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Sequestro preventivo: motivazione e ricorso in Cassazione

Un indagato per frode contesta un sequestro preventivo di oltre 570.000 euro, lamentando una motivazione solo apparente sul rischio di dispersione dei beni. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, affermando che la motivazione basata sulla “pervicace azione fraudolenta” e la “protrazione della condotta” è sufficiente e non meramente apparente. Il ricorso è stato inoltre ritenuto aspecifico e ripetitivo.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quando la Motivazione sul Periculum è Valida?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2618 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: i requisiti di validità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente. La decisione offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso per cassazione e su quando la motivazione relativa alle esigenze cautelari può considerarsi sufficiente, distinguendola da una meramente apparente. Il caso in esame riguarda un’ipotesi di frode aggravata ai danni dello Stato.

I Fatti del Caso: una Frode e il Sequestro Conseguente

La vicenda ha origine da un’indagine per il reato di cui all’art. 640-bis del codice penale (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche). Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo emetteva un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, bloccando beni nella disponibilità dell’indagato per un valore di oltre 574.000 euro.

Il provvedimento veniva confermato anche dal Tribunale del riesame, che respingeva l’appello dell’indagato. Secondo i giudici, sussistevano tutti i presupposti per mantenere la misura cautelare reale.

L’Impugnazione e il Motivo del Ricorso: la Motivazione Apparente

L’indagato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, affidandolo a un unico motivo: la violazione di legge per motivazione solo apparente in punto di esigenze cautelari.

Secondo la difesa, sia il GIP che il Tribunale del riesame non avevano adeguatamente spiegato il cosiddetto periculum in mora, ovvero il pericolo concreto e attuale che, nelle more del giudizio, i beni potessero essere dispersi. La motivazione, che faceva riferimento alla “pervicace azione fraudolenta messa in atto in modo continuativo”, era ritenuta troppo generica e, quindi, apparente, non giustificando l’anticipazione degli effetti della confisca.

La Decisione della Cassazione sul Sequestro Preventivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su due principi cardine del giudizio di legittimità in materia cautelare.

I Limiti del Ricorso per Cassazione

In primo luogo, la Corte ribadisce che il ricorso avverso i provvedimenti cautelari reali è consentito solo per “violazione di legge”. In questa nozione rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente. Non è invece possibile denunciare in Cassazione la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione, vizi che possono essere fatti valere solo con altri mezzi.

La Specificità del Motivo di Ricorso

In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato aspecifico e reiterativo. L’indagato, infatti, si era limitato a riproporre le stesse doglianze già presentate e respinte dal Tribunale del riesame, senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere inammissibili i ricorsi generici che non dialogano con la decisione contestata.

Le Motivazioni della Sentenza: Oltre l’Apparenza

Il cuore della pronuncia risiede nella valutazione della motivazione fornita dal Tribunale del riesame. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di Cassazione non la ritiene apparente. Il riferimento alla “pervicace azione fraudolenta messa in atto in modo continuativo” e alla “consistente protrazione della condotta criminosa” non sono formule di stile, ma elementi concreti che, secondo i giudici, rendono evidente il pericolo che la libera disponibilità dei beni possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato.

Questa motivazione, seppur sintetica, contiene tutti i requisiti per rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice, collegando il rischio di dispersione del patrimonio alla determinazione dimostrata dall’indagato nel commettere il reato. Pertanto, la motivazione è stata giudicata sufficiente e non meramente apparente.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un importante principio: per contestare efficacemente un sequestro preventivo in sede di legittimità, non è sufficiente lamentare una motivazione non pienamente condivisa o sintetica. È necessario dimostrare che essa sia totalmente assente o talmente generica da non consentire di comprendere il ragionamento del giudice. La valutazione del periculum in mora può legittimamente basarsi su elementi desunti dalla condotta stessa dell’indagato, come la sua persistenza e determinazione nel tempo. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia ribadisce la necessità di formulare ricorsi specifici, che si confrontino puntualmente con la decisione impugnata, evitando la mera riproposizione di argomenti già vagliati nei gradi precedenti.

Quando una motivazione a sostegno di un sequestro preventivo può essere considerata “apparente”?
Una motivazione è “apparente” quando è del tutto mancante o priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, tanto da non rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice. Non basta che sia sintetica o non condivisibile.

È sufficiente basare il ‘periculum in mora’ di un sequestro sulla condotta continuativa dell’indagato?
Sì, secondo la Corte, fare riferimento alla “pervicace azione fraudolenta messa in atto in modo continuativo” e alla “consistente protrazione della condotta criminosa” sono elementi validi per ritenere esistente il pericolo che la libera disponibilità dei beni possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile se ripropone le stesse argomentazioni del grado precedente?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile per aspecificità e genericità quando si limita a riproporre le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice precedente (in questo caso, il Tribunale del riesame), senza confrontarsi specificamente con le argomentazioni della decisione impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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