobili ed immobili come da verbale di esecuzione allegato al ricorso.
3.2.Incontestata (in questa sede) la sussistenza indiziaria dei reati, qua al perlculum in mora il Tribunale del riesame ne ribadisce la sussistenza in considerazione «del pericolo di dispersione insito nel denaro in ragione della sua fungibilità», nonché «della capacità degli indagati di porre in essere raffinate operazioni di reimpiego ovvero della loro possibilità di contare su terzi compiacenti in grado di movimentare il denaro, in gran parte detenuto in contanti, spostandolo al di fuori del territorio nazionale».
3.3.Quanto, invece, alla determinazione dell’importo, l’ordinanza fa riferimento al profitto conseguito dal sodalizio nel periodo di operatività de stesso, essendone il COGNOME un associato, non rilevando le date di commissione dei reati-fine e dei profitti conseguiti esclusivamente tramite la loro consumazione.
4.Con sentenza Sez. U. n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione hanno affermato il seguente principio di diritt «il provvedimento di sequestro preventivo di beni ex art. 321, comma 2, c.p.p., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 c.p., deve contenere la concisa motivazione anche del ‘periculum in mora’, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca prima della definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege» (Rv. 281848 – 01).
4.1.Non v’è dubbio – affermano le Sezioni Unite – che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca ha natura autonoma rispetto a quello cd. ‘impeditivo’ cui al primo comma dell’art. 321, cod. proc. pen.; ne è indice evidente, oltre a
distinta collocazione topografica all’interno della stessa norma, la diversa finalità, rapportata, nel caso del sequestro impeditivo, all’esigenza di evitare che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione di altri reati, e, nel caso del comma secondo (sequestro finalizzato alla confisca), all’esigenza di assicurare al processo cose di cui la legge prevede la confisca indipendentemente dalla “attitudine” delle stesse a dare luogo agli effetti e alle conseguenze, in termini di aggravamento, protrazione degli effetti, e reiterazione del reato, già considerati dal primo comma. Non per questo, però, la motivazione della misura adottata a fini di confisca può sempre esaurirsi nel dare atto, semplicemente, della confiscabilità della cosa.
4.2.In secondo luogo, proseguono, il sol fatto che gli effetti di misure limitative di diritti dell’imputato (ordinariamente condizionati all’affermazione di responsabilità o comunque all’accertamento del fatto) vengano anticipati rispetto alla decisione finale, esige un giudizio quanto meno di tipo prognostico non solo sul piano del “fumus” del reato ma anche sul piano della necessità di una anticipata esigenza ablatoria, attesa la complementarietà dei due profili. Affermare il contrario significa semplicemente motivare ciò che è richiesto ai fini della misura finale, in tal modo annullando ogni divaricazione tra il piano cautelare e il piano del giudizio, sì che, davvero, la mera confiscabilità finirebbe, inammissibilmente, per giustificare “ipso iure” il sequestro. Sul piano letterale, l’avverbio aggiuntivo “altresì” del comma 2 non può assumere alcun significato di esclusione di un onere motivazionale del giudice dovendo invece più pianamente essere interpretato nel senso che, accanto al sequestro impeditivo, il giudice può, “inoltre” (sinonimo, questo, appunto, di “altresì”), disporre anche il sequestro a fini di confisca.
4.3.In terzo luogo – aggiungono le Sezioni Unite -, un’esegesi riduttiva dell’onere motivazionale del provvedimento di sequestro a fini di confisca potrebbe comportare la violazione del principio di presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27, comma secondo, Cost. e di cui all’art. 6, § 2, Convenzione EDU: evidenti sarebbero infatti gli aspetti problematici di una soluzione ermeneutica in ragione della quale il provvedimento cautelare prescindesse da una concreta prognosi in ordine alla conseguibilità della misura ablativa finale, così non scongiurandosi la possibilità, esattamente antitetica al predicato costituzionale appena ricordato, che la misura cautelare possa incidere sui diritti individuali più di quanto non lo possa la pronuncia di merito; in altri termini, la risposta afflittiva, quale è anche quella propria della confisca, dovrebbe costituire il contenuto delle sole pronunce emesse a seguito di un giusto processo sul fatto colpevole e mai di provvedimenti disposti prima della soluzione giudiziaria definitiva.
