Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30594 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30594 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI SANTA MARIA
CAPUA VETERE
NONCHE’
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI NORD
nei confronti di:
NOME nato a NAPOLI il 27/06/1961
avverso l’ordinanza del 30/12/2024 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE
udita la relazione svolta dal Presidente;
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME e degli avv.ti COGNOME NOME e COGNOME COGNOME, difensori di COGNOME, che hanno chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30/12/2024, il Tribunale del Santa Maria Capua Vetere accogliendo la richiesta di riesame proposta da COGNOME GiuseppeCOGNOME ha annullato
il decreto del GIP del Tribunale di Napoli Nord in data 29/11/2024 che aveva disposto il sequestro preventivo dell’azienda e delle azioni della società RAGIONE_SOCIALE
Avverso la decisione ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord che denuncia la violazione dell’art. 184 ter del d.lgs. 152/06, il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 188 del 22/9/2020 nonché dell’art. 137 d.lgs. 152/06.
Il ricorso riporta ampi stralci delle comunicazioni notizie di reato e dei verbali di sopralluogo per dimostrare che nello stabilimento della RAGIONE_SOCIALE, società la cui attività prevalente è il recupero della carta e del cartone provenienti dalla raccolta differenziata effettuata da 75 comuni campani, era palesemente violata la disciplina i processi di recupero di tali materiali con la conseguenza che i cumuli di carta e cartone presenti nei piazzali dell’azienda dovevano essere considerati rifiuti così restando integrato il reato di cui all’art. 256 d.lgs. 152/0
In particolare, viene sottolineato che:
“non erano previste specifiche misure di confinamento atte a impedire la miscelazione, anche accidentale, delle sostanze con i rifiuti”;
nelle aree di stoccaggio dei materiali destinati ai processi di end of waste vi erano cumuli di carta e plastica privi di qualunque protezione contro gli agenti atmosferici lasciati esposti;
i lotti di prodotti derivati dai processi di recupero presentavano un quantitativo di “materiale indesiderato sensibilmente superiore” a quello tollerato dalla normativa vigente, e un marcato degrado, derivato dall’esposizione alle intemperie, a ratti e volativi;
l’accettazione dei rifiuti destinati ai processi di recupero non era affidata a personale con appropriato livello di formazione.
Si aggiunge che : “nelle more del riesame l’indagato avanzava più volte istanza di smaltimento rifiuti di quella che, prima del sequestro, era, dallo stesso, considerata carta e cartone lavorata e commercializzabile, senza mai richiedere un accertamento tecnico che provasse quanto dallo stesso asserito, nelle consulenze di parte e depositate in udienza di riesame, ovvero il rispetto delle quantità di componente non cartacea -…- e di materiale indesiderato …”.
2.1 In relazione al reato di quell’articolo 137 d.lgs. 152/06, si richiamano le annotazioni di Pg e le relazioni dell’ ARPAC per dimostrare che sui piazzali azien vi erano collocati notevoli quantità di rifiuti senza alcuna copertura con pre di “colaticci, percolato, e pavimento insudiciato”. Si sostiene, quindi, situazione era del tutto simile a quella presente all’interno dell’area copert differenza che, in relazione alla seconda, le acque di lavaggio pavimentazio percolati confluivano in due vasche a tenuta per poi essere smaltite mentre qu
dell’area esterna venivano scaricate senza alcun tipo di trattamento nel collettore fognario non essendo l’impianto di depurazione installato in loco strutturato per depurare acque reflue industriali.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione anche il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha proposto censure identiche a quelle innanzi illustrate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord è inammissibile in quanto la legittimazione a ricorrere, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di annullamento del sequestro spetta al solo ufficio requirente presso l’organo la cui decisione viene impugnata (Sez. 5, n. 27719 del 8/5/2024, COGNOME; Sez. 5, n. 18822 del 15/02/2018, COGNOME Rv. 272858 – 01; Sez. 3, n. 47142 del 07/11/2012, COGNOME, Rv. 253869; Sez. 3, n. 25882 del 26/05/2010, COGNOME, Rv. 248055).
Risulta inammissibile anche in ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in quanto proposto in carenza di interesse e per motivi differenti da quelli consentiti.
Il Tribunale del Riesame ha annullato il provvedimento di sequestro ritenendo che, per entrambi i reati delineati nella preliminare rubrica, difettasse il fumus.
Il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere non contiene alcun riferimento esplicito al requisito del periculum in mora, potendosi ricavare solo un indiretto riferimento a tale presupposto nell’ultimo periodo del ricorso, ove si fa cenno allo scarico nel collettore fognario dei reflui provenienti dalle aree scoperte dello stabilimento, “senza alcun tipo di trattamento” risultando “l’impianto di depurazione installato in loco non strutturato per depurare acque reflue industriali”.
L’allegazione del ricorrente, però, non tiene conto di quanto sottolineato nel provvedimento impugnato che aveva rilevato che:
la relazione ARPAC del 12/12/2024 provava che lo “scolmatore” che consentiva che le acque proveniente dal piazzale scorressero direttamente nel collettore del consorzio ASI anziché “finire nel depuratore 3” era stato “tombato il giorno stesso del sequestro” e che, dunque, “tutti i reflui di dilavamento dei piazzali occupati dai rifiuti (acque di prima e seconda pioggia) confluivano nel depuratore, la cui funzionalità era stata parimenti verificata” ;
nella relazione ARPAC del 12/2/2023 si dava atto che “un campione dello scarico S3 di acque reflue all’uscita dell’impianto di depurazione chimico fisico preposto al
trattamento di una parte delle acque del INDIRIZZO” era stato analizzato e, dal punto di vista “chimico-fisico e microbiologico” risultava “conforme ai valori limite tabellari”.
