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Sequestro preventivo: l’obbligo di motivazione reale

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale di Foggia relativa a un sequestro preventivo per oltre 6 milioni di euro. La Corte ha ritenuto la motivazione del provvedimento meramente apparente, in quanto non affrontava adeguatamente le specifiche argomentazioni difensive, tra cui una precedente assoluzione e l’avvenuto recupero di parte delle somme. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo e Obbligo di Motivazione: La Cassazione Annulla per Difesa Elusa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudice ha il dovere di fornire una motivazione concreta e non evasiva, specialmente quando decide su misure invasive come il sequestro preventivo. In caso contrario, il provvedimento è illegittimo. L’ordinanza analizzata sottolinea come una motivazione meramente apparente, che non si confronta con le specifiche argomentazioni della difesa, costituisca una vera e propria violazione di legge, portando all’annullamento della decisione.

Il Caso: Un Sequestro Milionario e le Ragioni della Difesa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Foggia che aveva confermato il rigetto di un’istanza di revoca parziale di un sequestro preventivo. La misura, finalizzata alla confisca per equivalente, era stata disposta per un valore di oltre 6 milioni di euro su conti correnti e altri beni di un imprenditore, accusato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

La difesa aveva presentato due argomenti principali per chiedere la riduzione del vincolo cautelare:

1. Precedente giudicato assolutorio: Per uno dei principali capi di imputazione, l’imputato era già stato giudicato separatamente con una sentenza di assoluzione irrevocabile. La difesa sosteneva che il profitto relativo a quel reato non poteva più essere oggetto di sequestro.
2. Avvenuto recupero delle somme: Per altre contestazioni, l’ente pubblico erogatore dei fondi (AGEA) aveva già escusso delle polizze fideiussorie, incamerando somme ingenti (oltre 1,7 milioni di euro) e di fatto recuperando il presunto profitto del reato. La difesa evidenziava come la definitività di tale acquisizione, a seguito dell’estinzione del contenzioso civile, dovesse portare a una corrispondente riduzione dell’importo sequestrato.

Il Tribunale, tuttavia, aveva respinto l’appello con una motivazione che la Cassazione ha giudicato del tutto insufficiente.

La Decisione della Cassazione sul Sequestro Preventivo

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della difesa, annullando l’ordinanza e rinviando il caso a un nuovo esame del Tribunale di Foggia. I giudici di legittimità hanno individuato vizi radicali nella motivazione del provvedimento impugnato, riconducendoli a una violazione di legge.

La Motivazione “Apparente” come Violazione di Legge

Il primo punto critico riguarda la valutazione della precedente assoluzione. Il Tribunale si era limitato ad affermare che non vi fosse certezza sull’identità dei fatti, senza però analizzare la documentazione prodotta dalla difesa (come gli avvisi di conclusione indagini e i decreti di rinvio a giudizio) che dimostrava come, nel procedimento in corso, all’imputato non fosse contestata la truffa per quel capo, ma solo un reato di falso. Secondo la Cassazione, questa argomentazione è “meramente apparente” ed “elusiva”, in quanto non si confronta con gli elementi specifici portati dalla difesa, violando così l’obbligo di fornire una motivazione effettiva.

Fatti Nuovi e Limiti dell’Appello Cautelare

Il secondo errore del Tribunale, secondo la Corte, è stato considerare la deduzione sulla definitiva acquisizione delle somme dalle polizze fideiussorie come un “motivo nuovo”, e quindi inammissibile in appello. La Cassazione ha chiarito che non si trattava di un motivo nuovo, ma di uno sviluppo strettamente connesso alla domanda originaria di revoca. Peraltro, citando una recente sentenza delle Sezioni Unite (n. 15403/2024), la Corte ha ricordato che nel giudizio di appello cautelare è possibile produrre nuovi elementi probatori, nel rispetto del contraddittorio e del principio devolutivo. Negare la rilevanza di tale circostanza ha significato, ancora una volta, svuotare di contenuto il diritto di difesa.

Le Motivazioni della Corte Suprema

La Corte di Cassazione ha stabilito che il sindacato di legittimità in materia di sequestro preventivo non si limita agli “errores in iudicando” o “in procedendo”, ma si estende anche a quei vizi della motivazione così radicali da renderla mancante o priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza. Un provvedimento con motivazione apparente è inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice e, pertanto, equivale a un provvedimento non motivato.

Di fronte a censure specifiche e documentate, il tribunale del riesame ha l’obbligo di fornire una risposta adeguata. Non può trincerarsi dietro formule generiche o ignorare gli elementi forniti dalla difesa. L’elusione di questo dovere si traduce in una violazione di legge che impone l’annullamento con rinvio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rafforza le garanzie difensive nell’ambito dei procedimenti cautelari reali. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:

1. L’obbligo di motivazione non è una formalità: I giudici che decidono su misure patrimoniali così afflittive come il sequestro preventivo devono dialogare con le argomentazioni difensive, confutandole punto per punto con logica e coerenza. Non sono ammesse scorciatoie argomentative.
2. Il diritto alla prova in appello cautelare è ampio: È possibile introdurre nel giudizio d’appello circostanze sopravvenute o nuovi elementi di prova, purché pertinenti all’oggetto originario della richiesta. Questo garantisce che la decisione sia sempre basata sulla situazione di fatto più aggiornata, specialmente quando questa può determinare la riduzione o la revoca di una misura cautelare.

Quando la motivazione di un’ordinanza su un sequestro preventivo è considerata “apparente”?
Risposta: La motivazione è “apparente” quando è talmente generica, contraddittoria o evasiva da non affrontare le specifiche censure mosse dalla difesa, eludendo di fatto l’obbligo del giudice di spiegare l’iter logico seguito per la decisione, il che equivale a una sua totale assenza.

In un appello contro un sequestro preventivo, si possono presentare prove o circostanze nuove, come l’estinzione di un debito?
Risposta: Sì. La Corte di Cassazione, richiamando un principio delle Sezioni Unite, ha stabilito che nel giudizio di appello cautelare possono essere prodotti elementi probatori “nuovi”, a condizione che siano strettamente connessi alla richiesta originaria e ai motivi d’appello, come nel caso della definitiva acquisizione di somme da parte dell’ente danneggiato.

Cosa succede se un giudice d’appello non valuta adeguatamente la documentazione che dimostra una precedente assoluzione per gli stessi fatti?
Risposta: Il suo provvedimento è viziato e può essere annullato. La Corte ha ritenuto che ignorare la documentazione prodotta dalla difesa (da cui emerge l’assenza di un’accusa per uno specifico reato) rende la motivazione del provvedimento insufficiente, elusiva e, in definitiva, solo apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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