Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20516 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20516 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Solofra il giorno DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO entrambi di fiducia avverso l’ordinanza n. 6/24 in data 08/02/2024 del Tribunale di Avellino in funzione di giudice del riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che con atto in data 5/4/2024 è stata richiesta dalla difesa del ricorrente la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecíes del d.l. 31 ottobre 2022, n. 1.62, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del dl. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO (anche in sostituzione del codifensore), che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 8 febbraio 2024, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di Avellino in funzione di giudice del riesame ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari della medesima città in data 11 gennaio 2024 nei confronti di NOME COGNOME (oltre che nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME).
In estrema sintesi, la vicenda in esame, per la parte che in questa sede interessa, trova origine dal fatto che NOME COGNOME (padre dell’odierno ricorrente) presentava all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Entrate in data 8 novembre 2021 due domande dichiarando di avere compiuto lavori sopra un immobile, sito in Solofra, per complessivi 250.000 euro rientranti nel “Bonus Ristrutturazione” per 90.000 euro – per i quali spetta il credito di imposta del 50% deducibile nei dieci anni successivi – e nel “Bonus Facciate” per 160.000 euro – per i quali spetta il credito di imposta del 90% egualmente deducibile nei dici anni successivi.
Ad NOME COGNOME era riconosciuto un credito di imposta di 189.000 euro che lo stesso cedeva a RAGIONE_SOCIALE il giorno 8 novembre 2021.
Sempre NOME COGNOME acquistava in data 27 dicembre 2021 da tale NOME COGNOME crediti per complessivi 3.600.000 euro a loro volta rientranti nei cosiddetti “Bonus Facciate”, “Ecobonus” e “Bonus Ristrutturazioni”. Detta situazione generava crediti di imposta per 3.815.000 euro che NOME COGNOME cedeva in blocco in data 7 gennaio 2022 al figlio NOME COGNOME.
NOME COGNOME, a sua volta, in data 20 novembre 2021 1 presentava all’RAGIONE_SOCIALE Entrate tre domande dichiarando di avere eseguito su altro immobile sito in Solofra lavori rientranti nel predetto bonus agevolabili per complessivi 271.000 euro.
Le indagini della Guardia di Finanza portavano però ad accertare che l’immobile sul quale NOME COGNOME – fla dichiarato di avere effettuato gli interventi apparteneva a tale NOME COGNOME, che si trattava di una unità immobiliare di recente costruzione e che nella stessa il predetto non era mai stato né residente, né conduttore.
Anche per quanto riguarda l’immobile sul quale NOME COGNOME ha dichiarato di avere eseguito i lavori in regime agevolato, è emerso che lo stesso era stato semplicemente oggetto di ordinaria manutenzione terminata vari anni prima.
Emergeva, inoltre, che nessuno degli interessati aveva avviato pratiche edilizie relative ai predetti immobili, che non erano pervenute ai competenti uffici dichiarazioni di efficientamento energetico e che nessuna fattura elettronica era stata emessa nei periodi di interesse a favore dei predetti a cura RAGIONE_SOCIALE imprese che avrebbero eseguito i lavori.
L’indagine veniva quindi estesa ai conti bancari degli interessati e, per quel che interessa in questa sede, emergeva che NOME COGNOME aveva aperto un conto corrente postale nel quale era stata esclusivamente accreditata la somma provento della cessione del credito a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di cui si è detto.
Tra le varie operazioni di uscita del denaro dal predetto conto emergeva l’emissione in data 8 marzo 2022 di un vaglia postale dell’importo di 5.000 euro a favore del figlio NOME COGNOME, odierno ricorrente.
NOME COGNOME e NOME COGNOME venivano quindi indagati per l’ipotizzato reato di cui all’art. 640-bis cod. pen.
Inoltre, essendo le somme ottenute attraverso la monetizzazione dei predetti crediti provento del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen., dato il lo successivo trasferimento su conti correnti di società od a favore di terze persone mediante plurime operazioni ragionevolmente finalizzate ad ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza, veniva contestato ad NOME COGNOME anche il reato di autoriciclaggio ex art. 648-ter.1 cod. pen.