Si tratta di dati che il Tribunale inserisce incidentalmente nel ragionamento probatorio volto a dimostrare che non si è in presenza di reflui industriali ma che contrastano con la valorizzazione, alla fine della configurazione del periculum, dell’ultimo periodo del ricorso in valutazione
Deve, quindi, rilevarsi che il ricorso, in relazione al periculm in mora, non si confronta con i dati che, sia pure incidentalmente, l’ordinanza impugnata riporta in relazione al reato di cui all’art. 137 d.lgs. 152/06 mentre è del tutto silente relazione al reato di cui 256 d.lgs. 152/06.
Tale conclusione costituisce un primo ostacolo all’ammissibilità del ricorso.
Questa Corte ha precisato che “È inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza di accoglimento, per la ritenuta insussistenza del “fumus commissi delicti”, del riesame cautelare promosso nei confronti del decreto di sequestro preventivo nel caso in cui la parte ricorrente si sia limitata a contestare il mancato riconoscimento dell’anzidetto requisito, senza nulla prospettare in ordine al “periculum in mora”, posto che l’accoglimento dell’impugnativa in ordine al solo motivo dedotto non condurrebbe all’applicazione della misura reale, risultando inidoneo al conseguimento di una decisione concretamente favorevole per l’impugnante”. (Sez. 2, n. 6027 del 10/01/2024, Mazza, Rv. 285867 – 01; Sez. 2, n. 41971 del 10/10/2024, COGNOME).
3. Ma ulteriori considerazioni militano contro l’ammissibilità dell’impugnazione.
Nella nozione di “violazione di legge”, per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non la contraddittorietà o l’illogicità manifesta della stessa, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice (Sez. U, n. 5876 d 28/01/2004; si vedano anche, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, e Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno; seguite da Sez. 6, n. 7472, del 21/1/2009, Rv. 242916; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Chiesi; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, COGNOME; Sez. 2, n. 5807, del 18/1/2017, Rv. 269119; più recentemente, Sez. 6, n. 4857/19, del 14/11/2018).
3.1 Il ricorso oppone al percorso motivazionale del Tribunale dati tratti dalle informative di reato o dalle CNR, peraltro non allegate al ricorso, con palese
violazione del principio di autosufficienza, GLYPH per confutare la conclusione del Tribunale che, in relazione al reato di cui all’art. 256 d.lgs. 152/2006, aveva ritenuto che non fossero rimaste provate le violazioni della disciplina regolante il processo di recupero di carta e cartone non essendo stata effettuata “un’indagine tecnico scientifica” sui prodotti derivati da tali lavorazioni o tecnico contabile p verificare, rispetto al quantitativo di rifiuti differenziati, la porzione dei medes ceduta alle discariche e quella acquistata dalla cartiere. E’, quindi, proposto un ragionamento probatorio alternativo a quello del Tribunale, ritenuto di maggior persuasività, che attinge la coerenza della motivazione dell’ordinanza e la sua rispondenza agli elementi indiziari acquisiti. Non viene, quindi, in rilievo il fat così come ricostruito dal Tribunale e la sua riconducibilità all’ipotesi criminosa, che giustificherebbe l’invocazione del vizio di violazione di legge di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) cod. proc. pen., ma il percorso motivazionale che conduce alla condotta ritenuta dal Tribunale, di cui si denuncia l’illogicità e la non aderenza ai dati probatori, ossia tipici vizi motivazionali.
Né il deficit motivazionale che il corpo del ricorso deduce risulta tale da integrare la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. un. n. 25932 del 29 maggio 2008, COGNOME, rv 239692; Sez. Un., n. 5876 del 28 gennaio 2004, P.C. COGNOME in proc.COGNOME, Rv. 226710).
Le censure del Tribunale, infatti, non individuano salti logici nella motivazione o punti decisivi ignorati dal Tribunale ma evocano dati probatori risultanti dagli att d’indagine che si assumono negletti per dimostrare che le lacune probatorie individuate dal Tribunale potevano essere colmate con ragionamenti induttivi fondati su specifiche fonti di prova in grado di superare gli argomenti difensivi. Si tratta di argomenti che attaccano la tenuta logica dell’appartato argomentativo dell’ordinanza impugnata e che, conseguentemente, si muovono nell’orbita non della violazione di legge ma della manifesta illogicità o della erroneità della motivazione, profili, come si è detto, non deducibili con il ricorso per cassazione proposto contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio.
3.2 A considerazioni del tutto simili si perviene in relazione al reato di cui all’ar 137 d.lgs. citato dove l’integrazione del reato, sia pure ai fini della sussistenza del fumus, viene desunta muovendo dall’equiparazione delle attività di stoccaggio che avvenivano nella parte interna, per la quale è previsto che le acque di lavaggio pavimentazione e i percolati debbano confluire in due vasche a tenuta per poi essere smaltite, con quelle relative alla parte esterna, i cui reflui, però, a differenz
dei primi, vengono convogliati in un depuratore che non è strutturato per depurare acque reflue industriali per poi essere scaricate nella rete fognaria.
Anche in questo caso, pertanto, il ricorso attinge il ragionamento probatorio del
Tribunale prospettandone uno alternativo, fondato su differenti dati di fatto, tratti da “tutte le annotazioni di PG e dalle relazioni dell’ARPAC”, per pervenire a
conclusioni opposte a quelle del Tribunale.
4. I ricorsi devono, in conclusione, essere dichiarati inammissibili.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi.
Così deciso il 23/5/2025