Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46284 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46284 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a Abbiategrasso il 22/10/1968
avverso l’ordinanza del 22/07/2024 del Tribunale di Trapani visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio; lette le conclusioni dei difensori dell’indagato, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Trapani, investito del riesame reale proposto da NOME COGNOME, ha annullato il decreto di sequestro preventivo cd. impeditivo (art. 321, comma 1, cod. proc. pen.) avente ad oggetto l’intero complesso aziendale e le quote sociali della “RAGIONE_SOCIALE e
la “RAGIONE_SOCIALE” in relazione a varie condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale addebitate anche a COGNOME NOME nella veste di amministratore della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 17 ottobre 2019.
Avverso l’indicato provvedimento ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani proponendo un unico motivo con il quale denuncia violazione di legge.
Sostiene che si verserebbe in una ipotesi di motivazione apparente in quanto:
circa la sussistenza del fumus commissi delicti, il Tribunale si sarebbe limitato a esprimere un dubbio sulla configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione rispetto al mancato incasso di crediti, senza confrontarsi con i consolidati arresti della giurisprudenza di legittimità in forza dei quali integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui all’art. 216, comma 1, legge fall. la mancata riscossione di un credito, poiché oggetto delle condotte di depauperamento è il patrimonio in senso lato, comprensivo delle ragioni di credito che devono concorrere alla formazione dell’attivo patrimoniale;
circa il requisito del periculum in mora, il Tribunale rileverebbe un generico difetto di sufficiente motivazione del decreto di sequestro, senza tenere conto dei puntuali argomenti spesi dal GIP a fondamento della necessità di contenere il pericolo dell’agevolazione di altri reati della stessa specie, dato che NOME COGNOME ha posto in essere reiterate condotte di bancarotta fraudolenta attraverso le realtà aziendali la lui gestite.
Nessuna delle parti ha avanzato richiesta di discussione orale, dunque il processo, instaurato con ricorso proposto dopo il 30 giugno 2024, segue il cd. “rito scritto” ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. come modificato dal d. Igs. n. 150 del 2022 e successive modifiche e integrazioni.
I difensori dell’indagato hanno presentato una memoria con la quale sostengono la legittimità del provvedimento impugnato.
A parere della difesa, l’ordinanza del Tribunale del riesame è motivata, mentre sarebbe il decreto impositivo del vincolo cautelare reale ad essere privo di base argomentativa in punto di: rapporto di pertinenza della cosa sequestrata con il reato; sussistenza di un concreto periculum in mora.
Il decreto del GIP inoltre violerebbe i principi di adeguatezza e proporzionalità della misura cautelare.
Il Pubblico ministero ricorrente avrebbe omesso di rappresentare che: l’indagato ha ammesso le proprie responsabilità; ha corrisposto alla curatela la
somma di 200mila euro; ha rassegnato le dimissioni da amministratore delle società di cui aveva la legale rappresentanza, dando spontaneamente esecuzione alla misura interdittiva applicata dal GIP in sostituzione di quella degli arresti domiciliari; ha avanzato istanza di patteggiamento; l’amministratore giudiziario ha riscontrato una conduzione esemplare della “RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE, sotto tutti i profili, inclusi quelli di gestione dei 166 dipendenti; la RAGIONE_SOCIALE ha come unico committente la RAGIONE_SOCIALE che sottopone le aziende a uno stretto controllo, situazione che escluderebbe la sussistenza del periculum in mora.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del Pubblico ministero è fondato.
Il ricorso per cassazione contro provvedimenti emessi in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr. per tutte Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692).
L’ordinanza impugnata ha annullato il decreto di sequestro preventivo sulla scorta di una motivazione in parte meramente apparente, in parte illegittima.
Al fine di inquadrare correttamente le problematiche giuridiche in rilievo è opportuno chiarire i connotati dell’istituto processuale in rassegna.
3.1. L’art. 321, cod. proc. pen. prevede, al comma 1, il sequestro c.d. impeditivo, che va disposto «quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati».
Le condizioni legittimanti l’adozione del sequestro in rassegna consistono nel fumus commissi delicti e nel periculum in mora.