4.4.Infine, l’obbligo del giudice di motivare il sequestro a fini di confisca anche in ordine al “periculum” corrisponde all’ineludibile esigenza di rispetto dei criteri di proporzionalità la cui necessaria valenza, con riferimento proprio alle misure cautelari reali, e in consonanza con le affermazioni della giurisprudenza sovranazionale, la Corte di cassazione ha ritenuto di dovere a più riprese rimarcare al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata, come peraltro già affermato dalle stesse Sezioni Unite in tema di motivazione del sequestro probatorio del corpo di reato (Sez. U, 19/04/2018, Botticelli, n. 36072, Rv. 273548 – 01). A tal proposito, le Sezioni Unite ribadiscono la centralità del principio di proporzionalità (e residualità) delle misure cautelari (anche) reali che è costantemente richiamato dalla giurisprudenza della Corte EDU nella valutazione delle ingerenze rispetto al diritto di proprietà tutelato dall’art. 1, Prot. 1, Convenzione EDU (Corte EDU, Grande Camera, 5/1/2000, caso COGNOME c. Italia; Corte EDU, Grande Camera, 16/7/2014, caso COGNOME c. Bosnia e Erzegovina), e costituisce anche uno dei principi generali del diritto dell’Unione (art. 52, § 1, C.F.D.U.E.; Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 3/12/2019, C-482/17, secondo cui il principio di proporzionalità «esige che gli strumenti istituiti da una disposizione di diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerli»). Tale principio, ricordano le Sezioni Unite, è stato espressamente richiamato dall’art. 1, § 3, del Regolamento 2018/1805 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca in materia penale, nonché dalla Direttiva 2014/42/UE del 3 aprile 2014 relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (in particolare dai “considerando” n. 17 e n. 18). Solo una soluzione ermeneutica che vincoli il sequestro preventivo funzionale alla confisca ad una motivazione anche sul “periculum in mora” sarebbe coerente con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale, evitando un’indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.5.Stabilito, pertanto, l’obbligo del giudice di motivare sulla sussistenza del “periculum”anche in caso di sequestro preventivo di cosa confiscabile, le Sezioni Unite affermano che tale motivazione non potrà che riguardare il pericolo di dispersione del bene prima della definizione del giudizio, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire impraticabile. Non rileva, di conseguenza, la natura (obbligatoria o facoltativa) della confisca, né la funzione concretamente assolta dalla stessa (misura di sicurezza, sanzione, misura
amministrativa). La natura “obbligatoria” della confisca non rende “obbligatorio” anche il sequestro ad essa funzionale, perché, ai sensi dell’art. 321, comma 2 cod. proc. pen., norma generale e onnicomprensiva, il giudice “può”, e quindi non “deve”, adottare la misura cautelare. Sicché, affermare che la motivazione del provvedimento di sequestro di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., dovrebbe sempre risolversi nel dare atto della confiscabilità della cosa perché gi tale caratteristica sarebbe indice di pericolosità oggettiva del bene, significa un lato, e in correlazione con la natura “proteiforme” della confisca, trascurare diversità sostanziale delle ipotesi per le quali il legislatore ha previsto la con di beni, peraltro non sempre incentrata sulla pericolosità del bene quanto piuttosto, in numerosi casi, espressiva, semplicemente, di intento sanzionatorio (come è, ad esempio, nei casi di confisca “per equivalente”), dall’altro, perveni ad una non consentita sovrapposizione della misura cautelare, da una parte, e di quella definitiva, dall’altra. Il giudice, dunque, dovrà sempre indicare le ragi per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, dispers deteriorato, utilizzato od alienato, anche in caso di sequestro preventivo di co soggetta a confisca obbligatoria.