A carico dei destinatari di tali versamenti – tra i quali l’odierno ricorrent NOME COGNOME – veniva ipotizzato il reato di riciclaggio ex art. 648-bis cod. pen.
A giustificazione del provvedimento di sequestro a carico di terzi, i Giudici della cautela osservavano che risultava plausibile allo stato RAGIONE_SOCIALE indagini che i figli di NOME COGNOME avessero verosimilmente conoscenza dell’origine delittuosa del denaro – al pari RAGIONE_SOCIALE reali condizioni dell’immobile per il quale il genitore aveva ottenuto indebitamente le agevolazioni statali – e ciò anche tenuto conto dei tempi RAGIONE_SOCIALE operazioni in relazione alle quali gli stessi non hanno fornito alcuna spiegazione alternativa.
Quanto al periculum in mora, il Tribunale affermava che il mantenimento in sequestro RAGIONE_SOCIALE somme sequestrate a carico dei figli di NOME COGNOME era necessario per scongiurare il pericolo, attuale e concreto, che dette somme possano essere ulteriormente trasferite od utilizzate, così determinando la definitiva dispersione del profitto RAGIONE_SOCIALE attività delittuose descritte.
Ricorrono per cassazione avverso la predetta ordinanza i difensori dell’indagato chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata e deducendo:
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. per omessa declaratoria di nullità del decreto di sequestro preventivo
(violando gli artt. 309, comma 9, e 324, comma 7 cod. proc. pen.) affetto da radicale mancanza di motivazione (artt. 125, comma 3, 321 comma 1, cod. proc. pen.) nella parte relativa al fumus e al periculum in mora necessari a disporre la misura reale nei confronti del ricorrente.
Dopo un ampio excursus sull’evoluzione giurisprudenziale relativo agli obblighi di motivazione in materia di sequestro, rileva parte ricorrente che nel decreto impugnato risulta mancante una motivazione sul fumus dell’ipotizzato delitto di riciclaggio in capo a NOME COGNOME e ciò sia sotto il profilo oggettivo ch sotto quello soggettivo.
Altrettanto difetterebbe qualsivoglia motivazione sul periculum legato alla impossibilità di non riuscire a recuperare in futuro il denaro sequestrato all’odierno ricorrente.
A ciò sia aggiunge l’osservazione che per il delitto di riciclaggio la confisca del profitto non è connmisurabile al valore del bene ricevuto ma al vantaggio economico che, rispetto a quel bene, ne trae l’autore della condotta.
2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. per apparenza della motivazione circa i presupposti del sequestro preventivo operato nei confronti del ricorrente in violazione degli artt. 125, comma 3, 127, comma 7, 321 comma 2, 324, comma 6, cod. proc. pen.
Rileva parte ricorrente che l’ordinanza impugnata sarebbe del tutto priva di una reale motivazione ai fini della corretta applicazione della misura ablativa,i1 tutto unito all’assenza del potere del Tribunale di supplire alla radicale mancanza di motivazione del decreto di sequestro.
Quanto al fumus delicti riguardante l’ipotizzato reato di riciclaggio, la motivazione dei giudici della cautela non darebbe alcun conto di quali sarebbero i comportamenti del ricorrente sussumibili nella previsione penalistica, non potendosi considerare che la ricezione di una somma di denaro possa costituire una RAGIONE_SOCIALE condotte alternative previste dall’art. 648-bis cod. pen. in assenza di elementi indiziari dai quali desumere comportamenti diretti a disperdere o rendere irriconoscibile la fonte illecita.
Lo scrivere, come ha fatto il Tribunale nell’ordinanza impugnata, che il ricorrente era “verosimilmente a conoscenza” della circostanza che il denaro accreditato dal padre fosse proprio quello derivante dall’indebita percezione del credito statale appare, secondo parte ricorrente, frutto di una mera illazione sfornita di supporto probatorio.