3.2.1. Circa il primo requisito va ribadito, nel solco di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, che, riguardo alle misure cautelari reali, non occorre la gravità indiziaria, richiesta, invece, in tema di cautele personali, in correlazione alla diversità -di rango costituzionale – dei valori coinvolti.
La verifica sul fumus non si arresta a un controllo meramente “cartolare” e formale, ma- ferma la necessità di evitare, nella fase delle indagini preliminari, un
sindacato sulla effettiva fondatezza dell’accusa – richiede che il reato ipotizzato sia pertinente al caso concreto (per l’ampia disamina sul tema si rimanda a Sez. U n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, cit., in motivazione, paragrafo 6.4.).
3.2.2. Secondo la previsione normativa, il periculum in mora ricorre «quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati».
Ferma la necessità che il sequestro abbia ad oggetto “cose pertinenti al reato”, occorre seguire l’insegnamento delle Sezioni Unite Innocenti (sentenza n. 12878 del 29/01/2003).
Nel caso in rassegna, quanto al fumus commissi delicti, l’ordinanza impugnata espone un laconico dubbio sulla configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale in relazione alla mancata riscossione di un credito.
L’affermazione, generica e perplessa, rendere incomprensibile l’itinerario logico seguito dal Tribunale che sembra dimenticarsi della ritenuta sussistenza di elementi, ben più pregnanti, integranti il requisito dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. (con il provvedimento genetico, infatti, era stata contestualmente applicata nei confronti di NOME COGNOME anche la misura
cautelare personale degli arresti domiciliari e nella memoria difensiva si dà atto che l’indagato ha ammesso gli addebiti).
Inoltre il Tribunale evita di misurarsi:
con gli elementi delle condotte oggetto di addebito, che si sostanziano nella creazione, da parte di COGNOME Giuseppe (raggiunto anche da misura cautelare personale), di nuove società, tutte a lui riconducibili, alle quale trasferisce, attraverso la simulazione di fittizi contratti a titolo oneroso (di cui non chiede mai il corrispettivo), il patrimonio aziendale delle “vecchie” società avviate al fallimento;
con i principi sanciti da questa Corte secondo cui integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui all’art. 216, comma 1, legge fall. la mancata riscossione di un credito, poiché oggetto delle condotte di depauperamento è il patrimonio in senso lato, comprensivo delle ragioni di credito che devono concorrere alla formazione dell’attivo patrimoniale (Sez. 5, n. 49438 del 04/11/2019, COGNOME, Rv. 277743 – 01; Sez. 5, n. 57153 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 275232 – 01; Sez. 5, n. 32469 del 16/04/2013, COGNOME, Rv. 256252 – 01, nonché, tra le ultime Sez. 5, n. 31687 del 09/05/2024, COGNOME, non massimata).
L’ordinanza impugnata incorre, poi, nella violazione di legge, in quanto annulla il decreto di sequestro ritenendo del tutto mancante la motivazione sul periculum in mora a fronte di una motivazione invece sussistente.
Va ricordato che nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma 9 dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili – in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789 – 01).
Nella specie il provvedimento del GIP contiene una espressa motivazione in ordine a: la sussistenza di un collegamento tra reato e beni sequestrati; la necessità di apprestare il rimedio cautelare reale al fine di fronteggiare il pericolo di agevolazione di altri reati della stessa specie (pag. 37 provvedimento GIP).
Il Tribunale, invece di arrestarsi al rilievo di una nullità insussistente, avrebbe dovuto confrontarsi con le considerazioni espresse dal GIP, per stabilire, poi, se
dette valutazioni fossero o meno condivisibili, esponendo le ragioni a sostegno della conclusione raggiunta.
Ciò non ha fatto incorrendo nel vizio denunciato.
Discende l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
A fronte del vizio riscontrato, la Corte di cassazione non può esaminare le circostanze di fatto introdotte dalla difesa in sede di legittimità.
Spetterà, però, al giudice di rinvio verificare se effettivamente le cose sequestrate sono “pertinenti al reato” e se sussiste in concreto, all’attualità, il periculum in mora, anche tenuto conto di tutte le circostanze allegate dalla difesa.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Trapani.
Così deciso il 29/11/2024