4.6.Le Sezioni Unite sottolineano il parallelismo rispetto al sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen., che, analogamente, e co riferimento, tuttavia, alla necessità di garantire l’effettività delle statu relative al “pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato”, presenta le stesse caratteristi di preservazione della operatività di dette statuizioni, anch’esse condizionate a definitività della pronuncia cui accedono (Sez. U, 25/09/2014, n. 51660, COGNOME). Del resto, ricordano, anche in tema di sequestro impeditivo di cui al primo comma dell’art. 321, cod. proc. pen., è stata sottolineata la rilevanza de necessità di evitare che «il trascorrere del tempo possa pregiudicare irrimediabilmente l’effettività della giurisdizione espressa con la sentenza irrevocabile di condanna» (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, COGNOME), potendosi ricavare da ciò un’ulteriore conferma, in generale, della insostenibili di opzioni esegetiche che, sostanzialmente limitando l’onere motivazionale al solo aspetto del “fumus”, finiscono per obliterare la funzione precipua della cautela reale.
4.7.In conclusione, è il parametro della “esigenza anticipatoria” dell confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenut motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalment potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stat
interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del “periculum”, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio.
4.8.Questo spiega perché, invece, con riguardo alle cose “la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione costituisca reato” (art. 240 comma secondo, n. 2, cod. pen.), è sufficiente, secondo le Sezioni Unite, dare, semplicemente, conto, della confiscabilità del bene: difetta, in questi casi, presupposto della sentenza di condanna o di applicazione della pena. Ne consegue che l’esigenza anticipatoria verrà a ridursi alla sola attestazione del ricomprensione dell’oggetto tra quelli, appunto, di natura “illecita”, giacché g solo tale requisito finisce, con ogni evidenza, per esaurire la dimension “cautelare” connessa alla misura finale. Tale conclusione – ricordano le Sezioni Unite – è in linea con quanto affermato da Sez. U, n. 40847 del 30/05/2019, COGNOME, che, intervenute a risolvere il contrasto insorto sull’ambito applicabilità dell’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., hanno affermato che «solo la confisca delle cose oggettivamente criminose prescinde … dalla sentenza di condanna e può trovare applicazione anche nel caso di estinzione del reato», aggiungendo che, con il divieto di restituzione di cui all’art. 324, comma 7, cod proc. pen., l’ambito e gli effetti del riesame vengono «a concentrarsi sull’accertamento dell’illiceità intrinseca del bene in sequestro, mentre diviene irrilevante la verifica della motivazione del sequestro o della convalida», ben diversa essendo «la situazione negli altri casi di confisca obbligatoria, nei quali la con fiscabilità del bene dipende pur sempre dall’accertamento dell’esistenza di un’attività vietata» sicché «postulare il divieto di restituzione per un bene la cui detenzione o il cui uso non presenta profili di illiceità ha l’effetto di privare di rilevanza lo stesso giudizio di riesame, il che si pone in una logica antitetica rispetto a quella che ha spinto le Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n. 5876 del 28/0.1/2004, COGNOME, Rv.226713) ad affermare la necessità che il sequestro, anche se probatorio, sia sempre supportato da adeguata motivazione circa le finalità del vincolo (orientamento più di recente ribadito da Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv.273548)». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.9.Di conseguenza, concludono, non si sottrae all’onere motivazionale sul “periculum” nemmeno il sequestro preventivo del prezzo del reato che può essere confiscato solo in caso di condanna o comunque all’esito di un pieno accertamento, nel merito, della responsabilità dell’imputato, anche in caso d prescrizione del reato.
5.0ra, appare evidente che, a prescindere dallo specifico caso che aveva originato la rimessione della questione alle Sezioni Unite (il sequestro preventiv di alcuni beni immobili, costituenti profitto dei reati di abusiva raccolta
risparmio e truffa, che il tribunale del riesame aveva confermato ritenendo sufficiente, ai fini del secondo comma dell’art. 321 cod. proc. pen., la loro astratta confiscabilità ai sensi dell’art. 240, comma primo, cod. pen.), il principio di diritto dalle stesse affermato abbia una valenza “trasversale”, dichiaratamente applicabile a tutti i casi di confisca obbligatoria, qualunque sia la natura della confisca in vista della quale viene disposto il sequestro.
5.1.Di conseguenza, la natura obbligatoria della confisca, diretta o per equivalente, di cui agli artt. 73, comma 7-bis, e 74, comma 7-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, non esime il giudice della cautela dall’obbligo di dare conto delle ragioni della anticipata apprensione dei beni: la natura obbligatoria è predicato della confisca (pronunciata all’esito di sentenza di condanna), non del sequestro che la precede (in assenza di specifiche indicazioni di segno contrario; arg. ex art. 321, comma 2-bis, cod. proc. pen.).