Analogamente il Tribunale avrebbe postulato senza dimostrazione l’esistenza di un periculum di dispersione del profitto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH
1. Il ricorso è fondato.
2. Occorre innanzitutto rilevare che nel caso in esame ci si trova in presenza di un sequestro preventivo di una somma di denaro non più nella diretta disponibilità del principale indagato NOME COGNOME ma già in quella del di lui figlio NOME, odierno ricorrente.
Sebbene NOME COGNOME sia indagato anche per il reato di autoriciclaggio (art. 648-ter.1, cod. pen.) la somma colpita dalla misura cautelare reale al momento del sequestro era già stata consegnata ad altro soggetto a sua volta indagato per il diverso reato di cui all’art. 648-bis cod. pen.,con la conseguenza che era necessario che i giudici della cautela motivassero sia in relazione al fumus delicti che in relazione al pericum in mora nei confronti dell’odierno ricorrente divenuto soggetto diretto destinatario del provvedimento cautelare.
3. Sulla base RAGIONE_SOCIALE premesse che precedono, deve evidenziarsi che nell’ordinanza di applicazione di misura cautelare (nei confronti di altri indagati) n. 3771/23 in data 11 gennaio 2024 del G.i.p. presso il Tribunale di Avellino e nel contestuale decreto di sequestro preventivo (integrato nel medesimo documento), gli unici richiami relativi alla posizione dell’indagato NOME COGNOME risultano dal testo del capo G della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni e nel punto (pag. 13) ove si menziona la circostanza che NOME COGNOME risulta beneficiario di un vaglia postale di euro 5.000.
Neppure nell’intestazione della predetta ordinanza/decreto è indicato il nominativo dell’odierno ricorrente e nel dispositivo del provvedimento è dato solo leggere “Dispone … il sequestro preventivo ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen., in relazione agli artt. 640-quater c.p., 648-quater c.p., 322-ter c.p. (capi B, D, F e G), della somma di euro 300.885,58 da eseguirsi pro quota in via indiretta o per equivalente nei confronti degli indagati”.
Si è poi già detto che nella successiva ordinanza del Tribunale del riesame, in relazione al fumus commissi delicti del reato di riciclaggio a carico di NOME COGNOME non risulta indicato alcun elemento se non il fatto che il ricorrente è figlio d NOME COGNOME e che lo stesso era “verosimilmente” a conoscenza della reale situazione dell’immobile asseritamente oggetto degli interventi edilizi finalizzati ingenerare l’insorgenza del credito di verso lo Stato.
E’ ben vero che il ricorrente non risulta aver fornito alcuna indicazione alternativa RAGIONE_SOCIALE ragioni di ricezione della predetta somma, tuttavia la mera ricezione della stessa (oltretutto di importo non particolarmente elevato) dal
proprio padre non può, in assenza di altri elementi, ritenersi elemento indiziario della consapevolezza della sua provenienza illecita.
Essendo il ricorrente destinatario di un vaglia postale era, infatti, quantomeno necessario che nei provvedimenti dei giudici del merito fossero indicati elementi in forza dei quali dedurre che l’odierno ricorrente poteva essere a conoscenza del fatto che la somma portata dal documento era stata prelevata dal conto postale sul quale erano stati versati dal padre i proventi del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. Ciò ancor più laddove nessuna indicazione è data trarre nella parte motiva dei provvedimenti dei giudici della cautela relativa ad un coinvolgimento diretto od indiretto dell’odierno ricorrente nelle attività delittuos che hanno portato all’emissione di misura cautelare personale nei confronti del padre.
I provvedimenti dei giudici della cautela reale sono altresì totalmente privi di motivazione circa il periculum della dispersione della somma di denaro rinvenuta in possesso di NOME COGNOME.
