Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34201 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34201 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 16/09/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Avellino, nel procedimento a carico di:
COGNOME NOMENOME nata a Solofra il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 14/03/2025 dal Tribunale di Avellino visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore dell’indagata, AVV_NOTAIO, che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14/03/2025, il Tribunale di Avellino, in accoglimento della richiesta di riesame proposta ex art. 322 cod. proc. pen. da COGNOME NOME, ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del predetto Tribunale, in data 21/12/2024, nel procedimento a carico della COGNOME per i reati
di cui agli artt. 2 e 3 d.lgs. n. 74 del 2000, a lei ascritti nella quali rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE
Ricorre per cassazione il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Avellino, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. Si censura l’assunto del Tribunale secondo cui il GRAGIONE_SOCIALE emittente non aveva adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza del periculum in mora, con particolare riferimento alla necessità di anticipare l’effetto ablativo della confisca, senza attendere la definizione del giudizio. Al riguardo, il ricorrente lamenta la mancata considerazione di quanto osservato dal G.i.p. in ordine alla impossibilità di pretendere una preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti profitto del reato, dal momento che – durante tale ricerca – potrebbero essere occultati gli altri beni suscettibili di confisca per equivalente. D’altra parte, si osserva, il G.i non ha ritenuto che il difetto di accertamenti patrimoniali a carico dell’indagata e della società fosse ostativo alla emissione del sequestro, essendo in realtà necessario “indicare in maniera logica e coerente la necessità di ricorrere in via preventiva allo strumento ablatorio, in via diretta ed equivalente, senza attendere la definizione del giudizio e senza ricorrere a preventivi accertamenti patrimoniali (se non altro perché potrebbero vanificare l’esecuzione del provvedimento cautelare reale), dandone atto con una motivazione concisa ed efficace”.
Con requisitoria trasmessa il 10/09/2025, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO sollecita il rigetto del ricorso, per l’infondatezza delle censure dedotte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Appaiono invero condivisibili le censure mosse dal Tribunale di Avellino al decreto di sequestro con riferimento alla motivazione addotta in ordine al periculum in mora.
Il G.i.p. del Tribunale di Avellino aveva disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca in via diretta, del profitto dei reati di cui agli artt. d.lgs. n. 74 del 2000 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e, “nel caso in cui tale profitto ‘diretto’ non venga rinvenuto nella immediata disponibilità” dell predetta società, il sequestro preventivo per equivalente dei beni mobili o immobili della COGNOME (indagata per i predetti reati in qualità di rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), fino alla concorrenza della somma determinata quale profitto del reato.
In sede applicativa della misura, il G.i.p. aveva espressamente considerato il fatto che, nel corso delle indagini, non si era proceduto al compimento di più accurati accertamenti patrimoniali volti ad accertare “consistenza e valore di conti correnti bancari, beni immobili o mobili registrati, intestati alla società o al s
legale rappresentante”, onde verificarne la capienza rispetto al profitto (cfr. pag. 8 dell’ordinanza). Tale circostanza non era peraltro risultata ostativa all’adozione della misura, non essendo possibile pretendere una ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto del reato, “giacchè, durante il tempo necessario per l’espletamento di tale ricerca, potrebbero essere occultati gli altri beni suscettibil di confisca per equivalente, così vanificando ogni esigenza di cautela” (pag 10).
Tale impostazione è stata disattesa dal Tribunale di Avellino, osservando che, se è vero che la mancata previa individuazione dei beni non è ostativa all’emissione del decreto, è anche vero (pag. 5) che “ciò non può di certo avere effetti pregiudizievoli sull’indagata”, avuto riguardo al consolidato principio secondo cui «il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, non basandosi sul nesso di pertinenzialità della res rispetto al reato, è legittimo soltanto se i proventi dell’illecito non sono rinvenuti nella sfera giuridico – patrimonial dell’indagato o, nel caso di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, non sono rinvenuti nella sfera patrimoniale dell’ente nel cui interesse il reato tributario è stato commesso, dovendo farsi ricorso a questo istituto solo quando non sia possibile procedere al sequestro diretto del profitto, del prodotto o del prezzo del reato» (Sez. 3, n. 46709 del 28/03/2018, Carriero, Rv. 274561 – 01). Principio evidentemente disatteso nella fattispecie in esame, essendo stata pacificamente omessa, come riconosciuto dallo stesso G.i.p., una indagine effettiva sulla sussistenza e capienza di disponibilità societarie riconducibili al profitto del reato contestato.
In buona sostanza, il generico e indistinto richiamo ad un pericolo di dispersione di beni dell’amministratore sottoponibili a confisca per equivalente, ravvisabile per il solo fatto che non si può attendere la verifica circa la sussistenza di beni societari da confiscare in via diretta, si risolve in una motivazione apparente, perché applicabile ad ogni fattispecie concreta di sequestro ai fini di confisca ex art. 12-bis.
Si tratta quindi di un percorso argornentativo non in linea con il dovere motivazionale, affermato dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, secondo cui «il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del peri culum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege» (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade. Rv. 281848 – 01. In senso conforme, tra le tante, cfr. ad es. Sez. 3, n. 47054 del 22/09/2022, COGNOME, Rv. 283910 – 01, che – con riferimento ad un’ipotesi analoga a quella in esame, di confisca ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 – ha sottolineato l’ineludibilità di tale dovere motivazionale, «essendo irrilevante la distinzione tr
confisca facoltativa ed obbligatoria e tra confisca diretta o per equivalente, con la sola eccezione della confisca avente ad oggetto cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato».
Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 16 settembre 2025
Il Consiglie COGNOME tensore COGNOME
Il Presidente