6.Nel caso di specie, sono stati sottoposti a sequestro preventivo, finalizzato alla confisca (diretta o per equivalente) del profitto dei reati provvisoriamente contestati, denaro, beni mobili ed immobili intestati al ricorrente.
6.1.Questi lamenta che il ragionamento del Tribunale finisce per ritenere il “periculum in re Osa”, così di fatto vanificando l’obbligo di motivare in maniera specifica le ragioni attuali e concrete della cautela.
6.2.11 rilievo è fondato.
6.3.Come affermato (in motivazione) da Sez. U, n. 23 del 14/12/1994, dep. 1995, Adelio, Rv. 200114 – 01, «ancorché manchi per le misure caute/ari reali una previsione esplicità di concretezza come quella codificata per le misure sulla libertà personale alla lett. c) degli artt. 274 e 292 c.p.p. – è nella fisiologia de sequestro preventivo di cui all’art. 321, quale misura anch’essa limitativa di libertà costituzionalmente protette (cfr. art. 41 e 42 Cost.), che il pericolo debba presentare i requisiti della l’attualità e debba essere valutato in riferimento alla situazione esistente al momento dell’adozione della misura reale».
6.4.Per quanto il principio, successivamente ribadito da altre sentenze di questa Corte (Sez. 3, n. 42129 del 08/04/2019, COGNOME., Rv. 277173 – 01; Sez. 6, n. 56446 del 07/11/2018, COGNOME, Rv. 274778 – 01; Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, COGNOME, Rv. 272928 – 01), sia stato formulato con specifico riferimento al sequestro preventivo cd. impeditivo di cui al primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen., ciò nondimeno non v’è dubbio che il predicato della concretezza e attualità dell’esigenza cautelare che legittima la apprensione anticipata del bene da confiscare debba comunque riguardare anche il pericolo che la cosa possa essere dispersa prima della sua definitiva ablazione, così da vanificare la adozione della confisca stessa, pena l’inutilità del requisito stesso del periculum.
6.5.Nemmeno la natura fungibile del bene (per esempio, il denaro) esime il giudice dalla necessità di motivare sul perículum e sulla sua attualità e concretezza (in tal senso Sez. 3, n. 41602 del 14/09/2023, Testa, n.m., con richiamo a precedenti conformi; nello stesso senso anche Sez. 2, n. 13344 del 29/11/2022, dep. 2023, Porcile, n.m.; del resto, anche nel caso definito da Sez. U, Ellade, cit., oggetto di apprensione era anche il danaro).
6.6.Pertanto, la motivazione che, come nel caso di specie, faccia riferimento alla fungibilità del denaro si risolve, nei fatti, in una vera e propria mancanza di motivazione sul periculum, vizio certamente censurabile in questa sede ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen. Vizio, che peraltro, riguarda anche i beni mobili diversi dal denaro ed i beni immobili di cui non v’è menzione alcuna nel provvedimento impugnato.
6.7.Come più volte affermato da questa Corte, infatti, «in tema di riesame delle misure caute/ari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice» (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01; si vedano, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611-01, e, in motivazione, Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, COGNOME; tra le più recenti, Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Rv. 269119 – 01; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Rv. 257007-01; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Rv. 252430-01; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129 – 01).
6.8.Motivazione assente è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, n.m.; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, cit.) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Rv. 252898-01); motivazione apparente, invece è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Rv. 196361 – 01), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Rv. 197465-01; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Rv. 213486-01; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Rv. 233270-01; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Rv. 250482-01) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Rv. 190883-01; Sez. 6, n. 25631 del 24/05/2012, Rv. 254161 – 01) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di
fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Rv. 260314, secondo cui la motivazione dell’ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio è meramente apparente quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge – quando le argomentazioni in ordine al “fumus” del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto).
6.9.Nel caso di specie manca del tutto, come detto, una valutazione della concretezza e attualità del pericolo di dispersione dei beni del ricorrente che ne giustifichi l’anticipata ablazione.
6.10.Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Potenza.