Il G.i.p. nulla ha, infatti, scritto sul punto ed il Tribunale, integrando provvedimento cautelare originario, ha motivato solo apparentemente la sussistenza del periculum, in quanto ha posto a fondamento dello stesso un rischio di dispersione del patrimonio dei ricorrenti che ha affermato in termini meramente apodittici e prospettato come meramente eventuale, se non congetturale.
Fermo restando che questa Corte ha già avuto modo di chiarire che “In tema di impugnazioni cautelari reali, non è consentito al tribunale del riesame integrare la motivazione del decreto di sequestro preventivo a fini di confisca in punto di “periculum in mora”, nel caso in cui essa sia del tutto mancante, in quanto tale carenza è causa di radicale nullità del provvedimento ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 309, comma 9, e 324, comma 7, cod. proc. (Sez. 3, n. 3038 del 14/11/2023, dep. 2024, Rv. 285747), è un dato oggettivo che nessun elemento quantomeno indiziario è, infatti, rinvenibile nella motivazione dei provvedimenti de quibus, tale da portare a ritenere che, per le condizioni economiche dell’interessato o per altri fattori, sussiste) la possibilità che il denar oggetto di sequestro possa essere a sua volta oggetto di ulteriori attività dispositive tali da vanificarne la possibilità di futuro reperimento. Né si può sostenere che solo per il fatto che si tratta di denaro, lo stesso possa essere agevolmente occultato o disperso.
Le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza Ellade hanno affermato che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la
concisa motivazione anche del periculum in mora e, segnatamente, indicare le ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio.
L’onere di motivazione può, quindi, ritenersi assolto solo allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.
Secondo le Sezioni unite di questa Corte, infatti, «è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda RAGIONE_SOCIALE caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio».
La linea argomentativa adottata dal Tribunale del riesame, viola il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, in quanto supera l’automatismo che esonerava dal motivare sul periculum in mora in ragione dell’obbligatorietà della confisca del profitto del reato, con uno nuovo, fondato sull’ubiquitaria sussistenza di un rischio di dispersione patrimoniale, indipendentemente dalle condizioni patrimoniali e dalle condotte del soggetto attinto dal vincolo reale.
Il periculum in mora necessario per disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve, invece, pur sempre essere concreto ed attuale, e non già meramente congetturale, e deve essere specificamente argomentato in relazione a ciascun soggetto attinto dalla misura cautelare reale.
Il Tribunale non si è, dunque, conformato al principio di diritto enunciato dalla Sezioni Unite nella sentenza Ellade e non ha motivato sulla eventuale verifica circa la sussistenza o meno di indici (soggettivi o oggettivi) che inducano a ritenere comprovato il rischio che, nel tempo necessario per pervenire all’accertamento di merito, la futura esecuzione della confisca possa essere vanificata da atti di dispersione del patrimonio.
6. Da ultimo, deve ricordarsi che «Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza
e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» S ‘. ez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, Faiella, Rv. 269296).
Nella situazione descritta di violazione di legge rientrano certamente i provvedimenti adottati sia dal Tribunale nell’ordinanza che ci occupa in questa sede, sia il provvedimento del G.i.p. presso il Tribunale di Avellino.
Per le considerazioni or ora esposte, sia l’ordinanza in data 8 febbraio 2024 del Tribunale di Avellino in funzione di giudice del riesame, sia il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari della medesima città in data 11 gennaio 2024 nei confronti di NOME COGNOME devono essere annullati senza rinvio.
Deve altresì disporsi la restituzione della somma di euro 5.000,00 a favore di COGNOME NOME.
Copia del dispositivo della presente sentenza deve essere, infine, immediatamente comunicata al AVV_NOTAIO Generale in sede per i provvedimenti occorrenti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nei confronti di COGNOME NOME nonché il decreto di sequestro in data 11.1.2024 e dispone la restituzione della somma di euro 5.000,00 a favore di COGNOME NOME.
Visto l’art. 626 cod. proc. pen. dispone l’immediata comunicazione del dispositivo al AVV_NOTAIO Generale in sede per i provvedimenti occorrenti.
Così deciso il 9 maggio 2024.