7.Quanto, invece, all’importo del profitto confiscabile, si è affermato che il profitto del reato di associazione per delinquere, sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente, è costituito dal complesso dei vantaggi direttamente conseguenti dall’insieme dei reati fine, dai quali è del tutto autonomo e la cui esecuzione è agevolata dall’esistenza di una stabile struttura organizzata e dal comune progetto delinquenziale (Sez. 3, n. 8785 del 29/11/2019, Palmieri, Rv. 278256 – 02; Sez. 5, n. 15205 del 25/02/2016, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 266697 – 01; Sez. 3, n. 5869 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249537 – 01). Ciò sul rilievo che il delitto di associazione per delinquere é idoneo a generare un profitto, che é sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente – nei casi previsti dalla legge – in via del tutto autonoma rispetto a quello prodotto dai reati fine, e che è costituito dal complesso dei vantaggi direttamente conseguenti dall’insieme di questi ultimi, siano essi attribuibili ad uno o più associati, anche non identificati, posto che l’istituzione della “societas sceleris” è funzionale alla ripartizione degli utili derivanti dalla realizzazione del programma criminoso (Sez. 2, n. 30255 del 03/03/2017, COGNOME, Rv. 270705 – 01; Sez. 3, n. 44912 del 07/04/2016, COGNOME, Rv. 268772 – 01; Sez. 3, n. 26721 del 04/03/2015, COGNOME, Rv. 263945 – 01). E’ stato autorevolmente affermato che «di fronte ad un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Più in particolare, perduta l’individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato (entro logicamente i
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limiti quantitativi dello stesso), non essendo esso ricollegato (…) all’arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi» (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 239926 – 01, che ha dato atto della esistenza di un orientamento giurisprudenziale solo apparentemente contrastante, secondo cui, in caso di pluralità di indagati, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di profitto del reato a lui attribuibile, sempre che tale quota sia individuata o risulti chiaramente individuabile). È chiaro – affermano le Sezioni Unite – «che, ove la natura della fattispecie concreta e dei rapporti economici ad essa sottostanti non consenta d’individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo deve essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti».
7.1.Più recentemente si sta facendo strada nella giurisprudenza di legittimità l’indirizzo secondo il quale, in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, la misura cautelare può essere disposta indifferentemente nei confronti di ciascuno dei concorrenti nel reato anche per l’intera entità del profitto accertato, quantunque senza duplicazioni e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna, solo nel caso in cui la natura della fattispecie concreta ed i rapporti economici ad essa sottostanti non consentano d’individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto in concreto conseguita dai singoli concorrenti (Sez. 6, n. 33757 del 10/06/2022, COGNOME, Rv. 283828 – 01; Sez. 6, n. 6607 del 21/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281046 – 01; Sez. 1, n. 4902 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269387 – 01).
7.2.0ra, fermo restando che la questione relativa alla concreta determinazione del profitto, comportando valutazioni di natura fattuale, non può essere dedotta in questa sede se non nei limiti in cui tale determinazione è sindacabile ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., certo è, però, che le modalità stesse di quantificazione del profitto proiettano le loro conseguenze sul calcolo della porzione concretamente attribuibile all’azione del ricorrente.
7.3.Nel caso di specie, il profitto è stato determinato tenendo conto del quantitativo di sostanza stupefacente complessivamente introdotta dall’organizzazione dal 12/12/2019 al 08/03/2021 (pari a circa 526,5 chilogrammi di sostanza).
7.4.Appare allora agevole osservare che alcun apporto causale alla produzione di tale profitto può essere attribuito al ricorrente per il periodo
antecedente il suo ingresso nel sodalizio che la rubrica ipotizza come iniziato nel mese di aprile/maggio 2022. Risulta allora quantomeno problematico (l’ordinanza non lo spiega affatto) capire a che titolo al ricorrente sia imputabile la produzione di un profitto generato in un periodo nel quale egli non era certamente associato. La risposta a tale preciso rilievo non è stata fornita dall’ordinanza impugnata che, applicando in modo meccanico ed assoluto il principio della responsabilità solidaristica, si è sottratta ad esso.
7.5.Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente alla determinazione del profitto confiscabile al ricorrente e alla sussistenza delle esigenze cautelari anticipatorie.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione del profitto confiscabile e alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio su detti punti al Tribunale di Potenza competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso in Roma, il 07/11/2023.